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Autore: Milly_Sunshine    01/05/2024    0 recensioni
"Chissà, magari di lì a trent'anni si sarebbe ricordata la data e l'ora in cui il suo primo dente da latte era caduto, oppure sarebbe stato un evento lontanissimo e del tutto dimenticato." // Una madre assiste la figlia che ha appena perso il primo dente da latte: la figlia pensa a quando dovrà mostrarsi con una fessura in bocca, la madre non sa se quel giorno rimarrà un ricordo importante per la bambina oppure se lo dimenticherà facilmente. /// B-side: una poesia in inglese, finora inedita, ispirata alla perdita del mio primo dente da latte.
Genere: Poesia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Non ho mai scritto una cosa del genere. Non ho figli e, seppure non sia mai stata contraria all'idea di diventare madre, essendo single e felice di esserlo all'età di quasi trentasei anni, è abbastanza intuitivo che difficilmente ne avrò, quindi mi è abbastanza difficile mettermi nei panni della madre.
Sono stata bambina, ma un momento come quello che sto per raccontare è molto lontano nel tempo. Ho perso il mio primo dente da latte la mattina del 1° maggio di trent'anni fa, da cui la decisione di scrivere questa breve flashfic(?). Nel capitolo successivo, come B-side, metterò una mia poesia (finora inedita) con simile tematica, ma toni molto diversi.
 
 
 
 
LA CADUTA DEL PRIMO DENTE DA LATTE

«Ti ricorderai di questo giorno, anche quando sarai grande» dissi, e poi mi chiesi, perché mai? Perché dovrebbe serbarne memoria? Ci saranno tanti altri giorni come questo, solo che non sarà più la prima volta.
«Esce sangue» mormorò, con la sua voce innocente di bambina che non aveva ancora compiuto sei anni. «Quando smette?»
«Presto» risposi con fermezza, mentre ripulivo il "corpo del reato".
Era maledettamente piccolo, ma del resto era un incisivo inferiore, appena caduto dall'arcata dentaria di mia figlia. C'era voluto un po' d'aiuto esterno, certo, ma dondolava tanto, ormai, come se chiedesse di intervenire d'urgenza.
La mia previsione si rivelò esatta: la gengiva smise ben presto di sanguinare e allora un altro problema iniziò a palesarsi.
«Come farò?»
Sorrisi.
«Il nuovo dente crescerà presto.»
«Ma finché non cresce?» obiettò mia figlia. «Come farò a tenere la bocca chiusa sempre?»
Beata innocenza. Mi venne da ridere, mentre le ricordavo: «È normale. Non hai detto che alcuni tuoi amichetti della scuola materna hanno già iniziato a perdere i denti da latte? Adesso è toccato anche a te.»
Non sembrava che la mia risposta avesse sortito alcun effetto, dato che puntualizzò: «Ma adesso tutti vedranno che ho perso un dente! Se dico che l'ho perso, l'avranno già visto.»
Colpa mia, che di anni ne avevo trentacinque, e non capivo certe importanti problematiche.
«Oh, certo» risposi, armandomi di tutta la pazienza che era necessaria per essere genitori. «Ho capito.» Mi guardò con aria di approvazione, un po' come se se lo aspettasse, se sapesse che non ero solo un'adulta insensibile che non si preoccupava degli aspetti più importanti. «Lo dirò io a papà, quando torna a casa, così come lo dirò io ai nonni. E domani mattina lo dirò alla tua maestra, quando ti porto a scuola. Va bene così?»
Mia figlia annuì.
«Va bene.»
Il problema era risolto. Riposi il dente caduto in una scatola e non raccontai alla bambina nessuna di quelle stupidaggini che gli adulti raccontano ai bambini. Perché mai avrei dovuto raccontarle che un topo avrebbe prelevato il suo dente lasciandole in cambio una moneta? I topi la spaventavano e, oltretutto, non aveva nemmeno sei anni, perché mai avrebbe dovuto maneggiare del denaro? Già mi sentivo a disagio sotto Natale, quando dovevo raccontarle che un vecchio venuto dalla Finlandia si sarebbe introdotto in casa come un ladro per portarle un regalo, ma almeno in tale occasione non dovevo scomodare roditori dall'aspetto vagamente disgustoso.
Guardai l'orologio. Erano le dieci di mattina da poco passate. Poteva succedere qualsiasi cosa, quel giorno, un piccolo evento della vita di mia figlia avrebbe potuto mescolarsi con qualcosa di più grande e di più astratto. Però non me ne sarei accorta. Non sapevo cosa le sarebbe interessato, quando fosse cresciuta, non avrei avuto la più pallida idea di che cosa potesse o non potesse rimanerle impresso.
L'esistenza umana era qualcosa di magicamente irripetibile. Non avevo la più pallida idea, in quel momento, di che cosa sarebbe rimasto scolpito nella sua mente. Chissà, magari di lì a trent'anni si sarebbe ricordata la data e l'ora in cui il suo primo dente da latte era caduto, oppure sarebbe stato un evento lontanissimo e del tutto dimenticato. Tutto ciò che era certo era che, difficilmente, di lì a trent'anni avrebbe condiviso quel pensiero con me. E sarebbe stato ingiusto aspettarsi il contrario.
   
 
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