Un'ombra sul suo viso
C'era
un'ombra sul suo viso storpio e martoriato dalle piaghe.
Osservò la
porta diroccata richiudersi con delicatezza, l'immagine di lei che lo salutava
rivolta alla finestra, pur non vedendolo più, e che si allontanava velocemente
verso i suoi alloggi.
Aveva ancora
la piacevole sensazione della sua risata nelle orecchie.
Non
ricordava di aver trascorso così tanto tempo in compagnia di qualcuno, senza
che questo qualcuno non fosse un ostaggio o un ospite poco gradito nella sua
dimora.
Lei se n'era
andata, promettendogli di tornare.
Aveva temuto
che non l'avrebbe più rivista.
Nonostante
si fosse ripromesso di non farlo aveva contato le ore, i minuti, i secondi che
lo separavano dal loro prossimo incontro, con la paura costante di rimanere ad
attendere in eterno.
Eppure ogni
sera, al calare del sole, quando finiva con i suoi doveri alle stalle, riappariva
sulla soglia della sua modesta abitazione in legno, poco lontano dal maniero
della famiglia per cui lavorava, accompagnata dal profumo di una zuppa tiepida
o di frutta fresca.
Quasi gli
parve che quel piccolo miracolo fosse frutto della sua immaginazione.
Chi,
infatti, avrebbe potuto provare simpatia e amicizia per uno storpio assassino?
Lei, così
affabile e sfrontata, non sapeva certo chi fosse l'uomo che aveva trovato a
vagabondare per le campagne limitrofe, smunto e distrutto nell'anima. Ma era
sveglia e aveva udito la storia dell'incendio dell'Opéra Populaire, e del fantasma
che l'infestava. Non aveva fatto domande, né lui aveva premuto affinché
sapesse. Non c'era motivo per farlo, se non quello di allontanare dalla sua
vita l'ennesima persona.
Ma eccolo
lì, il suono delle nocche sul legno, quel "È permesso?" sussurrato, che conosceva già la risposta. E con
il pane e la cena, ecco apparire anche la sua espressione gioviale, capace di
rasserenare persino la giornata più cupa - ossia tutte quelle che scandivano la
sua vita.
Si era più
volte chiesto, in quelle settimane, cosa ci trovasse di bello e spensierato
nello spendere il suo prezioso tempo con lui. Era giovane e graziosa, con
quegli occhioni scuri e grandi e i capelli neri e perennemente intrecciati; aveva
la lingua tagliente di una ragazza che aveva dovuto farsi strada tra gli uomini
per farsi valere, ed era permalosa come lui; eppure aveva spirito e vedeva il
buono anche dove non ve ne fosse - come in lui.
Non erano
forse quelli motivi sufficienti per stare in compagnia dei suoi coetanei,
divertirsi e vivere alla luce di quel
sole che lui aveva sempre rinnegato?
Quando
glielo faceva notare, lei sgranava gli occhi e scuoteva il capo, ripetendo che
fosse troppo vanitoso, giacché conosceva la sua risposta.
Perché mi piace stare con voi.
Era surreale
solo da pensare.
Ogni sera
dividevano la cena, in silenzio, discutendo solo con brevi occhiate - divertite
da una parte, sconcertate dall'altra.
Poi lei
prendeva un libro, ogni settimana diverso, e leggeva per lui - o viceversa. Non
poteva resistere, infatti, al suono di quella voce bassa e potente, degna di un
tenore.
Leggevano di
epici racconti ambientati tanti secoli prima, nella loro Francia o nella vicina
Inghilterra, perché lei sognava spesso di ritrovarsi tra dame e cavalieri, in
quegli splendidi castelli medievali che promettevano misteri ed intrighi. E non
provava vergogna quando saltava sul tavolo in legno e, brandendo una baguette,
imitava le gesta di qualche prode guerriero, ridendo poi della sua ingenuità.
C'erano
volte, invece, in cui lo prendeva per mano e lo conduceva alle stalle, dove i
cavalli riposavano o masticavano un po' di fieno. Prendevano il suo cavallo, un
esemplare sano e in forze, di un bel color nocciola, e facevano lunghe
passeggiate per i campi e il bosco vicino, fermandosi di tanto in tanto a
mirare il tappeto di stelle sopra le loro teste, sdraiati sull'erba.
Altre erano
le volte in cui lui cantava e non esistevano parole in nessuna lingua
conosciuta per raccontare quello che provava in quei momenti.
Un giorno le
aveva domandato se potesse procurargli carta e carboncino.
Voleva farle
un ritratto. Voleva avere uno e più ricordi di quel miraggio che gli teneva
compagnia come se fossero amici di vecchia data.
Lei era
curiosa, infinitamente curiosa, e molto spesso la rimproverava di stare ferma
al suo posto, nascondendo il disegno dalla portata dei suoi occhi vispi.
Il primo era
così bello che quasi si commosse e gli chiese di tenerlo.
Il secondo
era altrettanto bello e gli chiese di tenere anche quello.
Il terzo non
glielo concesse, poiché voleva averla sempre accanto, anche quando lei lavorava
e non poteva scaldare il suo cuore con la sola presenza.
Lei, però,
non riuscì a ricambiare tutti quei bei ritratti. Ci tentò una sola volta e fu
disastrosa. Non era brava a disegnare come lui, che invece sembrava saper fare
qualsiasi cosa.
Quando gli aveva
chiesto perché non andasse a fare l'artista, musicista o pittore che fosse, lui
aveva replicato che non avrebbe venduto la sua arte al miglior offerente - e
che soprattutto nessuno avrebbe voluto comprarla da lui.
Ma lei lo
aveva incastrato, furba e sveglia com'era, e aveva fatto trovare un suo
spartito completo al nuovo direttore artistico dell'Opéra, ormai sulla via
della ristrutturazione.
Lui si era
sentito tradito, ancora una volta, ma l'espressione entusiasta nel volto di
lei, la gioia e la complicità nei suoi occhi l'avevano fatto capitolare.
Aveva
accettato ad una sola ed importante condizione. Non avrebbe avuto né nome né
volto per il teatro e lei sola avrebbe dovuto far fronte alla curiosità dei
suoi datori di lavoro e, soprattutto, del pubblico.
Chissà
perché, ma aveva la netta impressione che non si sarebbe fatta spaventare
dall'arduo compito che l'attendeva.
Alla prima
serata della sua nuova creazione si erano appostati all'uscita del teatro, per
origliare le prime impressioni del pubblico.
L'idea di
sentire dissenso e disgusto per la sua opera, lui che era sempre stato così sicuro
delle sue capacità, ora lo opprimeva e lo rendeva più nervoso di quanto non
desiderasse. Solo la presenza di lei, accanto, che gli stringeva la mano e lo
rassicurava, poteva tranquillizzarlo un poco.
Avevano
deciso di non entrare a teatro, mimetizzandosi tra la folla, per ascoltare il
risultato delle sue fatiche, perché quel luogo emanava così tanti e dolorosi
ricordi che il solo stare sui suoi gradini era una tortura infinita.
E la sola
possibilità di poter riconoscere, tra quei volti imbellettati, quello del suo
Angelo volato via dal nido gli faceva mancare il fiato. Non aveva ricevuto più
notizie dalla ormai Viscontessa de Chagny e non era del tutto sicuro di volerne
ricevere.
Saperla
felice era l'unico pensiero che lo consolava.
Nell'udire i
primi positivi commenti e i successivi entusiasmi che si sollevarono i giorni
seguenti, tutto il suo famoso orgoglio tornò a farsi strada nella sua mente e
riprese a scrivere musica come un tempo.
Lei gli
aveva indicato una chiesa diroccata, a pochi chilometri dalla sua abitazione,
dov'era conservato un vecchio organo impolverato, e spese tutte le ore del
giorno e della notte a comporre disperatamente, con rinnovata passione. Spesso
neanche si accorgeva della sua presenza, nascosta dietro una colonna, intenta
ad ascoltarlo estasiata.
Quella sera,
come le altre, cenarono in silenzio.
La loro quotidianità
trascorse tra le pagine di un libro e di un paio di spartiti.
Camminarono,
parlarono, risero.
Una routine
a cui si erano abituati e che difficilmente avrebbero lasciato, come il
peggiore degli alcolisti non abbandonava la sua bottiglia di liquore.
Finché non
giunse l'ora dei saluti, puntuale come il sole che sorgeva ogni mattina.
Se n'era
andata anche quella volta, salutandolo però con un leggero bacio sulla guancia
deformata e la solita promessa che si sarebbero rivisti, il giorno dopo.
E quello
dopo ancora.
C'era
un'ombra sul suo viso storpio e martoriato dalle piaghe.
L'ombra di
un sorriso.
*
Note: non so come mi sia venuta in mente questa breve
one shot, ma avevo voglia di
scribacchiare su Erik ed è nata questa cosa.
È volutamente ambigua, perché non so chi potrebbe essere questa lei - non ha un
nome, ma c'è solo un lieve sfondo sulla sua vita; né so come potrebbero
evolversi le cose tra lei e il nostro Erik. Ma mi piaceva l'idea che potesse
trovare almeno una figura amica, dopo la grande delusione della sua esistenza.
A voi l'immaginazione. :)
Grazie di cuore per essere passati di qui.
A presto!
Marta