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Autore: InnerWorld    07/05/2024    0 recensioni
Costantinopoli, detta Miklagard. La grande città fra Europa e Asia. Capitale di un impero millenario ormai giunto al tramonto. Mentre la minaccia di una terrificante guerra si avvicina, Andrej , mercenario vichingo giovane e sognatore, si immagina successo in città. Fra cortigiani subdoli, rudi mercenari, una Costantinopoli magica negli ultimi suoi fasti e splendori, il giovane deve confrontarsi con la misteriosa realtà delle cose. Ma se Andrej riuscirà a superare i suoi ostacoli e a realizzarsi è un incognita. Perché una grande minaccia è un arrivo da ovest: la crociata.
Genere: Introspettivo, Storico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Anno del Signore 1194 Il clima capriccioso di quella sera, impedì alla flottiglia di approdare direttamente in città. I marinai brontolavano. Si sperava di arrivare nel porto già in giornata, ma invece gli scherzi del tempo avevano colpito per primi. - Forza, remate, carogne! - urlava un grosso schiavista con una frusta, impartendo ordini all'ammasso di gente che privata della libertà, doveva remare. Delle dieci navi cariche di guerrieri, ne rimanevano solo quattro. Meno della metà. Il capitano della flotta, un grosso sassone chiamato Æthelsaw aveva appena finito di mangiare con calma, quando un gruppo di rematori si era ammutinato sulla sua stessa nave, costringendolo ad abbandonarla e a farla abbordare dalle navi vicine, per sopprimere i ribelli. Questo episodio però lo spinse a un combattimento fatale, in cui lui stesso rimase ucciso. I ribelli d'altro canto non ebbero una sorte tanto diversa. I funerali del comandante avvennero appena approdati d'emergenza oltre la foce del fiume Don, che scorreva dalle fredde pianure della steppa, attraverso il dominio di Kiev. Le altre navi soccombettero a una tempesta. Da quel momento i rematori vennero tutti frustati il doppio. E maltrattati in altri modi. Questo non per punirli o assicurarsi che non se ne ribellassero altri, ma per puro sfogo della frustrazione che i vichinghi provavano. Lontani da casa, in una terra sconosciuta, dove avrebbero dovuto effettuare un prestigioso servigio all'imperatore di Miklagard: proteggerlo. La Guardia Variaga era uno dei corpi mercenari che militavano nell'impero dei Romani. Si trattava forse del corpo meglio riverito e trattato di tutti, in competizione solo con gli Athanoi, la guardia degli immortali, che erano un corpo scelto non mercenario, di Romani per la tutela del palazzo. Sapere di arrivare a Miklagard e doversi guadagnare un posto fra la guardia, che la guardia doveva guadagnarsi a sua volta nell'armata imperiale e quanto fosse difficile tutto ciò, il giovane vichingo che stava provvedendo a fare da mozzo, non lo sapeva. Solo due cose gli erano chiare: onore e gloria. Come c'era finito un giovane  di nemmeno venti inverni, su quella nave, diretta a Miklagard, lo sapevano tutti. Il giovanotto era talmente tanto fiero di se stesso, che non aveva fatto altro che raccontare all'intera nave, come aveva ottenuto il ruolo di mercenario. Aveva combattuto in battaglia con suo padre e aveva salvato il principe di Kiev dai rivali. Essendo figlio secondogenito non avrebbe ereditato territori dal padre e così il principe di Kiev decise di inviarlo a Miklagard  come ricompensa. Ma ben pochi sono coloro che partono da lontano, per giungere a alla città arrivandoci interi. Così il ragazzo, molto fiero di se, si era già guadagnato simpatie e antipatie all'interno della nave molto in fretta. Tuttavia poteva essere anche un grande guerriero, ma sulla nave era mozzo. Mozzo è meglio di schiavo, quindi il ragazzo non si lamentava. Andrej aveva tentato di farsi qualche amico vero fra la ciurma della nave, ma era difficile. i più giocavano a dadi nei momenti di svago, altri erano sfiniti dal viaggio e altri ancora lo avevano in antipatia. E Andrej passò gran parte del viaggio da solo. A sognare Miklagard. -Ancora un giorno- si disse.  L'indomani arrivarono al porto di Miklagard e il giovane vichingo rimase sorpreso della magnificenza della città, cose che nemmeno a Kiev si poteva sognare.  Il porto era un insenatura natura e che costeggiava le due rive della città, come un fiume che lo attraversava. Decine di grandi imbarcazioni velavano di fianco a loro, mentre dozzine di piccole navi popolavano il porto. D'improvviso Andrej si sentì minuscolo. La citta che si estendeva sul primo promontorio  alla sua destra era piccola, ma quella alla sua sinistra era enorme. Una grandissima serie di palazzi, chiese e una costruzione che non riuscì a identificare che sembrava un ammasso di cupole una sopra l'altra, alle dimensioni enormi, erano meravigliosi per lui. Il tutto circondato da una cinta muraria ove poteva scorgere i soldati di sentinella, che percorrevano il camminamento. Un grosso suono, come di un corno sollecitò le orecchie di Andrej, preso ad ascoltare lo stridio dei gabbiani. Erano stati avvistati. Venne in contro a loro una nave, un dromone, con a bordo una delegazione Romana. Gli interpreti delle due popolazioni e il capitano si scambiarono alcune informazioni. Infine venne indicato un luogo dove approdare. Quando gli interpreti tornarono indietro Andrej sentì una grossa emozione dentro di se. Non sapeva come spiegarsela. Ma voleva sicuramente gridare "Sarai ancor più fiero di me papà!".
   
 
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