Woods, spiders and a stupid hilarious cook
[ Edit dell'14/06/2012 ]
Titolo: Woods,
spiders and a stupid hilarious cook
Autore: My
Pride
Fandom: One
Piece
Tipologia: One-shot
[
3488 parole fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa
Zoro ; Sanji Black-Leg [ ZoSan ]
Genere: Generale
; Vagamente Sentimentale;
Vagamente Ironico
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen
ai ; Linguaggio a tratti
un po’ colorito ; Slice of Life ; Assurdità sparse
; What if?
Celestial
Sunshine 10&Lode: #10.
Sud
Prompt: 8°
Argomento: Stagioni
›
Autunno
ONE
PIECE ©
1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.
Andare
a prendere
la legna per il fuoco era la cosa più normale che si sarebbe
potuta fare, in
una foresta. Altrettanto normale era imbattersi in qualche animaletto
che si
attardava prima di rientrare alla propria tana o, se proprio si voleva
essere
pignoli, in qualche piccola cavalletta che sbucava di tanto in tanto
dagli
angoli più disparati e friniva prima di scomparire
nuovamente nella boscaglia,
lasciando dietro di sé solo qualche pianta smossa. Non
propriamente normale,
invece, era ritrovarsi con un braccio letteralmente confiscato da uno
stupido
cuoco, che, da quando si erano allontanati entrambi
dall’accampamento, non
aveva smesso per un solo attimo di controllare i dintorni per timore
che
qualche “bestia feroce”, altresì detta
insetto, potesse saltargli addosso
all’improvviso e addirittura divorarlo. Quando ci si metteva,
quel damerino
idiota era ben più che esagerato, e di ciò Zoro
ne era sempre stato
assolutamente sicuro.
Sotto diretto ordine di Nami, che aveva
minacciato di quadruplicare i suoi debiti se non si fosse dato una
mossa, lo
spadaccino era stato costretto ad accompagnare quell’idiota
d’un cuoco nella
foresta, così da raccattare abbastanza legna per accendere
il fuoco. Ovviamente
la sua proposta di restare sulla nave era stata bellamente ignorata
dalla
navigatrice, ed era specialmente a causa della ragazza se adesso si
trovava in
un punto imprecisato del bosco, lontano chissà quanti
chilometri dal punto di
ritrovo e come unica compagnia un cuoco che soffriva di attacchi di
panico ogni
qual volta vedeva un dannatissimo insetto. Peggio di così
non poteva andare,
no?
«Zoro»,
sentì squittire
d’un tratto
Sanji, e poco ci mancò che gli strappasse il braccio dalla
spalla, dato il modo
in cui aveva avvinghiato le mani intorno ad esso e l’aveva
tirato,
conficcandogli le unghie nella carne.
«C’è qualcosa che si muove,
laggiù!» e
con un rapido cenno del capo indicò alla sua destra, facendo
sbuffare
sonoramente il povero Vice Capitano. Andava ancora tutto alla grande,
secondo i
suoi canoni, ma quella fobia del cuoco stava cominciando a dargli sui
nervi.
«Siamo in un bosco,
ricciolo»,
sbottò
infine, cercando di far presa sul suo stoico auto-controllo nel
tentativo di
non alterarsi come avrebbe voluto. Avrebbero altrimenti perso ancora
più tempo
e, nella foga della disputa che sarebbe di sicuro sorta, avrebbe
abbandonato
tutta la legna raccolta solo per tagliare a fettine
quell’idiota. «È normale
che ci sia roba che si muove. Sarà qualche
animale».
«E se invece è un
altro di quegli
orribili mostri ad otto zampe?»
«Basterà
schiacciarlo, accidenti a te.
Grande e grosso e hai paura di qualche ragnetto?»
rimbrottò, guadagnandoci un
calcio allo stinco e contornando poi l’esclamazione di dolore
che gli sfuggì con
una colorita imprecazione.
«Mi fanno schifo, marimo di
merda, la
cosa ti crea qualche problema?!» sibilò di rimando
Sanji, stritolandogli
l’avambraccio con entrambe le mani. Non aveva fatto altro che
far schizzare lo
sguardo a destra e a manca, persino in basso ai suoi piedi, come se
volesse
controllare che sotto le foglie secche che stavano calpestando non vi
fosse
nascosto qualche insetto o chissà quale altra povera
bestiola.
Ad ogni fruscio, che fosse esso
proveniente dall’erba umida o dalla cappa di fogliame sopra
di loro, osservava
freneticamente i dintorni, drizzando le orecchie come avrebbe fatto una
volpe
braccata dai cani. E lo spadaccino, purtroppo, non riusciva proprio a
comprendere come un uomo come lui potesse avere il terrore degli
insetti.
L’aveva visto combattere senza timore sin da quando si era
unito alla ciurma,
sbaragliando un avversario dopo l’altro, però,
quando si trattava di ragni, bruchi,
millepiedi o quant’altro, diventava peggio di una donnicciola
o, in senso ancor
più ristretto, proprio come Nami, anche lei facilmente
impressionabile se
l’argomento erano degli insetti. Bah, non li avrebbe mai
capiti.
«Stammi bene a sentire, cuoco
di merda»,
decise di prendere in mano le redini della situazione e di scrollarselo
una
volta per tutte di dosso, liberando il proprio braccio dalla sua presa
ferrea
con suo certo disappunto. Si allontanò poi da lui quel tanto
che bastava per
riuscire ad osservarlo senza il timore che potesse riacciuffarlo,
atteggiando
il viso ad un’espressione seria e contrariata.
«Siamo in questa foresta solo
per prendere della legna, il massimo che potrai trovare sarà
qualche stupido
insettino che non ci penserà due volte a filarsela non
appena ci vedrà. Sono
stato chiaro?»
Per quanto avesse fatto un rapido cenno
d’assenso con il capo, Sanji non parve per niente convinto di
quelle parole.
Difatti si ritrovò a borbottare «E se invece non
è come dici?», guadagnandoci
dallo spadaccino l’ennesimo sbuffo della giornata.
«Beh, tanto non può
andare peggio di
così, no?» rimbeccò, convincendo
persino se stesso ad alta voce con il pensiero
che aveva espresso pocanzi. Però, prima ancora che potesse
far cenno al cuoco
di darsi una mossa e di riprendere il cammino - i tronchi che aveva, in
fondo,
non si sarebbero di certo consegnati da soli e, dato che li portava
soltanto
lui perché il caro mister perfezione non aveva intenzione di
rovinare le sue
preziose mani, avrebbe volentieri preferito darsi una mossa -, vide lo
sguardo
di Sanji ingigantirsi dalla paura e le labbra tremare leggermente,
balbettando
qualcosa che sul momento non capì mentre continuava ad
indicare freneticamente
qualcosa dietro di lui.
Zoro non poté evitarsi di
sollevare un
sopracciglio, a quel fare. E adesso che diavolo gli prendeva?
Seguì con uno
sbuffo la linea invisibile del dito del cuoco, immaginando di trovare
chissà
quale insignificante insettino che sarebbe stato costretto a scacciare
per far
sì che il suo compagno si desse una calmata. Quando il suo
sguardo incontrò
dapprima una grossa zampa pelosa, però, e in seguito dei
cheliceri mostruosi e
una miriade di occhietti famelici che lo fissavano, il Vice Capitano
dovette
rimangiarsi le parole precedentemente espresse. Ovviamente poteva
andare
peggio. Maledettamente
peggio. Perché,
accidenti, un conto era qualche stupido bruco o qualche millepiedi...
un altro
un ragno grottesco alto tre metri e mezzo che avrebbe potuto
intrappolarli
nella sua tela e maciullarli in un attimo con quella sua fottuta bocca
a
serramanico. Portò dunque una mano alle else delle proprie
katane per estrarle
in fretta e fare a pezzi quell’insetto, ma quello stupido
ragno parve
comprendere le sue intenzioni, poiché sollevò i
grossi pedipalpi come in
procinto di afferrarlo e gli sputò contro una palla di
ragnatela, bloccando le
armi al proprio posto e lasciando interdetto lo spadaccino. Beh, quello
non se
l’era decisamente aspettato.
«Ohi, cuoco»,
esordì Zoro con
calma
disarmante e glaciale mentre indietreggiava piano, gli occhi ancora
fissi su
quelli del ragno, che lo sfidava con la sua mole gigantesca.
«Corri più veloce
che puoi, dannazione!» esclamò poi, dandosela a
gambe levate come il suo
compagno, che non se l’era fatto ripetere due volte e se
l’era filata
immediatamente. Che razza di umiliazione. Scappare come due conigli
dinanzi ad
uno stupido insetto. Appena liberate le sue preziose spade da quella
schifezza
appiccicosa, l’avrebbe tagliato a fettine se si fosse
ripresentato sulla loro
strada, parola sua.
Ovviamente persino il tempo parve essere
malevolo con entrambi, in quel determinato frangente. Mentre correvano
a
perdifiato nella foresta, schivando i rami degli alberi più
bassi che si
paravano dinanzi ai loro occhi e calpestando con scricchiolii come di
ossa le
foglie disperse sul terreno ad ogni passo, cominciò a
piovere a dirotto, e le
gocce li investirono come se si fosse trattato di una vera e propria
secchiata
d’acqua gelida.
L’unica cosa positiva di
quell’improvviso acquazzone autunnale, almeno, fu che tuoni,
lampi e pioggia
parvero demoralizzare quel ragno mostruoso, che si ritirò
fra la boscaglia con
un suono simile ad un ruggito. In tutti quei viaggi non avevano mai
visto
insetti così, di questo lo spadaccino ne era più
che sicuro. Nemmeno a Jaya
aveva trovato bestiacce di quel tipo, e sì che erano persino
stati all’isola
nel cielo, dove le stranezze erano all’ordine del giorno.
Forse non avrebbe più
dovuto stupirsi di niente, a ben pensarci.
Dopo quelle che parvero interminabili
ore trascorse a scarpinare con foga sotto la pioggia battente,
riuscirono
finalmente a trovare rifugio in una grotta stretta e bassa, scossi dai
brividi
e bagnati fino al midollo come pulcini. Il primo ad ingegnarsi in
fretta fu
Zoro, che, trovando due pietre abbastanza asciutte per sfregarle fra
loro, gettò
la catasta di legno che si era portato dietro nel bel mezzo della
caverna,
cercando di far prendere ad essa fuoco sotto lo sguardo alquanto
scettico di
Sanji. Non gli sembrava che quei tronchi fossero molto utili, umidi
com’erano,
e difatti il Vice Capitano impiegò più tempo del
previsto per riuscire a creare
anche solo una misera fiammella, che si spense qualche istante dopo
senza
remore.
«Sai, forse preferisco essere
mangiato
da quel coso schifoso, piuttosto che morire congelato qui dentro,
marimo»,
ironizzò il cuoco, ignorando volutamente
l’occhiataccia che gli venne lanciata
dallo spadaccino prima che tornasse a riconcentrarsi sul proprio
lavoro.
«Vai a cercarlo, allora,
scommetto che
diventerete ottimi amici», lo schernì di rimando,
sapendo fin troppo bene che
le parole di quel damerino fossero solo tutto fumo e niente arrosto.
Poteva
dire ciò che voleva e cercare di sembrare più
coraggioso, ma si vedeva lontano
un miglio che sarebbe scappato a gambe levate non appena avrebbe visto
anche
solo un piccolo insetto insignificante. E difatti lo vide accovacciarsi
accanto
a quel falò improvvisato e tirar fuori
l’accendino, provando ad alimentare a
sua volta le fiamme.
«Se lasciassi fare a te, ti ci
vorrebbe
un mese solo per capire da dove iniziare»,
borbottò Sanji, provocando a Zoro la
parvenza di uno sbuffo ilare. Fortuna volle che alcuni dei tronchi si
fossero
mantenuti abbastanza asciutti da far attecchire le fiamme quel tanto
che
bastava, e, nel giro di una decina di minuti, riuscirono ad avere un
fuoco
abbastanza rispettabile. Non provocava ancora quel piacevole calore di
cui
avevano assoluto bisogno, però non era il momento di
lamentarsi, quello.
Sfregandosi le mani l’una
contro l’altra
nel vano tentativo di scaldarle, Sanji si lasciò sfuggire un
piccolo sospiro
afflitto, il mento poggiato sulle ginocchia e lo sguardo perso a
contemplare i
guizzi gialli e arancioni delle fiamme. Quando la sua Nami-san gli
aveva
chiesto di andare a prendere la legna non aveva protestato,
però adesso,
rifugiato con Zoro in quella grotta, cominciava a pensare che forse era
stata
proprio una pessima idea. E fu proprio durante quei pensieri che
scoccò una
rapida occhiata verso il suo compagno, vedendolo mentre si sfilava
quella
sudicia maglietta bianca senza tanti complimenti. «E adesso
che diavolo fai?»
domandò accigliato, e Zoro scrollò appena le
spalle, passandosi una mano fra i
capelli per liberarli dall’acqua in eccesso.
«Non so tu, ma io non ho
intenzione di
starmene con questi vestiti bagnati addosso»,
rimbrottò come se fosse la cosa
più ovvia del mondo, tanto che Sanji, pur riluttante,
dovette per forza di cose
convenire con lui. Non era una così gran genialata aspettare
che gli abiti si
asciugassero mentre ancora li indossavano. Si ritrovò dunque
a sollevare lo
sguardo al soffitto di pietra, sbuffando.
«Per una volta quella testa
piena
d’alghe funziona, allora», rimbeccò,
guadagnandoci l’ennesima occhiataccia da
parte dello spadaccino. Non gli diede peso più di tanto,
cominciando a liberare
dalle asole i bottoni della camicia prima di sfilarsela del tutto,
passando poi
alla cintura e alla patta dei pantaloni. Con la coda
dell’occhio, vide che Zoro
si era già liberato dei vestiti e li aveva stesi su una
roccia poco distante,
tornandosene seduto accanto al fuoco solo in mutande. Accidenti,
quell’idiota
nello spogliarsi aveva una velocità davvero impressionante.
Strano che non ci
avesse mai fatto caso quando si ritrovavano nello stesso letto.
Scosse immediatamente il capo nel
pensarci, afferrando il pacchetto di sigarette che teneva riposto in
tasca
prima di stendere a sua volta i propri abiti, pregustando il momento in
cui
avrebbe potuto rilassarsi con una delle sue fedeli compagne.
Arricciò le
labbra, però, quando ne prese una, forse per
l’essersi reso conto delle
drastiche sue condizioni. «Accidenti a te, marimo, si sono
bagnate anche le
sigarette», sbuffò, gettando l’accendino
sul terreno smosso insieme alla stecca
ormai inutilizzabile. Era talmente umida che non sarebbe riuscito a
produrre
nemmeno il ricordo di una piccola brace per fumarsi tranquillamente
quella
paglia.
«Che diamine vuoi da me, cuoco
di
merda?»
sbottò di rimando lo spadaccino, lanciandogli appena una
rapida occhiata mentre
con un bastone alimentava il fuoco. In quella caverna faceva un freddo
del
diavolo e quel maledetto falò non ne voleva sapere di
scaldare almeno un po’. «Non
è colpa mia se ha cominciato a piovere!»
«Ogni cosa è colpa
tua, quindi
sta’
zitto!» berciò Sanji, fulminandolo con lo sguardo
prima di farsi più vicino
alle fiamme. Gli si era accapponata la pelle a causa dei brividi e gli
battevano i denti, in altri momenti impegnati a mordicchiare il filtro
della
sua fedele paglia. «Eri tu quello che diceva che peggio di
così non poteva
andare, stupida testa d’alga, ergo, la colpa è
solamente tua».
A quel dire, Zoro spalancò la
bocca e le
palpebre, spezzando a metà un tronco che gettò
fra le fiamme prima di scattare
in piedi. «Prova un po’ a ripeterlo, cuoco da
strapazzo!» rimbrottò, pronto
alla lotta. Sanji fece altrettanto, ma, nel momento in cui si
apprestarono a
lanciarsi l’uno contro l’altro per darsele di santa
ragione come loro solito,
starnutirono all’unisono e si ritrovarono a cozzare testa
contro testa, con un
boato che rimbombò contro le pareti di pietra della caverna.
Si accovacciarono
sui calcagni con il capo fra le mani, doloranti e con un senso di
sconfinata
stupidità che cominciava a farsi largo dentro di loro. Erano
due completi
idioti, su questo non ci pioveva per niente.
«Tu e la tua testaccia
dura», si
lagnò
Sanji, massaggiandosi freneticamente il punto colpito mentre si sedeva
in terra
a gambe incrociate. Il terreno era bagnato e appiccicoso e gli
incollava le
mutande al culo, ma in una situazione del genere bisognava arrangiarsi.
«Senti chi parla»,
rimbeccò
Zoro,
scrollando il capo come un cane, quasi che potesse in qualche modo
aiutarlo a
calmare il formicolio che avvertiva dietro la nuca. Solo quando vi
portò sopra
due dita si accorse che si trattava di un piccolo ragnetto che gli
faceva il
solletico, e, afferrandolo prima ancora che il cuoco potesse vederlo,
lo gettò
senza tanti complimenti verso l’uscita, con la speranza che
quell’insetto non
fosse tanto idiota da tornare indietro. Altrimenti l’avrebbe
buttato nel fuoco,
parola sua.
«Che
diavolo ti prende?» chiese Sanji
nel notare quel gesto, ma Zoro si limitò semplicemente ad
agitare distratto una
mano prima di afferrare un altro po’ di legna e prender posto
accanto a lui.
Poté così vederlo farsi più vicino,
con i muscoli del petto e delle braccia in
tensione e la cicatrice ben visibile al chiarore delle fiamme,
sentendosi d’un
tratto insicuro nel ritrovarsi al fianco di quello scemo del suo
compagno. «Non
ci pensare nemmeno», esordì dunque di punto in
bianco, ricevendo da Zoro uno sguardo
accigliato.
«Pensare a cosa?»
rimbeccò, e
poco ci
mancò che il cuoco lo sbranasse con gli occhi.
«Lo so bene a cosa stai
pensando,
marimo»,
sbottò di rimando, facendo scorrere lo sguardo sulla sua
figura. E sperava
vivamente che fosse stato il freddo ad avergli inturgidito i capezzoli,
anziché
il suo corpo nudo. «E puoi anche scordartelo. In questa
fottuta situazione del
cazzo non ho intenzione di fare proprio nulla, con te».
Zoro sbatté più
volte le palpebre
prima
di scoppiare a ridere sguaiatamente. «Rilassati, pervertito
di un cuoco. Il tuo
culo è al sicuro, per il momento», rispose
semplicemente, ma ciò riuscì solo a
rendere Sanji ancor più sospettoso e scettico.
«Okay, spadaccino di merda,
dov’è la
fregatura?»
«Nessuna fregatura. Ti pare
così strano
che per una volta non voglia fare sesso?»
«Ad essere onesto,
aye».
Il tono ironico con cui il cuoco
pronunciò quelle parole parve irritare lo spadaccino, che,
senza nemmeno
pensarci su due volte, gli si gettò addosso e lo costrinse a
premere la schiena
nuda contro il terreno umido, ignorando l’esclamazione
sorpresa a cui il
compagno diede vita. «Così va meglio,
damerino?» lo schernì, e fu più che
pronto a portare le mani verso il basso, così da potergli
sfilare anche l’ultimo
indumento rimastogli. Rimase con entrambi i palmi stabilmente poggiati
sui suoi
fianchi, però, nel sentire il ginocchio del cuoco fra le sue
gambe, in una
posizione che di piacevole aveva ben poco, dato che sembrava avere
tutta l’intenzione
di fracassargli i gioielli di famiglia senza tanti complimenti. In
altri
momenti, magari, gli sarebbe anche piaciuto, ma si vedeva lontano un
miglio che
il suo non era per niente un approccio amichevole.
«Come volevasi
dimostrare»,
costatò
Sanji qualche istante dopo, facendo pressione contro i suoi testicoli
senza
badare al sibilo d’attesa che scappò dalle labbra
dello spadaccino. «Pensi
soltanto a scopare, tu».
«Sei stato tu ad avermi
provocato,
brutto idiota», berciò Zoro in risposta,
sollevandosi da lui per forza di cose.
Quel cretino sarebbe stato capacissimo di rifilargli una ginocchiata
nei
coglioni senza provare il benché minimo rimorso. Lo
conosceva fin troppo bene,
ormai.
«Sta’ zitto e vedi
di vestirti,
piuttosto», borbottò il cuoco, rialzandosi con una
certa fatica per andare a
recuperare i propri abiti. Afferrò i calzoni e si
affrettò ad infilarseli - come
se essi da soli potessero proteggerlo dalle voglie sessuali di quello
stupido
spadaccino, poi - per passare in seguito alla camicia, ma fu proprio
nel
prenderla che si bloccò, osservando la roccia sulla quale
qualche attimo prima
aveva riposto i suoi vestiti. Oh, merda.
«Marimo». La voce
pacata che
scaturì
dalle sue labbra nel chiamare il compagno lasciò perplesso
persino lui, anche
se sul suo viso aveva cominciato a farsi largo un’espressione
alquanto disgustata.
Prima ancora che lo spadaccino potesse capirci qualcosa, difatti, Sanji
attraversò di corsa la caverna e si nascose dietro di lui,
tornando a
stringergli ancora una volta gli avambracci.
Il Vice Capitano sospirò,
sollevando lo
sguardo al soffitto cavernoso. «E adesso che cosa accidenti
succede, cuoco?»
borbottò, tentando di infilarsi l’haramaki per
quanto concessogli dalla presa
ferrea di quel damerino idiota.
«Ricordi quella bestiaccia
gigante ad
otto zampe, vero?» cominciò, e Zoro
sbuffò di nuovo.
«Certo che la ricordo. E
allora?»
«Beh, ho appena conosciuto i
suoi
figli».
«Cosa cazzo
stai...?» Lo spadaccino non
riuscì nemmeno a terminare la frase che una miriade di ragni
grossi quanto dei
cani sbucò fuori dalla zona in ombra della caverna, puntando
nella loro
direzione con una rapidità sorprendente. Beh, se prima aveva
creduto che le
cose si fossero già messe male, adesso stavano ridicolmente
peggiorando. Era assurdo,
maledizione!
Imprecando, Zoro allontanò il
cuoco da
sé per poter avere maggior spazio di manovra, estraendo una
delle sue katane
per far fuori quanti più ragni possibili. La mammina,
adesso, almeno avrebbe
avuto una ragione più che valida per arrabbiarsi.
«Che diavolo fai, marimo?
Datti una
mossa e andiamocene!» esclamò Sanji, direttosi
già verso l’entrata della
grotta. Ricordava maledettamente quello scemo di Usopp, quando si
trattava di
insetti e affini. Sempre pronto a svignarsela seduta stante.
Affondando la lama nell’addome
di uno
dei ragni e ignorando al contempo il liquido scuro che
spruzzò fuori di esso,
macchiandogli collo e viso, lo spadaccino si volse appena verso il
compagno,
fulminandolo con un’occhiataccia. «Non ci penso
nemmeno a scappare anche da
questi microbi, cuoco di merda!»
«Muoviti!»
urlò di rimando il
cuoco in
questione con un tono che sembrava quasi sfociare
nell’isterico, allontanandosi
senza neanche aspettarlo. Merda. Accidenti a lui e alla sua stupida
fobia per
gli insetti. Il Vice Capitano rinfoderò la katana in fretta
e fu costretto a
seguirlo, riuscendo a seminare i ragni e a raggiungere il cuoco prima
di
perdere del tutto anche le sue tracce nella boscaglia, per quanto fosse
quasi
sicuro che si stessero dirigendo a
sud. Però, beh, anche se non lo avrebbe mai ammesso, sapeva
che il suo senso
dell’orientamento era davvero pessimo.
Sanji si fermò solo quando si
sentì al
sicuro, poggiando testa e schiena contro il tronco di un albero
ricoperto di
muschio prima di cominciare a respirare a pieni polmoni. Basta. Non ne
poteva
più di quella foresta e dei suoi fottutissimi e
schifosissimi insetti. «Guai a
te se ne fai parola con qualcuno, marimo», disse poi in tono
neutro, seguendo
appena con lo sguardo la figura del Vice Capitano, sedutosi
sull’erba umida per
ripulirsi con il dorso della mano dalla schifezza che aveva in viso.
«Tanto lo sanno tutti che hai
paura
degli insetti, dov’è il problema?» gli
fece notare, ma Sanji assottigliò gli
occhi.
«Non sto scherzando,
Zoro»,
sibilò, e lo
spadaccino capì immediatamente che, se avesse anche solo
osato ricordare quella
disastrosa giornata in presenza di terzi, quell’idiota
avrebbe di sicuro
trovato il modo per fargliela pagare cara. I momenti in cui lo chiamava
per
nome erano rari, e, dato che l’aveva fatto proprio in quel
determinato
frangente, significava che era incazzato. E di brutto, anche.
A Zoro sembrò dunque giusto
annuire,
alzando il capo per ricambiare il suo sguardo.
«Sta’ tranquillo, cuoco, non lo
dirò a nessuno», cominciò, e per far
capire al compagno quanto fossero sincere
le sue intenzioni, aggiunse, «Promesso», certo che
quell’unica parola valesse
più di tante altre cento che avrebbe mai potuto pronunciare.
_Note inconcludenti dell'autrice
Io adoro
ambientare le mie storie in ambienti come i boschi innevati o le
foreste piene di insetti, già. Sarà che adoro
descrivere piccole scenette di coppia come
questa
e contornare il tutto con il paesaggio che racchiude alberi e
quant'altro, chi lo sa x)
Comunque sia, questa storia è stata scritta per il contest “Say
it with Disney”
indetto dal Lady Nazzumi
Inoltre, come si può benissimo vedere, per me l’argomento
della repulsione di Sanji per gli insetti è una delle cose
migliori che
esistono in One Piece, dato che sono proprio il tipo di fanwriter che
si diverte un casino a martoriare i
personaggi che adora x)
Purtroppo ormai con questa storia degli insetti il cuoco è
segnato, quando capita fra le mie mani u_u *Inserire risata sinistra a
scelta*
Okay, sclero a parte, spero che questa piccola storiella vi abbia
divertiti e vi abbia strappato un piccolo sorriso :)
Gli aggiornamenti di tutte le mie storie saranno inoltre irregolari a
causa dell'avvicinarsi del Comicon, dunque a chiunque dovesse farci un
giro, beh, spero ci si veda lì ;)
Come
sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla
prossima.
♥
Messaggio
No Profit
Dona l'8% del tuo tempo
alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di
scrittori.
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