Apocalisse ~
prompt: #045, shadow
Un’anima
che muore non ha suono e non ha colore. Non la puoi toccare, non la puoi
trattenere. Non puoi asciugarle le lacrime e non potresti neanche se lo volessi.
Io
Ma oggi un sogno è diventato
mondo e in questo mondo anche un corpo vuoto può sentire, perché un’anima che muore è in grado
di toccare un cuore che non c’è.
E se il sogno è diventato
mondo, quei petali bianchi che volano là dove non esiste nulla si
portano sulle ali tutti i ricordi perduti, ricordi di altri mondi vivi e colorati e assordanti, ricordi di parole non
dette e guance rosse e sorrisi e sogni, non solo quelli brutti, e il posto in
cui non esiste nulla s’illumina di riflessi che non avresti mai creduto
di poter rivedere; si svegliano nel tuo corpo al tocco di un cuore che non
è il tuo, e nel nulla compare un lago pieno di luce e poi un cielo
solcato da macchine volanti e da un castello e ora piove e la pioggia fa male e
c’è un lupo di fuoco e poi tante persone, tante persone, tante
persone, e forse un giorno qualcuno piangerà anche su questo ricordo, terrà aperto un
libro e soffrirà per il mondo finito di due che non sono mai esistiti.
Non è sentimento. Non è
memoria. Forse non è neppure rimpianto.
È solo un’ombra,
proiezione di qualcosa che non è, che non è stata e che non
sarà mai.
ti
Ma se l’equilibrio delle
cose è rotto e d’improvviso anche un corpo vuoto può sentire, allora in quel tempo e in quel
posto che non esistono un’anima che muore ha colore e suono e consistenza e senza accorgertene ti ritrovi a
toccarla, come lei tocca te, perché di colpo la vedi. Non hai bisogno
degli occhi, la vedi. Vedi l’anima
che hai ucciso. Vedi un’ombra, solo un’ombra, e quando è
così buio un’ombra non può che esserne inghiottita e scomparire.
È così che un’anima
muore.
a–
È tutto finito.
Un’anima è morta.
I petali bianchi sono ombre.
Avreste potuto esistere davvero, insieme.
Quello che ti resta sulle labbra
è solo l’ombra di un
rimpianto.
[ 360 parole ]
Nota: Non avete idea di quanto
abbia pianto negli ultimi due giorni.
Conoscevo già la storia di Tsubasa, fin quasi nei dettagli,
ma leggere il manga – e nello specifico quel dannato capitolo –
è stato comunque un colpo al cuore. Sono consapevole di non aver scritto
una meraviglia e meno che mai una storia sensata,
ma... dovevo dar sfogo alla tristezza, ecco.
E dovevo anche ringraziare qualcuno.
(Etimologicamente parlando, ‘apocalisse’
non significa catastrofe,
bensì rivelazione.)