Come già ho
scritto nell'introduzione, questa storia è una traduzione
che la cara Maple Fay mi ha gentilissimamente autorizzato a pubblicare
qui... L'originale della storia, naturalmente, è reperibile
su ff.net.
Doverosa premessa: oltre
ad essere una "Downtonian di ferro", sono una decisisisma shipper
dell'unica, più che evidente coppia che Mr.Fellowes ancora
ci fa agognare - Carson e Mrs. Hughes! Ora, questa storia è
un po' sui generis, e la prima volta che l'ho letta sono rimasta
sconvolta - ma è una gran bella storia, e sono sicura che
piacerà molto anche a voi. Fatemi(ci!) sapere cosa ne
pensate ;)
DISCLAIMER: Vorrei tanto
che questi personaggi appartenessero a me, ma Julian Fellowes
è arrivato prima.
Era di fretta –
avrebbe dovuto essere
di ritorno ore prima, probabilmente a casa ormai avevano già
finito
con il tè. Mostrare un tale ritardo proprio il giorno in cui
ci
sarebbe stato così tanto da fare...
Strinse i denti, irritato,
e svoltò
improvvisamente a destra, finendo per scontrarsi con una passante con
tale forza che quasi non caddero a terra entrambi. Allarmato, tese
una mano per afferrare la donna per il gomito e sostenerla, mentre il
cuore gli batteva troppo in fretta per i suoi gusti.
« Perdonatemi,
signora, non
intendevo... » cominciò a scusarsi, ma si
fermò subito, avendo
notato più da vicino, per la prima volta, il viso della
donna. «
Mrs. Hughes!
»
Gli parve di avere visto le sue
labbra tremare alla sua esclamazione,
ma lei si riprese velocemente e gli rivolse un sorriso amichevole e
pieno di calore. « Buon pomeriggio, milord. »
_ . _
. _ . _. _ . _ . _
Dal
momento che già era in ritardo, non ci sarebbe stato nulla
di male
nel chiederle di prendere un tè insieme al negozio
più vicino.
Sentendosi oltremodo in imbarazzo, prese una sedia per lei e
aspettò
finché non si fu accomodata prima di sedersi a propria
volta; lei
non si tolse il cappotto e neppure i guanti, ma dal pallore della sua
pelle poté intuire quanto più debole fosse
rispetto all'ultima
volta in cui l'aveva vista.
Rimasero
entrambi in silenzio, gli occhi che vagavano per la sala da
tè,
mentre aspettavano che le rispettive ordinazioni arrivassero;
soltanto dopo che lei ebbe versato per entrambi una tazza di
tè
(aggiungendo limone, non latte, per lui: esattamente come gli
piaceva) l'atmosfera cambiò, quasi che la bevanda fosse un
riparo
dietro cui potessero entrambi nascondersi.
«
Abbiamo sentito la vostra mancanza a Downton, » le disse,
senza
spostare gli occhi dal suo volto. Lei incontrò il suo
sguardo con
coraggio, apertamente, così come aveva sempre fatto.
« Ho
sentito la vostra mancanza anch'io, » ammise, con il
più piccolo
dei sorrisi. « Tuttavia, oserei dire che voi siate stati
molto più
occupati di me, negli ultimi tempi. Ho sentito che le congratulazioni
sono d'obbligo – sia per lady Mary che per lady Edith, non
è vero?
»
« Sì,
infatti. Mi assicurerò di portare loro le vostre parole,
saranno
entrambe molto liete di avere vostre notizie. »
«
Come sta la nuova lady Strallan, allora? E il più giovane
signor
Crawley? Dovrete essere terribilmente fiero di lui, milord. »
«
Stanno entrambi bene... Stiamo
tutti bene, » replicò, profondamente toccato da
quel suo riguardo,
visto tutto ciò che era successo quando lei aveva lasciato
Downton.
« Sembra che il destino si sia finalmente stancato di gettare
tristezza sulle nostre teste. »
«
Tocchiamo legno, » gli sorrise, e picchiettò sulla
parte inferiore
del loro tavolo. « Ho letto del rilascio di Mr. Bates,
naturalmente... Sono ancora con voi? »
« Sì.
Nonostante Mrs. Bates abbia speso la maggior parte del proprio tempo
a Crawley House, recentemente. Vivono in un cottage più o
meno a
metà strada fra il villaggio e Downton – la
soluzione si sta
dimostrando più che soddisfacente per tutti quanti.
»
Lei
spostò lo sguardo altrove, mordendosi il labbro: un gesto
che lui
non vedeva da molto tempo, un gesto che avrebbe sempre associato a
lei. « Vi prego, portate i miei saluti ad entrambi
– specialmente
a Mrs. Bates. »
«
Naturalmente. » Seppe già prima che lei alzasse di
nuovo gli occhi
nei suoi quale sarebbe stata la successiva domanda, e la
pregò in
silenzio di non chiederglielo.
Devo farlo,
gli disse con gli occhi, Ho bisogno di dirlo ad
alta voce.
Lui
annuì in maniera a stento percepibile, e si
preparò ad assorbire il
colpo di quel martello che si abbatteva.
E si
abbatté – in otto semplici parole, pronunciate con
enorme
difficoltà.
« E
per quanto riguarda Mr. e Mrs. Carson? »
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