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AUTORE: KungFuCharlie
(Forum)/SHUN DI ANDROMEDA (EFP)
TITOLO: Shine On You Crazy Diamond
FANDOM\ORIGINAL: Katekyo Hitman Reborn
CANZONE SCELTA: Shine On You Crazy Diamond
GENERE: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale
RATING: Verde
AVVERTIMENTI: OneShot
NOTE: Spoiler, tratta sia della Prima Famiglia sia
del post-scontro contro Daemon Spade, sono citati anche gli Shimon ed Elena.
§§§§
SHINE ON YOU CRAZY
DIAMOND
Giappone, 400 anni
prima
G. sedeva nella penombra dello studio
fiocamente illuminato da una manciata di candele, poggiato stancamente contro lo
schienale e con la cravatta della camicia slacciata, gli occhi appena socchiusi,
esausto per la lunga giornata. Nel silenzio assordante di una notte troppo scura
rispetto a quelle che ricordava appartenere a un passato fin troppo fresco nelle
sue ferite, non poteva fare a meno di pensare, pensare e pensare ancora,
maledicendo sottovoce i fili del destino che si erano attorcigliati troppo
strettamente tra loro, lacerando il suo cuore, e soprattutto quello
delicatissimo come un vaso di cristallo che riposava a poche porte di distanza
da lui.
Anche se, forse, riposare era una
parola grossa...
Ormai più nulla era facile da quando
avevano lasciato l'Italia e, con lei, tutto quello in cui avevano sempre creduto
e che avevano amato al punto da mettere in gioco fin troppe volte le proprie
vite nel tentativo di difenderlo: da quando avevano abbandonato la propria
giovinezza, allo stesso modo di un serpente che abbandona la propria pelle dopo
la muta, assieme a lei se n'era andato come un pezzo di Giotto.
Nervosamente, G. alzò lo sguardo per
distrarre la mente da quel pensiero così spiacevole, ma i suoi occhi vennero
catturati all'istante dal sorriso travolgente, più brillante del sole che
splendeva nei cieli che avevano imparato a conoscere come quelli di casa, che
gli ammiccava dalla fotografia abbandonata sul tavolo dinanzi a sé. Occhi,
quelli che, azzurrissimi, erano abbinati a quel sorriso, che si erano tramutati
in finestre su un universo oscuro privo di qualunque stella, occhi che
riflettevano il buio all'interno del cuore del loro proprietario.
Se possibile, il suo umore divenne
ancora più nero.
Non era passato neppure un mese dalla
loro partenza, dalla loro fuga, si corresse mentalmente il rosso,
sospirando con rassegnazione, e non era passato giorno senza che lui sentisse la
mancanza delle stradine strette della loro città natale o della sua Famiglia,
sfaldatasi di punto in bianco senza che nessuno di loro avesse potuto far nulla
per impedirlo.
Come un flash, ricordò i pianti
disperati di Lampo all'annuncio che Giotto, col viso di chi ormai ha accettato
un destino troppo crudele anche solo per provare rabbia o rancore, aveva fatto,
i visi induriti degli altri loro compagni, e la stretta incredibilmente salda
che lui stesso aveva mantenuto sulla mano del biondo per tutto il tempo nel
tentativo di fargli coraggio.
E la partenza.
Quel paesino non gli dispiaceva,
benché le difficoltà con la lingua fossero tante, e in generale trovava il
Giappone un posto accettabile dove vivere, forse l'unico che avrebbe permesso a
Giotto di riprendersi.
Perchè anche se, per il Boss, Daemon
restava pur sempre uno dei Guardiani, era comunque emotivamente a pezzi per il
suo tradimento, reso ancora più acuto dalle parole di rabbia e quasi disprezzo
che gli aveva rivolto.
Dallo splendore che il suo amico
d'infanzia emanava e che aveva sempre emanato sin dal primo giorno in cui si
erano conosciuti, G. temeva ogni giorno di più quegli occhi così tristi e
spenti, vuoti, pieni forse di tristezza quando credeva che nessuno lo vedesse,
intrappolati in una façade continua nel tentativo di non farlo preoccupare
inutilmente.
Ma gli anni trascorsi affianco ad una
persona permettono di conoscerne anche le sfumature più vaghe e ormai da tanto
il rosso condivideva con l'altro tutto.
Una rabbia cieca e sorda si stava
impossessando di lui, furia che non risparmiava nessuno, né sé stesso, né Daemon
e neppure coloro i quali erano stati, in primo luogo, i responsabili di
quell'improvviso cambiamento nella personalità già distorta di quello che, fino
a pochi mesi prima, avrebbe tranquillamente definito come “compagno” e che in
quel momento, malgrado quello che era accaduto, e malgrado il conseguente odio,
non poteva dimenticare del tutto.
Non poteva, né voleva, dimenticare
Elena, la cui morte era stata un dolore troppo grande per tutti loro, e
rappresentava una sorta di fuoco incrociato, assieme alle difficoltà incontrate
nella loro infanzia prima e con i Vongola poi, che aveva ferito fin troppo
gravemente Giotto e che il turbinare dell'aria rovente delle esplosioni e delle
armi che erano state la causa primaria della morte di quella giovane che, per
tutti, era come e più di una sorella, avevano spazzato via il cuore di Daemon e,
di riflesso, anche quello del loro Primo.
Era sempre stato un diamante
pazzo, allo stato grezzo, prezioso e talmente splendente da accecare
chiunque per permettergli di prendere tutti per mano e accompagnarli, guidarli,
ma in quel momento, non splendeva più, malgrado le assidue cure di G.
Sembrava ormai una pietra morta.
Ma una pietra può piangere?
Perchè la Tempesta lo sapeva, ed era
anche per quel motivo che cercava il più possibile di stare lontano dalla camera
che lui e Giotto dividevano, Primo piangeva.
Naturalmente non sempre, e non ogni
giorno, ma sempre di notte, quando dalle finestre lasciate spalancate entrava un
refolo distratto di vento gelido, e la Luna era altissima nel cielo, tonda e
brillante, di un biancore latteo accecante, ricordava il volto un tempo
sorridente di quel demonio che loro avevano amato teneramente come un angelo. E
sapeva che anche Giotto la pensava così, e le sue lacrime erano anche per lei,
per un ricordo che continuava ad accompagnarlo per ogni notte in cui faceva
capolino dalle nuvole.
L'illusione si era spezzata sotto le
loro dita, che tentavano di anelare a quella purezza in un vano tentativo di
tornare a un passato impossibile da recuperare, e i rami ormai spogli di foglie
che si protendevano verso il cielo, scheletrici e malati, potevano benissimo
essere le loro mani stanche.
Aveva sempre sperato che quei pianti
facessero sfogare Giotto al punto che, nutrito dalla presenza della Luna, la
quale sembrava volesse scacciare con una lama bianchissima di luce l'oscurità
del dolore e della tristezza, potesse tornare a essere quella gemma preziosa di
cui G. si era sempre preso cura e che aveva sempre amato.
Il filo dei suoi pensieri venne
interrotto improvvisamente da un cigolio sinistro proveniente da fuori, seguito
dallo strascicare di un passo stanco e lento e dal rumore della porta dello
studio che si apriva.
Sulla soglia, coi grandi occhi
azzurri spalancati e confusi, così simili a quelli di un bambino, coi ciuffi
biondi disordinati e con un piccolo candelabro in mano, c'era Primo
Lo fissava con aria strana,
totalmente in silenzio, e G., per un attimo, fremette nel vedere l'ombra di una
lacrima splendere nell'angolo dell'occhio di Giotto, prima di sparire.
“C-Cosa fai ancora sveglio?” biascicò
l'italiano, stretto nel pigiama caldo che lo difendeva dal primo freddo
autunnale: “E' tardi...”
“Stavo finendo di sbrigare alcune
faccende.” si giustificò G., spostando la sedia con un movimento leggero e
allargando le braccia, in un muto invito ad avvicinarsi.
Dubbioso per qualche istante, alla
fine il nuovo arrivato mosse qualche passo a piedi nudi sul legno del pavimento,
gettandosi poi tra le braccie dell'amico di sempre, accoccolandosi e
aggrappandosi con urgenza alle sue spalle, tenendo le gambe leggermente
sollevate da terra.
Il rosso sospirò, sollevandolo per
metterlo meglio seduto, e fremette nel sentirlo incredibilmente leggero: “Hai
perso peso, dovresti mangiare di più.” lo rimproverò: “Sai che se qui ci fosse
Alaude ti rinchiuderebbe in sala da pranzo, legandoti al tavolo con le sue
manette, vero?” esclamò severamente.
Il biondo s'affossò maggiormente col
viso sul petto di G., respirando affannosamente e tremando appena: “Ohi, sicuro
di stare bene?” chiese pensieroso, aumentando la pressione della stretta.
Ma Giotto scosse la testa,
artigliando la sua camicia e raggomitolandosi sulle sue ginocchia, fragile come
mai era stato visto dall'altro in tutto quel tempo trascorso fianco a fianco.
Una volta di più, G. avrebbe voluto
stringere le proprie mani attorno al collo di Daemon fino a togliergli l'aria.
Attingendo a tutta la sua, poca per
natura, pazienza, il Guardiano emise un sospiro prima di passare le proprie
braccia sotto le ascelle del biondo e sotto le ginocchia, reggendolo con
fermezza di modo da poterne almeno vedere il viso arrossato di pianto e
stanchezza.
Era a quello che il loro fulgido
desiderio aveva portato?
Addolcendo la propria espressione, la
Tempesta appoggiò la propria fronte contro quella di Giotto, sfiorandogli le
labbra con le proprie: “Se qui ci fossero Lampo e Knuckle, stai pur certo che
darebbero manforte al piccione.” rise mestamente.
“Se Alaude ti sentisse, saresti già
stampato contro il muro come una mosca.” notò Primo, cercando a propria volta di
sorridere, pur se con estrema difficoltà.
Durante il giorno, il Boss era
affabile come sempre, ma di notte era G. a raccoglierne i frammenti nel
tentativo di riformare le mille facce cristalline come l'acqua di quella
luminosa gemma che il rosso tanto amava: l'altro tesoro del suo cuore non era in
pericolo, i Vongola sapeva per certo che continuavano a prosperare anche senza
di loro, permettendogli di concentrarsi unicamente sul giovane che cullava sulle
proprie ginocchia come se fosse stato un bambino.
Per quanto incosciente e a tratti
crudele, Ricardo era l'uomo ideale.
Oh, certamente il Secondo sapeva cosa
era successo, lo sapeva eccome, G. glielo aveva detto tramite la prima e corposa
lettera che aveva spedito solo il giorno seguente al loro arrivo in Giappone e
quando Ricardo, stupefatto, gli aveva riferito che Daemon era diventato il suo
Guardiano della Nebbia, la Tempesta non ne era stata del tutto sorpresa: anzi,
nel profondo del cuore l'aveva comunque messo in conto, poiché Daemon amava
troppo la Famiglia, in un modo forse ossessivo, a tal punto che probabilmente
l'avrebbero riplasmata fino a tramutarla in qualcosa di totalmente diverso
rispetto al loro desiderio, al Desiderio di Giotto.
Ricordava vagamente le parole di
Talbot: morte, distruzione, potere oscuro... Questo sarebbe stato il futuro dei
Vongola, fino al giorno in cui un altro diamante pazzo, forse più puro e
luminoso di Giotto, sarebbe ricomparso sull'asse temporale.
Peccato che probabilmente non
avrebbero potuto assistere al suo arrivo...
Scacciando a viva forza i pensieri
tristi e dolorosi, il rosso fece scivolare le braccia sotto le ascelle e le
ginocchia del biondo, alzandosi in piedi e stringendolo forte a sé, per poi
avvicinare le loro labbra e incastrarle dolcemente.
Da parte di Giotto non venne nessun
movimento né parola, si era addormentato.
G. sospirò rassegnato mentre gli
sfiorava lo zigomo arrossato con i polpastrelli; lo poggiò delicatamente in
poltrona mentre lui armeggiava coi fogli sparsi un po' dovunque, poi spense
entrambi i candelabri e si ritrovò immerso nell'oscurità, beandosi del respiro
calmo e pacifico che sentiva provenire dal biondo.
Restò in silenzio per parecchi
istanti, sentendo in lontananza unicamente i suoni della notte, l'abbaiare dei
cani che sorvegliavano i loro dintorni e le voci delle guardie che bisbigliavano
nella loro ronda.
Poi, semplicemente riprese Giotto in
braccio e lasciò la stanza, venendo entrambi inghiottiti nell'oscurità.
Sarebbe stata una nuova e lunga
giornata quella che avrebbe atteso Ieyasu Sawada – non era stato d'accordo con
lui riguardo al nome che aveva scelto come segno della nuova identità che aveva
assunto dopo essersi trasferiti ma non aveva protestato - in quel villaggio...
Com'è che si chiamava?
Gli venne in mente poco prima di
addormentarsi, mentre il corpo di Giotto si stringeva a lui sotto il futon e gli
venne da sorridere pensando che fosse effettivamente il luogo di nascita di un
irritante spadaccino di sua conoscenza.
Namimori.
§§§
Da qualche
parte nel bel mezzo del Pacifico, presente
Tsuna non aveva la minima idea di
come ci fosse arrivato a bordo della nave, e neppure di come fosse riuscito a
levarsi i vestiti, rattopparsi più o meno le ferite e infilarsi sotto le coperte
per dormire: ricordava di essere stato talmente conciato male che non riusciva a
camminare senza farsi aiutare da qualcuno, evidentemente quel qualcuno l'aveva
portato lui mentre era privo di sensi.
Si concesse un attimo per riflettere,
ripensando alla fine della battaglia e sorridendo al vago ricordo di Julie che
sorreggeva un Enma conciato se possibile peggio di lui: alla fine però erano
riusciti a cavarsela, e anche piuttosto bene.
Dopotutto, quando era cominciato quel
casino, la situazione era oltremodo disperata: Enma divorato dal suo rancore e
dalla sua solitudine, Yamamoto in ospedale e poi Chrome, Mukuro e infine gli
Shimon e Ryohei in mano ai Vindice... Il tutto coronato dalla presenza di Daemon
Spade.
Dalla finestra spalancata entrava la
fresca aria salmastra e lui respirava a pieni polmoni, lasciandosi andare a un
sorriso: era finita e lui si sentiva sollevato, felice. E sentiva di avere anche
fame.
Decisamente un buon segno.
Stava per scendere dal letto per
indossare qualcosa sopra le garze e andare a cercare qualcosa da mangiare quando
all'improvviso, dall'esterno, sentì vivido il suono di un pianoforte e una voce
baritonale che cantava sotto il Sole: socchiuse gli occhi, lasciando che la
musica e il canto con cui Hayato stava allietando la loro navigazione lo
avvolgesse.
Poi, all'improvviso, alle proprie
spalle percepì una presenza familiare, che aveva associato, durante la
battaglia, a un nemico, ma era diversa, anche le Fiamme non erano più
aggressive, e comunque ne aveva percepita una seconda.
Si voltò nell'esatto momento in cui,
in una vaga e tremula nebbia argentea, vide materializzarsi un uomo e una donna,
mano nella mano, che gli sorridevano con affabilità.
“Questa voce mi ricorda quella di G.”
sussurrò la giovane con l'abito bianco a cingerle il corpo magro, guardando con
aria sognante un punto imprecisato del lembo di cielo che si vedeva da lì:
“Anche lui amava cantare, benchè con gli strumenti fosse una frana. E difatti
eravamo io e Asari ad accompagnarlo.”
Tsuna annuì, troppo stupefatto per
parlare mentre si muoveva meccanicamente per prendere la mano di Elena tra le
proprie e sfiorarle le dita con le labbra: fu come toccare del fumo tiepido e
profumato.
“Che galanteria, è chiaro che sei il
nipote di Giotto. Anche lui era solito fare così.” aggiunse la giovane con un
risolino divertito: “Sono venuta qui per ringraziarti,” disse ancora,
inchinandosi lievemente, “perchè un Vongola in passato mi ha permesso di trovare
la felicità e un altro me l'ha restituita.”
A quelle parole, il giapponese
arrossì vistosamente, biascicando qualcosa e incapace di mettere i pensieri in
ordine, scatenando un risolino di scherno da parte di Daemon, che si fece
avanti, inchinandosi appena all'indirizzo di Sawada.
“S-Sono contento che siate riusciti a
ritrovarvi, davvero.” dichiarò il bruno con un gran sorriso pieno di gioia e
sollievo: aveva davvero paura che non riuscissero a riunirsi e aveva sperato che
almeno quella brutta storia si chiudesse anche per loro, dopo tutto quello che
era accaduto si meritavano un po' di pace.
“Mi rendo conto che possiamo suonare
egoisti, ma ci chiedevamo se per caso non potevi aiutarci ancora.” disse
all'improvviso lei, lisciando le pieghe dell'abito: “A trovare gli altri,
intendo.”
Sulle prime, Tsuna non capì, e ancora
la musica da fuori non si era interrotta, poi un raggio di consapevolezza si
fece strada nell'oscurità della sua coscienza e comprese.
“So che siamo spiriti e che ci sono
cose che non potresti sapere, potrebbe anche essere impossibile per te aiutarci,
ma vorremmo rivedere Giotto. Daemon vorrebbe chiedergli scusa per quello che è
successo e speravamo che forse avresti potuto darci qualche suggerimento.” Elena
sembrava cauta nelle parole, quasi nervosa, ma non aveva smesso un attimo di
sorridere.
Il Decimo soppesò le sue parole,
riflettendo, poi prese tra le proprie mani l'Anello del Cielo, rigirandoselo tra
le dita e ammirando i riflessi colorati delle gemme che lo decoravano, e infine
lasciò che la propria volontà fluisse e alimentasse la Fiamma.
“A dire la verità, non ho la minima
idea di dove sia né di come fare a raggiungerlo, potrebbe anche essere dovunque,
e così anche gli altri, ma sono certo che saranno assieme.” disse con sguardo
fermo e luminoso: “Possiamo fare un tentativo.” concluse.
La fiamma arancione, purissima,
avvolse tutto, sembrava ancora più potente e intensa di quando aveva combattuto
fianco e fianco con Enma, cento volte più forte dello scontro contro Byakuran...
Era stato inghiottito, come se una
forza esterna a lui, o forse interna al suo cuore, lo avesse preso per mano e lo
avesse infuso di nuova e prorompente forza e si era ritrovato nella luce, con i
due spiriti accanto, altrettanto sorpresi come lui.
E sentiva ancora la voce di Hayato
come se fosse giusto accanto a sé.
Lo interpretò come un buon segno.
E si stupì di quanto bravo fosse a
cantare in inglese!
L'unica cosa era che non riusciva a
capire cosa stesse dicendo...
“Lo so io cosa sta dicendo, Sawada
Tsunayoshi.” la voce di Daemon era pericolosamente incrinata e, quando il Cielo
ed Elena si voltarono, erano certi di aver visto l'ombra di una lacrima nei suoi
occhi.
Ricordi quando eri giovane, splendevi
come il sole.
splendi su di te, diamante pazzo
ora c’è un’espressione nei tuoi
occhi,
simile ai buchi neri nel cielo
Poi, dopo aver coperto in parte con
la propria voce quella dell'argenteo, cadde in ginocchio all'improvviso,
stringendo i pugni. Nessuno dei due si mosse, anzi trattennero entrambi il fiato
mentre Daemon alzava leggermente il capo: “Quell'arciere da strapazzo era solito
definire Giotto diamante pazzo, diceva che aveva una molteplicità
incredibile di facce, tutte splendenti come e forse più del Sole...”
balbettò, artigliando l'elaborata giacca blu che indossava sopra gli abiti
all'altezza del petto.
Non poteva andare oltre mentre
sentiva il dolore bruciante del tradimento che aveva perpetrato ai danni
dell'unica persona che avesse mai veramente rispettato. Aveva avuto lungo tempo
per rifletterci su, aveva cercato in tutti i modi di ricacciare il senso di
colpa in fondo al cuore per lasciarsi divorare dal desiderio di vendetta, ma
cosa aveva concluso?
Poteva quasi vedere gli occhi di
Giotto nella propria mente, vuoti e spenti.
Sawada non sapeva cosa fare, era
paralizzato, ma la voce di Hayato non aveva smesso un solo attimo di cantare,
continuando a riecheggiare in quel limbo candido in cui si trovavano:
stranamente, Tsuna riusciva finalmente a capire le parole, benchè l'inglese
fosse per lui alla pari della matematica, incomprensibile, era incredibile!
Eppure fino a poco prima non ne era stato in grado.
E più la canzone andava avanti, più
sentiva che quelle parole erano così perfette per Giotto da mozzare il fiato,
poteva quasi vedere dipanarsi davanti ai suoi occhi la figura dell'antenato in
attimi di vita, fino a quando, nell'immagine forse finale, la sensazione che la
canzone stesse quasi per concludersi in uno sbuffo di luce era forte, vide G. e
Giotto, assieme, sorridenti, e circondati dagli altri Guardiani della Prima
Generazione che tendevano le mani verso di loro.
Soprattutto verso i due amanti al suo
fianco.
Si coprì la bocca sussultando per
l'emozione e, nello stesso momento, la canzone aveva raggiunto le battute
finali, dando quel suo messaggio di speranza che poteva essere quello che Daemon
ed Elena stavano cercando, un messaggio che attraversava il tempo, univa le
epoche e poteva aiutare le anime perdute a riunirsi nella luce del perdono e
della redenzione, malgrado fossero separate da troppi secoli e da grandi
distanze.
Nessuno sa dove sei, quanto vicino o
quanto lontano,
Splendi pazzo diamante.
Accatasta molti più strati e io ti
raggiungerò laggiù.
Splendi pazzo diamante.
E ci crogioleremo ai raggi del
trionfo di ieri,
veleggeremo sulla brezza d'acciaio.
Vieni ragazzino, vincitore e
sconfitto,
vieni tu minatore di verità e
delusione, e splendi!
E Tsuna capì tra le lacrime che non
voleva dire nulla il non sapere dove ci si trovava, se separati o meno, il
legame che la Prima Famiglia aveva rinfrancava la sua fiducia per il futuro:
chissà se anche la sua controparte, quando aveva deciso di morire per salvare
tutto ciò che amava ma lasciando indietro il proprio cuore nella forma dei
Guardiani, serbava in sé la speranza che il legame coi suoi fosse abbastanza
forte da permettergli di ritrovarli nel momento in cui si sarebbe svegliato di
nuovo.
Era decisamente qualcosa più forte
dell'amore.
Erano circondati dal cielo azzurro e
dall'erba, per Sawada l'intero panorama aveva un qualcosa di talmente familiare
che per un attimo la sua mente sostituì agli alberi sullo sfondo la figura di un
tempio shinto color rosso, col tetto spiovente color oro, ma ricacciò indietro
quel pensiero: non poteva essere Namimori, vero?
Sentiva la ghiaia sotto i propri
piedi, la brezza fresca percorrergli il viso e vedeva i due giovani avvicinarsi
al gruppo in loro attesa, scambiarsi abbracci, baci tra le lacrime... Non poteva
sentirne le parole ma era come se esse fossero state sussurrate direttamente al
suo orecchio: il perdono di Giotto con un sorriso, gli occhi di quest'ultimo
talmente splendenti da accecare, le parole leggermente balbettate di Daemon, la
risata gentile di Elena mentre accarezzava la guancia del fidanzato e veniva
abbracciata da un Lampo che piagnucolava di gioia nel vederla.
Scostato e unico testimone di quel
toccante rincontro e riunione di anime perennemente legate dal loro filo rosso
del destino, Sawada non parlava, unicamente lasciava che le lacrime scendessero
a tutta velocità dai suoi occhi, offuscando la visuale ma facendo sgorgare dal
cuore un sentimento di gioia estrema e palpabile.
Era felice, veramente felice.
Poteva veramente dirsi conclusa
quella storia, del tutto. Sarebbe stato un segreto unicamente tra lui e la Prima
Famiglia, forse ne avrebbe parlato con i suoi compagni o forse no, ma sentiva
che tutto era tornato a posto, che Daemon aveva finalmente raggiunto le persone
che una volta aveva abbandonato, forse nel modo peggiore, e che la brezza
avrebbe finalmente fatto viaggiare la loro nave sulla rotta giusta, nel ricordo
dei millemila avvenimenti, piccoli e grandi, che li avevano visti protagonisti,
nel bene e nel male, che avrebbero avuto tutta l'eternità per poter stare ancora
assieme. Tra sé e sé, pensò che Giotto era stato sì sconfitto (l'aveva visto nei
brevi flash che gli si erano palesati dinanzi) dal suo cuore troppo grande e
pieno di sentimento, spaccatosi in due, ma aveva vinto, alla fine, sempre grazie
a lui: perché era stato in grado di perdonare e continuare comunque ad accettare
chiunque potesse far parte del suo Cielo.
La scena cominciò a dissolversi
mentre le risate e le voci degli otto venivano lentamente sostituite dalle voci
preoccupate di Gokudera e Yamamoto che lo chiamavano a gran voce, che gli
urlavano di svegliarsi, ma sulle prime pensò che fosse unicamente la sua
immaginazione, cosa di cui dovette ricredersi nel momento in cui, spalancati gli
occhi, si ritrovò disteso sul letto, nella camera che credeva di aver
abbandonato, coi visi spaventati di Pioggia e Tempesta accanto a sé, e con loro
c'erano anche il Nono e i suoi.
Confuso, Tsuna sfiorò le proprie
guance, trovandole bagnate.
“Siamo venuti a vedere come stavi ma
ti abbiamo trovato sdraiato, con gli occhi spalancati e fissi nelvuoto...
Piangevi... Ci siamo spaventati...” balbettò Takeshi, gettandogli le braccia al
collo e abbracciandolo con forza, con Hayato che faceva lo stesso.
Ripresa coscienza di sé e del proprio
corpo, il Decimo scosse la testa, asciugandosi le lacrime e rivolgendo un
sorriso sia a loro che al Nono: “Grazie, ma non è nulla. Davvero.” li rassicurò,
districandosi dalla presa dei due Guardiani per gettarsi giù dal letto, “Devo
aver sognato.” aggiunse, dirigendosi verso l'angolo di camera dove aveva mollato
la propria borsa.
“Sicuro di potersi muovere?” chiese
Coyote con severità, facendo per fermare il bruno.
“Tsunayoshi-kun ha dormito per tre
giorni, deve essere riposato al massimo.” notò Timoteo: “E ora, tutto quello di
cui ha bisogno, è di mangiare qualcosa, ho ragione?”
Effettivamente, Sawada sentiva un
certo languorino.
“Allora pranzeremo tutti assieme.”
annunciò il Boss, facendo cenno ai propri Guardiani di seguirlo: “Vi aspetteremo
di là” disse, prima di sparire fuori dalla porta.
Takeshi e Hayato restarono lì,
attendendo che Tsuna finisse di prepararsi, poi uscirono assieme a lui,
scortandolo attraverso i corridoi della nave in un silenzio tranquillo e
rilassato.
“Gokudera-kun, posso chiederti una
cosa?”
“Naturalmente!”
L'estrema disponibilità dell'argenteo
lo fece sentire insolitamente allegro: normalmente avrebbe pensato che forse era
troppo esagerato, ma dopo ciò che aveva visto, comprendeva un po' di più.
“Mi canteresti una canzone?”
§§§
E quel pomeriggio, mentre erano tutti
riuniti nel piccolo salottino attiguo alla sala da pranzo, e Hayato stava dando
il meglio di sé unicamente per il suo Decimo, questi si sentiva assonnato, segno
che forse non si era ancora ripreso del tutto, o forse che le emozioni che
provava lo facevano sentire protetto al punto da desiderare unicamente di
addormentarsi cullato da esse...
Non lo sapeva.
Voleva solo una cosa.
Poter incidere a fuoco nella propria
mente quelle parole che già vi danzavano come le farfalle nel prato del suo
sogno, ricordo... Cosa fosse quella visione non lo sapeva con esattezza...
Ma non avrebbe mai scordato né quel
luogo né quelle parole.
Perchè desiderava che esse fossero
anche per lui un sentiero da percorrere o una chiave per aprire il proprio
cuore, e si sentì esplodere di tenerezza quando, al proprio risveglio, sotto la
morbida coperta che gli era stata drappeggiata addosso, si ritrovò davanti al
naso un foglio, vergato in hiragana e kanji da una parte, una traduzione, e in
caratteri latini dall'altra: le lacrime gli salirono tanto più scorreva il breve
messaggio che introduceva il tutto.
Era di Hayato.
Decimo, non
vorrei sembrare irrispettoso nei suoi confronti ma vorrei che sapesse una cosa:
questa canzone mi fa pensare a lei, trovo che le si addica alla perfezione, sia
nelle parti positive che in quelle negative, ed è soprattutto per questo motivo
che mi piace particolarmente suonarla e cantarla, mi fa sentire più che mai
vicino a lei
Sempre suo,
Gokudera
Hayato
E di seguito, le parole che lo
avevano accompagnato in quel breve ma incredibile viaggio, finalmente veramente
consapevole del loro peso e del loro intrinseco significato.
Ricordi quando eri giovane, splendevi
come il sole.
splendi su di te, diamante pazzo
ora c’è un’espressione nei tuoi
occhi,
simile ad i buchi neri nel cielo
splendi su di te, diamante pazzo
sei stato catturato nel fuoco
incrociato
di infanzia e notorietà
soffiato via dalla brezza d'acciaio
vieni, oggetto di risate lontane,
vieni sconosciuto, leggenda, martire,
e splendi!
hai raggiunto il segreto troppo
presto,
hai pianto per la luna
splendi su di te, diamante pazzo
minacciato dalle ombre nella notte,
ed esposto alla luce
splendi su di te, diamante pazzo
beh, hai esaurito il tuo benvenuto
con precisione casuale,
hai cavalcato sulla brezza d'acciaio
vieni modaiolo, visionario, vieni
pittore,
pifferaio, prigioniero, e splendi!
Nessuno sa dove sei, quanto vicino o
quanto lontano,
Splendi pazzo diamante.
Accatasta molti più strati e io ti
raggiungerò laggiù.
Splendi pazzo diamante.
E ci crogioleremo ai raggi del
trionfo di ieri,
veleggeremo sulla brezza d'acciaio.
Vieni ragazzino, vincitore e
sconfitto,
vieni tu minatore di verità e
delusione, e splendi!
§§§
VALUTAZIONE
e poi sempre quarta ...
SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND DI CHARLIE
CORRETTEZZA : 10\10
Perfetta...
TRAMA : 9\10
Devo ammettere che, dopo un momento iniziale dove non capivo nulla a causa della
mia totale ignoranza della serie nonostante lo specchietto, la storia mi ha
preso molto. E' bellissimo il momento in cui Elena e Daemon si ricongiungono ai
loro amici e quel perdono che nella prima parte sembrava impossibile invece era
stato raggiunto. Hai raccontato tutto in maniera bellissima e toccante...purtoppo
ho tolto un punto perchè rimane sempre il fatto che tante cose della storia non
le conoscevo ed erano confuse, per me.
STILE : 10\10 Hai uno stile molto bello, semplice ma che va a fondo...toccante.
CARATTERIZZAZIONE : 10\10 Sempre per quel che ne so...si, sembrano
caratterizzati bene.
IN TEMA : 10\10 Assolutamente si!!!!!!Bellissimo come, a distanza di 400 anni,
la storia si ripete con una canzone unica...che ha attraversato il tempo!
COINVOLGIMENTO PERSONALE : 8\10 Purtroppo per metà storia (perchè anche alla
fine è accaduto...) i tanti nomi sconosciuti hanno impedito che venissi davvero
coinvolta completamente nella storia...mi dispiace.
TOTALE PUNTI 57\60
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