Con gli occhi che fuggivano le figure

di La Mutaforma
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Aveva sempre desiderato guardare le cose. Qualunque cosa. Il cielo, il mare, le persone. Per tutto il tempo che avrebbe ritenuto appropriato. Girare gli occhi in ogni direzione e guardare attentamente, scrutare a fondo l’orizzonte, spiare le nuvole, perdersi nei colori.

 

Sarebbe bellissimo, pensò, se in un mondo ideale ogni cosa si potesse osservare con cura; camminare per le strade della città e guardare i passanti, parlare con le persone e guardarle negli occhi, ammirare i colori e le sfumature. Poter ricordare ogni cosa.

 

Essere evitata appena qualcuno la guardava in viso stava lentamente diventando abituale. Non c’era il tempo di recriminare, di difendersi, di parlare. O di chiudere gli occhi, e nascondersi.

Tieni gli occhi bassi, piccola vergognosa Albhed.

Come se in quei grandi occhi color giada fosse celata la sua anima. Quegli occhi incapaci di piangere, che non sapevano brillare quando sorrideva. Quegli occhi che temevano di guardare il cielo. Quegli occhi nati per fuggire e non per guardare. Destino comune, per gli Albhed e qualunque cosa li riguardi.

 

Sentiva che anche il suo cuore fosse un po’ una spirale, un vortice, e risucchiava tutto, ogni sua emozione.

 

 

 

In fondo, voleva solo un paio di occhi normali





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