Titolo: Come with me
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Tenth Doctor, Master
Rating: PG13
Genere: triste, death – regeneration fic,
comico
Conteggio parole: 4419
Avvertimenti: morte di un personaggio principale,
AU, pre-slash, post 4x18 “The End of Time”, one-shot
Riassunto: L'ultima cosa che il Master
ricordava della sua vita era lo guardo sorpreso del Dottore mentre si
metteva tra lui e la sua scelta. Poi si era trovato nel bel mezzo della
Guerra del Tempo, tra la morte e la distruzione a cui a lungo aveva
cercato di sfuggire.
Ora non gli rimaneva che attendere la fine di tutto, quando uno
sferraglio improvviso lo fece girare bruscamente. Il Master
sollevò stancamente il volto mentre le porte si aprivano e
una mano faceva la sua comparsa.
“Vieni con me”.
Disclaimer: La storia è basata su fatti e
personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i
diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo
per mio puro diletto.
Come
with me
Uno sferraglio conosciuto lo fece girare improvvisamente.
Non poteva essere vero.
~o0o~
Era bastato un attimo, una rapida occhiata e aveva deciso.
Era giunto il momento di finire quella pagliacciata e questa volta il
compito sarebbe spettato a lui.
Un ultimo ghigno, o forse un sorriso, e si era scagliato contro la sua
stessa gente. Li aveva creduti potenti e infallibili, invece si erano
rivelati meschini e opportunisti.
Era solo un bambino, allora. Un bambino normale e loro, per trovare una
via d'uscita a quella morte, non avevano esitato un attimo prima di
instillargli nella mente quell'infernale battito di tamburi.
Oh, ma adesso si sarebbe vendicato.
Loro erano i colpevoli, loro erano gli unici responsabili per
quell’errore, per avere creato un mostro. Alla fine tutto si
sarebbe rivoltato loro contro.
Aveva scelto di vendicarsi, sul finire della sua vita. Vendicarsi
contro la sua stessa gente, colpevole di avergli rovinato l'esistenza.
Aveva scelto di lanciarsi nel vuoto perché... Beh, forse
perché la pazzia faceva parte di lui più di
quanto volesse ammettere.
L'ultima cosa che ricordava della sua vita era lo guardo sorpreso del
Dottore mentre si metteva tra lui e la sua scelta.
Si era trovato nel bel mezzo della Guerra del Tempo, tra la morte e la
distruzione a cui a lungo aveva cercato di sfuggire.
Ironico. Era stato il suo unico pensiero, mentre sentiva il suo corpo
venir invaso dal dolore. Il suo ritorno alla vita non era andato come
aveva progettato e ora, tra un ansimo e l'altro, doveva sopportarne le
conseguenze.
Fortuna voleva che la sua agonia non sarebbe dovuta durare ancora a
lungo, lui sarebbe giunto a mettere la parola fine
a tutta questa sofferenza.
~o0o~
Era seduto su un sasso, in annoiata attesa della sua liberazione,
quando aveva sentito quel rumore. Il suono che quegli sciocchi umani
attendevano e cercavano disperatamente, come un assetato ricerca
l'acqua. Lo stridio che portava salvezza e risollevava gli animi.
Ghignò sprezzante.
Finalmente la fine stava arrivando.
Solo che non si era aspettato il materializzarsi del TARDIS a due passi
dalle macerie della propria casa. Si era sempre immaginato la versione
sanguinaria del Dottore al centro della battaglia, non defilata in
quella piccola oasi di pace.
Sollevò stancamente il volto mentre le porte si aprivano e
una mano faceva la sua comparsa.
“Vieni con me.”
Il Master squadrò quella mano e quel volto, sorpreso e
incuriosito.
Non era la versione del Dottore che si era aspettato di vedere. O
meglio, non poteva immaginare che quell'uomo, così titubante
con una pistola in mano, potesse essere lo stesso della carneficina che
avrebbe compiuto di lì a pochi attimi.
Scosse la testa, mentre un’altra fitta gli rammentava il
deteriorarsi del suo corpo.
La mano era ancora lì, in attesa di una sua scelta, il corpo
del Dottore fermo nella sua decisione.
“Non mordo.” Disse con mezzo sorriso, facendo un
passo fuori dal suo TARDIS, il cappotto beige che seguiva i suoi
movimenti come un'ombra.
Il Master inclinò la testa di lato, perplesso, i pensieri in
subbuglio.
“Sbrigati ad afferrare la mia mano. Non c'é quasi
più tempo. Io, o meglio, il giusto me stesso,
arriverà fra poco e sarai bloccato qui. Immagino che tu non
abbia un piano alternativo per sfuggire ancora una volta al blocco
temporale. O mi sbaglio?” Domandò conoscendo
perfettamente la risposta alla propria domanda.
No. Non aveva un diavolo di piano di emergenza. Non aveva
calcolato di sacrificarsi per il bene superiore, grazie tante!
Imprecò a mezza voce, guadagnandosi un'occhiata saputa da
parte del Dottore.
Aveva mai accennato al fatto che lo odiasse?
Stancamente si sollevò in piedi e accennò un
passo in avanti, guardando con disgusto la mano tesa in quella pazza
offerta. La osservò crucciato, incrociando le braccia al
petto.
“Metti via quella mano. Non voglio la tua
pietà.” Sputò, voltandogli le spalle.
Il Dottore gli si avvicinò silenziosamente, le mani
profondamente infossate nelle tasche dei pantaloni del completo.
“Te lo ricordi, Koschei, questo posto?”
Il Master strinse i pugni, riducendo le sue labbra a una linea sottile,
mentre una scossa di dolore gli squarciò il petto. La scelta
era prossima: la rigenerazione o la morte.
Il Dottore lo squadrò con la coda dell’occhio, un
velo di tristezza che gli oscurava le iridi solitamente così
brillanti. Si accucciò sulla terra nuda, giocando
distrattamente con i rossi fili d’erba.
“Qui sorgeva la tua casa e queste colline… le
corse che abbiamo fatto per queste colline. Mi battevi sempre, ti
ricordi? E io mi arrabbiavo.” Continuò col sorriso
sulle labbra, la mente persa nei ricordi.
“Eri l’unico che riusciva a farmi imbestialire con
un nonnulla. Sei sempre stato così. Ti divertivi,
vero?” Piegò il capo di lato, scorgendo un ghigno
di soddisfazione dipingersi sul volto del Master.
“Te ne sei andato…” sussurrò
dopo un po’ l’altro Signore del Tempo con astio.
“Te ne sei andato e mi hai lasciato indietro.”
Si allontanò di qualche passo, le braccia intrecciate
saldamente attorno al proprio corpo.
“Il Dottore e la sua cabina blu.” Recitò
aspramente, lanciando un’occhiata d’odio al TARDIS.
“Non sai quante volte ho sentito parlare di te. Il Dottore,
l’uomo errante, la tempesta imminente. Ho aspettato a lungo
un tuo ritorno.”
Si girò verso di lui, battagliero.
“Te lo ricordi, Dottore, quell’anno?
L’anno che non è mai stato.”
Osservò compiaciuto il dolore che si presentò nei
tratti del Signore del Tempo.
“Non ti piaceva rivangare il passato?” chiese con
crudele ironia, inginocchiandosi di fronte all’altro.
“O forse vuoi solo rammentare i bei ricordi, convincerti
nella tua bella testolina che c’è ancora del buono
in me, qualcosa che è degno di essere salvato. Dimmi,
Dottore,” sibilò sulle sue labbra, prendendogli il
volto tra le mani, “mi vuoi ancora con te?”
Posò la fronte sulla sua, facendogli provare sulla propria
pelle come fosse la sua vita.
I tamburi, quel battito infinito e imperituro.
L’energia che scorreva nel suo sangue, sotto la pelle e che
lentamente lo stava bruciando, distruggendo.
“Dimmi, Dottore, mi vuoi ancora con te?”
ripeté aprendo gli occhi di scatto e ricercando lo sguardo
dell’altro Signore del Tempo.
Scorse una lacrima solcare i suoi lineamenti e mollò la
presa di scatto, nauseato da quella vista.
“Come sei debole, Dottore. Vattene. Lasciami in
pace.”
“Mi dispiace. Mi dispiace così tanto.”
Mormorò il Dottore carezzandogli il volto con una mano. Il
Master sussultò al contatto: era freddo, molto
più freddo del normale e così effimero e
evanescente. E alla fine capì.
Si allontanò bruscamente, strisciando sulla terra arida.
“Vieni con me.”
“Per essere cosa? La tua balia? Il tuo passatempo non morto e
non vivo? Per cosa?” urlò il Master arrabbiato.
“Sei morto, Dottore. Morto.” Gridò con
quanto fiato aveva nei polmoni.
“Sei mor-”
Il Signore del Tempo si portò una mano alla testa e
incespicò all’indietro. Subito il Dottore si fece
avanti, sorreggendo il peso di quel corpo che pian piano si stava
distruggendo.
“Cosa sei?” mormorò il Master senza
fiato, aggrappandosi con forza alle sue braccia. “Qualche
specie di fantasma che mi guiderà nel mio ultimo viaggio?
L’anima che redimerà il mio spirito?”
domandò con falsa ironia, il fiato corto e affaticato.
“La mia dannazione eterna? Così tipico da te
infestare i miei pensieri anche nell’ora della mia
morte.”
Il Dottore sorrise dolcemente, stringendolo quando un’altra
scossa di energia fece tremare il corpo del Signore del Tempo.
“Andiamo. Non c’è più
tempo.”
Il Master si scostò lentamente da quel corpo, osservandolo
circospetto.
“Cosa succederà?” chiese, sollevando il
volto al cielo.
Il Dottore gli si mise di fianco, alzando il viso verso
l’alto a ricercare il calore dei due soli di Gallifrey.
Quanto gli era mancata la sua terra, il profumo inconfondibile che
permeava quel mondo. Quel giorno la luce era rossastra, al di
là delle Montagne della Solitudine sorgeva la loro
cittadella, un tempo fiorente e pacifica. Adesso non rimanevano altro
che macerie e corpi privi di vita. Il cielo sopra di loro era oscurato
dalle navi dei nemici: così tanti, così
agguerriti. Di lì a poco lui sarebbe
arrivato e di tutto ciò non sarebbe rimasto più
nulla.
Una leggenda, un racconto di un tempo lontano.
Ma la ferita sarebbe sempre rimasta aperta e sanguinante.
“The end of time, itself.”
Sussurrò, usando la loro vecchia lingua, mentre una lacrima
cadeva silenziosamente al suolo.
~o0o~
“E quindi cosa ci facciamo noi ancora qui?”
domandò il Master con tono burbero, riscuotendolo dai suoi
tristi ricordi.
Il Dottore gli sorrise, asciugandosi velocemente il volto.
“Non dire nulla.” Lo minacciò il Signore
del Tempo prima che il Dottore potesse commentare in alcun modo la sua
scelta. “Lo faccio solo perché non ho alcuna
intenzione di rimanere bloccato qui e guardarti mentre fai il gradasso.
Vanaglorioso che non sei altro.”
Il sorriso sul volto del Dottore si fece ancora più ampio,
mentre, con rinnovata energia tornava verso il suo TARDIS. Il Master
scosse la testa sconsolato, seguendolo silenziosamente.
Per Rassillon! Era caduto davvero in basso questa volta, stentava
ancora a crederci lui stesso.
Questa rigenerazione, così umana, era
davvero debole e emotiva.
Mai, mai si sarebbe sognato di sacrificarsi per il Dottore. E invece si
era ritrovato nel bel mezzo della Guerra del Tempo, senza via di
scampo. Si era andato a scegliere proprio una bella morte.
Si posò sul legno blu della porta aperta del TARDIS, ancora
incredulo della piega che avevano assunto gli eventi. Da una parte la
morte e dall’altra parte una nuova possibilità.
Maledetto il Dottore e quella sua insana passione di voler salvare
tutti a ogni costo.
Salutò con lo sguardo la sua terra e richiuse la porta alle
sue spalle. Si mosse incerto fino alla console del TARDIS, dove il
Dottore era già all’opera, pronto a lanciare la
sua astronave nella calma del Vortice del Tempo.
“Benvenuto a bordo.” Esordì cordiale,
facendogli cenno di sedersi al suo fianco sulla poltroncina di fronte
ai comandi.
Il Master arricciò il naso contrariato, osservando
l’ambiente circostante.
“Dai… non fare lo scontroso.”
Biascicò il Dottore, cavando fuori di tasca un dolcetto che
mangiò in un sol boccone in un mormorio compiaciuto.
“Non è cambiato molto dall’ultima
volta.” Commentò il Master posandosi senza molta
cura sul ripiano della console. “Stesso telefono vecchio
stile, schermo impolverato e un’infinità di
bottoni, leve e… pompe?” domandò
incredulo, ricevendo un’alzata di spalle come risposta.
“Davvero, Dottore, mai pensato a un rinnovamento di questa
tua vecchia astronave?”
Il TARDIS diede uno scossone contrariato, facendo volare il Master
contro le sbarre in ferro.
“Non ti conviene offenderla. È piuttosto
suscettibile.” Gli consigliò il Dottore aiutandolo
ad alzarsi.
Il Master sbuffò, allontanandosi velocemente da lui.
“Non voglio la tua commiserazione.” Volle
precisare, sedendosi imbronciato sulla poltroncina.
Il Dottore scrollò le spalle noncurante, concentrandosi nel
coccolare la propria astronave.
“Vedo che manca la tua mano di scorta.”
Commentò il Signore del Tempo dopo un po’,
annoiato da quel silenzio.
Il Dottore si fermò a mezz’aria, come
pietrificato, mentre la stoffa con cui stava lucidando i vari pulsanti
scivolava ai suoi piedi.
“Uh. Toccato tasto dolente.” Commentò il
Master, sfregandosi con soddisfazione le mani.
Il Dottore inspirò ed espirò più
volte, cercando di calmare il tumulto interiore che gli stava
squarciando il petto. Aveva fatto la scelta più giusta, lo
sapeva, solo che… a volte la gelosia era difficile da
controllare.
Strinse le dita in un pugno, il corpo teso concentrato nel combattere
la propria battaglia, prima di girarsi a fronteggiare il suo nuovo
compagno.
“Oh, Dottore. Non mi interessa, lo sai bene. Te e il tuo
attaccamento per quegli stupidi umani. Così deboli e
inutili. Davvero non ti capisco.”
“Zitto!”
“Uh, ci siamo arrabbiati.”
“Sta zitto!”
Il Master ammutolì di colpo, accasciandosi su se stesso,
mentre le ondate di energia squarciavano il suo corpo. Si
morsicò a sangue le labbra pur di non urlare dal dolore, non
poteva farsi vedere debole di fronte al Dottore. Questi accorse al suo
capezzale, inginocchiandosi al suo fianco e tenendogli sollevata la
testa, aspettando che il tremito passasse.
“Stai morendo.” Constatò, asciugandogli
la fronte con un fazzoletto.
“Come siamo perspicaci, Dottore.” Rispose
l’altro, ironico.
“Ma questa volta combatti.”
Il Master sbuffò, voltando la testa dall’altra
parte. Il suo petto si alzava e si abbassava frenetico, i polmoni alla
ricerca di altra aria. Sentiva la testa pulsare, farsi sempre
più pesante. I suoi movimenti erano più lenti, i
pensieri meno lucidi. Si guardò affascinato una mano: carne
e ossa si alternavano a intermittenza.
“Non ti fermerò, se non vorrai rigenerarti.
Brucerò il tuo corpo secondo la nostra
tradizione.” Riprese a parlare il Dottore, cullandolo tra le
sue braccia. L’altro rimase in silenzio, gli occhi socchiusi
fissi sulla grata del pavimento della console. Sarebbe stato
così semplice andarsene, ma c’era qualcosa che lo
incuriosiva. Qualcosa che gli impediva di mollare la presa e farsi
avvolgere dall’oblio.
Il Dottore lo strinse per le spalle, mentre i tremiti si facevano
più forti. Avvertiva sotto le sue mani il dolore farsi
più acuto, quel corpo perdere le forze.
“Ma vorrei che tu rimanessi con me.”
Sussurrò al suo orecchio. “Tu e io. Insieme come
un tempo.”
“Non ci sarà più un noi.”
Smozzicò il Master senza fiato.
Il Dottore sorrise, passando una mano tra i suoi corti capelli biondi.
“La scelta spetta a te, il TARDIS farà tutto il
resto.” Gli spiegò aiutandolo a poggiarsi contro
la base della console. “Se decidi di rigenerarti, dovrai
andartene. Non potrai prendere il TARDIS, neanche se fossi io stesso a
volerlo, lo capisci vero? Controlli isomorfici e
quant’altro.”
Il Dottore gli sollevò il volto con una mano, ricercando nei
suoi occhi un segno del fatto che lo stesse ascoltando. Lo sguardo del
Master si era fatto opaco, la vita lo stava abbandonando, di lui non
rimaneva altro che un’ombra.
“Master…”
“Adoro… adoro quando usi il mio nome.”
Sussurrò questi con le ultime forze rimastegli, abbozzando
un sorriso.
“Andrà tutto bene. Fidati di me.” Gli
disse alzandosi in piedi. Si passò una mano sulla faccia
cercando di nascondere le lacrime che avevano iniziato a bussare
prepotentemente alla porta dei suoi occhi e infine guardò
per un’ultima volta l’altro Signore del Tempo.
Tutta quell’energia stava deteriorando il corpo, che passava
sempre più velocemente dalla forma umana a diventare un solo
scheletro.
Rabbrividì al ricordo del dolore che stava sopportando.
Il Master era stato un pazzo.
Un pazzo però che gli aveva salvato la vita.
E forse un’altra opportunità la meritava ancora.
Sapeva che in lui c’era qualcosa di buono, qualcosa del suo
vecchio Koschei doveva essere rimasto nelle profondità di
quei due cuori.
Si allontanò silenziosamente, lasciandolo solo nella sala
della console in balia della sua ultima scelta. Richiuse la porta alle
proprie spalle, appoggiandovisi contro, in attesa di qualcosa che forse
non sarebbe mai avvenuto.
~o0o~
“Dottore, non posso lasciarti solo un momento che mi diventi
l’eroina piagnucolosa di un romanzetto di serie b.”
Quella voce strascicata, così insolente, così
beffarda…
Il Dottore sollevò di scatto il volto, trovandosi a due
spanne dal naso del Master che lo guardava con quel ghigno di
soddisfazione sulle labbra.
“…”
“Non sprecare fiato, Dottore.” Continuò
posandogli un dito sulla bocca. “Sai che quello che hai da
dire non mi interessa.”
“È bello averti qui.”
“Oddio, non fare il sentimentale. Andrà anche bene
per le tue amichette umane, ma con me, ti prego, risparmiati la
sceneggiata.”
Il Dottore sorrise ancora di più, facendo arrabbiare
maggiormente il Master.
“Non volevi andartene, eh?”
Il Master lo occhieggiò stranito, sollevando perplesso un
sopracciglio.
“Diciamo che volevo continuare a rendere la tua vita un
inferno. Da vivo come da… cosa saremmo adesso?”
L’altro Signore del Tempo si posò contro il muro,
incerto sulla definizione più adatta a loro.
“Non siamo vivi, ma nemmeno morti. Siamo spiriti che
viaggiano nel tempo e nello spazio, vedila come una vita
bonus.”
“Ma non se n’è mai parlato nella storia
e nelle leggende dei Signori del Tempo.” Ragionò
il Master mettendosi al suo fianco.
“E tu ne sai molto in proposito, sempre in fuga dalla morte,
sempre alla ricerca di qualcosa di più.”
“Ah, Dottore, non iniziare con la ramanzina. Non potrei
sopportare un’eternità con te e le tue buone
parole.”
“Hai scelto te di restare.” Rispose
l’altro a tono con gli occhi brillanti di sfida.
“Certo, senza di me ti saresti annoiato e poi, se questa
possibilità potevi averla tu, la volevo
anch’io!”
Il Dottore scosse la testa, esasperato.
Doveva essere diventato pazzo quanto lui per decidere di condannarsi a
un’esistenza con lui.
“Immagino che ci vorrà un po’
perché tu – cioè, l’altro te
stesso, oh, vabbé, hai capito! – si
riprenda.”
Il Master annuì appena con la testa.
Era stata una rigenerazione difficile che aveva richiesto tutte le sue
forze, fino a prosciugarlo del tutto. C’era stato un momento
di stallo, un momento in cui aveva creduto di non potercela fare.
Aveva pensato di mollare, di lasciarsi andare.
L’oblio era lì che lo attendeva invitante, bastava
semplicemente che avesse mollato.
Ma poi una voce l’aveva trattenuto. Un suono che proveniva da
lontano, molto lontano.
Era una voce calda e solare che piano piano aveva iniziato a fare
breccia nella sua mente ovattata. Si era fatta strada tra i suoi
pensieri, scacciando via le tenebre e infondendo nuova vita in quel
corpo esausto. Si era lasciato avvolgere da quella pace, lasciando che
lo trasportasse ovunque quel suono avesse deciso andare.
La sua scelta era stata semplice: non voleva andarsene e quella luce
l’aveva accontentato.
Aveva avvertito il suo corpo squarciarsi in due, un dolore acuto e
agghiacciante nella sua testa e poi il nulla. Aveva aperto titubante
gli occhi e si era trovato lì, a due passi dal Dottore.
“Ti posso offrire una tazza di the?” chiese questi
cautamente, strappandolo dai propri pensieri.
Il Master sussultò appena e scosse veloce la testa, cercando
di cancellare i ricordi e il dolore.
“Caffè. Non sopporto quella brodaglia
inglese.”
“Sei così prevedibile.”
“Ma senti da che pulpito viene la predica!” rispose
il Master per le rime, seguendolo lungo un dedalo di corridoi.
“Sei tu quello che non sopporta gli umani e poi eccoti qui,
col loro caffè caldo in mano.”
“In chiunque c’è sempre qualcosa di
buono… non è quello che vai a blaterare sempre in
giro?” commentò il Master scolandosi il
caffè, rigorosamente amaro, in un sol sorso.
“Sto solo mettendo in pratica i tuoi insegnamenti!”
spiegò con tutta la calma a sua disposizione.
“Dimmi, perché ho deciso di darti una seconda
possibilità?” domandò il Dottore,
fissando divertito il suo compagno.
“Perché senza di me non puoi vivere. Dì
la verità: ti mancavo troppo.”
“Ma smettila di fare lo sbruffone.” Rispose il
Dottore a tono, assestandogli una pacca sulla nuca.
“Dai, Dottore, ammetterai che dopo la mia onorevole dipartita
ti sarà pur rimasta la curiosità di conoscere la
motivazione del mio gesto.”
Il Dottore sorrise, affogando la propria curiosità in un
sorso di the caldo.
Rimasero in silenzio per un po’, ognuno perso nei propri
pensieri.
“Perché sei venuto da me?” chiese il
Master infine, inclinando la testa di lato per scrutarlo meglio.
L’altro Signore del Tempo posò con calma la tazza,
soppesando sulla punta della lingua la risposta che doveva dare a
quella domanda.
“Perché non hai preso una di quelle tue compagne
che ti piacciono tanto? Donna, per esempio.”
“Non posso riportarla in questa vita.”
“Ah, giusto, la memoria. Se ricordasse morirebbe. In
più le hai installato quella specie di protezione.”
“Già. Non potevo lasciarla da sola. Non dopo tutto
quello che ha fatto.”
Il Master annuì: aveva sentito delle leggende sul suo conto.
“E Martha Jones?”
“La tua spina nel fianco? Lei no. Ha Mickey ormai.”
“Sai, non l’avrei mai detto.” Riprese
dopo un po’ il Dottore, perso nei propri ricordi.
“Martha Jones e Mickey Smith.”
“Parente di quella Sarah Jane?”
“No, no. È pieno di Smith in
Inghilterra.”
“E lei?”
“Ha un figlio, una vita da portare avanti. Sai, sono andato
al suo matrimonio e-”
“Tu? Non sei mai stato tipo da matrimoni.”
“Già.” Esalò il Dottore,
dondolandosi sulla sedia. “Danno troppi problemi, la Regina
ce l’ha ancora con me.”
“La Regina? Intendi quella
Regina?” domandò sorpreso il Master, fischiando di
apprezzamento quando la sua supposizione fu confermata.
“Ma che mascalzone!”
Il Dottore nascose il volto dietro la tazza di the,
l’imbarazzo che gli arrossava la punta delle orecchie.
“Chi mi resta… ah, sì! Come ho fatto a
dimenticare: Jack Harkness. Lo scherzo della natura più sexy
dell’universo. Dopo di me, ovviamente.”
“Ovviamente.” Scherzò il Dottore,
mettendo le tazze nel lavello. Le sciacquò velocemente,
prima di tornare a sedersi di fronte al suo nuovo ospite per
l’eternità.
“Jack è sbagliato. Non può stare sul
TARDIS. Inoltre-”
“Ha una vita, un team a cui pensare e bla bla bla. Ho capito,
ho capito.”
Il Master prese a tamburellare le dita sul tavolo.
Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
“I tamburi. Se ne andranno mai i tamburi?”
“Li senti ancora?”
Il Master inarcò un sopracciglio scocciato, non degnandosi
di rispondere a una domanda così ovvia.
“Deduco che li senti ancora. Non lo so, possiamo provarci.
Assieme dovremmo riuscirci.” Offrì il Dottore
incoraggiante.
L’altro sbuffò, riprendendo a tamburellare.
“E Rose? Che mi dici di lei?”
“Come…?”
“In quell’anno, di notte, chiamavi il suo nome. Sei
sempre stato patetico. Così attaccato a quegli sciocchi
umani.”
Il Dottore si alzò di scatto, puntandogli minacciosamente
contro un dito.
“Non osare… non osare…”
Il Master rise crudele, lo scherno ben dipinto sul volto.
“Tranquillo, non toccherò la tua bambolina. Ma
perché non te la sei presa con te? Scommetto che lei sarebbe
venuta.”
Ne seguì un silenzio teso.
“Oh, non dirmelo. Anche lei ti ha abbandonato vero? Povero
piccolo Dottore. Tutti quelli a cui tieni ti abbandonano.” Lo
prese in giro, scompigliandogli i capelli arruffati.
“Quindi, come ultima scelta, non ti sono rimasto che io. Il
vecchio Master, l’anima dannata che deve essere redenta. Sei
così debole, Dottore. Così buono che mi dai la
nausea.”
“Sei stato la mia prima e unica scelta, Master.”
Sussurrò fiocamente il Signore del Tempo, ricacciando
indietro le lacrime. “Non sono uno sciocco ottimista, pieno
di belle e nobili speranze. Sono un egoista. Volevo te, volevo
rimediare ai miei errori. Darci quella possibilità che ci
siamo sempre negati.”
Il Master lo fissò nauseato.
“Hai un’eternità intera per
provarci.”
~o0o~
“Mi annoio.” Sbuffò il Master iniziando
a passeggiare su e giù per la cucina.
Il Dottore chiuse gli occhi, chiedendo telepaticamente notizie al
TARDIS sulle condizioni del Master, quello rigenerato.
“Non possiamo ancora andare nella sala comandi. È
stata una rigenerazione particolarmente difficile questa
volta.”
Il Signore del Tempo sbuffò di nuovo, contrariato.
“Non sei per niente simpatico e cortese, lo sai?”
“Nemmeno rosso, se è per quello.”
“Ancora con quella storia del rosso. Ti è rimasta
proprio la fissa!”
“Ho sempre voluto essere rosso.” Si
lamentò il Dottore, guardando accigliato una ciocca di
capelli castana.
“Ti sei rigenerato, no?” domandò il
Master, giocando coi propri capelli tornati del loro colore originale.
Non che gli dispiacessero biondi, ma un colore scuro era più
appropriato alla sua personalità.
Il Dottore annuì appena, non voleva ricordare quei momenti,
non voleva andarsene. Lui aveva ancora così tanto da dare,
poteva fare ancora tantissime cose. Non voleva che qualcun altro, col
suo nome e i suoi ricordi se ne andasse in giro per il tempo e lo
spazio. Non voleva che un altro prendesse il suo
posto nel cuore dei suoi compagni.
Era un pensiero sciocco, lo sapeva. In fondo l’altro era
sempre lui stesso, ma con un corpo diverso, con nuovi interessi, con
nuove caratteristiche. Era come morire ogni volta, rinascere e
cominciare a scoprirsi.
Era affascinante e tremendo al tempo stesso, e, man mano che i secoli e
le rigenerazione si confondevano le une con le altre, nel suo cuore si
aprivano sempre più ferite, profonde e sanguinanti.
“E avrai visto il tuo nuovo corpo, no?”
Il Dottore si riscosse dai propri tristi pensieri, negando con la testa.
“In realtà no. E non perché non
volessi.” Volle precisare prima che il Master si esprimesse
in un commento dei suoi sulla sua sempre irreprensibile condotta.
“Sai, non capita tutti i giorni di poter vedere la propria
nuova versione… ora che mi ci fai pensare però,
ho incontrato la mia quinta rigenerazione, poco tempo fa. E
sì, capisco perché non ci è dato modo
di incontrarci.”
“Magari è rosso e nemmeno lo sai!” lo
interruppe il Master prima che partisse per una delle sue spiegazioni.
Il Dottore rimase con la bocca spalancata.
“Chiudila, o ci entreranno le mosche.”
Scherzò il Master.
“Non può averlo fatto. Non avrà osato
farmi un simile oltraggio!”
“Chi?”
“Lui. L’altro. Me stesso!”
Il Master alzò gli occhi al cielo. Rassillon solo sapeva
perché si era andato a cacciare in una discussione del
genere.
“Tranquillo. Non sarà sicuramente
rosso.” Lo rassicurò carezzandogli il dorso della
mano, vedendo il Dottore preso da una crisi di panico. “E in
ogni caso non sarà carino come te.”
“Non avevi detto che non ci sarà più
nessun noi?” chiese il Dottore con gli occhi brillanti.
“Come sei noioso!” sputò il Master,
troncando di netto la conversazione e fissandolo in un imbronciato
rossore da sopra le proprie braccia incrociate al petto.
Il Dottore scoppiò a ridere di gusto, beccandosi
un’occhiata omicida in risposta.
“Quando avrai finito di ridere possiamo andare a vedere come
sto?”
“Non possiamo.” Rispose il Dottore, inspirando a
fondo per calmare le ondate di riso.
“Ma a me non interessa nulla delle leggi dei Signori del
Tempo o se incontrare me stesso causerà qualche buco
nell’universo. Voglio vedere me stesso.”
“Non puoi.”
“Ma non puoi neanche fermarmi.”
“Vai pure, se hai voglia di camminare.”
Il Master roteò la testa scocciato.
“Tu e i tuoi dannati controlli isomorfici.”
Sbuffò piombando a sedere sulla sedia.
Il Dottore gli fece un occhiolino di soddisfazione.
“Però nulla ti vieta di dare una sbirciatina e
dirmi come sono adesso.”
“Master, lo sai che non-”
“Sarò sicuramente alto e snello. Sì,
sì.” Continuò il Master perso nel
proprio sogno ad occhi aperti. “Occhi…
uhm… azzurri? No, verdi. O ancora meglio: neri! Credo mi
donino maggiormente, non trovi? E capelli…
capelli… rossi! Solo per farti dispetto!”
Annuì con la testa, orgoglioso del propria immagine mentale.
“Voce profonda, con un accenno di barba. Ti sono sempre
piaciuto con la barba. Dovrei farmela crescere? Mah… non
so… questa versione ha un così bel viso che
sarebbe quasi un peccato nasconderlo.” Meditò
passandosi una mano sul volto.
“Uh! E dimenticavo: sarò un genio del male, la tua
spina nel fianco anche da vivo. Sarò spietato e crudele
e-”
“Bye bye, sweety!” esclamò una voce
giubilante, interrompendo la dettagliata descrizione del Master.
Entrambi i Signori del Tempo si guardarono negli occhi, sentendo il
Master rigenerato abbandonare veloce il TARDIS.
“Voce profonda, stavi dicendo?” lo prese in giro il
Dottore.
“Zitto!” sibilò l’altro, del
tutto oltraggiato, prima di essere scaraventato contro una parete.
“Ehi! Ferma questa macchina infernale!”
urlò al Dottore, cercando di rimettersi in piedi con molta
fatica.
“Ha bypassato la sicurezza sui controlli isomorfici. Davvero
non male, sai?” commentò aiutando il suo Master ad
alzarsi in piedi. “Mi sa che il suo Dottore avrà i
suoi bei problemi con lui.”
“Geloso?” domandò il Master in un
sogghigno.
“No, tu basti e avanzi per altri cento Master.”
“E pensare che potevi averne sei miliardi a
quest’ora.”
“Uno è più che sufficiente.”
Uno scossone lo fece volare tra le braccia del Master.
“Siamo impazienti, vedo.” Ghignò questi
afferrandolo al volo.
“Oh, sta zitto e aiutami a fermare il TARDIS.”
Ribatté scontroso il Dottore allontanandosi da lui
bruscamente e mettendosi a correre lungo il corridoio.
“Solo se togli i controlli isomorfici!” gli
urlò dietro l’altro.
“Non ci pensare nemmeno.”
“Allora non ti aiuterò!”
“Sì che lo farai!”
“No!”
“Sì!”
“No!”
“Sì! Altrimenti ti darò solo
the!”
“Ah, Dottore, non oserai rifilarmi quella
brodaglia!”
“Ma certo!” rispose quello con un ampio sorriso.
“Ti odio!”
“Ti voglio bene anch’io!”
“Lo sai che mi fai imbestialire?”
Il Dottore gli fece un occhiolino da sopra una spalla.
“È per questo che sei rimasto con me.”
Il Master sbuffò, aiutandolo suo malgrado. Non ci teneva a
schiantarsi proprio adesso che aveva trovato qualcuno da tormentare per
l’eternità.
“Allons-y!” esclamarono in coro, lanciando il
TARDIS nel Vortice del Tempo pronti per quella nuova entusiasmante
avventura.
Fine
Note finali: Sono due anni che scrivo su questo
fandom – ok, sono due anni a Pasqua, ma io non pubblico a
Pasqua – ed è giusto festeggiare.
Ho scoperto un fandom fantastico, mi sono cimentata nel mondo het e io
sono una slasher convinta! Ma Ten e Rose sono spettacolari assieme. E
poi c’è Donna, River. Ci sono anche Amy e Rory,
che, per quanto non li abbia apprezzati all’inizio, sono
splendidi anche loro. E non bisogna dimenticarsi del Master, il mio
Master che adoro alla follia, che mi fa ridere come una scema davanti
al pc, e mi fa piangere per la sua dolce e crudele ironia. Lo adoro
perché è folle e geniale e perché
assieme a Ten mi invoglia a vestire i panni della slasher incallita.
Ho scritto tanto e tanto ancora ho da scrivere, perché
questo fandom è troppo spettacolare per smettere di farlo. E
inoltre ho la tabella da 100 prompt ancora da finire – ne
mancano solo 89! – e ho il mio personalissimo obbiettivo di
arrivare alle 100mila parole quest’anno.
Che altro dire?
Ah sì. La storia. Mi sono inventata questo mondo AU, dove
quando ci si rigenera le versioni precedenti non scompaiono ma tornano
ad una specie di vita non vita e vivono felici e contenti col
Master perché sì dove possono
gironzolare per il tempo e per lo spazio come vogliono. Più
o meno.
Perché l’ho fatto? Ma è
ovvio! Ten e il Master si amano alla follia e dovevo dare loro modo di
sfogare i loro super-ormoni da Signori del Tempo in pace, senza stress
da Oh My God, Rose, Martha, Donna, River, Amy e Tu Master Sei Cattivo E
No, Non Possiamo Stare Insieme Perché Sei Cattivo.
In realtà perché ho scritto qualche millennio fa
una fic che aveva la necessità di questo mondo, e
poi perché ho in mente altre mille avventure. E no, ancora
nessun Time Lord nudo, accidenti a me!.
Inutile dire che mi sono divertita tantissimo a scrivere,
perché il Master si adatta benissimo alle mie follie.
Aggiungo che, nonostante abbia letto questa storia qualche migliaio di
volte nel corso dell'ultimo anno e mezzo, la storia non è
stata betata, per cui ogni errore è mio e mio soltanto. Se
ce ne sono segnalatemeli!
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