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{If
You Stay
Holly si svegliava sempre troppo presto.
Apriva gli occhi nel buio della sua stanza silenziosa, e osservava il
soffitto per almeno cinque minuti prima di realizzare che forse si
sarebbe dovuta alzare. Quando lo faceva, socchiudeva gli occhi e
cercava di recuperare le memorie di uno dei suoi soliti, strani sogni.
Holly si svegliava sempre troppo presto, ma non perché lei
voleva così.
Dopotutto, era un po' difficile dormire quando i tuoi genitori
litigano. Urla di rabbia si susseguivano nella stanza accanto, urla
furibonde, squillanti, che penetravano nel silenzio della sua stanza
come tante schegge di ghiaccio multicolore. E quelle schegge,
inesorabilmente, andavano a conficcarsi nel suo cuore.
Holly si svegliava sempre troppo presto, la mattina.
E ogni mattina desiderava solo di poter rimanere nel suo letto a
dormire ancora un po'.
Magari due minuti.
Magari tutta la vita.
*
No, non avrebbe aspettato di vederla entrare. Oh, no. Sarebbe uscita
dalla classe di quella fottutissima università, avrebbe
fatto un giro e poi sarebbe rientrata tranquillamente, quando le altre
erano già dentro, tutte quante, lei inclusa.
Non l'avrebbe aspettata ancora una volta. Era patetico, assurdamente
patetico, più patetico di lei che faceva cose del genere.
Soffiò via una ciocca dei suoi orrendi capelli castani.
Cioè, tutto in lei era banale: la corporatura minuta, gli
occhi castani, il viso pallido come quello di un cadavere, la scarza
altezza, il seno inesistente... tutto in lei era banale, stupido, privo
di senso.
Sospirò rumorosamente, accasciandosi sul banco, per poi
nascondere il viso tra le braccia. Sembrava una piccola adolescente
idiota - cosa che effettivamente era - in quel modo. Era maledettamente
bassa, poco originale, si impappinava sempre, non riusciva ad esprimere
ciò che provava, non riusciva a fare niente. Sapeva soltanto
ascoltare musica tutto il giorno. E a detta di molti, sapeva anche
disegnare abbastanza bene.
In realtà non sapeva fare neanche quello. Continuava a
ripetersi che fosse un caso che tutti guardassero i suoi disegni con
amore, che la riempissero di complimenti, che osannassero la sua arte
come se fosse un dipinto di Van Gogh in persona. Era un caso, un
semplice caso. Oppure era circondata da idioti.
Propendeva molto per la seconda opzione.
- Ehy, tutto bene? - domandò una voce squillante e allegra
che la fece sobbalzare.
"Ti prego, non arrossire come una cretina, non...." troppo tardi: stava
sorridendo, cazzo. Quel sorriso brillante e angelico che amava tanto,
quel maledettissimo sorriso abbagliante. Stava sorridendo troppo, ecco
tutto, e lei non poteva non arrossire.
- S-Sì! - trillò con la sua odiosa vocetta da
bambina. "Maledizione" pensò istantaneamente, mordendosi
l'interno della guancia. Doveva stare zitta, semplicemente stare zitta.
Lorelay la guardò in silenzio per alcuni istanti, perplessa,
per poi sfoderare uno di quei suoi sorrisi brillanti. Il cuore di Holly
cominciò a fare le capriole, le sue viscere a contorcersi in
modo piacevole. Sentiva qualcosa svolazzare dentro il suo stomaco,
qualcosa che tecnicamente non doveva esserci, non doveva assolutamente.
Eppure c'era, era lì: quelle farfalle battevano le loro ali,
e nel suo cuore c'era una tempesta. Ed era tutto a causa sua.
- Sicura? Non devo preoccuparmi, vero? - le domandò lei,
appoggiando una mano sul suo banco.
- Sì, non preoccuparti, davvero! Sto bene - rispose lei,
abbozzando uno dei suoi soliti sorrisi timidi. Sorrisi che sembrava
tirare fuori solo quando il suo profumo scivolava sul suo viso. Quel
profumo... avrebbe dato qualsiasi cosa per abbracciarla, qualsiasi
cosa.
Lorelay era il suo sogno nascosto, un sogno che non aveva mai
raccontato a nessuno. Era un sogno che teneva nascosto nel profondo di
sé, uno di quei sogni irrealizzabili come volare o creare
una scala fino al paradiso. Lorelay era l'unica cosa che riusciva a
nascondere bene, camuffando tutto quanto sotto un sorriso allegro. E
poi, anche se avesse voluto, non c'era nessuno a cui poteva dirlo,
nessuno con cui poteva confessarsi davvero.
Lorelay aveva i capelli lisci e corti, neri, con alcune meches verdi
che scivolavano come tanti sottilissimi fili d'erba. Il suo sorriso
poteva avrebbe tranquillamente potuto illuminare tutto il mondo - con
il mondo di Holly ci riusciva - e i suoi occhi sembravano essere delle
stelle. Magari il suo era un parere idealizzato, ma Holly la vedeva
così. Lorelay era il suo sogno ad occhi aperti, il suo sole
in un mare d'ombra.
Lorelay era vicina e lontana come una stella. Perché non era
sua amica, non lo era affatto, e non sarebbe mai stata niente di
più. Provarci era inutile, e anche provare a fermare tutto
quanto era inutile: le farfalle si moltiplicavano, i tornado nel suo
universo non cessavano più.
Faceva male, male da morire, ma non poteva smettere. Perché
smettere significava non vedere più il sole, restare
nell'ombra. E lei non voleva questo.
*
- Quando pensi di smetterla? -
Holly lasciò cadere tutti i libri che aveva in mano,
emettendo un verso stridulo di sorpresa. Si voltò di scatto,
ed incontrò gli occhi verdi di Helen. Helen Sullivan, la
sorridente, allegra Helen, che ora la fissava con rabbia.
- D-Di fare cosa? - domandò l'altra, chinandosi a
raccogliere i suoi libri.
Helen diede un'occhiata al corridoio, per poi afferrare Holly per un
braccio e trascinarla lungo quest'ultimo. Lei si lasciò
guidare, troppo confusa per fare qualsiasi cosa.
Si ritrovarono in uno sgabuzzino buio e umido, così stretto
che Holly riusciva a sentire il respiro di Helen sul suo viso. Questo
la fece arrossire, e non sapeva neanche perché.
- Perché ti stai facendo questo, Holly? - le
domandò lei. Non riusciva a vederla bene, al buio: solo i
suoi occhi verdi sembravano brillare più del buio. Una
sicurezza in tutta quell'oscurità.
- Cosa? -
- Che cosa provi esattamente per Lorelay? -
Holly la guardò, spiazzata. Quella domanda così
diretta, così precisa, fece precipitare il suo cuore. I suoi
sentimenti erano così palesi? Come aveva fatto Helen ad
accorgersene?
- Non sono affari tuoi - replicò lei, serrando i denti.
Doveva proteggersi dagli altri, doveva nascondersi, celarsi dietro
quella stupida maschera, e non poteva abbandonare tutto quanto per
Helen Sullivan.
- Holly, Lorelay... -
- Lo so - ringhiò l'altra, chiudendo gli occhi - Sta con
Matt, lo so, cazzo. Non ho bisogno di te che me lo ripeti -
- Voglio solo che tu sia felice, Holly - fu un sussurro leggero, il
suo. Un sussurro leggerissimo.
Holly aprì gli occhi. Stava per rispondere, ma non
poté farlo: le labbra di Helen non potevano farla parlare.
Rimase immobile per diversi istanti, immersa in un tripudio di emozioni
contrastanti.
Fu solo un secondo, comunque. Helen si allontanò da lei ed
uscì dalla porta, senza dire nulla.
Holly rimase ferma. Guardò dritto davanti a sé,
gli occhi sgranati.
Il cuore le batteva forte nel petto. Così forte da
cancellare tutto il resto.
*
- Dobbiamo fare un annuncio! - esclamò Lorelay, alzandosi in
piedi.
Holly alzò di scatto la testa, osservandola. Quella sera
Lorelay indossava un bellissimo vestito nero, corto ed elegante. Era
bellissima, ed Holly rimase abbagliata per un istante dalla lucentezza
del suo sole. Sorrise appena. Lorelay l'aveva invitata a quella strana
cena a sorpresa, e di questo non poteva che essere felice.
Chissà, magari anche lei era qualcosa, nella vita di Lor.
- Io e Matt - strinse la mano del suo ragazzo, sorridendo appena - Ci
sposiamo! -
Holly osservò in silenzio il viso di Lorelay. Quel viso
bianco, brillante, splendente come un sole. Come il suo sole.
Quel sole che era scomparso.
Matt e Lory insieme. Per sempre. Per l'eternità. E lei nello
sfondo, a guardarla andare via. Il sole era diventato una supernova. E
lei era stata investita.
Holly si alzò insieme a tutti gli altri, ma non
andò verso Lorelay. Ormai non era più il suo
sole, e lei era sola, sola come un cane.
Scappò via, lontano da tutto.
Un paio di occhi verdi la seguirono silenziosi.
Alcuni istanti dopo, Helen si alzò.
*
- Fa come se fossi a casa tua -
Holly scivolò incerta oltre la soglia di quella casa a lei
completamente sconosciuta. Non ricordava neanche quanta strada avessero
fatto, o dove fossero precisamente: sapeva solo che non voleva tornare
in quell'abitazione che chiamava "casa", che non voleva vedere i suoi,
né tantomeno ritrovarsi davanti ai poster che aveva comprato
con lei. Il pensiero di Lorelay, seppur appena sfiorato, fece fremere
il suo cuore. Trattenne il respiro per qualche istante, mordendosi il
labbro quasi fino a ferirlo, socchiudendo gli occhi. Non voleva
piangere di nuovo.
- Il bagno è di là - affermò Helen,
indicando una porta verde chiaro davanti a loro - Va a farti un bagno
caldo, okay? Io intanto ti prendo qualcosa da metterti e preparo la
cena -
Holly annuì distrattamente, osservando bene il viso di
Helen. Il suo viso bianco, così anonimo e dolce, con quegli
strani occhi verdi che brillavano come pezzi di bottiglia al sole, come
un mare d'erba. Guardò i suoi corti capelli castani, di quel
colore di cui nessuno si accorge mai. E pensò che fosse
troppo buona con lei, che fosse troppo buona con la ragazza che aveva
preso il suo cuore per poi frantumarlo senza alcuna pietà.
- Grazie - biascicò con voce strozzata, per poi abbozzare un
sorriso pallido e spento.
Helen la guardò e sorrise a sua volta.
- Va a farti il bagno, su - rispose lei, spingendola con delicatezza
verso la porta che le aveva precedentemente indicato.
Holly camminò verso la porta come se si trovasse in trance,
come se fosse tutto un sogno. Ci sperava davvero, che lo fosse: non
poteva aver sprecato due anni della sua vita a correre dietro ad una
ragazza che tra due mesi si sarebbe sposata con l'uomo che amava. Non
poteva aver sprecato così tanto tempo per Lorelay, non
poteva.
Ma l'aveva fatto. Era riuscita a sprecare due preziosi anni della sua
vita.
Sospirò, chiudendo la porta alle sue spalle. Il bagno era
grande e bianco, così brillante da far male agli occhi.
Osservò le piastrelle bianche, la ceramica verniciata della
vasca e sorrise appena. Un bagno bianco per una persona bianca. Bianca
come Helen, bianca come... Lorelay.
Un colpo al cuore, l'ennesimo della serata. Altri artigli che ferivano
il suo cuore, che si bagnavano del suo dolore, del suo sangue. Faceva
male da dentro, distruggeva ogni singola fibra vitale. Sentì
una o due lacrime scivolare via, lungo il suo viso bianco come quelle
piastrelle, e sospirò. Aprì l'acqua ed attese che
emettesse vapore prima di cominciare a spogliarsi. Lo fece lentamente,
togliendosi di dosso quei vestiti bagnati come se stesse cercando di
togliersi la pelle. Magari avrebbe fatto meno male.
Si distese nell'acqua bollente con lentezza, sentendosi quasi
rinascere. Ogni singolo poro della sua pelle sembrava dilatato solo per
poter accogliere tutto il calore possibile. Sospirò,
osservando gli arabeschi che il vapore creava nell'aria di quel bagno
bianco. Vapore che saliva e si dilatava, si sfilacciava e scompariva
nel nulla, finendo chissà dove. Vapore che si appiccicava
alla sua pelle, alle piastrelle, al vetro. Vapore ovunque.
Lasciò scivolare la testa oltre il pelo dell'acqua, bagnando
i capelli. L'acqua le scivolava addosso con dolcezza, la massaggiava,
la cullava. Si sentiva bene, in un certo senso, come se il dolore di
prima fosse scomparso. O forse l'aveva accantonato solo per un po'.
Non seppe quanto rimase immersa in quell'acqua calda, ma quando
uscì dalla vasca aveva ricominciato a piovere. Sentiva le
gocce di pioggia ticchettare contro il vetro della finestra di quel
bagno bianco, leggere e dolci come una carezza di ghiaccio.
Indossò l'accappatoio azzurro di Helen, si avvolse in quel
profumo dolce che emanava e sospirò, asciugandosi alla
meglio. C'era il profumo di Helen su quella stoffa, il suo vero
profumo: il profumo della sua pelle. Ed era un profumo buono, che
curava le ferite del cuore. Almeno per un po'. Continuavano a
sanguinare, ma finché sentiva il profumo di Helen sembravano
quasi smettere.
Uscì dal bagno, avvolta in quell'accappatoio un po' grande.
Una nuvola di vapore si stiracchiò fuori da quel bagno
bianco, mentre Holly zampettava tranquilla verso la camera da letto di
Helen. Era una camera normale: pareti bianche, un letto da una piazza e
mezza, una piccola scrivania piena di libri, post-it, pezzi di carta,
tutto mescolato alla rinfusa su quel piccolo spazio vitale. La solita
confusione che aleggiava intorno ad Helen. Quel pensiero la fece
sorridere: Helen, il suo disordine, il suo sorriso... tutto di lei
sapeva di casa. Ma allora perché non riusciva a lasciarsi
alle spalle Lorelay? Semplice: Lorelay era stata troppo importante per
lei, e le ferite erano troppo fresche per cicatrizzarsi. Facevano male
ad ogni movimento, ad ogni ricordo il suo cuore sussultava e veniva
ferito.
Anche il copriletto - quel maledetto copriletto verde - le
ricordò tante cose insieme. Le ciocche nei capelli di
Lorelay, di quel verde quasi fosforescente impossibile da non notare.
Gli occhi di Helen, che brillavano sempre come pezzi di stelle. Il suo
colore preferito, scoperto in un giorno d'estate, la prima volta che
aveva visto Lorelay passeggiare per strada. C'erano tanti ricordi
legati a quello stupido colore, ricordi che voleva bruciare, altri che
voleva conservare. E tutti agivano con la stessa intensità
dentro di lei.
Steso sopra il letto c'era un pigiama rosso con un grosso orsetto
sorridente stampato sopra. Il classico pigiama che poteva possedere
Helen. Helen, quella che se ne fregava di quello che gli altri
pensavano di lei, che non era mai cattiva con nessuno, che a volte
sclerava e minacciava ma non faceva mai sul serio. Helen, la sua amica,
quella stessa persona che gli aveva strappato un bacio in quello
stanzino buio. Quella persona che aveva allontanato dalla sua vita a
causa di quello stesso, stupido bacio. Quella ragazzina sorridente che
le era mancata da morire, ma che aveva mandato via a causa di Lorelay.
Del suo sole.
E adesso che non c'era più quel sole brillante a mostrarle
la via, si ritrovava sospesa in un buio vuoto e informe che la
opprimeva, che schiacciava il suo cuore e lo riduceva ad un cumulo di
detriti.
Indossò quel pigiama un po' troppo grande, per poi legarsi i
capelli con un elastico azzurro trovato sul comodino. Alcune gocce
d'acqua piovvero dai suoi capelli alla sua schiena, scivolando lungo la
spina dorsale e facendola rabbrividire.
Fuori pioveva ancora. Sentiva distrattamente il ticchettio leggero
della pioggia che batteva contro la finestra. Un ticchettio monotono ma
disperato, quel genere di ticchettii che la tranquillizzavano con
dolcezza, cullandola in una dimensione diversa da quella in cui viveva.
In un posto dove Lorelay le stringeva la mano e le diceva di amarla, un
mondo in cui baciarla sotto il sole non era sbagliato, anzi. Era la
cosa più giusta che potesse fare.
Ma quel mondo era andato in pezzi. Lorelay stava per sposarsi. Stava
per sparire. Lorelay non c'era più, ed era patetico
continuare a rinchiudersi in un universo che faceva sempre
più male.
Sentì bussare alla porta, e il rumore la prese alla
sprovvista tanto da farla sobbalzare. Holly volse lo sguardo verso la
porta, incrociando gli occhi verdi di Helen.
- Non volevo spaventarti - sorrise appena, entrando nella stanza.
- Non mi hai spaventata. Mi hai... preso alla sprovvista, ecco -
affermò l'altra, cercando di abbozzare un mezzo sorriso. E
ci riuscì, ma fu comunque il sorriso più triste
del mondo.
- Ne vuoi... - Helen si mordicchiò il labbro - ...parlare? -
- Non c'è niente di cui parlare - affermò
l'altra, quel sorriso evanescente scomparso in un istante.
- Ci sarebbe molto di cui parlare. Solo che tu non vuoi -
replicò l'altra, avvicinandosi.
- Ecco, io non voglio. Parlare non serve a niente -
- Parlare serve, invece -
- A cosa? - esclamò l'altra, con una punta di rabbia nella
voce - A che cazzo serve parlare? Vuoi vedermi piangere, Ellie? Lo vuoi
davvero? -
- No - quel no uscì strozzato dalle sue labbra,
perché Helen avrebbe voluto dire tante altre cose, cose
completamente diverse da quella che aveva detto in quel momento.
- A che pensi? - le domandò dopo qualche istante Holly,
sedendosi sul letto.
Helen la guardò e la imitò.
- A tante cose. Ma non voglio parlarne -
Holly sospirò, raccogliendo le gambe tra le braccia.
Appoggiò la fronte sulle ginocchia e sospirò.
- Più o meno è quello che sento io -
sussurrò l'altra. Fu un sussurro leggerissimo, che Helen
riuscì a percepire solo perché quella stanza era
vuota e silenziosa. Ed era buia.
Buia come lo sgabuzzino dove l'aveva baciata la prima volta. Buia come
il sorriso di Holly in quel momento, come le insicurezze che premevano
contro il cuore di Ellie. Buia come tante altre cose, cose a cui non
voleva pensare, che non voleva rivangare.
- Credo che l'unica cosa buona che abbia mai fatto sia stata baciare
te, Holly - sussurrò, socchiudendo gli occhi.
Holly sgranò gli occhi, senza alzare la testa.
- Non avevo mai baciato nessuna prima, ci credi? Eppure sapevo da anni
che ero bisex. L'ho sempre saputo, non me ne sono mai fatta una colpa.
Era parte di me, un po' come scoprire che ti piace il vento sulla pelle
o l'acqua calda che ti scivola sul corpo quando fai la doccia. Non
avevo mai provato a baciare nessuna, ma sapevo che ero così,
che questa era la vera me. Poi però sei arrivata tu,
così, dal nulla, e io... sei stata l'uragano che ha
sconvolto la mia esistenza. Mi hai rivoltato completamente. Io... io
non credo di aver mai provato una cosa del genere per qualcun'altro.
C'eri solo tu, Holly. Ci sei solo tu -
- Ti prego - sussurrò Holly, al buio - Non... non dire altro
-
Ma Helen non l'ascoltò. Alzò lo sguardo e lo
puntò su di lei, sul corpo minuto e morbido di Holly, sulla
sua pelle bianca avvolta in un pigiama enorme.
- Holly, io... io credo di... di... - deglutì - Guardami, ti
prego -
- Io... -
- Holly. Ti sto implorando. Guardami -
- Perché? -
Sembrava una bambina. Una minuscola, dolcissima, delicata bambina.
Helen voleva solo stringerla tra le sue braccia, dirle che andava tutto
bene, che c'era lei adesso. Che nessuno le avrebbe più fatto
del male, e sarebbe stata felice.
- Voglio guardarti mentre ti dico questa cosa, Holly. Tu ti sei messa
in testa di amare Lorelay, ti sei fissata bene in mente l'idea che
Lorelay era più importante di chiunque -
- LORELAY ERA PIU' IMPORTANTE! - fu un urlo disperato quello che
uscì dalle labbra di Holly. Alzò lo sguardo di
scatto, e puntò i suoi occhi in quelli verdi di Helen: stava
piangendo. Grosse lacrime, calde e trasparenti, scivolavano sul suo
viso bianco.
- Per me Lorelay era importante! - esclamò, sempre a voce
alta - Per me era... era... - strinse le mani a pugno, socchiuse gli
occhi, ma non riuscì a fermarsi - Era il mio mondo! Lorelay
era il mio mondo, e adesso... adesso non c'è più,
e mi sento... come se tutto quello che sono non valga più
niente. Come se i miei sogni non valessero niente, neanche la pena di
combattere. Perché Lorelay adesso non c'è
più, e sto ruotando come una trottola impazzita nel buio che
mi circonda. Lorelay era il mio mondo e ora non c'è
più -
Cominciò a singhiozzare con violenza, gli occhi chiusi con
forza. Helen si sentiva in pezzi, sia dentro che fuori. Il suo corpo
faceva male, voleva solo strapparsi la pelle di dosso ed indossare
quella di Lorelay, per essere importante almeno un po' per la sua
Holly. Voleva essere importante per lei, diventare il suo mondo, ma
sapeva che non ci sarebbe mai riuscita. Perché non era
adatta ad essere il mondo di qualcuno.
- Tu per me vali molto - affermò, guardandola -
Più di quanto immagini -
Si avvicinò ad Holly e l'abbracciò. Le sue
braccia avvolsero le spalle della ragazza, inghiottirono il suo corpo
in un abbraccio dolce e leggero. Holly rantolò, rispondendo
alla stretta in maniera quasi disperata. Aveva bisogno di Helen, del
suo calore, della sua forza. Aveva bisogno di sentirla vicina,
perché per Helen lei era importante. Per Helen, lei era
tutto.
E le stava facendo male così come Lorelay aveva fatto male a
lei. Anzi, anche di più. Perché per Helen, Holly
era un puntino irraggiungibile, così vicina eppure
così lontana da squarciare il cuore in due.
Holly continuò a piangere per molto. Helen la convinse a
sdraiarsi, lasciò che appoggiasse il viso contro i suoi
seni, mentre lei la stringeva e la coccolava, accarezzandole i capelli,
il viso, il collo. Lasciò che sfogasse tutte le lacrime che
aveva da versare.
- N-Non voglio farti del m-male - biascicò, dopo quelli che
parvero secoli, strofinando il viso contro il corpo della ragazza per
asciugare le ultime lacrime.
- Non mi stai facendo male - replicò l'altra.
- Sì invece - sibilò lei, alzando la testa per
incontrare gli occhi verdi dell'altra - Ti faccio stare male
perché parlo sempre di Lorelay, quando tu... tu provi
qualcosa per me -
No, non voleva definire quel sentimento, non voleva mettere paletti.
Perché mettere paletti significava spezzare cuori, e un
cuore spezzato fa male molto più di qualsiasi altra cosa al
mondo.
- Oh, Holly - sorrise appena - Se tu sei qui, io non posso stare male -
- Sì invece! Tu stai male! Continuo a parlare di Lorelay,
quando invece tu vorresti... - si interruppe ed arrossì.
Era adorabile, ed Helen voleva baciarla. Voleva baciarla di nuovo, fare
ancora qualcosa di bello nella sua vita, stringerla e dirle che sarebbe
andato tutto bene, perché se Holly era lì il
mondo brillava di più.
- E tu cosa vuoi, Holly? - lo disse senza pensarci molto. Qualcosa di
audace, perché essere audaci in quella stupida stanza buia
sembrava così facile, così normale.
Perché il buio cancellava molte cose, tranne ciò
che sentivano.
Holly stava per rispondere "Lorelay", ma non lo fece. Alzò
lo sguardo su Helen e la guardò dritto negli occhi. Quei due
enormi laghi verdi, così brillanti da far male.
Perché Holly aveva bisogno di lei, ne aveva veramente
bisogno.
Fu talmente semplice, poi, avvicinarsi. Fu semplice raggiungere le
labbra di Helen e sfiorarle con le proprie. Fu maledettamente,
orribilmente semplice. Il suo cuore correva come una locomotiva
impazzita, le sue guance si colorarono di rosso e i suoi occhi
brillarono, ed Helen la trovò bellissima, meravigliosa,
perfetta.
La baciò di nuovo. Affondò le unghie in quella
pelle pallida, nella sua pelle e la baciò. Premette le sue
labbra contro quelle morbide e rosa di Holly, così calde e
soffici da farle girare la testa. La baciò come se non
avesse mai fatto altro, come se fosse nata per farlo, come se non ci
fosse cosa più giusta. Assaggiò la bocca rovente
di Holly, della sua Holly, e lo fece senza fretta, con dolcezza.
Holly si strinse ad Helen, rispose al bacio con tutte le sue forze. La
bocca di Helen era bollente sulla sua, così come la sua
lingua che scivolava con dolcezza sul suo palato. Ed era bello, un po'
come immergersi in un bagno caldo. Sentì la testa girare
vorticosamente, e si appogliò ad Helen per non cadere. Il
suo cuore continuava a martellare incessante contro la sua cassa
toracica. Scalpitava, cancellava ogni altro suono, riempiva le sue
orecchie con un ronzio leggero. C'era solo Helen, il suo profumo, la
sua bocca, la sua pelle bianca e i suoi occhi chiusi.
Si divisero solo quanto l'ossigeno venne a mancare, solo quando non
riuscirono più a rimanere in quel modo. Helen tenne comunque
la fronte a contatto con quella di Holly, e sorrise appena.
- Credo di amarti, Holly. E non ho bisogno di certezze, paletti,
risposte, non ho bisogno di niente. Devi solo rimanere qui con me.
Magari fino a domani. Oppure... oppure per sempre. Questo dipende solo
da te -
Holly la guardò e sorrise appena, rifugiandosi ancora tra le
sue braccia.
- Voglio rimanere qui con te, Helen -
Ed Helen sorrise, chiudendo gli occhi.
Si addormentarono quasi subito, così, abbracciate. La cena
che Helen aveva preparato si freddò nei piatti, ma a loro
non importò poi così tanto.
Erano insieme. Magari fino al giorno dopo, magari per una settimana, un
mese, un anno.
O, forse, nella più remota e abbagliante delle ipotesi, per
tutta la vita.
{The End}
| _Cris Corner |
Seriamente, come prima femslash originale, fa altamente schifo.
Coooomunque, ho deciso di postarla perché è il
mio primo tentativo di femslash, e volevo avere una vostra imparziale
opinione sulla cosa (anche se fa schifo).
Spero che recensirete, metterete tra i preferiti.... qualsiasi cosa,
basta che mi facciate sapere un parere, un opinione, qualsiasi cosa :3
Bene, ora mi eclisso prima che arrivino i pomodori!
Goodnight everybody!
Sempre vostra
_Cris