Broken heart

di Andormeda
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Con la musica che le rimbombava nella testa, gli occhi lucidi, cercando di soffocare i pensieri e lottando con tutta se stessa per non cadere in trappola di quello che, fino a poche era prima, era stato il suo sogno.  Continuava a fissare il soffitto,ma ormai non aveva nulla di nuovo da vedere, stava pensando che la sua vita sarebbe stata proprio così: senza un cambiamento. Sperava che nessuno la vedesse, non le piaceva sembrare una persona debole, che stava male solo perché un ragazzo, che aveva troppa importanza per lei, senza un motivo preciso, le aveva risposto in quel modo, spiazzandola.                                                                                                            

Non aveva ancora capito in cosa avesse sbagliato, cosa gli avesse detto per far sì che si scatenasse una lite, non riusciva nemmeno a spiegarsi tante altre cose, ma di una era certa: non voleva perderlo.                                                                                                                      

Era passato così poco tempo, non lo conosceva davvero, ma sentiva che insieme si sarebbero completati. Solo che, anche in questo caso, le sfuggiva il dove,il quando,il come; poteva solo immaginare. Questa era l’unica cosa che la rendeva felice, ma, purtroppo, la realtà le aveva infranto tutto, in così poco.                                                                                                      

Guardò l’orologio: erano le due del mattino, meno cinque ore e sarebbe dovuta andare a scuola, affrontare una giornata, mettendosi una maschera e, improvvisando, che andasse tutto bene.  Suo malgrado però aveva accanto delle persone che la conoscevano troppo bene e a loro non avrebbe potuto mentire, solo cercare di limitare le lacrime che, da un pezzo,le stavano bagnando le gote.                                                                                                                            Rilesse ancora una volta i messaggi della serata e cercò di immaginarlo: al buio, nella sua camera, che si stava godendo le ore di sonno. Non gli importava nulla, tutto qui, non c’era niente di difficile da capire in quelle parole così fredde e concise che le occuparono la mente, facendola singhiozzare.                                                                                                                                 Sarebbe stata una buona idea cercare di dormire, ma, ogni volta che chiudeva gli occhi, qualcosa le impediva di addormentarsi e così fu costretta a dedicarsi alle sole parole che le stavano facendo compagnia: le canzoni di Alessandra. Era davvero un bel modo per deprimersi ancora di più, ma, nella sua esperienza, sapeva che sarebbero state il rimedio migliore, l’avevano già guarita altre volte.                                                                                                                                         Sentì il suo petto sobbalzare e un’altra domanda le comparve davanti come un miraggio:  c’era qualche speranza per fare...? Fare cosa? Gli aveva già chiesto scusa, non poteva scrivergli di nuovo,avrebbe solo peggiorato il tutto, poteva solo aspettare. Ma aspettare chi? Per quanto tempo? Doveva esserci comunque una soluzione e lei l’avrebbe trovata,ne era certa.                      

Le cose sarebbero dovute ritornare come prima, avrebbe dovuto trovare il coraggio di dire qualcosa, al contenuto e a tutto il resto ci avrebbe pensato più tardi, ormai il cervello non le era più di grande aiuto,anzi per nulla.                                                                                       

Aprì il cassetto del comodino, ripose accuratamente l’ipod e,in quel momento, il display del cellulare si illuminò: un nuovo messaggio. Con cautela lo aprì, lo lesse e si mise a ridere: era la Vodafone. Almeno qualcuno stava pensando a lei.

 





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