13.
È il momento.
Il momento di cui ha avuto tanta paura, il
momento che non lo lascia in pace nemmeno nel sonno.
***
Si sveglia di colpo, la fronte madida di
sudore, il cuore impazzito.
“Hey, tutto bene?”
Abby lo sta guardando preoccupata. È sulla
soglia della porta della loro camera da letto, Joe tranquillamente addormentato
tra le sue braccia.
“Sì, sì...”, deglutisce, “un incubo, era solo
un incubo”
***
Il momento del coraggio.
Un uomo, davanti al destino. Ultima resa dei
conti, la definitiva.
Il sole batte sulla sua schiena. Il sole. Strano,
non si sarebbe mai aspettato il sole in una giornata così. La pioggia, il freddo
sarebbero stati più ovvi. Ma ancora una volta Vukovar è riuscita a confonderlo.
Il sole, caldo sulle sue spalle ed il freddo atroce che lo
invade.
Tiene lo sguardo fisso davanti a sé, vedendo
finalmente la pietra grigia, lucida e curata.
Fiori colorati l’adornano.
Non si ferma nemmeno a pensare chi potrebbe
averlo fatto, non vuole pensarci. Sarebbe come mettere un dito nella piaga delle
sue mancanze. Ed a questo punto, è stufo e nauseato delle sue mancanze. A questo
punto sente semplicemente la necessità di concentrarsi sulla pietra lucida e
curata che ha di fronte.
Tre nomi, naturalmente.
Tre semplici nomi, due dei quali con lo stesso
cognome, due dei quali dividono con lui qualcosa in più del semplice
cognome.
Jasna Kovac, anni 4.
***
“È una bambina!”
L’esserino sta piangendo, il viso
rosso.
“Come la
chiamiamo?”
“Jasna... Jasna
Kovac”
***
Marko Kovac, mesi 18.
***
“Oh, guarda quanti capelli
neri”
“Che bel
maschietto”
“Marko, come il nonno di
Danijela”
“Marko Kovac, mi
piace”
***
Danijela Barac in Kovac.
***
“Con il potere conferitomi io vi dichiaro
marito e moglie. Lo sposo può baciare la sposa”
Luka si piega piano verso Danijela. Lei è
bellissima, il semplice vestito bianco a sottolineare il fisico
sottile.
Finché morte non li separi. Come se a ventun
anni, durante il tuo matrimonio per di più, l’idea della morte possa sfiorarti.
Finché morte non vi separi, a ventun anni,
sotto il sole caldo, con il rumore delle onde, ha il sapore
dell’eternità.
***
Fredda lastra lucida. Anche quella ha il sapore
dell’eternità, ma in un modo terribilmente diverso. Non era così che doveva
andare.
Si inginocchia davanti al destino, gli occhi
chiusi, la testa china. Il sole regala ai suoi capelli riflessi irreali,
giocosi.
Nella mano sinistra stringe tre rose. I gambi gli
fanno sudare il palmo, ma quasi non se ne accorge.
Sospira.
Appoggia i fiori sul terreno ricoperto di
ghiaietta.
Ne afferra uno, un bocciolo di rosa di un rosso
cupo, vellutato, simile a sangue coagulato.
Lo deposita sulla tomba.
Altro sospiro.
Il tempo. Ecco cosa gli è mancato. Non l’amore,
la passione, la fiducia. Il tempo. E chi mai avrebbe potuto prevederlo. Ma
sarebbe stato giusto prevederlo? Forse, chissà, avrebbero perso spontaneità, gli
occhi sempre fissi all’orologio che li separava da quel momento atroce. Il
tempo. Tic tac, tic tac.
Guarda ancora la rosa rossa. Il fiore preferito
di Danijela. Quella che le ha portato simboleggia tutte quelle che avrebbe
dovuto portarle in passato, quelle che avrebbero dovuto essere già lì su quella
tomba. Quasi sedici anni ed un pensiero costante. Mancanze coniugali. Il marito,
lui era un marito. Come ha potuto, come? Se le scuse fossero un oggetto,
sarebbero di sicuro quella rosa di sangue coagulato. Danijela, per tutto quello
che è stato, e per tutto quello che avrebbe potuto
essere.
Piega ancora la mano, per raccogliere un altro
fiore.
Rosa rosa stavolta, delicata e sensibile. Jasna.
La sua principessa.
La vede chiaramente, il suo sorriso, i suoi
occhi. Era – è,
dannazione – la sua
bambina. L’amore istintivo, eterno. Qualcosa che non si può spiegare. Sua
figlia. Nella sua mente, ora bambina, le trecce lunghe e nere, ora adolescente,
con una gonna troppo corta, ora donna, ora mamma. Mente che disegna immagini
perfette, precise. Immagini destinate a frantumarsi sulla lastra fredda che ha
di fronte. Jasna, ora e per sempre bambina di quattro anni, Jasna che non
abbandonerà mai le sue bambole. Jasna che aspetterà per sempre la fatina del
dentino. Jasna. Se l’essere donna di Jasna potesse avere forma sarebbe quella
rosa dai petali leggeri e arricciati. Jasna, futura donna perfetta e bellissima.
Jasna, immagine pura della femminilità.
Ultima rosa, ultimo gesto, ultimo
momento.
Rosa bianca, ingenua. Marko, dallo sguardo
puro.
Marko nel seggiolone a spalmarsi allegramente la
pappa sul visino. Marko, così simile a lui (e non vuole nemmeno pensare a chi
altri è tanto simile Marko, perché altrimenti ne impazzirebbe), Marko dai passi
incerti. Ingenuo, allegro, divertente, il suo bambino. L’amore della mamma, più
che del papà, ma pur sempre amato oltre ogni spiegazione razionale. Marko, e le
chiacchierate che non verranno mai. Marko, ed i consigli che moriranno in gola,
che nessuno mai ascolterà. Marko, fermo all’età perfetta di diciotto mesi,
quando ancora non si sa cos’è il tempo. Marko, che ha smesso di vivere ancor
prima di aver avuto a pieno la coscienza di essere vivo. Se qualcosa potesse
rappresentare il rapporto adulto tra padre e figlio sarebbe quella rosa candida.
Marko, Luka, e le cose che avrebbero potuto imparare l’uno
dall’altro.
Sta piangendo, Luka, senza nemmeno rendersene
conto. Perché quello è l’ostacolo principale, perché se sopravviverà poi non
avrà più scuse, perché essere lì è come morire e poi rinascere. Perché essere lì
vuol dire accettare, capire.
E lui lo capisce che è la fine, che è l’addio,
che il suo futuro è oltre quelle vite.
Per sempre li amerà.
Per sempre penserà a
loro.
Ma loro non lo annienteranno più. Ma Vukovar non
lo torturerà più.
Si alza piano, rispettoso. Le rose risaltano,
bellissime. Sembrano l’immagine di un sogno. Tutto accade per una ragione. Ora
ne è davvero sicuro.
Guarda il cielo, di un azzurro pallido. È quasi
il tramonto.
Guarda ancora la lapide. I nomi incisi sembrano
sorridergli, comprensivi.
Anche lui accenna un sorriso, un sorriso
vero.
“Addio. Vi ho amato e ancora vi amo. E così sarà
per sempre. Lo prometto”
Si gira e si allontana. Non c’è più tempo per i
rimorsi e i rimpianti.
La luce è bellissima, quasi arancione e dolce.
La luce illumina Vukovar in modo incantato.
Luka si guarda intorno.
Vukovar non è mai stata tanto bella.
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