Gli
piaceva svegliarsi con quei rumori stranieri nelle
orecchie, si rese conto dopo qualche giornata. Era sempre stato
abituato a
sentire il rumore incessante del vento gelido, a qualsiasi ora,
intervallato
dagli scoppi delle tempeste cariche di elettricità, e anche
con l’arrivo della
MewAqua su Duuar la fauna originaria non si era ripresa abbastanza per
riempire
i vuoti con allegri suoni.
Poi, ora che aveva il tempo di esplorare la Terra senza
ambizioni di conquista, era incuriosito da tutte le sue strane
sfaccettature,
cose mai viste prima e dagli utilizzi strani, abitudini umane che per
lui a
volte avevano poco senso.
Forse la scientifica curiosità del fratello maggiore alla
fine aveva contagiato pure lui.
Con uno sbadiglio, si trascinò giù dal letto e
strascicò
i piedi fino al bagno, buttandosi in doccia con gli occhi praticamente
ancora
chiusi, settando la temperatura su una tiepidina pioggia che
l’avrebbe
sicuramente svegliato. Sapeva benissimo, ovviamente, che
l’orario non era
quello che Pai avrebbe apprezzato e che probabilmente lui era
già sveglio da
tre ore, anche se non c’erano tracce del suo passaggio, ma
dopo una vita a
svegliarsi con orari da caserma, lui era veramente poco interessato a
seguire
le abitudini militari del fratello.
Si prese il suo tempo sotto l’acqua – un lusso che
a
casa
non potevano ancora permettersi – e poi a strofinarsi con uno
dei morbidi ed
eleganti asciugamani che Keiichiro aveva messo a loro disposizione
– ancora,
così diversi dai tessuti sottili e termici che aveva usato
per tutta la vita,
pensati solo per essere funzionali e adatti ad asciugare ed asciugarsi
in poco
tempo. Solo quando si fu asciugato a dovere ed ebbe estratto dalla pila
una
tuta confortevole, sempre un regalo dello spilungone alla vista dei
pochi cambi
che si erano procurati prima della partenza, si decise a scendere per
andare a
scovare Pai.
« Yo. »
Il fratello si girò con glaciale lentezza a quel saluto
estemporaneo, il fastidio ben visibile in volto.
« Sai che ore sono? »
Kisshu ghignò solo per irritarlo un poco di più:
« Non
fare finta di non lavorare meglio senza di me tra i piedi. »
«
Ciò
non toglie
che tu debba
lavorare. »
« Okay, okay, » il verde si avvicinò a
uno dei computer e
diede una scorsa veloce e svogliata ai dati che vi scorrevano sopra,
« Cosa c’è
in programma per oggi? »
Pai digitò un’altra dozzina di secondi prima di
rispondere: « Stiamo ultimando le analisi sui primi campioni
di MewAqua, ma ce
ne servono altri per una seconda comparazione. Questa volta
più fuori dalla
città, nelle zone meno colpite dalla sostanza. »
« Uh, che voglia di una scampagnata, » Kisshu
nascose la
soddisfazione della piccola vena sulla tempia del fratello causata dal
suo
sarcasmo, « Hai notizie di Taruto? »
« Pensavo di andare oggi alla nave e controllare i
computer, prima di mandare le analisi. »
L’altro stiracchiò le braccia con fare esagerato,
poi
stese una mano e piegò le dita un paio di volte:
«Dammi qua, posso andare io, »
all’occhiata un po’ scettica del fratello,
alzò un sopracciglio con una punta
di irritazione, « Sono capace da solo di inviare
trasmissioni, sai. »
Le spalle di Pai si contrassero per mezzo secondo prima
che lui inspirasse con lentezza e indicasse con un minimo cenno del
capo il
computer alla sua destra: « Trasferisci gli ultimi
caricamenti. »
I successivi dieci minuti passarono in silenzio,
interrotto soltanto dal ticchettio delle tastiere e da un paio di
sbadigli di
Kisshu, che fischiettò allegro quando finalmente tutti i
dati necessari furono
caricati su un dispositivo esterno.
« Allora vado. Qualche messaggio speciale per il nostro
fratellino? »
Pai gli lanciò un’altra occhiata gelida:
« Non perderci
tutta la giornata. »
L’altro ondeggiò la mano come a dire di aver
capito e si
avviò di nuovo su per le scale, molto più vispo
di quando aveva compiuto il
percorso al contrario.
Il Caffè era nel pieno del tran-tran mattutino, come
aveva imparato in quelle prime settimane, e solamente Purin era tra le
cameriere che lui conosceva di quel turno, un puntino giallo che
sfrecciava
veloce tra i tavoli con un sorriso energico. Lui scivolò di
lato, cercando di
non farsi notare – non che gli dispiacessero le attenzioni
delle terrestri, ma
sapeva che
più d’uno avrebbe
avuto da ridire – quando notò che a uno dei
tavoli nell’angolo sedeva Minto, un trambusto di fogli,
agende, e vari aggeggi
davanti e l’espressione corrucciata mentre borbottava tra
sé e appuntava cose. Kisshu
non poteva dire di conoscerla, ma aveva occhio per le abitudini altrui
e la
ragazza non aveva mai fatto mistero di avere un caratteraccio troppo
divertente
da punzecchiare. E lui aveva ancora un sacco di tempo prima di dover
fare
rapporto a Pai sulle attività della giornata.
Si incamminò verso di lei, e la vide irrigidirsi, come
sempre quando lui o il fratello entravano nei paraggi, quindi
sbuffò mezzo
divertito, mezzo irritato: « Guarda che non ti mangio.
»
La mora gli scoccò un’occhiataccia, riaggiustando
un
plico di fogli: « Non ispiri subito fiducia, con i tuoi
trascorsi. »
Kisshu non riuscì a non alzare gli occhi al cielo in
maniera esagerata, tenendo sempre le mani in tasca: « Nemmeno
dopo tutta la
trafila del
vado a immolarmi e nel mentre tradisco padrone,
patria e
famiglia perché mi sono reso conto che è tutta
un’idea del cazzo? »
Minto lo osservò un istante, l’espressione
impassibile,
poi si riconcentrò sull’agenda che aveva davanti:
« Sei avvezzo ai voltafaccia.
»
« Ahia, tortorella, » lui rise e spostò
la sedia per
prendere posto accanto a lei, « Come arrivi a sera con questa
cattiveria così
presto? »
« Non è presto, » precisò
lei, « È quasi ora di pranzo,
non siamo tutti scansafatiche come te. E il mio nome è
Minto. »
« Per tua informazione,
Minto, ero di
sotto nel
tugurio insieme a mio fratello, » ignorò
l’ennesima occhiataccia
all’appellativo del laboratorio e fece un gesto con il mento
al portatile in
mezzo al tavolo, « Piuttosto, non è un
po’ tardi per te? Di solito sei qui
all’alba e poi sparisci. »
Minto si strinse appena nelle spalle: « Zakuro è
in un
servizio chiuso oggi, ci sarebbe stata troppa gente tra cui la sua
manager,
quindi ha avuto più senso che venissi qui per finire un paio
di cose. »
Kisshu annuì come se avesse capito di cosa stesse
parlando, poi dopo qualche istante aggiunse: « Ma tu non
facevi quella cosa,
con… le piume, e quei vestitini… »
La ragazza lo guardò allibita fare gesti strani con le
mani, disegnando silhouette esagerate, poi alzò gli occhi al
cielo: « Ero una
ballerina, sì.
Sono una ballerina,
ma… ho smesso da un po’. »
Picchiettò un paio di volte la punta della penna contro
al tavolo, e avvertendo che lui continuava a fissarla come attendendo
una
spiegazione ulteriore, si schiarì appena la gola.
« Non ho smesso di allenarmi, quello lo faccio a casa
tutti i giorni, appena riesco. Ma non mi esibisco più. Era
diventato… forzato. »
Lui la osservò per un paio di secondi, poi annuì
e lanciò
le braccia in alto per stiracchiarsi, in un concerto di scricchiolii:
« Il mio
caro fratellone sicuro ne sa qualcosa di
lavori forzati,
» esclamò con
un ghigno mentre faceva scrocchiare anche il collo, « Ma
quegli aggeggi cosa
sono? »
Minto seguì il suo sguardo fino ai due telefoni posati
vicino al computer: « Sono cellulari. Telefoni portatili.
»
« Telefoni? »
«Ehm… apparecchi per comunicare a distanza con le
persone. Non avete cose simili, voi? »
Kisshu si rovistò nelle tasche e tirò fuori una
listella
di metallo a forma di mandorla e grande circa tre volte tanto:
« Questo è
quello che usiamo noi nell’esercito, »
spiegò, tenendolo tra pollice e indice,
« Un connettore. Ma non chiedermi come funziona. »
« Figuriamoci, » lei digitò qualcosa di
veloce al
computer, poi gli lanciò un’occhiatina di
soppiatto ai capelli ancora umidicci,
« E nell’esercito vi fanno andare in giro con una
pettinatura simile? »
« Hanno poco interesse quando sei in congedo, »
replicò
lui divertito.
La mora lo guardò con un sopracciglio alzato: «
Sei in
congedo? »
« Sì. Cioè… circa.
»
« E la vostra missione per gli effetti della Mew Aqua, i
paragoni con il vostro pianeta e quant’altro? »
« … è complicato. »
Il sopracciglio della mora era ormai così inarcato da
perdersi nell’attaccatura dei capelli, e Kisshu
ridacchiò, rilassandosi contro
lo schienale della sedia mentre alzava le mani.
« Ehi, lo sapete che è mio fratello quello
genialoide e
votato al lavoro. »
« Fin troppo. »
« Io sono più di… supporto, diciamo
così. »
Minto gli puntò contro una penna con aria minacciosa:
«
Sappi che non ho bisogno di un costume blu per piantarti una freccia in
fronte.
»
Lui ghignò divertito, con un luccichio negli occhi:
«
Però sarebbe divertente rivedere il costumino. »
La ragazza alzò gli occhi al cielo e chiuse con forza lo
schermo
del computer, raccogliendo le sue cose mentre gli scoccava
un’occhiataccia di
fuoco: « Screanzato! »
« Ma che ho detto! »
Continuando a ridere, Kisshu la osservò marciare fuori
dal locale a passo di marcia, la schiena così dritta che si
domandò come non
facesse a incrinarsi; poi si stiracchiò e
sbadigliò sonoramente, decidendo che
fosse il momento di concludere qualcosa. Si avviò dunque con
molta nonchalance
verso la porta sul retro, dove vide Purin alle prese con due grosse
buste della
spazzatura.
« Buondì, nanerottola, » la
salutò allegramente.
La biondina lo ringraziò con un sorriso quando le prese
una delle buste per aiutarla, lanciandola come se fosse vuota dentro al
bidone,
poi lo osservò da sotto le lunghe ciglia chiare:
« Posso farti una domanda, Kisshu-kun? »
Un’impercettibile tensione corse lungo la schiena
dell’alieno mentre chiudeva il coperchio della pattumiera:
« Spara. »
Purin soppesò le parole spostando il peso da un piede
all’altro: « Ora che tu e Pai siete tornati da un
po’, mi chiedevo… ma
Taru-Taru? »
Il verde si sforzò di controllare il sorrisetto malizioso
che puntualmente minacciava di nascere mentre annuiva appena e infilava
le mani
nelle tasche: « Vedi, è un discorso un
po’ complicato, quello su quanto sia
successo dopo il nostro ritorno su Duuar… ma per fartela
molto, molto breve,
Taruto ha dovuto diciamo
consolidare la sua
posizione all’interno
dell’esercito. Il buon vecchio Deep Blue gli aveva fatto
saltare qualche
passaggio, » quando la ragazzina continuò a
osservarlo con gli occhi nocciola
confusi, Kisshu ghignò e aggiunse, « Deve finire
la scuola e, paradossalmente,
l’addestramento militare. Non c’è eroico
status che tenga contro la burocrazia.
Né potevamo chiedere trattamenti di favore durante la
ricostituzione dei nostri
apparati statali, direi. »
« Aaaah, » Purin annuì più
convinta, non indagando
sull’ultima frase, e un sorriso contento le apparve sul viso,
« Pensi che… ? »
« Per le questioni complesse, devi parlare col capo,
»
lui alzò le mani con fare divertito e accennò con
la testa verso il Caffè, « Lo
sai che è molto suscettibile anche lui sulle procedure. Io
mi limito a fare da
portavoce. Però sai che ti dico? »
La biondina approcciò il viso al suo con fare
cospiratorio quando lui gesticolò di avvicinarsi.
« Sto andando a trasmettere dei risultati e speravo di
poter comunicare anche con Taruto, se hai un messaggio da mandargli.
Niente di
indecoroso, ovviamente. »
Il viso di lei si illuminò di contentezza anche sotto la
smorfia poco divertita che fece, e ci pensò su un secondo:
« Digli solo che lo
saluto, » esclamò poi sottovoce, « E che
spero di rivederlo presto. »
Kisshu annuì e si raddrizzò, incrociando le
braccia
dietro la testa: « Ricevuto, madamigella. Ma sarà
il nostro piccolo segreto,
per ora. Meglio non svegliare il fratellone che dorme. »
« Perché ti vuoi sempre cacciare nei guai,
nii-san? »
ridacchiò divertita Purin.
Lui scosse solo le spalle mentre si avviava tranquillo
verso l’interno del bosco: « Deformazione
professionale! »
§§§
Stando attenta a bilanciare ogni bicchiere con
attenzione, Retasu si incamminò cauta fuori dalla cucina,
reggendo il vassoio
con le mani. Negli anni la sua goffaggine non era decisamente
diminuita, e
sapeva lei stessa che non fosse una grande idea avviarsi giù
per le scale portando
succhi di frutta e tramezzini in precario equilibrio, ma Ichigo doveva
aiutare
in sala e Purin non era in servizio quel giorno, e decisamente non era
cauto dare
troppi particolari alle nuove cameriere su ciò che succedeva
nel seminterrato.
Anche se lei avrebbe preferito non doversi intrattenere
troppo con i tre del piano di sotto.
Non che ci fosse qualcosa di male in loro, ovvio. Era
solo che la mettevano un po’ a disagio, ecco. Pur essendo
cresciuta, la sua
timidezza rimaneva la sua principale avversaria, per quanto lei si
sforzasse di
combatterla, e anche se due lo facevano senza rendersene conto, i tre
ragazzi a
cui avrebbe servito il pranzo riuscivano sempre a colpirla nei punti
più
deboli. Kisshu aveva quella linguaccia che sembrava riuscire a
prendersi gioco
di qualsiasi cosa, pur se con gentilezza nei suoi confronti la maggior
parte
delle volte; Shirogane continuava a metterla un poco in soggezione
anche se la
cotta adolescenziale nei suoi confronti si era assopita e parecchio col
tempo;
e infine Pai…
Le circostanze del loro ultimo incontro erano certo
qualcosa che lei avrebbe tanto desiderato dimenticare.
Rendendosi conto che aveva entrambe le mani impegnate e
che non sarebbe certo stata una mossa saggia tentare di spostare anche
solo un
dito per bussare, Retasu allungò quanto più
possibile un gomito e lo batté
goffamente contro la porta del laboratorio, che si aprì dopo
qualche istante.
« Oh, Retasu… grazie, » Ryou si
affrettò a togliere il
vassoio dalle mani e posarlo sul tavolo sgombro più vicino,
cosa non facile
vista la quantità di foglie e attrezzature varie che poteva
intravedere dalla
soglia.
« Akasaka-san ha pensato che vi avrebbe fatto bene una
pausa, » intrecciò le dita sul grembiule a forma
di cuore e accennò a un
inchino con un sorriso, « Spero vi piaccia. »
« Sarà sicuramente ottimo, pesciolotta, sei hai
contribuito anche tu, » Kisshu le lanciò un
sorriso smagliante mentre sbirciava
sotto al fazzoletto che copriva i tramezzini, « Tutti qui?
Sono solo per me,
spero. »
Lei arrossì vistosamente, sgranando gli occhi, e
gesticolò verso il piano di sopra: « Po-posso
andare a pre-prepararne altri se
- »
« Lascialo perdere, ti sta solo prendendo in giro,
» Pai
s’intromise, avvicinandosi al fratello incombente e scostando
del tutto la
carta, « Magari riempendoti la bocca puoi evitare di dire
sciocchezze e
concentrarti. »
« Concentrarsi sul non soffocare, conoscendolo. »
« Perché non andate al diavolo entrambi? Tornate
al
vostro ben più preferibile mutismo. »
La ragazza non poté nascondere il sorrisetto che le
nacque spontaneo a quello scambio di battute, che le parve abbastanza
strambo
per i tre eppure al tempo stesso così familiare, forse un
po’ naturale visto
quanto tempo stessero passando insieme, chiusi lì sotto.
Colse l’occhiolino che le rivolse Ryou come
ringraziamento mentre addentava di gusto un tramezzino, continuando a
scorrere
un plico di fogli, e annuì ancora contenta.
« Allora se… se avete bisogno, basta farmi sapere.
»
Afferrò la maniglia della porta per chiudersela alle spalle,
cogliendo solo con la coda dell’occhio l’accenno di
sorriso che le rivolse Pai,
e si affrettò ad allontanarsi ignorando la corsa furiosa del
suo cuore.
Con un gesto stanco, Ichigo si sistemò un ciuffo della
frangetta che le si era appiccicato alla fronte e sospirò
soddisfatta, il turno
di lavoro stava finalmente volgendo al termine e presto si sarebbe
potuta
rilassare; lei e le ragazze avevano deciso di concedersi una serata al
cinema,
Minto e Purin le avrebbero raggiunte di lì a poco per
andarci insieme, le
rimaneva solo da sistemare in frigorifero i dolci rimasti dalla
giornata e poi
sarebbe potuta andare a cambiarsi con calma, magari avrebbe anche avuto
il
tempo di controllare se Ryou fosse ancora in laboratorio…
« Bu!
»
Ichigo sussultò così forte che i pasticcini sul
vassoio di
carta fecero un salto.
« Kisshu!
»
sibilò senza fiato, portandosi una mano sul cuore,
« Devi piantarla con questa
storia del saltare fuori dal nulla! »
Lui, che le era
comparso alle spalle per mormorarle all’orecchio,
ridacchiò divertito e si
allontanò per fare il giro del tavolo, su cui
poggiò entrambi i gomiti: « Hai
ragione, micetta, perdonami. Allora ci stiamo dando dentro, uh?
»
La ragazza
divenne di un palese color melanzana, fissando il suo ghignetto
soddisfatto
sgomenta: « Eh?! »
Gli occhi dorati
brillarono, e l’alieno indicò col mento il vassoio
che lei stringeva: « Con il
lavoro, intendo. »
« Ah,
» Ichigo si
lasciò scappare un risolino nervoso, giocherellando con i
dolcetti per
riordinarli, « Eh sì, un
po’… »
« Mmmhm, » Kisshu annuì comprensivo,
« In effetti ti vedo
un po’…. Sbattuta. »
Ichigo quasi si strozzò con la sua stessa saliva, le mani
che tremarono ancora a tal punto da rovinare tutto il lavoro appena
fatto: «
Uh… g-già… cioè,
io… »
Lui continuò a ghignare sotto i baffi e si
allungò sul
bancone, sgraffignando un pasticcino: « Forse dovresti
chiedere un po’ di
riposo al biondino. Non ti può logorare così
tanto. »
Lei rimase imbambolata a osservare la sua espressione
maliziosa, finché finalmente non connesse e – per
la terza volta – sbatté il
vassoio sul bancone.
« Kisshu! »
Lui sghignazzò appena, alzando un sopracciglio con fare
innocente: « Cosa? »
« Smettila di… di… tu…!
»
« Micetta, calmati, o ti verrà un colpo,
» Kisshu rise e
si raddrizzò, non prima di aver rubato un altro dolcetto,
« È quasi un peccato
che non ti spuntino più quelle adorabili orecchiette e la
coda. »
Ichigo torturò la cartina del pasticcino, prendendo un
po’ di tempo per formulare la domanda: « Ma tu
hai… »
« Capito che c’è qualcosa di losco tra
te e il biondino?
Micetta, non siamo tutti innocenti come le tue amiche. »
Lei assunse qualche altra tinta di vermiglio, tentando
invano di svicolare: « Io non… eh…
losco?!
»
« Micetta, » la canzonò come se fosse
una bambina
sciocca, « Puoi fare fesse le altre, ma non puoi fare fesso
me.
»
« Chi dovrebbe far fesso chi? »
Minto entrò in quel momento, senza curarsi di salutare
come al solito, guardandoli un po’ scettica mentre si portava
gli occhiali da
sole sulla testa.
« Ichigo, ti prego di non farci fare tardi, » non
aspettò
nemmeno una risposta, ravvivandosi i capelli con aria annoiata mentre
cercava
il telefonino nella borsetta, « Se c’è
una cosa che odio è dovermi affrettare
per cena perché rischiamo di perdere l’inizio
dello spettacolo. E tu, »
aggiunse con una nota più gelida rivolta a Kisshu,
« Dovresti smetterla di
approfittartene della gentilezza di Akasaka-san. »
L’alieno la ignorò, agguantando un altro
pasticcino –
ormai ne erano rimasti tre sul vassoietto – solo per
dispetto: « Incredibile,
mia dolce gattina, erano anni che speravo di lasciarti senza parole.
»
« Smettila, » sibilò lei, « E
comunque non sono affari
tuoi. »
« Dipende dai punti di vista. »
Ichigo trasalì appena, il rossore sulle guance che si
acquietò un poco, mentre Minto lanciava
un’occhiata in tralice ai due e poi
borbottava: « Per tutti i
kami, Kisshu,
sei proprio un impiccione! »
« Impiccione o master osservatore? E poi da che pulpito.
»
Lui rispose con il solito sarcasmo, adorando
l’occhiataccia glaciale che gli fu rivolta, invece Ichigo lo
osservò titubante
da sotto la frangia. Non c’era niente di sbagliato,
ovviamente, ma di comune
accordo con Ryou avevano deciso di non urlare ai quattro venti che si
stessero
frequentando, come l’aveva posta lui. Dopotutto erano appena
passate un paio di
settimane, era così fresca anche per lei, e c’era
ancora quella strana
transizione da amici a qualcosa di più che verteva su
entrambi, non sembrava il
caso a nessuno di due di lanciarsi su annunci vari, considerato anche
quanto il
ragazzo fosse riservato. Possibile che fossero stati così
semplici da leggere?
« Ma come hai fatto a… »
Il ghigno furbo che si dipinse sulla faccia del verde fu
davvero da schiaffi: « Primo, il biondino ha iniziato a
passare di qua con
molta più costanza e sempre di un certo buon umore, e non
è che tu sia una maga
delle espressioni facciali impassibili. Secondo, tu e la tua amica
pennuta - »
« La
cosa?! »
« - vi siete appartate un po’ troppo spesso a
confabulare
perché non ci fossero novità. Terzo - »
« Minto-chan, ti si sente dall’ingresso,
» Purin entrò
allegra in cucina insieme a Retasu, rallentando un po’
titubante quando vide le
facce dei tre già nella stanza, « Ciao,
Kisshu-kun, tutto bene? »
« Oh, io sto una favola, voi come state bamboline?
Stavamo giusto facendo due chiacchiere sugli ultimi
gossip, »
schioccò
scherzosamente la
p della parola, facendo
l’occhiolino alla povera
rossa.
« Richiamami ancora una volta
pennuta e
queste
parole saranno l’ultima cosa che dirai prima che ti strappi
la lingua. »
« Non ti scaldare tanto, colombella, »
replicò lui,
impassibile alle gelide minacce di Minto, « Ci stiamo solo
divertendo. Non
tanto quanto si sta divertendo la micetta, ovviamente. »
Ichigo riacquistò tutto il colore perso e sbatté
un piede
a terra in maniera infantile, ignorando lo sguardo confuso di Purin e
Retasu: «
E terzo?! »
« Terzo, » Kisshu distese il sorriso più
innocente del
mondo, « Me l’hai confermato tu diventando
un’adorabile fragolina in tutto e
per tutto. »
« Credo che ci siamo perse un pezzo, »
mormorò
gentilmente Retasu, continuando a scrutare i presenti con aria confusa.
In quel momento, udirono il borbottio di Ryou, Pai e
Keiichiro avvicinarsi dal laboratorio, e quando i tre varcarono la
soglia della
cucina, il ghigno divertito di Kisshu si allargò ancora di
più.
« Eccolo qua, il pezzo mancante. »
Ichigo affondò il viso nelle mani, sentendolo rovente
sotto i palmi, mentre anche Minto non riusciva a nascondere un
sorrisetto
all’espressione confusa che suscitò nelle altre
due ragazze e negli ultimi
arrivati; espressione confusa che non durò troppo a lungo,
perché Purin fu
davvero svelta a connettere gli stralci di conversazione di Kisshu, la
posa di
Ichigo, e la nube nera che stava lentamente scendendo sul viso di Ryou.
«
Sììììì!
» esclamò gioiosa, lanciandosi di spinta
sull’amica, « Ah, Reta-chan, mi devi dei soldi, te
l’ho detto che non
arrivavano a giugno! »
« Ma che…?! »
« Li dovete voi a me, io ve l’avevo detto che non
sarebbero
arrivati alla fine di maggio. »
« State tutte per essere chiuse in dispensa. »
La gelida minaccia di Ryou venne ignorata, perché il
vociare delle ragazze sovrastò qualsiasi altro rumore; lui
si limitò a lanciare
un’occhiata assassina a Kisshu (che continuava imperturbato a
sghignazzare
impunemente), promettendosi di trovare la maniera di strozzarlo con uno
dei
cavi dei computer, e fece dietrofront senza nemmeno ricordarsi il
perché avesse
deciso di andare in cucina.
«Proprio non riesci a non fare casino tu, eh? »
Il verde ignorò anche l’irritato commento del
fratello
maggiore, che si servì solamente un bicchiere
d’acqua e seguì Shirogane in
fretta. Per lui, la soddisfazione di vedere l’espressione di
puro fastidio sul
viso del biondino era così appagante da cancellare qualsiasi
seccatura che
poteva scatenarsi dai suoi scherzetti.
Mentre Ichigo veniva inseguita in spogliatoio da una
Retasu e una Purin ghiotte di particolari, Minto rimase in cucina,
tutt’altro
che desiderosa del casino che sapeva si sarebbe scatenato nella
stanzetta.
« Sei proprio uno sciocco. »
Kisshu appoggiò la guancia alla mano e la osservò
divertito mentre lei continuava a studiarsi le unghie.
« Lo dici solo perché ti sarebbe piaciuto avere
l’esclusiva
della rivelazione. »
La mora gli scoccò un’occhiata sarcastica:
« Per favore,
» replicò in tono superiore e annoiato,
« Lo so da quando è cominciata, ma non
ho detto niente solo perché me l’ha chiesto
Ichigo. Ora tocca a loro
sbrigarsela. E tu devi sperare che Shirogane non decida di vendicarsi.
»
« So badare a me stesso, tortorella. »
«
Min-to. Sono due sillabe, ce la puoi
fare. »
« Sai che più mi dici una cosa, più mi
viene voglia di
fare esattamente l’opposto? »
Minto lo fissò come se avesse potuto strozzarlo con la
forza del pensiero: « Quanto sei infantile. »
« Se continui con tutti questi complimenti, potrei
iniziare a pensare che tu abbia un debole per me. »
« Certo, » sibilò lei, tagliente come
una lama,
l’espressione contratta come se avesse mangiato un limone
particolarmente
aspro, « Forse nei tuoi sogni. »
« Se capita,
tortorella, sarò
certo di avvisarti.
»
Kisshu sgattaiolò via sghignazzando prima che la ragazza
impugnasse uno degli affilati coltelli presenti in cucina per
infilarglielo in
luoghi poco piacevoli, e decise che fosse ora di andarsi a fare un
pisolino,
vista la quiete in cui piombava il Caffè a fine giornata,
quindi imboccò
fischiettando le scale che portavano al piano di sopra.
« Kisshu-kun? »
Il mormorio titubante di Ichigo lo raggiunse al quinto
scalino, e si voltò con tutta la calma di cui era capace.
Lei probabilmente si
era cambiata in tutta fretta per sfuggire all’interrogatorio
delle amiche, e lo
stava guardando da sotto in su con il labbro inferiore tra i denti,
strofinandosi distrattamente le dita in grembo.
« Senti… » vide le sue spalle alzarsi
mentre lei prendeva
un respiro profondo, esitava un passo in avanti per salire sul gradino
e poi cambiava
idea, lanciandogli un’altra occhiata furtiva, « Per
quanto riguarda… uh…
Shirogane, ehm… tu… »
Kisshu avvertì il solito, familiare formicolio al petto,
ma appoggiò una spalla contro al muro mentre incrociava le
braccia e si
dipingeva un sorriso pacato in volto: « Non
c’è nessun problema, micetta, se è
questo che ti cruccia. »
« Da… davvero? »
« Cos’è, ti dispiace? »
Ridacchiò all’espressione che la vide fare,
gonfiando
appena le guance e corrugando le sopracciglia, come se si stesse
concentrando
per non arrossire.
« Senti, » alla fine, Ichigo prese coraggio e
salì quello
scalino, fissandolo negli occhi, « Io e te non abbiamo mai
avuto la possibilità
di parlare, dopo che… e ora che… »
Lui fece per aprire la bocca, ma lei lo zittì con un
gesto deciso della mano che li prese ugualmente alla sprovvista.
« Io voglio…
devo
ringraziarti. Per tutto quello
che hai fatto per me, per noi, ma… soprattutto per quello
che hai fatto per me,
» esitò un attimo nel cogliere
l’impercettibile smorfia che si dipinse sul
volto dell’alieno per una frazione di secondo, « Tu
l’hai fatto senza… senza
anticipazione di un ritorno, e te ne sono grata. »
Kisshu sbuffò appena, il ghigno sarcastico che
s’infiacchì leggermente: « Non proprio,
micetta, ma grazie lo stesso. »
Ichigo annuì lentamente, soppesando le parole con cui
continuare: « E sono contenta di avere almeno adesso
l’opportunità di potermi
scusare per non avertelo detto prima. Però, per quanto sia
grata, davvero, io
non… »
L’alieno si mosse prima che lei potesse finire la frase:
«
Sai perché mi piace stuzzicarti? » represse un
sorrisetto mentre galleggiava
appena verso di lei, divertito da come le sue guance si tinsero
immediatamente,
« Perché sei semplice da stuzzicare, e
così facendo infastidisco il biondino.
Vedere come si riempie di bile è impagabile. »
« Non è molto carino, quello che dici. »
« Ma è la verità, » lui si
azzardò a picchiettarle la
punta del naso con l’indice, « Meglio che farlo
perché mi piaci ancora, giusto?
»
La rossa fece una smorfia mentre gradualmente computava
le sue parole, poi abbozzava a un sorriso: « …
immagino di sì. »
Kisshu posò i piedi sul gradino appena sopra al suo:
«
Acqua sotto i ponti. Sono un uomo fatto e finito, ora, ho messo da
parte le
cotte adolescenziali. Non come il biondino. »
« Guarda che forse non dovresti tirare tanto la corda.
»
Lui rise e agitò una mano: « Divertitevi anche per
me.
Basta che non vi mettiate a pomiciare in mezzo alla stanza. »
« Kisshu! »
L’alieno la sorpassò ridendo, avviandosi nella
direzione
opposta a quella che aveva inteso prima.
« Ah, micetta? »
Si girò con nonchalance, e data la differenza di gradino,
lei era praticamente alla sua altezza e lo guardò curiosa,
aspettando che
continuasse.
Prima che potesse muoversi, Kisshu scattò in avanti e le
rubò un velocissimo bacetto, uno sfiorarsi di labbra innocuo
e che al tempo
stesso riuscì a farle assumere la tonalità di una
melanzana mentre lui ghignava
sotto i baffi.
« Solo in memoria dei vecchi tempi. »
Con uno schiocco, di dita, in barba alle precauzioni con
cui tanto gli rompeva le scatole Pai, si teletrasportò
appena fuori dal Caffè,
respirando a pieni polmoni l’aria tiepida della sera
primaverile.
Si incamminò verso il boschetto, le mani in tasca, e solo
quando fu sicuro di essere coperto dagli alberi gettò la
testa all’indietro ed
esalò lentamente, rilassando tutto il corpo.
Non aveva mai avuto senso insistere, dopotutto.
E andava bene così.
Era libero.
§§§
« … e abbiamo estratto campioni dal settore H-23,
sono in
analisi ora. Se riuscissimo a coprire H-24 e G-5 nei prossimi giorni,
potremmo
già iniziare a trarre conclusioni per quell’area.
»
Ryou annuì e continuò a fissare lo schermo su cui
scorrevano i dati raccolti da Pai e Kisshu.
« Positive o negative? »
L’alieno dai capelli viola mosse appena un sopracciglio,
le braccia incrociate: « Anche con minime
quantità, sembra che la Mew Aqua
abbia influito positivamente rispetto a zone dove la sua concentrazione
è
minore o nulla, ma sul lungo termine è difficile da dire.
Soprattutto a
contrasto con un’azione esterna tanto preponderante.
»
Il biondo si controllò per non lanciargli
un’occhiataccia
mentre ricominciava a digitare: « Non siamo i migliori
inquilini del pianeta,
lo sappiamo. »
«
Toc toc, » Zakuro apparve
sull’uscio con un sorrisetto,
« Non dovreste lasciarla aperta, questa. »
Due paia di occhi furenti si voltarono verso Kisshu, che
subito alzò le mani in segno di difesa: « La
pesciolina aveva detto che sarebbe
tornata subito con i rifornimenti! »
La modella nascose un mezzo sorrisetto ed entrò nella
stanza, paradossalmente più fresca del resto del
Caffè per le ventole
installate che servivano a contrastare l’effetto dei
computer, e mostrò un
cestino di vimini pieno di frutta: « È arrivata
una scolaresca, Retasu è stata
distratta. »
Mentre Kisshu si avvicinava curioso agli spuntini,
Keiichiro si rivolse un po’ preoccupato alla ragazza:
« Servono rinforzi? »
« Direi di no. Non finché non sentiamo Ichigo,
» appoggiò
la schiena al muro e fece un cenno verso gli schermi, « Come
stiamo andando? »
« Il biondino ancora fa fatica ad ammettere che avevamo
ragione, » ghignò Kisshu, facendo rimbalzare una
pesca sulla mano prima di
azzannarla; il ragazzo in questione gli rivolse un ennesimo sguardo
velenoso,
premendo così forte uno dei pulsanti che la tastiera
scricchiolò in maniera
sinistra.
« Già che sei qui, » Ryou si
voltò verso Zakuro, « Hai
presente quel centro termale in cui le ragazze hanno vinto un
soggiorno, sei
anni fa? »
La mora dovette pensarci su un secondo prima di
rispondere, poi annuì: « Io non ero ancora entrata
a far parte della squadra,
ma mi hanno raccontato che, tra le altre cose, erano in anticipo di un
anno. Perché?
»
(*)
« Il luogo cade nella griglia di territorio che vorremmo
controllare, » spiegò Pai a braccia incrociate,
« Da quanto mi ha raccontato
Kisshu, è improbabile che ci sia stato un contatto diretto
con la Mew Aqua, ma
particelle di essa possono esseri propagata durante i momenti in cui
Ichigo ha
utilizzato il
Mew Aqua Rod. Inoltre, vogliamo
verificare se sia
possibile che la Mew Aqua possa scorrere tra aree diverse in maniera
significativa, quanto possa essere il suo potere in quantità
ridotte. »
« Ora però quel posto, su cui effettivamente hanno
costruito un centro termale, è diventato un ritrovo
trendy
per persone
chic ed
eco-friendly, » riprese Shirogane
con molto poco velata ironia,
« Quindi se finora abbiamo fatto scampagnate e mini-carotaggi
in tranquillità,
non ci possiamo certo presentare lì e cominciare a prevelare
campioni del
terreno come se niente fosse. »
« E vi serve qualcuno che vi faccia entrare, »
concluse
Zakuro, annuendo piano.
« Chi meglio della nostra celebrità locale?
» Ryou le
rivolse un sorrisetto irriverente, « Basta che sia qualcosa
di discreto,
preferibilmente senza farlo sapere alle altre, o cominceranno a voler
andare
alle terme pure loro. »
« Me lo ricordo, quel posto, » Kisshu si
pulì il viso con
il dorso della mano e si schiarì la gola mentre ghignava,
« C’era quel tizio
identico
al bellimbusto di Ichigo, è stata una gran soddisfazione
usarlo per creare un
chimero. »
« Kisshu. »
« Come se il biondo non volesse ringraziarmi, già
uno era
di troppo, figurarsi due. E poi era un chimero divertente, »
l’alieno continuò
a sghignazzare e tossicchiò ancora, « Poteva fare
–
ahem, ma è normale
che ‘sta roba pizzichi? »
Quattro paia di occhi si sollevarono sull’alieno, che si
era messo a osservare la pesca mezza mangiucchiata con aria confusa.
« Oh, » esclamò solo Keiichiro, prima di
lanciare
un’occhiata a Ryou, « Questa era una cosa che non
avevamo considerato. »
Il biondo fece uno sforzo immane per non mettersi a
ridere come un bambino, solo per evitare recriminazioni da parte di
Zakuro, ma
lo
spettacolo di vedere Kisshu con le labbra
gonfie, la pelle del viso
che si arrossava, e lui che continuava a fare smorfie per alleviare il
pizzicore alla lingua e al palato gli stava provocando una
soddisfazione non
indifferente.
« Be’?! Che ho?! » gracchiò di
nuovo l’alieno, lanciando
l’oggetto dell’offesa nel cestino per schivare
ulteriori sorpresine.
« Ikisatashi-san, credo che tu sia allergico alle pesche,
» gli spiegò paziente Keiichiro, alzandosi piano
dalla sedia preoccupato che la
situazione potesse peggiorare, « In effetti non siamo stati
molto accorti a
pensare che tutto ciò che noi mangiamo possa andare bene per
voi. E ci sono
molti alimenti che causano reazioni allergiche anche in noi terrestri.
»
« Certo che se lui non si strafogasse, forse sarebbe meno
a rischio, » commentò laconico Pai, «
Devo preoccuparmi? »
« Non mi sembri molto preoccupato, »
bofonchiò il fratello
minore, continuando a strofinarsi il palmo della mano contro la bocca
per
alleviare il prurito.
« Non credo sia una reazione estrema, abbiamo dei farmaci
per questo caso, ma forse sarebbe meglio controllare che non siate
allergici ad
altre cose in maniera più grave. »
Zakuro alzò un sopracciglio verso Keiichiro: «
Vuoi
portarli da un medico? »
« Qualcosa possiamo fare qui, » intervenne Ryou,
passandosi una mano tra i capelli e scambiandosi un cenno
d’intesa con il moro,
che uscì dalla stanza, « Se vediamo che servono
analisi più approfondite,
qualche contatto fidato lo abbiamo… »
« Un po’ di contesto sarebbe gradito, comunque.
»
« Il tuo sistema immunitario pensa che tu sia sotto
attacco, ha rilevato quello che hai mangiato come qualcosa di nocivo,
» il
biondo sollevò appena lo sguardo verso Pai, «
Immagino che le condizioni del
vostro pianeta non abbiano favorito lo sviluppo e la coltivazione di
alimenti
del tutto simili a quelli della Terra. Non avete problematiche simile,
in ogni
caso? »
Il moro scosse la testa: « Molti dei nostri cibi sono
stati modificati geneticamente per far sì che resistessero
alle condizioni
climatiche più avverse, compreso anche la creazione di
frutti e verdure tra
l’innesto di piante diverse. Non potevamo certo permetterci
di limitare
ulteriormente i nostri approvvigionamenti. »
« Quindi voi mangiate cose che possibilmente vi uccidono?
»
« Cerchiamo di non farlo, » rispose Zakuro, quasi
genuinamente divertita dalla sorpresa di Kisshu, « Purtroppo
sulla Terra le
allergie non si limitano a quelle alimentari, quindi abbiamo sviluppato
medicine e test per far in modo di essere preparati.
C’è chi è allergico anche
ai pollini, o ai peli di animale, e devono ciclicamente assumere
medicinali per
non star male. »
« … io ve l’ho detto che siete la specie
debole. »
La modella gli lanciò un’occhiataccia, e poi
riprese: «
Alcune allergie richiedono interventi ancora più tempestivi,
data la loro
gravità. Ma ora che sappiamo che sei allergico alle pesche,
possiamo tenertele
lontane. Come facciamo con Ryou e il kiwi, a cui lui sostiene di essere
allergico. »
Quella volta fu il turno del biondo di guardarla con
fastidio, ma decise di non raccogliere la sfida.
« Ho recuperato questi, » Keiichiro
rispuntò nel
laboratorio dopo qualche istante, « Li tenevamo qui durante i
primi esperimenti
del gene
Mew, dovrebbero ancora essere efficaci.
Sono dei test per
controllare a cosa effettivamente potreste dimostrare allergie, ma
sarebbe
meglio anche fare un prelievo di sangue. »
« Col cazzo, » esalò Kisshu, lanciando
uno sguardo di
sdegno agli aghi che, tra gli altri piccoli imballaggi, il moro aveva
posato
sul tavolo, « Non ho intenzione di essere bucherellato,
tantomeno dal biondino.
»
« Fidati, non sto morendo dalla voglia di giocare
all’allegro dottore con te. Fosse per me…
»
Gli occhi di Kisshu si ridussero a due fessure arrossate:
« Non so nemmeno cosa sia il
uiui, ma
giuro che se ne trovo uno te lo
ficco in - »
« Kisshu. »
L’occhiataccia di Pai fu abbastanza per farlo tacere,
anche se continuò a dire parolacce in lingua aliena
sottovoce mentre con la
lingua continuava a raschiarsi il palato.
« Non preoccuparti, Kisshu-san, » Keiichiro gli
sorrise
gentilmente e gli allungò un pacchettino, « Direi
che per oggi hai già scoperto
abbastanza. Prendi queste per calmare l’attacco in corso,
credo sia meglio fare
eventuali test domani. Potrebbero darti un po’ di sonnolenza.
»
« Non che di solito sia così sveglio, »
Pai lo gelò prima
che potesse replicare e poi si arrotolò la manica della
maglietta che
indossava, mostrando il braccio al moro, « Che dobbiamo fare?
»
Il pasticcere avvicinò una sedia alla sua, prendendo in
mano uno dei pacchettini: « Direi di iniziare con questo,
sarà una cosa veloce.
Ognuna di queste fialette contiene un allergene diverso, ne metteremo
una
goccia sulla pelle e se reagirà, formando una bollicina,
sapremo a cosa
potresti eventualmente essere allergico. Bastano quindici minuti.
»
L’alieno annuì e poi rivolse
l’attenzione verso Zakuro: «
Quando potrebbe essere possibile andare in quel centro termale?
»
La modella ci rifletté un paio di secondi: « Posso
provare a fare qualche telefonata e vedere se entro domani o dopodomani
possono
farci entrare. Non posso garantire l’intera struttura,
però. »
« Non credo servirà molto spazio, »
commentò Ryou,
scambiandosi un’occhiata con Pai, « I campioni da
raccogliere sono pochi,
l’importante è non attirare troppo
l’attenzione. »
« Vedrò cosa posso fare, » Zakuro si
staccò dal muro e si
avviò verso la porta, seguita dal biondo che si
alzò con uno scrocchio di
giunture, « Sarà difficile non avere Minto,
però, » aggiunse quando furono in
corridoio.
Ryou si strinse nelle spalle, camminandole accanto sulle
scale: « Basta che non si sparga a macchia d’olio.
E forse portare Minto è
utile, una persona in più a tenerli d’occhio.
»
La mora gli lanciò un’occhiata divertita:
« Ancora? »
«
Don’t get me started. »
Lei non rispose, scuotendo appena la testa, e si avviò
sul retro con già il cellulare all’orecchio; Ryou,
invece, si attardò vicino
alle scale, incrociando per un secondo lo sguardo di Ichigo, che stava
portando
in cucina un vassoio di stoviglie sporche e che cambiò
traiettoria verso di lui
sorridendogli.
« Come sta andando? »
Il biondo le prese il vassoio dalle mani e la precedette
in cucina: « Abbiamo scoperto che Kisshu è
allergico alle pesche, ma tutto
okay. »
La rossa rimase interdetta da quell’informazione
inaspettata e batté le palpebre un paio di volte:
« D’accordo… pensi che
Akasaka-san rimarrà giù ancora a lungo? Stiamo
per finire la crema pasticcera e
so che per domani aveva un ordine per una torta… »
« Gli dico di salire appena finiti i test, stiamo
controllando che non ci siano altre sorpresine. »
Ichigo rise della maniera in cui lo disse, come se gli
stesse costando tantissimo, e accertatasi che non ci fosse nessuna
delle altre
in giro – non aveva stretto chissà quali amicizie
con le altre cameriere e loro
non erano sembrate particolarmente felici della preferenza del biondo
verso di
lei – gli si strinse addosso per un abbraccio rapido. Ryou
nascose il viso
contro i suoi capelli e ne inspirò l’odore,
staccandosi veloce ma gentile dopo
pochi istanti.
« Vieni a cena da me stasera? » le
domandò sottovoce, e
lei non poté evitare di sentire le farfalle nello stomaco
nonostante non fosse
più una richiesta così atipica.
« Siamo stati a cena insieme anche ieri, » gli
ricordò
divertita, facendo scivolare le dita tra le sue, e il biondo
sbuffò
irriverente:
« Stai dicendo che ti dispiace? »
« No, sto dicendo che devo studiare, »
replicò lei, con
una smorfia.
« Momomiya, non fare la studentessa perfetta con me, sai.
»
Ichigo ridacchiò e gli strappò un bacetto veloce,
prima
di riagguantare un vassoio e ritornare in un turbinio di pizzo in sala:
« Ci
vediamo alle sette. »
Ryou sospirò, leggermente rinfrancato da tutti gli eventi
della mattinata, e si avviò ancora verso il laboratorio, da
dove sentì uscire
di nuovo la voce di Zakuro.
« … tre giorni, ma dobbiamo essere lì
prima delle dieci
perché al pomeriggio avranno un ricevimento. »
« Già fatto? »
« Sorpreso? » un sopracciglio perfettamente
disegnato si
arcuò divertito, e l’americano si
limitò a scuotere la testa in silenzio.
Lo squillare del timer che Keiichiro aveva impostato sul
cellulare li fece voltare tutti verso il moro, che controllò
subito il braccio
di Pai.
« Tutto a posto, direi, » esclamò con un
sorriso, «
Sembra che nessun elemento abbia reagito con il tuo organismo.
»
« E figuriamoci, » borbottò Kisshu, il
cui gonfiore alle
labbra persisteva anche se in maniera un po’ meno evidente,
« Ancora bisogna
trovare qualcosa che scalfisca Mister Ghiacciolo. »
Il fratello maggiore lo ignorò con proverbiale freddezza
e ringraziò a bassa voce Keiichiro, che gli
continuò a sorridere incoraggiante.
« Giusto per scrupolo farei partire l’analisi del
sangue,
ma penso non ci sia niente di cui preoccuparsi. Kisshu-san, ti va bene
se
domani controlliamo anche te? »
« Sì, sì, »
l’alieno saltò giù dal suo sgabello e
agitò
una mano fiaccamente, « Nel frattempo credo che
andrò a farmi un pisolino. »
« Ti faccio portare un po’ di tè tra
poco, » gli disse
dietro il pasticcere, ottenendo in cambio solo un mormorio indefinito.
Zakuro sorrise sotto i baffi, ben interpretando il viso
di Ryou che, benché ai molti perfettamente impassibile,
esibiva una certa
contrattura all’altezza delle labbra che lei sapeva essere
una critica nei
confronti dell’estrema gentilezza del suo ex tutore.
« Allora ci vediamo tra tre giorni, » rivolse a
tutti uno
sguardo di saluto e un cenno d’accordo verso Pai, poi
uscì chiudendosi la porta
del laboratorio alle spalle.
L’alieno si riarrotolò la manica della maglietta e
ruotò
la sedia verso gli schermi pieni di dati: «
Dov’eravamo rimasti? »
Ryou esalò impercettibilmente: « Se quindi
riusciamo a
continuare con G-6…»
« Ma non dovevamo essere lì prima delle dieci?
»
Kisshu soffocò uno sbadiglio e borbottò con voce
ancora
gonfia di sonno, particolarmente insofferente all’essere
stato tirato giù dal
letto da suo fratello ancor prima delle sette. Pai, fermo accanto a lui
a
braccia incrociate, gli rivolse un’occhiata di sbieco:
« Appunto,
prima. Dobbiamo arrivare con
abbastanza
anticipo per non doverci affrettare o attirare l’attenzione.
»
« Certo, perché andare in giro con la lupotta non
attira
l’attenzione, » ghignò il verde,
lanciandogli un’occhiatina allusiva, « Anche
se bisogna avere fegato per provarci, sembra che possa azzannarti la
testa da
un momento all’altro. »
« Possibile che tu riesca a pensare solo ad una cosa?
»
« Molto più normale che non pensarci
mai,
» gli
ribatté divertito il fratello minore, incrociando le braccia
dietro la nuca, «
Ammettilo che un pensierino del genere l’hai fatto,
altrimenti non saresti un
uomo. »
« Non ammetto un bel niente. »
« Okay, e se invece proponessi una certa pesci –
ahia!
» Kisshu fece un balzello all’indietro
quando Pai gli rifilò una scarica
elettrica, massaggiandosi offeso un braccio, « Oh, non ti si
può dire nulla! »
« Siamo qui per un lavoro, » gli
contestò, ritornando a
fissare il vialetto sul retro del Caffè, « Non per
perderci in quisquilie. »
« Come no, » mugugnò l’altro,
« Non sia mai che tu possa
deviare.
Sempre ligio, eh. »
Pai strinse gli occhi, soffocando una rispostaccia che
però non fece in tempo a nascere perché in quel
momento una limousine nera si
fermò alla fine del vialetto.
« Ehi, e quella che cavolo è? »
sbraitò Kisshu, « Perché
non andiamo col solito metodo? »
« Perché non pensi che spuntare fuori dal nulla in
un
posto in cui ci stanno aspettando sarebbe un grosso modo per attirare
l’attenzione? »
Il viola non lo aspettò nemmeno mentre rispondeva,
avviandosi a lunghe falcate verso l’automobile. La portiera
di sinistra si aprì
prima che la raggiungesse, e il volto di Minto si affacciò
dall’abitacolo:
« Kisshu, muoviti, non siamo qui ad attendere te. »
« Ma ce l’avete tutti con me stamattina?
» il verde si
affrettò lungo il selciato e poi si piegò in
avanti per osservare l’interno
della macchina con aria dubbiosa, « Questa roba è
quasi più grande della cabina
di pilotaggio della nostra nave. »
Con molta nonchalance, Zakuro premette il pulsante che
fece sollevare il divisorio tra loro e l’autista mentre
Kisshu, infine, si
sistemava sul sedile in fronte a lei e la limousine si rimetteva in
moto.
« Ci vorrà circa un’oretta per
raggiungere il centro, »
spiegò, « Se volete rilassarvi, qui ci sono delle
bevande e qualcosa da
mangiare. »
Premette un pannello sul fianco della vettura, che si
aprì a rivelare un piccolo frigo con delle bottigliette
d’acqua e di succhi di
frutta, e qualche altro spuntino.
Kisshu emise un fischio scanzonato e rivolse alle ragazze
un ghignetto divertito: « Non ditemelo, non è
così di solito con il resto dei
vostri aggeggi, vero? »
Minto alzò gli occhi dall’agenda che aveva aperta
sulle
gambe per guardarlo storto: « Si chiamano automobili, e no,
di solito non sono
così lunghe. Specialmente in Giappone. »
« Ammettilo che il nostro mezzo di trasporto è
più
conveniente. »
« Vi teletrasportate dappertutto? »
domandò Zakuro,
accavallando le gambe mentre si rilassava contro al sedile.
Pai scosse piano la testa, distogliendo lo sguardo dal
traffico fuori dal finestrino: « Quando abitavamo sottoterra,
gli spostamenti
erano molto controllati perché era necessario vivere in
nuclei molto popolosi e
ristretti.
Da
quando ci siamo spostati
in superficie e le nostre colonie si stanno espandendo, abbiamo
iniziato a
regolarizzare il teletrasporto a seconda dell’area.
Più centrale la zona, meno
può essere utilizzato perché rischieresti di
finire addosso a qualcuno o a qualcosa,
mentre via via ci si allontana dal centro, più è
possibile. Anche se per le
lunghe distanze utilizziamo mezzi di trasporto più efficaci
e meno dispendiosi
di energie, i civili non sono sempre avvezzi all’utilizzo dei
loro poteri. »
« Ah quindi c’è qualcuno ancora meno
competente di
Kisshu? » domandò pungente Minto, senza alzare gli
occhi dai fogli che aveva
davanti ed esibendo comunque un sorrisetto divertito.
« Si dà il caso, tortorella, che non sono stato
scelto
per la missione sulla Terra per il mio bel faccino, sai, »
replicò offeso lui,
stringendo gli occhi, « E mi pare che io un paio di volte sia
riuscito a fare a
strisce quel bel culet - »
« Basta così, » lo interruppe Zakuro,
non risparmiandosi
un’occhiata di avvertimento, « Gradirei non
ripensare alla vostra prima
avventura qui. »
Pai si concentrò per non spedire un altro paio di
scariche elettriche verso quell’imbecille del fratello, e poi
domandò: « Come
avete fatto a ottenere di poter entrare nel centro termale? »
« Ho telefonata dicendo che la serie televisiva in cui
recito stava pensando a un episodio alle terme, e avevo sentito buone
opinioni
sul loro centro e avrei avuto piacere di visitarlo, per poi proporlo
alla
produzione, » Zakuro abbozzò a una smorfia che
avrebbe dovuto assomigliare a un
sorriso, « Ovviamente non proporrò nulla del
genere, ma in cambio loro
ottengono un paio di foto promozionali e della pubblicità.
»
L’alieno annuì, fingendo di aver compreso tutti i
vari
passaggi spiegati, e si rilassò un po’ di
più contro lo schienale confortevole.
Il resto del viaggio passò in fretta e avvolto per la
maggior parte dal silenzio, intervallato solo dai battibecchi sommessi
tra
Minto e Kisshu su quanto il verde, che stette con il naso pigiato
contro al
finestrino durante tutto il tragitto, fosse infantile e su quanto lei,
in
cambio, fosse una rompiscatole.
Quando finalmente la limousine rallentò davanti
all’entrata del centro termale, adornata con un arco di legno
che richiamava lo
stile antico ma emanava fin troppa opulenza, Zakuro aprì la
borsa che aveva
tenuto ai suoi piedi e vi rovistò dentro.
« Ho annunciato che sarei venuta con due assistenti della
produzione, quindi dovrete leggermente calarvi nella parte, »
ne estrasse una
macchina fotografica, che passò velocemente a Kisshu, e un
esposimetro, che
invece allungò a Pai, e un paio di bloc notes per entrambi,
« Li devo
restituire, quindi cercate di non fare danni. »
Il verde si rigirò la camera in mano, osservandola
curioso: « Ehm… »
« Dai qua, » con uno sbuffo, Minto si sporse in
avanti
sul sedile e gli corresse la presa, iniziando ad indicare i vari
pulsanti, « La
tieni così, questo per accenderla e spegnerla, qui invece
guardi per mirare
l’immagine che vuoi riprendere, qui premi per scattare.
»
« Non c’è bisogno di usare quello
davvero, basta tenerlo
acceso, » spiegò invece Zakuro all’altro
alieno, « Ma ho pensato che possano
darvi una scusa per allontanarvi un po’ di più e
cercare in giro. »
« E mi raccomando, cercare di non attirare
troppo l’attenzione.
»
« Sì, sì, abbiamo capito. »
Con un’ultima occhiataccia al tono scocciato di Kisshu,
scesero tutti e quattro dall’automobile; incontro a loro si
affrettarono il
direttore del centro termale e quella che probabilmente era la sua
assistente,
seguiti da un altro paio di ragazze.
« Fujiwara-san, quale onore! » il direttore
l’accolse con
un inchino esagerato, molto più sbrigativo in compenso con i
suoi
accompagnatori, « Siamo estasiati che lei abbia pensato al
nostro centro
termale. »
Il viso di Zakuro si trasformò in un sorriso fantastico:
« Ho ricevuto ottime recensioni. »
Il direttore sorrise raggiante e le fece cenno di
seguirlo lungo l’ingresso: « Qui siamo orgogliosi
di offrire ai nostri ospiti
un percorso eccezionale, tutto basato sull’integrazione con
la natura e la
ricerca del benessere attraverso prodotti naturali e di alta
qualità… »
Kisshu e Pai non riuscirono a evitare di scambiarsi
un’occhiata sarcastica mentre l’uomo continuava a
cianciare, gesticolando a
destra e a sinistra mentre imboccavano il corridoio
d’ingresso del centro; il
gruppetto si era stretto attorno a Zakuro in maniera quasi esilarante,
e loro
due e Minto erano rimasti invece tre passi indietro.
Il verde guardò di nuovo l’attrice ed
avvertì uno strano
brivido lungo la colonna vertebrale a vederla tutta un sorriso e una
moina,
così diversa da come si presentava in realtà.
« E tu eri preoccupata che
noi
attirassimo
l’attenzione? » si sporse in avanti per rivolgersi
a Minto, « Non hanno occhi
che per lei, e devo dire che è abbastanza inquietante. Quel
sorriso fa paura. »
La mora storse il naso al fatto che le stava parlando
all’orecchio: « Non chiamare la onee-sama
inquietante. E meglio essere
prudenti, soprattutto con te in giro. »
« Mi dimostri sempre così tanta fiducia,
tortorella, sono
onorato. »
Pai lo guardò di sbieco, già stanco di quel
continuo
battibeccare ma in fondo concorde un po’ con entrambi; suo
fratello non era mai
stato sinonimo di misura o tranquillità, però al
tempo stesso pareva
impossibile che l’attenzione potesse focalizzarsi su altro
che non fosse
Zakuro. Non che non fosse una bella ragazza – e lui di certo
non era cieco, né
stupido – ma sembrava accendersi
qualcosa
in lei quando doveva mettere
in mostra la sua faccia pubblica, e per quanto fosse effettivamente
bizzarro in
confronto al suo solito essere, era anche estremamente accattivante.
« E queste sono le nostre piscine, » il direttore
si
fermò sulla soglia della porta di vetro che dava sulla
veranda in legno e sulle
vasche di acqua naturalmente calda, « Abbiamo voluto
preservare la loro
posizione sul limitare del bosco, così da permettere a tutti
i nostri ospiti di
sentirsi davvero tutt’uni con l’ambiente
circostante. Non trova che l’odore sia
magnifico? »
In effetti, Zakuro si concesse di inalare a pieni polmoni
l’odore della foresta, l’aria che le
sembrò davvero più pulita rispetto a
quella della città nonostante non fossero così
distanti, e continuò a sorridere
al direttore.
« Avevo davvero sentito ottime opinioni sulla vostra
struttura, Yamashita-san, ma devo ammettere che le supera tutte,
» piegò appena
la testa in un accenno di inchino, poi si guardò un
po’ intorno, indicando a
Pai e Kisshu, « Le dispiace se i miei colleghi danno
un’occhiata in giro e
scattano qualche foto? Sarebbe davvero utile per convincere la
produzione delle
potenzialità del luogo. »
« Con assoluto piacere! » confermò
l’uomo, « Nel
frattempo, possiamo offrile un assaggio delle tisane che offriamo, come
parte
dei nostri pacchetti benessere? »
Mentre Zakuro veniva di nuovo trascinata via verso una
delle sale al coperto del centro termale, Minto si voltò un
istante verso i due
alieni: « Ci rivediamo tra una mezz’oretta?
Può bastare? »
« Benissimo, » Pai annuì ed estrasse
l’esposimetro dalla
tasca, « L’area che ci interessa maggiormente
è appena sul limitare della
foresta, ma sarebbe opportuno prendere anche qualche campione
d’acqua. »
« Cercheremo di tenerli dentro al centro il più
possibile, ma vorranno sicuro qualche foto anche qui fuori, »
la ragazza lanciò
uno sguardo pregnante a Kisshu, « Quindi magari fai finta di
star facendo
qualcosa davvero. »
Per tutta risposta, il verde alzò la fotocamera e gliela
puntò contro, scattandole una foto: « Ah! Ma tu
guarda! » esclamò poi guardando
il display, contento e fiero del suo operato nonostante fosse quasi del
tutto
sfocato e controluce.
« Ci vediamo tra poco, » con un sospiro esagerato,
Minto
scosse la testa e si riavviò dentro in cerca
dell’amica.
Per i venti minuti successivi, i due Ikisatashi si
mossero accorti per il centro termale e il bosco
tutt’attorno, Kisshu più a
fare il palo e giochicchiare con la macchina fotografica che a
raccogliere
effettivamente i campioni, ma Pai d’altronde preferiva
così.
« È incredibile cosa s’inventano, non
trovi? » domandò il
verde mentre, entrambi chinati sul terreno umidiccio del sottobosco,
riempivano
una fialetta, « Vorrei vederlo davvero, quel tizio in giacca
e cravatta, a
contatto con la natura. »
Il fratello si concesse un divertito sbuffo di accordo: «
Credo che abbiamo raccolto abbastanza. Torniamo indietro, non si sa mai
che
finiscano prima. »
« Figurati, quel tipo sembrava incollato alla lupotta,
»
Kisshu si rialzò stiracchiandosi, poi infilò le
mani in tasca con nonchalance e
guardò il fratello con la coda dell’occhio,
« Abbiamo abbastanza analisi da
mandare indietro? »
Pai gli si incamminò a fianco: « Il programma
prevede la
prossima comunicazione tra una settimana, direi che per allora saremo
riusciti
ad analizzare anche i campioni di oggi e ne avremo una
quantità significativa
da condividere. »
« Mmhm, » l’altro annuì,
calciando via un sassolino, «
Stavo pensando che forse dovremmo spostare, o replicare uno dei
comunicatori
dell’astronave anche nel laboratorio. Per velocizzare un
po’ i messaggi, se
necessario. »
Pai lo guardò di sbieco: « Vorrebbe dire dare
accesso
anche a Shirogane e Akasaka. E riuscire a rendere compatibili i sistemi
di
comunicazione potrebbe essere un lavoraccio. »
Kisshu ricambiò l’occhiata: « Potrebbe
essere utile. »
Il viola non rispose, arrivando di nuovo sulla veranda e
notando che Zakuro e il suo adorante entourage stavano ritornando nel
corridoio
principale, e colse gli ultimi stralci della conversazione mentre li
raggiungevano.
« Le faremo certo sapere al più presto,
» assicurò al
signor Yamashita, « Ma questo luogo è
così incantevole, sarò estremamente
dispiaciuta se mi diranno di no. »
« Per noi sarà sufficiente riaverla come ospite,
Fujiwara-san, » ribatté il direttore in maniera
fintamente modesta, « La sua
presenza è un raggio splendente sulla nostra umile
struttura. »
Kisshu dovette mordersi la lingua per soffocare la
risatina che gli risalì per il naso, e Minto non si esimette
dal dargli una
leggera gomitata nonostante anche le sue labbra fossero arricciate in
una
smorfia.
I convenevoli si esaurirono in breve tempo, con un veloce
scambio di biglietti da visita tra Yamashita e Minto, e il quartetto si
affrettò verso la limousine, parcheggiata nello stesso
posto. Non appena ebbe
dato le spalle all’entrata del centro termale, il viso di
Zakuro ritornò ad
essere la maschera impassibile di sempre, a una velocità che
di nuovo provocò
un piccolo brivido in Kisshu.
« Tutto fatto? » domandò laconica.
« Missione compiuta, » ghignò lui,
infilandosi in auto
subito dopo di lei, « Posso tenerla questa? »
Gli occhi indaco lo guardarono un po’ stupiti
dall’interesse per la macchina fotografica, e guizzarono
divertiti: « Vedremo
che si può fare. »
« Pai, dai, fammi un bel sorriso, spediamo anche queste
al Comando Generale. »
« Scordatelo. »
« Guarda che è una gran figata, basta fare
cooosì
- »
Il flash quasi accecò Minto, inquadrata suo malgrado e
che digrignò i denti: « Cosa dicevi
sull’essere competente? »
« Dai, su, tortorella, un errore del percorso educativo!
»
« Mi sa che ne hai avuti molti di errori nella tua
educazione. »
Zakuro poggiò la tempia contro il finestrino oscurato e
nascose un sorrisetto, rilassandosi sul sedile mentre si scambiava
un’occhiata
esasperata con Pai e ascoltava distrattamente il solito bisticcio.