Ai no senso
“Andiamo Paula! Sbrigati!”
Quel giorno la signorina Elizabeth era particolarmente
felice. Questo pensava Paula mentre la seguiva per le affollate vie di Londra.
La signorina aveva deciso di recarsi nella residenza del suo
promesso sposo, e così adesso eccole lì, a correre da un negozio all’altro,
alla ricerca di un abito adatto all’occasione. In realtà di abiti adatti
Elizabeth sembrava averne trovati più di cinque ma, non essendo totalmente
soddisfatta, continuava a passare in rassegna ogni negozio su cui posava i suoi
vispi occhioni, in cerca del vestito perfetto.
E in tutto questo, la fedele Paula continuava a seguirla col
sorriso sulle labbra. Sapeva perfettamente quanto il signorino Ciel fosse
importante per lei, quindi teneva molto a far trascorrere alla sua Signorina
una giornata più piacevole possibile.
Persa in questi pensieri, la ragazza ne fu brutalmente
riscossa quando si accorse della mancanza della familiare figura bionda davanti
ai suoi occhi.
“Signorina Elizabeth?” chiamò esitante, scrutando con lo
sguardo tra la folla.
Nessuno rispose.
“Signorina Elizabeth!”
Stava cominciando a spaventarsi. E se la Signorina si fosse
perduta? C’era troppa gente. Poteva finire su una strada che non conosceva e
vagare per ore, smarrita e confusa. Poteva cadere e ferirsi, e nessuno
l’avrebbe soccorsa. Poteva essere portata via da qualcuno contro la sua
volontà... No, così si stava solo agitando ancora di più.
Iniziò a correre tra la gente che affollava la via.
“Signorina Elizabeth!” andava gridando senza premurarsi del
suo tono che si faceva via via sempre più disperato. “Signorina Eliza-!!” la
sua corsa finì bruscamente quando si scontrò con qualcuno, rovinando a terra.
Con le lacrime agli occhi, Paula non aveva nemmeno il
coraggio di guardare la persona davanti a sé tanto si vergognava dello stato in
cui si trovava. Con un leggero singhiozzo si passò le mani sul volto.
Poi vide una mano tesa verso di lei.
“Sta bene?” chiese una voce. Una voce calma, profonda e,
anche se non se ne rese conto, fredda.
Fu in quel momento che alzò lo sguardo; e, non appena lo
fece, si perse nei suoi occhi. Sentì il cuore perdere un battito, poi un altro,
e infine ricominciare a correre ad una velocità impressionante. Per un attimo
pensò di trovarsi in uno dei romanzi che amava tanto, nel momento in cui la
protagonista guardava il giovane e se ne scopriva perdutamente innamorata. Era
dunque questo che si provava? Sentì il volto avvampare mentre osservava quegli
occhi così particolari, adornati da un paio di lenti dalla montatura
rettangolare.
“I-Io...” si ritrovò a balbettare, e abbassò lo sguardo
sulla mano ancora tesa verso di lei.
Dopo qualche altro istante di esitazione decise di
afferrarla, e si rimise in piedi.
“Mi scusi... Non trovo più una ragazzina, e non stavo
guardando...”
Una nuova voce interruppe la mora.
“Fa’ più attenzione la prossima volta!” Paula guardò
sorpresa la giovane donna dai capelli scarlatti comparsa al fianco dell’uomo
mentre questa- senza smettere di fulminarla con lo sguardo. Afferrò un braccio
dell’accompagnatore e lo strinse a sé con fare protettivo.
Dopo un’occhiata più attenta la cameriera dei Middleford si
ritrovò suo malgrado a sgranare gli occhi, sbigottita.
Quella non era una donna.
Era un... un...
“Non siamo qui per perdere tempo Sutcliffe. Abbiamo del
lavoro da fare.” Lo ammonì l’uomo dai capelli neri. “Cerchi di fare più
attenzione la prossima volta, intesi?” si rivolse poi a Paula.
Lei si limitò a fissarlo, mentre sentiva nuovamente il volto
riscaldarsi.
“Andiamo. Manca poco ormai.” questa volta si rivolse
all’uomo chiamato Sutcliffe.
Per tutta risposta questi si strinse di più al suo braccio,
acconsentendo tuttavia ad iniziare a camminare per strada.
“Oh William~ Sei così freddo con me!” cinguettò.
Paula rimase lì, immobile nel bel mezzo del marciapiede, a
fissare le due figure scomparire tra la folla, il nome William a riecheggiarle
nella mente. Nemmeno si accorse di Elizabeth, che l’aveva finalmente raggiunta
e la chiamava con insistenza.
C’era qualcosa che non andava nella sua cameriera, notò Elizabeth.
Da quando si era ricongiunta a lei, Paula sembrava assente,
con la testa fra le nuvole. Era rimasta incantata per qualche minuto a fissare
la folla che le scorreva davanti, e a nulla erano serviti i richiami della
duchessina. Una volta a casa poi, nel più grossolano degli errori, aveva
confuso il sale con lo zucchero durante la preparazione del the.
Mentre ora...
“Paula?”
“Si?” rispose distrattamente questa mentre armeggiava con i
lacci del corsetto della padroncina. Fin’ora l’unico risultato che aveva
ottenuto era stato intrecciarli tra le sue dita.
“Mi stai preparando per andare da Ciel, vero? Così potremo
mostrargli il mio abito nuovo.”
“Certamente.” assentì.
Lo sguardo di Elizabeth divenne dubbioso.
“...Allora perché mi slacci il corsetto e hai in mano la mia
veste da notte?”
A questa affermazione Paula guardò esterrefatta prima
Elizabeth, poi la stoffa che teneva tra le mani e infine, accortasi
dell’errore, riallacciò in fretta il corsetto e corse a prendere il vestito
appena comperato.
Subito si chinò per iniziare a vestire la ragazza,
scusandosi in continuazione.
“Non so’ proprio come sia potuto accadere... La prego di
perdonarmi!”
Elizabeth ovviamente la scusò subito, ma trovò comunque
conferma ai suoi dubbi. E così, piena di curiosità, iniziò a tartassare di
domande la povera Paula che, sebbene inizialmente fosse reticente, si ritrovò
ben presto costretta a cedere e rivelò quanto accaduto nella mattinata.
Con suo stupor, la duchessina emise un suono molto simile ad
un trillo e iniziò a piroettare per la stanza, mentre il suo nuovo abito
madreperla seguiva ogni suo aggraziato movimento. Subito dopo iniziò a ridere.
“Oh Paula, è meraviglioso! Sei innamorata!” esclamò al
settimo cielo.
La suddetta innamorata arrossì violentemente, balbettando
parole confuse.
“No, non è possibile, io-”
Elizabeth non la lasciò finire. “Allora è deciso: la
prossima volta chiedigli un incontro!”
“Un... Un incontro?”
“Certo, un incontro! Magari una passeggiata!”
Paula per poco non divenne viola dall’imbarazzo. Uscire con
William? Sarebbe di certo stato il giorno più memorabile della sua vita! Ma ne
avrebbe avuto il coraggio?
“Oh no, non posso certo essere io a invitare lui! Non è cosa
a modo, e poi potrei benissimo non incontrarlo più...”
“Non devi dire così!!” sbottò Elizabeth. La fanciulla
afferrò le mani della sua cameriera e la guardò negli occhi. “Non importa se
non è a modo! Se quello che provi è davvero amore devi combattere! Insisti!
Questa sarà la tua guerra!”
Paula rimase ad osservare la sua padroncina senza parole.
Poi annuì mentre un sorriso le illuminava il volto.
La cameriera dei Middleford entrò in cucina con un vassoio
ormai vuoto in mano. Proprio come aveva sperato la signorina Elizabeth si stava
divertendo assieme al fidanzato, e non poteva esserne più felice.
“Spero di poter essere
così felice anch’io, un giorno.” pensò sospirando, e posò il vassoio sul
tavolo della cucina deserta.
“Sebas-chaaaan~”
Paula si voltò di scatto udendo quella voce. Da dove
proveniva? Le sembrava di averla già sentita...
Non poté comunque pensare a dove l’avesse sentita molto a
lungo, visto che pochi istanti dopo da una delle finestre della stanza-
lasciate aperte per il caldo di quel pomeriggio- irruppe una saetta rossa che
si fermò con un saltello vicino a Paula.
“Oh Sebas-chan~ Non puoi immaginare quanto mi sei...” Grell
si interruppe all’improvviso quando si rese conto che, effettivamente, la
persona che si trovava davanti NON era Sebastian.
Eppure era sicuro di averla vista da qualche parte.
“E tu chi saresti?” domandò diffidente.
A quelle parole la cameriera quasi si indignò. Ma insomma,
si erano incontrati quella stessa mattina, anche se per poco! Come poteva
essersene già dimenticato?
“Mi chiamo Paula.” disse con un leggero inchino. “Ci siamo
incontrati questa mattina, quando mi sono scontrata con l’uomo che era con te,
W...William.” Quella singola parola fece fare una capriola al suo stomaco.
Quanto a Grell, invece, si era finalmente ricordato delle
circostanze in cui l’aveva conosciuta. E soprattutto, che non gli era piaciuta
per niente la sua espressione mentre fissava William, il SUO William. E ora
aveva pronunciato il suo nome con voce tremante e sguardo trasognato.
Non gli piaceva per niente.
“Ah, vero.” disse con tono irritato. “Il mio nome è Grell.”
Nel momento di silenzio che seguì quell’affermazione, Paula
si ricordò delle parole della signorina Elizabeth.
“Non importa se non è
a modo! Se quello che provi è davvero amore devi combattere!”
Doveva... combattere? Forse, poteva chiedere a Grell di farle
incontrare William. No, aveva paura. Anche se avesse incontrato nuovamente
William, chi poteva assicurarle che lui avrebbe accettato l’invito? Ne era
certa, avrebbe rifiutato, o peggio, l’avrebbe presa in giro, o illusa.
“Insisti! Questa sarà
la tua guerra!”
È vero. La sua guerra...
“Grell, vorrei incontrare nuovamente William.” disse tutto
di un fiato.
Il rosso sobbalzò.
“E perché?”
“Beh... Vorrei uscire con lui.” Paula arrossì. “Non intendo
qualcosa di particolare! Magari una passeggiata per le strade, niente di più.”
si affrettò a correggersi.
Grell si sentì gelare.
Quella donna voleva uscire con Will. E lui era...
arrabbiato? No. Furioso. Non poteva uscire con lui! Non poteva e basta! Non
avrebbe visto William nemmeno da lontano! Certamente a lui piaceva Sebastian,
ma quello era una specie di passatempo, si divertiva proprio perché il demone
lo rifiutava e lo trattava male. Ma William... Will lo trattava come suo pari,
anche se non sembrava possibile aveva alcuni momenti di gentilezza- sebbene
molto, molto rari- che erano in grado di farlo sciogliere.
William era suo. Suo e basta.
“Oh, non credo sia possibile. Wiru” marcò ossessivamente il nomignolo, per mostrare la sua intimità con lui. “è sempre molto
occupato con il lavoro, non ha proprio tempo per uscire.”
Paula fissò l’altro stupita. Il suo tono non era
convincente. C’era qualcosa sotto.
“Ti prego! Almeno provaci!”
“Ti ho già detto di no...”
“Provaci!”
Continuarono così per una decina di minuti, quando una voce
interruppe il loro battibecco.
“Cosa stai combinando, Sutcliffe?”
Quella voce... Era davvero lui? Paula si voltò per trovarsi
faccia a faccia con William. Il suo cuore accelerò all’istante, e il volto le
divenne rosso.
“William, salve...” balbettò.
“Salve anche a te.” ribatté lui noncurante. “Perché sei di
nuovo qui, tu? Ti avevo già detto di smetterla di girare intorno a
quell’essere.” disse poi a Grell, con tono sprezzante.
“Lo so, ma...” Grell guardò di traverso la ragazza. Era
colpa sua! Se non lo avesse trattenuto con quell’idiozia dell’appuntamento
sarebbe potuto andare via senza che William lo trovasse lì!
“Allora? Se non sei qui quel quello, costa stai facendo?”
insistette l’altro.
“È che... Che...” Cosa poteva dire? Cosa... “È che questa
ragazza vuole assolutamente uscire con te, e non mi lascerà andare finché non
te lo avrò chiesto!”
Si pentì subito di quelle parole. Perché glielo aveva detto?
No, no, no, ora Will sapeva che...
Un attimo.
William non avrebbe mai accettato di uscire con quella
ragazza.
Ma certo! Will odiava essere al centro dell’attenzione, e
non si sarebbe di certo abbassato ad accettare l’appuntamento di un’umana.
“In questo caso, non rimane altro da fare.” sentì tuttavia
dire al collega. Questi si volse verso Paula, che ormai aveva assunto una
tonalità scarlatta. “Va bene incontrarci domani mattina al parco?”
Sia lei che Grell rimasero senza parole. Paula dalla gioia,
e Grell... dalla delusione. Sì, delusione, ed umiliazione.
“Sì! Va benissimo!”
“Perfetto. Sutcliffe, ora vieni via con me.”
Stava per piangere. Stava, seriamente, per piangere. Perché
aveva accettato?
Il giorno dopo Grell non riuscì a darsi pace.
Aveva trascorso tutta la notte a rigirarsi nel letto, senza
riuscire a prendere sonno. Terrorizzato all’idea che forse William sarebbe sfuggito
dalla sua portata.
Al mattino poi, fu a mala pena in grado di pensare. Quando fu certo che William
fosse uscito entrò in casa sua, con le chiavi che gli aveva preso già da tempo
ma che mai aveva davvero pensato di usare. Trascorse delle ore seduto sul
divano del suo salotto, con i gomiti sulle ginocchia e il viso affondato nei
palmi. Perché doveva succedere questo? Perché William si era scontrato con
quella ragazza? E perché lei si era innamorata di lui?
Era ingiusto. Lui lo aveva amato sin dal loro esame per diventare shinigami,
secoli prima. Non sarebbe dovuto essere suo? Ne aveva il diritto.
Oppure, questa era semplicemente una punizione. Sì, era una
punizione perché non si era mai confessato a lui. Sempre con quei modi
scherzosi, volti solo a irritare... E in tutto quel tempo, non gli aveva mai
espresso quello che provava davvero.
E ora era troppo tardi.
Non poteva più dirglielo. Non poteva, e si sentiva
terribilmente solo...
Istintivamente si strinse le gambe al petto, e posò la
fronte sulle ginocchia.
Aveva così tanta voglia di piangere...
Non sentì la porta d’ingresso aprirsi.
“Cosa ci fai qui?”
William lo guardava sulla soglia del salotto, le chiavi
ancora in mano e lo sguardo tra l’irritato e il confuso. Grell non gli rispose.
Non aveva forza.
“Sutcliffe, come sei entrato in casa mia?” insistette.
Il rosso si limitò a mettere una mano in tasca e a poggiare
il paio di chiavi accanto a lui sul divano.
William si affrettò a prenderle e le esaminò. Erano
autentiche. “Queste dove le hai prese?”
L’altro strinse le gambe a sé più forte, affondando ancora
di più il volto.
Non voleva guardarlo.
Non poteva.
“Grell...” provò William.
“Ti sei divertito?”
Il moro lo guardò confuso. “Come?”
“Ti sei divertito al tuo appuntamento, William?” la voce di
Grell stava cominciando a tremare.
Dannazione, non doveva piangere davanti a lui.
“Questo cosa c’entra ora?”
“C’ENTRA!!” Grell alzò il volto di scatto, fissando il
collega. “C’entra, e voglio sapere cosa avete fatto! Se avete fatto qualcosa,
se vi siete...” la voce si ruppe.
William gli si mise di fronte, e cercò di scrutarlo negli
occhi, ma lui evitò il suo sguardo.
“Non capisco di cosa tu stia parlando.” disse lentamente. “Quella donna non mi
interessa.”
Grell si alzò in piedi e si voltò furioso verso il compagno.
“Allora perché sei uscito con lei?! Ti diverti forse?! Ti diverti, ma certo! È
davvero divertente prendersi gioco dei sentimenti altrui! Giocare con i loro
piccoli cuori finché questi non iniziano a sanguinare e si rompono!” gridò
fuori controllo.
“Grell...”
“Niente “Grell”!! Non mi interessa più! Mi sono stancato!”
continuò. “Per tutto questo tempo mi sono sentito male, ho sofferto per colpa
di questo inutile affare che ho piantato nel petto! Ma ora basta.” concluse, e
si voltò verso la porta.
“Grell!” lo chiamò l’altro shinigami.
Lui non si fermò.“ Ho detto basta. Mi sono stancato. È
inutile che tu-!!” Grell si ritrovò, suo malgrado, a interrompersi. E a
sgranare gli occhi.
William gli aveva afferrato il polso, e con uno strattone lo
aveva tirato a sé. Dopo averlo scrutato negli occhi per qualche istante, si era
avvicinato di più. Finché le sue labbra non avevano sfiorato quelle dolci e
soffici del suo compagno.
Sentendo la sua rigidità, gli portò una mano al volto e
iniziò ad accarezzargli una guancia, finché il rosso non fu così rilassato da
permettergli di approfondire il bacio. Quando Grell sentì la lingua dell’altro
invadere dolcemente il suo antro, sentì le lacrime salirgli agli occhi. Un
singhiozzo gli sfuggì nel bacio.
William si separò subito, preoccupato per la reazione. Aveva
frainteso le reazioni di Grell? Forse non era quello che voleva.
“Stai bene?”
Grell lo guardò con occhi lucidi, pieni di lacrime. “S-Sì...”
Con mani tremanti raggiunse il collo del collega, e lo
coinvolse in un altro bacio. Quando si separarono, una domanda sorse spontanea
dalle sue labbra.
“Perché sei uscito con lei?”
Un lievissimo sorriso apparve sulle labbra dell’altro.
“Avevi detto che non ti avrebbe lasciato in pace finché non avessi accettato
l’appuntamento, giusto? Sembravi veramente seccato. In questo modo non ti ha
dato più fastidio. Credevo volessi questo.”
Non riusciva più a smettere di piangere.
Era stato tutto un fraintendimento. Lui, la ragazza,
l’appuntamento...
“No, non mi importava nulla di lei.” singhiozzò. “Non volevo
che uscisse con te. Tu sei mio.”
William fu stupito da quella confessione. Infine,
intenerito, gli posò un bacio leggero come le ali di una farfalla sulla fronte.
“Lo so.”
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