Ifigenia - Diario di una morte

di AliDiCeraBianca
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II
 
Il sole cala. Continua a calare. Eccolo sparire, dietro le montagne. L’ultimo lembo di luce mi investe il viso, e io guardo fisso quel raggio accecante, fino a che la palla di fuoco scompare.
Gli occhi bruciano, fanno male. Vedo tutte macchie bianche quando volgo lo sguardo verso la mia stanza.
Macchie. Bianche. Di luce.
Una macchia. Ecco come mi sento. Una macchia da lavare via, una macchia di sporco sull’arazzo del Fato.
Cominciano a spuntare le stelle. Vedo chiaramente la prima stella della sera, Sirio.
La luna appare poco a poco, tra le nuvole che incupiscono il cielo, pallida sfera, Selene, regina della notte.
Il freddo della sera s’insinua nella pelle, mi entra nelle ossa, lo sento spingere e scavare, scavare, scavare.
A poco a poco mi divora, come freddo ghiaccio. Vuole ghiacciarmi il cuore.
Se avessi il cuore di ghiaccio almeno non soffrirei.
Eppure brucio. Brucio come fuoco, mi sento viva fiamma che arde troppo in fretta.
Io della mia vita che ne ho fatto in tutti questi anni?
L’ho disprezzata. Sì, l’ho disprezzata. Ho vissuto come una principessa, credendomi immortale, ma ho sbagliato. Solo gli dèi sono atànatoi.
Mi sento come invecchiata di colpo.
La clessidra sul lavabo segna implacabile lo scorrere del tempo.
Gli ultimi atti della mia vita scanditi da minuscoli, impercettibili granelli di sabbia. E man mano che il tempo passa mi sembra che vadano sempre più veloci, incalzanti, rapidissimi. Giù, giù nel gorgo.
Ogni granellino rappresenta un minuscolo frammento della mia esistenza, e mentre osservo la sabbia scendere giù veloce mi rivedo bambina, a giocare tra i veli della veste di mia madre, poi imparare a lavorare al telaio e a comandare ancelle. Quante volte ho passato le giornate valutando la qualità di una stoffa o di un’altra per la mia nuova veste, la bellezza di una collana invece di un’altra, le sontuosità dei bracciali giunti dall’oriente solo per me, le magnificenze di ogni nuova festa in onore di un mio compleanno? Che sciocca. Quale ingenuità, quale assurda ingratitudine nei confronti della vita!
Che senso c’è dietro tutto questo? Quale destino hanno in serbo per me gli dèi? Non posso credere che nel mio domani ci sia solo la nera Morte. Non sono pronta per stringere la mano a Persefone.
Mi rendo conto di aver bruciato attimi fondamentali nell’inerzia di una quotidianità di cui non sentivo il peso. Ma ora sì, ora capisco.
Prima ero cieca sul mondo. Ma non era una cecità che rende saggi, come il vecchio Tiresia. Quella cecità mi rendeva stolta.
Ora capisco il valore di una vita.
I miei occhi prima cuciti, li sento ora come strappati all’improvviso e lasciati affogare alla luce, una luce che mi acceca e mi uccide.
Giù. Giù nel gorgo.
Mi sento scivolare insieme a quei granelli, giù in un vortice impazzito, che mi trascina a fondo, e mi sommerge, mi fa soffocare.
La mia vita si avvolge su se stessa, come un serpente che si morde la coda, soffocato dalle sue stesse spire.
Giù. Giù nel gorgo.
  




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