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Autore: MistyHill    05/05/2024    0 recensioni
Le cornacchie si alternarono e iniziarono a moltiplicarsi gradualmente. All’improvviso, un intero stormo si avventava sulla carcassa accompagnandosi da un concerto di trombe, il volume sempre più alto, l’intensità sempre più brutale.
Non seppe perché rimase ad osservare, la violenza dell’attacco la ripugnava e lo spazio della vista era ormai un confuso mosaico d’inchiostro. Si alzò in piedi e fece per allontanarsi, immergendosi nello stormo affamato, condotta, passo dopo passo, dal gracchiare incessante.
Un pizzico. Fugace come il risveglio. Un altro. Il picchiettio degli artigli sui ciottoli. Si chinò per scacciarle, ma le beccarono anche la mano. E poi il braccio. La spalla. Le spalle. La testa, i capelli, le guance. Si dimenò e ne colpì qualcuna, il palmo aperto batté su qualcosa di rigido e poi di morbido, la pesantezza della respirazione attirava e allontanava le piume fluttuanti.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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La carcassa
 
Riverso sui ciottoli a pancia in su, gli era stata mozzata la testa; un brandello rosaceo e filiforme fuoriusciva dall’incavo dove prima vi era il collo e i pezzi di arance marce lo circondavano come se gli alberi gli avessero recato omaggio costruendogli una bara.
Aveva appena terminato di piovere, gli uccelli avevano ripreso a volare. L’aria gelida le punzecchiava le mani, mentre la macchia di rossore sul dorso della mano si faceva via via sempre più ampia, quasi si stesse preparando a dover cambiare pelle.
Si spostò sotto un fascio di luce e si lasciò cullare dal sollievo del calore. Due calopsiti si infilarono nel foro di un arbusto canticchiando e un gruppo di piccioni passeggiava fra le bucce secche; la sua mente era una nocciolina sgranocchiata da uno scoiattolo: ormai vuota, si era fermata a quell’istante.
Stendendosi sulla pietra fredda, lo sguardo era rivolto verso la carcassa, da cui si diffondeva un acre miasma. E benché il tanfo fosse disgustoso, attirò l’attenzione di due cornacchie.  Il loro stridente gracchiare emergeva come una tromba fra le sviolinate degli altri uccelli, e si avvicinarono alla carogna picchiettando gli artigli sul terriccio ancora bagnato.
Una delle due cominciò a beccarne le interiora dall’incavo del collo, mentre l’altra la osservava intensificando i propri versi, e il buco si fece progressivamente uno squarcio. Il petto del piccione veniva lacerato lentamente mentre il dedalo di organi digerenti veniva risolto a poco a poco.
Le cornacchie si alternarono e iniziarono a moltiplicarsi gradualmente. All’improvviso, un intero stormo si avventava sulla carcassa accompagnandosi da un concerto di trombe, il volume sempre più alto, l’intensità sempre più brutale.
Non seppe perché rimase ad osservare, la violenza dell’attacco la ripugnava e lo spazio della vista era ormai un confuso mosaico d’inchiostro. Si alzò in piedi e fece per allontanarsi, immergendosi nello stormo affamato, condotta, passo dopo passo, dal gracchiare incessante.
Un pizzico. Fugace come il risveglio. Un altro. Il picchiettio degli artigli sui ciottoli. Si chinò per scacciarle, ma le beccarono anche la mano. E poi il braccio. La spalla. Le spalle. La testa, i capelli, le guance. Si dimenò e ne colpì qualcuna, il palmo aperto batté su qualcosa di rigido e poi di morbido, la pesantezza della respirazione attirava e allontanava le piume fluttuanti.
Provò a gridare, chiuse gli occhi, le beccate si facevano più veloci e più intense. Percepì uno strappo al collo, alla guancia, il palmo si sfiorò il viso e aprì violentemente gli occhi. Mise a fuoco il rosso del sangue, un attimo dopo un dolore lancinante e poi il buio. Una cornacchia volò via con il ricco bottino, serrando il bocco attorno al nervo mentre il bulbo galleggiava al ritmo del suo battito d’ali.
Ormai il sangue le calava a fiotti, le braccia incrociate sul viso non riuscivano a proteggerla dall’assedio, e le lacrime – che ormai calavano da un solo occhio – avevano perso la trasparenza e avevano assunto un colore cremisi.
Indietreggiando inciampò su un sasso sporgente e cadde a terra; vide la luce per un secondo soltanto. Si girò prontamente, le dita penetrarono nel terriccio e la lingua assaporò il gusto delle foglie secche, poi scattò in avanti e corse verso la balconata. Il gracchiare si intensificò assieme al battito d’ali, il ginocchio sbatté contro la barriera di pietra, le fu afferrato il braccio e la forza la tirò giù.
«Ma sei impazzita?»
Il grido le rimase sulla lingua, fuoriuscì soltanto un colpo d’aria.
Col viso in ombra e la luce che gli batteva sulla schiena, le tese una mano per aiutarla a rialzarsi. «Stavi per cadere giù. Ti stavi per buttare giù.»
Evitò di guardarlo. I rami danzavano dolcemente al ritmo della brezza, accogliendo i piccioni amoreggianti e le calopsiti giocose.
Le due cornacchie avevano divorato completamente la carcassa, ormai divenuta un tappeto di piume. 
   
 
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