Musician, swordsman, skeleton... but still a man di My Pride (/viewuser.php?uid=39068)
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Musician, swordsman, skeleton... but still a man
[
Terza classificata
al «Crack contest» indetto da
Addy J Lupin e valutato da Ria-chan ]
Titolo:
Musician,
swordsman, skeleton... but still a man
Autore: My
Pride
Fandom: One
Piece
Personaggi: Roronoa
Zoro, Sanji Black-Leg,
Brook
Pairing: Zoro x
Sanji + Brook x Zoro
oneside
Tipologia: One-shot [ 1537
parole fiumidiparole ]
Rating:
Verde
/ Giallo
Genere: Generale,
Vagamente
Sentimentale
Avvertimenti: Shounen
ai, Slice
of Life, What if?, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Post
Thriller Bark
Tabella/Prompt: Bevande
› 09. Latte
Misc Mosaic 10&Lode: #05.
Amore
ONE
PIECE ©
1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.
[
If you’re a swordsman, doesn’t matter if your eyes
are close or not. Honor
among pirates ]
Le
note allegre di Binks’ Sake aleggiavano sulla Sunny come un
tiepido venticello
estivo, donando all’intera ciurma una sensazione di benessere
alquanto rara e
bizzarra, dati gli ultimi avvenimenti a cui avevano dovuto far fronte.
Erano trascorse poco più di
due
settimane da quando si erano finalmente lasciati alle spalle i fatti
accaduti a
Thriller Bark, e altrettante ne erano passate dal momento in cui Brook
era
entrato a far parte di quella scalmanata ciurma. Dopo
cinquant’anni di solitudine e tormenti in
quella parte remota del Florian Triangle, in balia delle correnti e
impossibilitato a scappare a causa dell’ombra rubata, sentire
nuovamente intorno
a sé risate e chiacchiere allegre l’aveva reso
immensamente felice. Non aveva
dunque trovato modo migliore di sdebitarsi con quei ragazzi se non
deliziare il
loro viaggio e le loro giornate con della musica, esattamente come
avrebbe
fatto con i suoi defunti compagni o con il suo carissimo Lovoon.
A ben pensarci, se non fosse stato
per quei giovani, probabilmente, non sarebbe più riuscito ad
andarsene da
quell’inferno e non avrebbe mantenuto la promessa che tempo
addietro aveva
fatto all’unico compagno ancora in vita. In particolar modo,
aveva cominciato a
nutrire un certo rispetto e interesse per il Vice Capitano, il quale
aveva
combattuto magnificamente contro il leggendario samurai Ryuuma e ne era
uscito
vittorioso, riguadagnando per lui l’ombra perduta cinque anni
addietro. Quello
spadaccino si era rivelato più valoroso di quanto avesse mai
immaginato.
Fu proprio in quel mentre che la
botola dell’osservatorio si aprì, e Brook
poté vedere la testa di Zoro fare
capolino oltre essa. Lo spadaccino lo intercettò con lo
sguardo e gli rivolse
appena un rapido cenno di saluto, sollevandosi per richiudere la botola
dietro
di sé e dirigersi alla parete dove erano riposti i suoi
pesi. «Non una parola
con Chopper», lo sentì dire d’un tratto,
e Brook sorrise, almeno per quanto il
suo volto scheletrico glielo consentisse.
«Sarò muto come un
morto, anche se
io lo sono già, yo-hohoho
♪~» ridacchiò, e, per quanto fosse stato
appena fulminato dallo sguardo dello spadaccino - era con la ciurma da
appena
poco tempo e tutti loro erano già stufi di quelle sue
battute, sebbene non
sembrasse importarsene per niente -, si ritrovò a sfiorare
con l’arco le corde
del violino, producendo una nota bassa e melodiosa. «Qualche
richiesta in
particolare, kenshi-san?»
Zoro lo guardò di sfuggita e
si
limitò a fare spallucce, in un gesto che avrebbe potuto
significare tutto o
niente. «Nessuna, fa’ come vuoi», gli
diede carta bianca, giacché non conosceva
nemmeno una canzone e non aveva preferenze. Lasciò dunque
che lo scheletro
suonasse ciò che più lo aggradava, afferrando uno
dei manubri da trecento chili
per cominciare ad allenarsi, non prima di essersi accuratamente
liberato della
maglia e dei bendaggi che gli fasciavano il torace e che, a suo dire,
gli
impedivano di muoversi come avrebbe voluto. Chopper l’avrebbe
strigliato per
bene se l’avesse saputo, dato che quella non era nemmeno la
prima volta che si
toglieva le bende con tutta quella nonchalance... però, beh,
pazienza. A lui
non servivano e ne era più che sicuro. Ormai erano passate
settimane dal suo
scontro con Kuma, dunque poteva anche evitare di fasciarsi da capo a
piedi come
una stramaledetta mummia.
E mentre lui si allenava, perso in
tutti quei pensieri che gli distraevano la mente, Brook aveva
ricominciato ad
intonare la canzone preferita del suo defunto Capitano, cogliendo di
tanto in
tanto con la coda dell’occhio - oh, ma
lui gli occhi non li aveva, rettificò
nell’immediato il suo cervello con
una risata silenziosa e deliziata - i movimenti dello spadaccino. La
cicatrice
sul suo petto nudo svettava pallida e rosea contro la sua pelle
abbronzata, e
lo scheletro si domandò con fare quasi distratto come se la
fosse procurata; si
ritrovò poi a far scorrere lo sguardo sulla sua figura
rigida e composta,
seguendo il ritmo della mano con cui faceva scivolare aggraziatamente
l’arco
sulle corde di violino.
Gli sembrava fossero passati
secoli dall’ultima volta in cui aveva visto dei muscoli
flettersi in quel modo,
la tensione che si impossessava degli arti superiori e del petto quando
gli
avambracci tonici oscillavano al ritmo con cui alzava
quell’enorme peso, e
Brook non negò a se stesso di essersi in qualche modo
incantato nell’osservare
movimenti fluidi e concisi che lo spadaccino compiva con precisione
assoluta,
la vena del suo collo ben pronunciata ad ogni minimo sforzo e le
scapole che si
contraevano al di sotto dell’epidermide quando sollevava le
braccia e il
manubrio fin sopra al capo.
Brook non seppe quanto
tempo passarono in silenzio, con solo la musica a far loro compagnia e
a rompere
quei momenti di quiete che avevano cominciato ad aleggiare
lì sulla coffa dal
momento in cui il Vice Capitano aveva iniziato il suo allenamento, ma
un rumore
alle sue spalle lo ridestò da quel bizzarro torpore e lo
costrinse a voltarsi,
focalizzando in poco la figura del cuoco. Ritto e vestito di tutto
punto come
suo solito, sorreggeva sul palmo della mano un vassoio - Brook
poté vedere
distintamente su di esso un bel bicchiere di latte che, premurosamente,
il
biondo aveva portato per lui -, ma parve dimenticarsi in un lampo di
esso non
appena il suo occhio ceruleo si posò sulla sagoma dello
spadaccino.
Sanji aggrottò difatti la
fronte
e, dopo aver lasciato il vassoio nelle mani di Brook - che aveva dovuto
prenderlo letteralmente al volo, quasi rischiando che quel latte
venisse
sprecato -, si avvicinò a grandi falcate al compagno,
fissandolo con tanto
d’occhi. «Che diavolo stai facendo, idiota
d’un marimo?» domandò infine con
fare incredulo. Aveva cominciato a giocherellare con i denti con il
filtro
della sigaretta come se si fosse trattato di un leccalecca, incurante
del fatto
che potesse inumidirsi troppo e spezzarsi da un momento
all’altro.
Zoro, dal canto suo, lo degnò
appena di
uno sguardo obliquo. «Mi sto allenando, cuoco, mi pare
ovvio», rimbrottò,
poggiando pesantemente la cima del manubrio sul pavimento.
«Va’ a rompere le
palle a qualcun altro e lasciami continuare in pace».
«Col cazzo che ti faccio
continuare»,
berciò il cuoco in risposta, assottigliando lo sguardo nella
sua direzione. «Chopper
era stato più che chiaro: niente sforzi di nessun tipo prima
che tu non ti sia
perfettamente ristabilito». Scoccò in un secondo
momento un’occhiataccia a
Brook, fino a quel momento rimasto in disparte, e
quest’ultimo si sentì tremare
le ossa. «E tu perché non gliene hai dette
quattro?»
«Yo-hohoho ♪~ Io ci
ho provato»,
rispose di rimando lo scheletro con fare fin troppo tranquillo mentre
sorseggiava il suo buon bicchiere di latte, e, sebbene non possedesse
nessun
muscolo facciale, Sanji fu più che certo che stesse
palesemente mentendo.
La lotta che ingaggiò in
seguito con il
Vice Capitano non stupì Brook più di tanto, forse
perché, nonostante fosse
diventato parte dell’equipaggio da non più di una
manciata di giorni, aveva
ormai imparato a capire che quello era il modo in cui esprimevano i
loro sentimenti.
Un modo alquanto bizzarro, certo, ma lui non aveva voce in capitolo,
per quanto
avesse cominciato ad osservare con fare quasi estasiato la lunga gamba
fasciata
dal pantalone nero che il cuoco aveva appena disteso per rifilare un
portentoso
calcio allo spadaccino, costretto a parare quel colpo con
l’avambraccio
muscoloso. In un certo senso, era piuttosto divertente vedere come, tra
un’imprecazione
soffocata a mezza voce e altri calci o pugni ben assestati, quei due
non
sembrassero fare propriamente sul serio. Chissà cosa sarebbe
successo se, un
giorno o l’altro, avessero iniziato a darsele di santa
ragione con tutta la
loro potenza, senza risparmiarsi il benché minimo attacco e
senza dar peso al
fatto che fossero comunque compagni.
Fu solo quando quella lite si
placò e li
vide infine sparire entrambi oltre la botola, pur continuando a
lanciarsi
contro insulti ad alta voce ed epiteti ben poco cordiali, che Brook
riprese in
mano il violino, carezzandolo con la punta delle lunghe dita
scheletriche. Ammirava
il sentimento che, per quanto non lo dessero per niente a vedere,
né a se
stessi né tanto meno al resto della ciurma, legava
profondamente il cuoco e il
Vice Capitano. Non gli era difatti sfuggita l’espressione che
Sanji aveva fatto
quando Zoro non si era svegliato per ben tre giorni, rasserenandosi
solo quando
lo spadaccino aveva aperto finalmente gli occhi. Forse era semplice
amicizia
tra compagni, forse soltanto rispetto come quello che provava anche lui
nei
confronti del Vice Capitano, o probabilmente era una bizzarra forma
d’amore,
ma, in qualsiasi modo avesse chiamato quel filo rosso che li univa, era
di
sicuro un qualcosa di profondo e più che sincero.
«Mi batte forte il cuore!»
esclamò a quei suoi stessi pensieri, fermandosi di botto per
guardare un punto
imprecisato dinanzi a sé scoppiare poi a ridere.
«Oh, anche se il cuore io non
ce l’ho, yo-hohoho!
Skull joke!»
Ci mise relativamente poco a riprendersi
e a sospirare, guardando ancora una volta la botola in cui i suoi due
compagni
erano spariti. Un po’ li invidiava, doveva ammetterlo.
Nascondeva le proprie
emozioni e la sua situazione sotto risate divertite e battute, pur
sapendo che
non avrebbe potuto fare granché per cancellarla o tentare di
eluderla.
Era ormai uno scheletro senza pelle
né
muscoli, certo... ma, in fin dei conti, era pur sempre un uomo.
_Note conclusive (E
inconcludenti) dell'autrice
Non
posso credere di aver scritto sul serio una cosa del genere.
La storia che avete appena finito di leggere, difatti, è
stata scritta per il “Crack
Contest”
indetto da Addy J Lupin e valutato da Ria-chan, nel quale si
è classificata terza
Comunque
sia, essendo Brook uno scheletro, non mi sono naturalmente sbilanciata
troppo,
rendendo la cosa come un amore platonico. O forse più una
forma di rispetto tra
due spadaccini, ognuno può vederla come più
desidera, però, essendo Brook uno
scheletro da oltre cinquant’anni, ho voluto giocare
specialmente quella carta
su cui si sofferma ad osservare i movimenti e i muscoli di Zoro,
poiché essendo
lui tutt’ossa non ha più i muscoli, ovviamente. Se
questo punto non è chiaro,
sarò ben lieta di spiegarlo.
Ah,
un’ultima cosa: l’espressione che usa Brook, quel
«Sarò
muto come un morto», è
un piccolo richiamo al classico “Dead men tell no
tales”,
un detto pirata molto
comune. Non è dunque sbagliato che dica
“morto”
anziché “pesce”, giacché
è un
pirata e far pronunciare lui una frase simile è abbastanza
in
tema.
Okay,
dopo aver appurato di essere pazza e di avere un cervello totalmente
malato,
spero di non aver fatto uscire gli occhi fuori dalle orbite a qualcuno
con questo crack
pairing che più crack non si può.
Commenti e critiche, ovviamente, sono sempre ben accetti.
Alla prossima. ♥
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