Titolo:
Di ritardi e vestiti da
damigella
Summary:
Harry
prese l'abito dall'armadio e lo fissò per qualche istante.
Sapeva che avrebbe dovuto essere già dalla sposa in qualità
di damigella. Era in ritardo, mostruoso ritardo.
Pairing:
Sherlock/John implied; Harry.
Words:
2012 (XD figo!)
Rating:
PG
Desclaimers:
Not mine, gnè.
Notes:
Per la Sherlothon dello SFI sul prompt #2 (“Qui non si tratta
di pericolo, ma di inevitabile annientamento”) TEAM CANON!
Di
ritardi e vestiti da damigella
“Whatever
you do, dearie, don't get married.”
(Broken
Blossoms)
Harry prese l'abito
dall'armadio e lo fissò per qualche istante. Sapeva che
avrebbe dovuto essere già dalla sposa in qualità di
damigella. Era in ritardo, mostruoso ritardo.
Non le piaceva il
colore. Non le piaceva il taglio. Non le piaceva il bouquet. Non le
piaceva la chiesa.
Non le piaceva neanche
la sposa.
Non era colpa sua: la
chiesa era stata un'idea di lei, e John aveva, suo malgrado,
accettato. Anche il matrimonio, del resto, era stata un'idea di Mary.
Forse John aveva accettato anche quello suo malgrado.
Quando suo fratello
l'aveva avvisata, lei aveva avuto il suo ben da ridire! Non che
avesse funzionato, attenzione. Suo fratello era di un testardo... Del
resto ne avevano parlato abbondantemente dell'impossibilità di
ragionare con un John Watson che aveva preso un'irrevocabile
decisione.
Harrieth sospirò,
chiedendosi perché non aveva ancora buttato la tazza di caffè
su quell'orrendo vestito. Era tutto sbagliato. Perché quello
stupido, stupido, di suo fratello non lo capiva? Perché
nessuno su quella dannata Terra riusciva a capirlo, se persino
un'alcolizzata dall'intelligenza media come lei ci era arrivata?
Si guardò nello
specchio lungo e poi osservò di nuovo l'abito. Lo tirò
giù dalla gruccia con uno sbuffo. Aveva sempre detestato il
rosa pesca.
«COME SAREBBE A
DIRE CHE NON SEI A CASA?!»
Harry tossicchiò,
lanciando occhiate imbarazzate in giro e uscì dalla chiesa.
«Cosa vuol dire
che sei a Scotland Yard?» disse a voce più bassa al
telefono «John, dovevi essere qui un'ora e mezza fa!»
«E infatti
c'ero, Harry.» ribatté
dall'altra parte quell'impunito «Solo che a me e
Sherlock è venuta in mente un'idea per quel caso... Sai,
quello del killer-»
«Non mi
interessa, John!» lo interruppe lei «Qualsiasi cosa
stiate facendo tu e Sherlock vi conviene finirla ora e precipitarvi
qui!»
Riattaccò il
telefono senza aspettare la risposta. Sì, era arrabbiata con
John perché lui, lo sposo, era in ritardo e aveva raccomandato
a lei di essere puntuale. Era infuriata perché, in
quanto sorella dello sposo, toccava a lei spiegare il motivo del
ritardo del suddetto sposo ad amici, parenti e soprattutto a sua
madre.
Era incazzata per il
rosa pesca. Quello era davvero troppo.
«John,
ascolta, il matrimonio non è una stronzata. Ci devi pensare
bene.»
«Ci ho pensato
bene, e mi sembra la soluzione più giusta.»
«O più
facile?»
«Harry, non
essere ingiusta. Con Mary potrò avere tutto quello che
desideravo: un po' di tranquillità, un lavoro stabile, dei
figli-»
«L'Afghanistan
è lontano. Hai smesso di volere quelle cose anni fa!»
«E se non
fosse vero?»
«E se
piuttosto fossi un coniglio spaventato?»
«Harry, non
potresti essere semplicemente felice per me e basta?»
«John, sei un
testardo della peggior specie. Stai facendo un errore madornale che
finirà per ferire le persone a cui vuoi bene, e non ne sarai
convinto finché non ci sbatterai contro con la testa tu
stesso. La verità è che quello che vuoi ti terrorizza e
in questo modo ti stai buttando sul male minore.»
«Vuoi forse
insinuare che c'è il pericolo di mandare a monte tutto?»
«Qui non si
tratta di pericolo, ma di inevitabile annientamento! Sarai infelice
su tutta la linea, e anche Mary!»
«Basta, Harry.
Questa è la mia decisione.»
«Allora
d'accordo. Ricordatelo quando una notte ti sveglierai e ti accorgerai
di essere nel letto sbagliato. Però se vuoi il mio appoggio,
lo avrai.»
«Certo che lo
voglio!»
«Non l'avrai!»
(1)
«Harrieth, tuo
fratello è in ritardo mostruoso.»
Lei sospirò. «Lo
so, mamma. L'ho notato.»
«L'hai chiamato?»
«Mi ha detto che
stava indagando su qualcosa con Sherlock, a Scotland Yard. Sarà
qui prima della sposa, vedrai.»
Sembrava più
rassicurata anche lei.
«E se ci avesse
ripensato?» chiese sua madre in tono lugubre.
Harry si voltò
di scatto a guardarla. «Non dirlo neanche per scherzo!»
esclamò «Non gli perdonerei mai l'avermi fatta vestire
in questo modo per niente!»
Sua madre le sorrise,
improvvisamente commossa. «Oh, Harrieth.» mormorò
scuotendo la testa «Mi ricordo il giorno del tuo matrimonio.»
«Lei guardò
altrove alzando un sopracciglio, nervosa. Sapeva che sarebbe
successo. «Mamma. Ti prego.»
«Ero così
felice!»
«Io me lo ricordo
a malapena. Dovevo essere ubriaca.»
«Lo eri, tesoro.
Al ristorante, poi, hai dato il meglio di te.»
«Immagino. Ti
sarai divertita alle mie spalle.»
«Mi sarei
divertita di più se fosse venuta anche la madre di Clara.»
Harry chiuse gli occhi
e si massaggiò le tempie. «Possiamo non parlarne? Almeno
oggi.»
Sua madre annuì
alzando le mani. «D'accordo, d'accordo. Scusa.»
La guardò
amorevolmente e le tolse dalla fronte un ciuffo ribelle. «Vado
a intrattenere le zie, così tu puoi tenere d'occhio il portone
indisturbata.»
Sorrise anche lei.
«Grazie, mamma.»
«Figurati. Quando
si tratta di alleviarti le pene...»
Harry guardò sua
madre che di malavoglia si dirigeva verso le sue tre, insopportabili,
vecchie, acide zie. Camminò a passo svelto per la navata e
scese i gradini fino al portone. Aspettò solo qualche minuto
prima di vedere finalmente suo fratello e il suo testimone scendere
dal taxi.
«Dove diavolo
eravate finiti?» li accolse. John aprì la bocca per
parlare, ma lei alzò la mano per fermarlo. «Zitto! Non
voglio sentire scuse! Tu! Testimone!» aggiunse indicando
Sherlock. «Al tuo posto, sbrigati. E se ti fanno qualche
domanda puoi anche mandarli a fanculo. Fila!»
Sherlock ghignò
annuendo e dopo aver scambiato un'occhiata con John, entrò
nella chiesa.
«Lo raggiungo.»
disse John provando a fare qualche passo, ma lei lo bloccò
fisicamente.
«Non provarci,
fratellino. Tu non me la conti giusta. Qui è successo
qualcosa, quindi adesso troviamo un posto tranquillo e mi dici cosa
ti passa per la testa.»
«Harry, non devo
dirti assolutamente niente! Non ho niente!»
«Le tue proteste
serviranno a poco, Johnald Duck. Vieni con me.»
Non usava quel
nomignolo da quando suo fratello portava l'apparecchio mobile e
parlava in modo buffissimo. Non riusciva a replicare in nessun modo
quando lo chiamava così.
Lo trascinò nel
lato più nascosto dell'ingresso, sulle scale opposte a quelle
dove sarebbe passata la sposa.
«Avanti, che
succede?»
John si guardò
insistentemente i piedi, poi sospirò. «Io non ce la
faccio, Harry.»
«Cosa hai detto?»
«Non posso. Non
posso farlo.»
Rimase bloccata a
fissarlo per un minuto intero. Il karma. Doveva essere il karma.
«Brutto stupido
idiota pezzo di cretino!» sibilò, per non urlare al
mondo la sua furia omicida. Perché era toccato a lei un
fratello così stupido?
«Lo sapevo! Lo
sapevo! Te l'avevo detto dall'inizio, John. Ma tu non hai voluto
ascoltarmi! Sei uno stupido idiota!»
«Lo so.»
disse solo.
«Cos'è
successo che ti ha fatto cambiare idea?»
John scosse la testa
con forza. «Non lo vuoi sapere.»
No... No. Harry chiuse
gli occhi e si massaggiò le tempie. Di nuovo. «Allora è
anche peggio di quello che temessi.»
«Non è
quello che pensi!» farfugliò lui subito, gesticolando
«Eravamo in taxi, e io avevo paura, ero nervoso e... E l'ho
baciato. Non lo so perché. E' successo e basta. Io- io non
l'avevo programmato, non pensavo potesse accadere, e invece...»
Si fermò un
attimo. Sospirò.
«Non voglio farlo
soffrire.»
«Solo che così
hai incasinato più le cose!»
«Adesso smettila
di rinfacciarmi tutto e aiutami a risolvere questa situazione!»
«Come faccio?»
sbottò Harry, al limite della pazienza «Dimmi cosa posso
fare!»
«Non lo so! Non
lo so!»
Harry alzò le
mani per calmarlo. «D'accordo, d'accordo. Niente panico.»
disse «Andiamo per ordine. Eri nervoso per questo matrimonio,
giusto?»
John annuì.
«Esatto.»
«E' un buon punto
di partenza. Tutti siamo un po' nervosi, all'inizio, è un buon
segno.»
«La cosa non mi
calma.»
«Allora,
continuiamo. Eri in ansia per questo quando l'hai baciato, giusto?»
«Non lo so.
Suppongo di sì.»
«Quindi tu tieni
a questo matrimonio.»
«Certo.»
«Allora... Perché
hai baciato Sherlock?»
John si mosse nervoso.
«Non lo so! Non voglio farlo soffrire, forse volevo che capisse
che per me è importante, nonostante il fatto che mi stia per
sposare.»
Era tornato a
gesticolare. Cattivo, cattivo segno.
«Ma per te è
importante tanto da mandare a monte il matrimonio, o-»
«Non lo so!»
la interruppe «Sono terrorizzato!»
«Non so cosa
dirti, John! Se sapessi come, ti aiuterei!»
Rischiò davvero
di alzare la voce, ma, nonostante la pazienza fosse finita da un
pezzo, riuscì a ricomporsi leggermente, mentre suo fratello la
guardava smarrito.
«Facciamo così.»
sussurrò lui, con l'aria di chi si aggrappava all'ultima
speranza «Dimmi quello che ti direi io se tu fossi me.»
Harry alzò un
sopracciglio, incredula. «Cosa? E' da pazzi!»
«Ti prego,
Harry!»
Lei alzò le
mani, arrendendosi. «Ok, ok! Ehm...» Chiuse gli occhi per
riflettere. Cosa poteva dire a un matto come suo fratello che non
sapeva quello che voleva? E soprattutto, dove doveva indirizzarlo?
Era davvero la cosa giusta?
«Harry! Abbiamo i
minuti contati!»
«Ci sono!»
Lo prese per le spalle
e lo guardò attentamente negli occhi.
«Ascoltami bene,
John Hamish Watson. Quell'uomo è innamorato di te, sarebbe da
stupidi non ammetterlo, e non oso neanche immaginare quello che ha
dovuto sopportare per starti accanto in qualità di testimone
durante questi ultimi mesi, e specialmente oggi. Nostra madre sta
intrattenendo le zie di Norfolk – no, non ho la minima idea di
chi l'abbia invitate! - e io mi sono dovuta mettere questo orrendo
vestito per essere presente a questo matrimonio che io disapprovavo
fin dall'inizio. Ma adesso hai bisogno del mio appoggio, John, e io
ho intenzione di dartelo. Hai fatto questa scelta, fratellino, e la
porterai fino in fondo. Adesso tu percorrerai quella navata, e ti
sposerai, anche se per costringerti a farlo dovessi spedirtici a
calci in culo.»
John la guardò
sconvolto per qualche secondo, poi raddrizzò le spalle, come
se si stesse mettendo sull'attenti.
«Ok. Sono
pronto.» disse.
Harry annuì e
non ebbe il minimo dubbio.
Si voltarono verso la
cima delle scale, ma si fermarono. La sposa bloccava loro il
passaggio.
Harry non poté
fare a meno di pensare che, nonostante il vestito pacchiano e i
capelli raccolti in modo troppo stretto, Mary era molto bella il
giorno del suo matrimonio, a dispetto soprattutto del suo sorriso
triste.
Non trovò la
voce per chiederle da quanto tempo era lì.
Suo fratello tirò
le labbra in un sorriso di panico. «Mary. Sei arrivata. Ti
stavamo aspettando.» disse con un filo di voce.
Lei scese un paio di
gradini, guardandolo. «Tu non mi vuoi sposare, John.»
Harry chiuse gli occhi,
per non osservare oltre il preludio al disastro, mormorando: «Merda.»
tra sé.
«Ma no! Non è
vero! Sono pronto.» protestò suo fratello «Mi ero
fatto prendere dal panico, lo ammetto, ma ora sono pronto. Sono qui.»
Mary scosse la testa.
«No, John. Non sono io la persona giusta per te.»
John le prese le mani.
«Ma che dici?»
Harry volle essere
disperatamente da qualche altra parte.
«Tu non mi ami.
Forse credi di sì, ma io lo so che non è vero. E non
posso costringerti a fare qualcosa che desidero solo io.»
Sembrava una puntata di
qualche soap opera spagnola. A Harry sarebbe venuto da ridere, se non
fosse stato così tragico.
John balbettò
qualcosa, poi sospirò. «Mi dispiace.» concluse.
Mary gli prese il viso
tra le mani, e riuscì a mormorare appena: «Per favore,
sii felice.» prima di andarsene senza voltarsi.
Harry e John si
guardarono, e lei seppe precisamente cosa fare. Suo fratello aveva
bisogno del suo appoggio, e, per stavolta, l'avrebbe avuto.
Salì i pochi
gradini e si ritrovò diverse paia di occhi che la fissavano.
Si fece forza e attraversò il corridoio fino all'altare.
Lanciò un'occhiata a Sherlock, che probabilmente aveva già
capito tutto solo guardandola. Si voltò verso il resto degli
invitati, seduti eleganti e ordinati nelle panche della chiesa. Prese
un bel respiro e parlò.
«E' finita.
Potete andare tutti a casa. E' finita.» disse. (2)
Vide soltanto Sherlock
correre verso i gradini. Verso il suo fratellino.
A mano a mano tutti gli
altri, mormorando in coro il loro disappunto, prime fra tutti le zie
di Norfolk, uscirono.
Si sedette sulla panca
accanto a sua madre, la più bella e la più elegante di
tutte. Non indossava il rosa pesca, almeno. Lei la guardò.
«Riuscirete mai
tu e tuo fratello a essere felici?»
Harry alzò le
spalle. «Non lo so.»
Lei annuì,
comprensiva. Poi si alzò. «Ti chiamo domani per le
novità.» disse «Fatti trovare sobria.»
«Ci proverò.
Ma dopo una giornata come questa non te lo garantisco.»
Le diede un fugace
bacio sulla fronte e se ne andò.
Harrieth restò
sola nella chiesa. Alzò la testa verso le vetrate colorate
dietro l'altare, godendosi il silenzio di quella enorme sala, prima
così gremita di gente annoiata e rumorosa.
Sospirò, poi con
calma si alzò anche lei e di nuovo percorse la navata centrale
verso l'uscita, col rumore dei suoi tacchi come compagnia.
Si segnò
mentalmente di togliere il vestito come prima cosa da fare appena
tornata a casa. Forse avrebbe potuto ricavarne qualcosa di buono,
cucendolo diversamente e buttandoci sopra del caffè.
Notes, again:
So, here we are again.
Il secondo turno è appena cominciato. Bring it on.
Citazioni: (1) Will
& Grace XDD; (2) Grey's Anatomy, tutta la questione
del matrimonio non concluso, in realtà.
Broken Blossoms è
invece un film del 1919 di Griffith. (Esame di cinema, vieni a me!)
Grazie perenne a Sonia.
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