Sfiorarla

di Fanny Darcy
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Sfiorarla.
Questo avevo sempre desiderato: vedendola passeggiare con quell’andamento sicuro, fiero, senza paura né imbarazzo, con quel sorriso dolce e sensuale, di chi ti ammalia con il miele, quegli occhi grandi, troppo per poterli sorreggere, troppo pieni di vita e di gioia per poterne essere intimoriti.

Sfiorarla.
Perché mi sembrava di poter spezzare quell’incantesimo che la faceva brillare, che le permetteva di irradiare anche le atmosfere più cupe, che la elevava al di sopra di tutti gli esseri, solo toccandola?

Sfiorarla.
Aprii la porta dell’appartamento. Un rumore di tacchi fece una piroetta e s’intromise nella stanza. Quel profumo alla pesca invece rimase per un momento fuori, timido, per poi gettarsi sul mio viso con forza, fino a farmi quasi lacrimare. Poi chiusi la porta.
Il bianco di quel sorriso mi abbagliò, rendendomi più interdetto di prima.
Prima cadde la giacchetta nera. Poi dalle gambe scivolò la gonna.
“Ti aspettavo”

Le scarpe disposte confusamente, le lenzuola alla rinfusa, il tappeto dalle mille pieghe, la mia cravatta sul bordo letto, i nostri corpi incastrati l’un all’altro, nessun angolo vuoto, nessun lembo di pelle che non avesse saggiato la nostra confusione passionale.
Le mie mani nelle sue, i suoi capelli nei miei, le mie labbra sulle sue, i suoi seni sul mio petto, il mio cuore in gola; non sono le tue mani che io voglio toccare, non sono i tuoi capelli che io voglio confondere tra i miei, non sono le tue labbra che voglio baciare, non sono i tuoi seni che voglio assaggiare, non voglio questo cuore in gola.

Dormi, serena. E io mi tormento. Non riesco neanche a piangere, il mio corpo è felice, il corpo è estasiato ma il mio cuore è affranto, il mio cuore è infranto.
I miei occhi non vedono che quel miele, non vedono che quella maestosità, non vedono che quella gaiezza.
Sfiorarla.

***

Sedevo sull’erba, verde, bagnata, lucente. Leggevo lentamente, solitario e triste. Era una giornata di sole, ma il calore era fioco. La pietra e i suoi intagli proiettavano ombre curiose. L’iscrizione era recente. Vi erano molti vasi, molti fiori, molti pensieri. Anche il mio, stava lì, con tutto il mio corpo.

Oh amata avrei voluto sfiorarti,
solo sfiorarti mia dea,
siedo sul tuo corpo adesso,
ci distanziano metri di terra, di aria,
di vita e di morte,
di dolore e di lacrime.
Oh mia amata, avrei voluto sfiorarti;
posso solo osservare l’erba che cresce,
i fiori che appassiscono,
il tuo nome e quelle date rimanere indietro nel tempo,
mentre la mia mano carezza
quel viso che non riuscirò a dimenticare mai.
Oh mia amata, avrei voluto sfiorarti.

Chiusi il libro, baciai quella piccola foto. Mi diressi verso l’uscita. A domani, mia amata

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