Titolo: FLASHBACK DI UNA VITA
Capitolo 1 – Aquiloni
Stava inginocchiato, sedere sui
talloni, ginocchia che
affondavano un po’ nell’erba, mani a lato del corpo
e appoggiate a terra. Era
lì da mezz’ora e continuava a fissare le due
lastre di marmo che aveva davanti:
identiche, legate da un filo di parentela e accomunate dallo stesso
nome che le
identificava. Ciò che le distingueva era la data sotto i
nomi e il disegno di
un aquilone che decorava la lapide più recente.
“Papà
mi piacciono
tanto gli aquiloni”
La data della lapide con il disegno
era quella odierna, solo
due anni più indietro.
“Già due
anni”.
Continuava a chiedersi come avevano
fatto a passare due anni
. . .già due anni.
Naturalmente . . . se il primo lo
passi da strafatto di ogni
droga possibile ed immaginabile . . .
“Cazzo!”.
Quando era stato lì
l’anno scorso per il primo anniversario.
. .
“Cazzo, neanche me lo
ricordo!”
Avevano dovuto portarcelo a forza
perché lui non stava
neanche in piedi, ma aveva perso il funerale l’anno prima e
pur di andarci
aveva fatto e detto tanto che, alla fine, avevano ceduto. Naturalmente
per
evitare che combinasse casini lo avevano drogato fin sopra i capelli,
tanto era
normale amministrazione per loro.
Continuava a fissare la lastra
bianca: “Chi è quel deficiente
che ha detto che il tempo guarisce ogni dolore? Di sicuro non ha perso
un
figlio!”
Poteva ancora vedere con gli occhi
della mente il suo
sorriso mentre giocava, cinque minuti prima che si scatenasse
l’inferno.
“Papà,
papà ho paura”
le sue ultime parole.
Poi solo
quel corpo a
terra, inerme, ricoperto da pezzi di mobili frantumati, continuava a
chiamarlo
perché non poteva credere che non ci fosse più,
era il suo bambino, ancora
caldo, ancora roseo, aveva solo un rivolo di sangue che scendeva a lato
della
bocca. Ma quando l’aveva
preso in
braccio e aveva visto la manina cadere lungo il fianco si era reso
conto: “Me
l’hai ammazzato!”.
Oggi, come allora, sentì
la rabbia fluire come fuoco liquido
nelle vene, stava letteralmente ardendo; ma oggi non voleva cedere e
combatteva
con tutte le sue forze per imporre il controllo sul suo potere,
però, con gli
occhi chiusi e le mani affondate nel terreno, non si era accorto che
nel
crepuscolo di quella sera di fine estate ormai la sua pelle riluceva.
Da lui si
irradiavano ondate di calore sempre più forti, le immagini
di un passato ancora
troppo recente continuavano a scorrere nei suoi occhi.
Qualcosa in
casa aveva
cominciato a bruciare, qualcuno gli stava dicendo di fermarsi, di
riprendere il
controllo, ma come poteva, suo figlio era lì ai suoi piedi,
morto. Vedeva di
minuto in minuto precipitare la situazione: esplodevano i vetri, si
incendiavano i frammenti di mobili attorno a lui, già
avevano iniziato a
bruciare anche i suoi vestiti. E poi quella voce:
“Fermati,
fermati
Gabriel”.
La SUA
voce.
“Tu
non vuoi questo,
altre persone soffriranno, vuoi uccidere altre persone
innocenti?”
“No,
no, non lo
voglio, ma non si ferma, non riesco a fermarlo” avrebbe
voluto dirle, ma il suo
cervello era come bloccato. Poi sentì la puzza di bruciato,
di carne bruciata e
di capelli che andavano a fuoco e dopo ancora, due braccia lo
circondarono:
“Sono
qui, con te, non
te lo lascerò fare, non ti permetterò di far del
male perché so che neanche tu
lo vuoi”.
Si
sentì stringere ancora
più forte e cercò di concentrare tutto su quella
voce, su quelle braccia, su
quella donna.
“Non
lo farai Gabriel,
lo sai controllare, ne sei capace, io lo so. Mi fido di te, io ho
fiducia in te
Gabe”.
Sylar respirò a fondo e
aprì gli occhi, le lapidi erano
ancora lì, la sua pelle era rosea e lui aveva mantenuto il
controllo. Allentò
la presa dei palmi e li liberò del terriccio che aveva
involontariamente
raccolto, ora piuttosto bruciacchiato. Si rimise in piede e con una
mano sfiorò
la lapide con l’aquilone: “Ciao, Noah”.
E se ne andò.
Camminava con gli occhi bassi,
sommerso dai ricordi di due
anni fa, per la verità da quel ricordo: il calore di
quell’abbraccio, il suono della
sua voce e la fiducia che lei aveva riposto in lui;
quell’emozione riverberava
ancora nel suo cervello e sapeva che era stata quella cosa a fermarlo,
a
salvarlo, in tutti i sensi.
All’improvviso, tra i
ricordi passati avvertì un profumo,
anch’esso che faceva parte del passato, ma presente
lì, ora; alzò gli occhi e
la vide, al fondo del vialetto che portava alle tombe: capelli
raccolti, jeans
e maglietta. Stava venendo verso di lui.
Che storie! Non si vedevano da due
anni e ora . . .che
tempismo!
“Ciao Claire, ti trovo
bene”
Complimenti
che
originalità, ti sei proprio lambiccato il cervello per
tirare fuori questa
frase!
“Beh! Dalla tua performance
di due minuti fa direi che
invece tu stai da schifo, Sylar. Dovresti rimetterti in cura . . . se
loro
sapessero che perdi così facilmente il controllo . .
.”
“Lo sanno, lo sanno, loro
sanno sempre tutto”
Claire rispose con una smorfia:
“Seh! Ciao”.
Ma lui allungò un braccio
quando gli fu al fianco: “E’ bello
che tu sia qui, l’anno scorso mi hanno detto che non
c’eri”
Lei sottrasse il braccio al suo tocco
in modo stizzoso: “Ah!
Già, anche la tua performance dell’anno scorso era
sensazionale, me l’ha detto
Peter”.
“Claire, dobbiamo
parlare” e tentò di nuovo di afferrarla
per un braccio.
“Non mi toccare. Non ho
niente da dirti e di sicuro non sono
qui per te” e tentò di andare verso le tombe.
“Claire non ti ho
più visto, sono due anni che cerco di
parlarti”
Continuando a camminare lo
interruppe: “ E hai solo perso
tempo, te l’ho detto non ho niente da dirti”.
“Sono io quello che deve
parlare” e l’afferrò per le spalle
girandola verso di sé, stavolta, dalla ragazza, nessuna
reazione.
“Mi dispiace Claire, per
quello che è successo, per quello
che ho fatto, perché lo so che è anche colpa mia,
erano venuti per me, è stata
colpa mia.
Ma
non l’avrei mai
messo in pericolo.
Gli
volevo bene.
Tu
lo sai.
Mi
dispiace”.
“Hai finito? Ora stai
meglio? Bene, buona giornata!” e
riprese la sua direzione.
“Claire non fare
così, Claire lo so cosa tenti di
nascondere, sento cosa provi, sento la tristezza, la nostalgia, il
vuoto che. .
.”
“FINISCILA!”. Si
voltò come una furia e lo spintonò
indietro.
“FUORI DALLA MIA TESTA,
fuori dalla mia vita! Io sto bene e
di te e delle tue scuse non ne ho bisogno, non so che
farmene”.
“Non puoi dire che stai
bene Claire, non ti credo”
“La tristezza e la
nostalgia cono cose di tutti i giorni
Sylar, non mi fanno paura. E quella laggiù”,
indicando la fila di tombe, “Non è
la prima cosa a cui tengo che poi perdo nella mia vita”.
“La prima cosa?”
Lui non poteva crederci.
“Claire , QUELLA non era
una cosa, era Noah, era nostro
figlio!”.
Claire strinse i denti, la mascella
tesa disse: “Era un
esperimento, solo un esperimento oltretutto riuscito anche male, se no
laggiù
ci sarebbe una tomba sola. E, Sylar, fammi un piacere, girami al largo!
Ok?”.
Si girò nuovamente e proseguì.
Quando lo aveva visto si era
ripromessa che non gli avrebbe
parlato, che lo avrebbe ignorato. In quegli ultimi due anni aveva fatto
molta
pratica: indifferenza e freddezza.
Erano il suo antidoto contro. . .
alzò gli occhi e li puntò
sulle lapidi: “Contro tutto quello che voi avete
portato nella mia vita”.
Suo padre, suo figlio, morti a
distanza di pochi anni.
Quello che aveva detto a Sylar era
vero, tristezza e
nostalgia non le facevano più paura: si ha paura del sole?
No, lo vedi sorgere
tutti i giorni; hai paura del buio? No, se ogni notte ti fa compagnia.
E lei non aveva bisogno di visitare
un cimitero e
inginocchiarsi davanti ad una tomba
per
sentirsi improvvisamente invadere da rabbia, odio, dolore, sofferenza,
tristezza, nostalgia: tutti i giorni teneva dentro di se quei
sentimenti, aveva
imparato a conviverci, a sopportare.
Ce l’aveva fatta due anni
fa, e ancora riusciva a farlo.
Ciao
a tutti ho in
testa questa storia da un po’. Purtroppo non ho molta
esperienza con le
fanfiction per cui il mio modo di scrivere lascia molto a desiderare e
inoltre
la storia nella mia testa non è conclusa perciò
potrà succedere che sul più
bello perdo il filo e ciao ... Chiedo scusa fin da ora!
L’idea per questa storia mi
è venuta riguardando il quarto
episodio della terza stagione di heroes (se non si era capito!),
però sono
stata ispirata anche da alcune storie lette sul sito EPF,
perciò se qualcuno si
dovesse sentire offeso e defraudato dell’idea me lo dica
subito che la finiamo
qua!
I personaggi probabilmente sono molto
più come io li vorrei
che piuttosto come dovrebbero essere, ma siccome sono io a scrivere e
voi a
leggere in caso non piacessero, cambiate lettura! (Senza offesa). Il
rating
giallo è solo per qualche parola un po’
più carica.
Ciao al prossimo capitolo!
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