Cento
anni fa, a Southampton, un uomo e sua moglie guardavano
l’imponente figura del più grande transatlantico
del mondo. Non erano più giovani, ma intendevano comunque
salire su quella nave per inseguire il sogno americano, alla ricerca di
qualcosa che avevano sempre desiderato. Si chiamavano Mary e George.
George
aveva settant’anni suonati e Mary un po’ meno.
Erano sposati da molto, molto tempo, così tanto che George
non riusciva più a ricordarsi come fosse stata la sua vita
senza Mary.
Si erano
conosciuti in un bar nei bassifondi di Londra a poco più di
vent’anni. Lei tirava avanti come attrice in un teatro poco
frequentato, lui aveva un mobilificio in periferia.
Il
corteggiamento fu lungo e impegnativo, George l’amava
moltissimo ma Mary era riservata e timida e non riusciva ad esternare
i suoi sentimenti. Ma alla fine Mary accettò di sposare
George. Lui l’aveva portata a ballare un valzer in un prato,
e le si era inginocchiato davanti.
Gli anni di
matrimonio furono tutti felici, dal primo all’ultimo. Ebbero
anche due figli, due bei maschietti con il naso del padre e gli occhi
della madre, ed entrambi i giovanotti volevano diventare ricchi sfondati. Erano
capaci di amare il prossimo come nessun altro e scoppiavano entrambi di
salute, ma il maggiore morì di una grave malattia a
vent’anni, e per Mary e George non ci fu mai dolore
più grande. Ma sapevano entrambi che dovevano amare ancora
di più il figlio minore, che crebbe forte e robusto e si
sposò presto con una bella ereditiera, riempiendo i genitori
di gioia.
Gli anni
passarono ancora, e l’amore fra Mary e George non conobbe
crepe. Inseguire il sogno americano era sempre stato ciò che
George voleva fare: voleva andare in America a trovare l’oro
per costruire una bella casa a Mary, anche se ormai non erano
più giovani come una volta. E quando George lo disse a Mary,
lei rise e acconsentì.
George
vendette il suo mobilificio per racimolare i soldi per comprare due
biglietti di seconda classe del Titanic e tenere qualcosa da parte per
il loro arrivo in America.
Mary non
aveva mai amato il mare e aveva paura di salire su quella nave, ma a
tempo debito George la prese per mano e la condusse a bordo,
facendole sentire che con lui al suo fianco non aveva niente da temere.
Mary si fidò di lui e a poco a poco cominciò a
superare quella paura del mare che aveva da sempre, e intanto i giorni
sulla nave scorrevano.
Il 14
aprile 1912 era il loro quarantaduesimo anniversario di nozze, e dopo
la cena si ritirarono in cabina per ballare il valzer, come avevano
fatto ogni anniversario dal giorno del loro matrimonio. Erano felici e
si guardavano sereni negli occhi, quando un tremolio e un forte rumore
li costrinse a fermarsi.
Ci misero
molto a capire che erano in pericolo, e quando tentarono di combattere
contro la forte pendenza che la nave stava acquistando
rapidamente e di raggiungere le scialuppe, trovarono dei cancelli neri
chiusi a chiave sul loro cammino e non riuscirono a passare. Quando
finalmente George riuscì a guidare Mary sul ponte, non
c’era più nessuna scialuppa, e la nave si
inclinava sempre di più. Non poterono far altro che tornare
in cabina. George sentiva come il dovere di consolare Mary
più che poteva, perché sapevano entrambi che non
si sarebbero salvati: l’acqua aveva raggiunto la loro porta,
fredda, inesorabile, letale.
L’ultima
cosa che Mary sentì prima del gelo dell’acqua
portatrice di morte fu l’abbraccio caldo di George sdraiato
affianco a lei. La coccolò dolcemente, mentre
l’acqua si alzava sempre di più e
cominciò a bagnare il loro letto. Mary si voltò
verso George e lui le diede un bacio sulla guancia, stringendola forte
a sé. Mary sospirò e chiuse gli occhi.
- Se
dobbiamo morire, moriremo insieme – sussurrò
George all’orecchio della sua amata moglie, subito prima che
l’acqua gli impedisse di parlare.
Mary e
George sono solo due delle 1523 persone che morirono
nell’affondamento del Titanic, e solo due delle molte persone
di cui non sappiamo niente. I loro corpi furono fra i 1217 che la nave
si portò sul fondo dell’oceano. Oggi, nel
centenario dell’affondamento del Titanic, ho voluto rendere
loro omaggio, in memoria di tutte quelle povere anime che hanno perso
la vita e tutto quello che avevano quella terribile notte. Grazie per
aver letto.
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