BLUE
BLUE
Maggio 1996
Okay.
Okay, okay, okay.
Puoi farcela, Angie.
Respira.
A fondo, non così! Se ingurgiti ossigeno frettolosamente diventerai un pallone gonfiato.
Ecco brava, piano.
Ho detto piano, puoi fare di meglio!
Adesso va bene. Ora allunga la mano fino al telefono.
Esatto, così.
No, non ti ho detto di tremare. Sicura e spedita, forza!
Solleva la... la cornetta, Angie!
Componi il numero... sii coraggiosa Angie, componi quel benedetto numero e parla!
Uno squillo.
Due squilli.
Tre.
Forse non sono in casa.
Magari chiamo dopo.
No, no, no!
Non va bene! Non riagganciare proprio adesso! Aspetta...
Non risponderanno, ti ho detto. Non sono in casa e...
Clic!
"Pronto?"
Maledizione!
Angelica imprecò contro la vocina della sua coscienza che
l'aveva obbligata a prendere in mano quell' orribile strumento di morte chiamato telefono.
Perché
strumento di morte? Semplice! Perché lo stava usando per
chiamare Francesca - la vocalist delle Scarlett Guns - e farle sapere
che neppure quel pomeriggio si sarebbe presentata alle prove. Francesca l'avrebbe sbranata.
Se soltanto non avesse dato ascolto ai suoi sensi di colpa e avesse
riagganciato al terzo squillo ora non si sarebbe ritrovata a doverci
parlare per forza.
Maledetta la sua educazione!
"Pronto?!" la voce stridula della signora Garlizzi la riportò
bruscamente alla realtà; si massaggiò l'orecchio.
"Ehm...sì, salve signora. Mi scusi, sono Angelica, l'amica di Francesca. E' in casa?"
"Ah, Angelica sei tu! Perché non parlavi?"
Impicciona.
"Problemi di linea" mentì.
"Capisco. Beh, comunque Francesca è qui: te la passo subito."
Sospirò rassegnata; aveva sperato che l'amica fosse uscita con
la comitiva, con un ragazzo, dove voleva: poteva anche essere andata
semplicemente in salumeria a prendere il latte e invece... no. Era a
casa. Accanto alla mamma.
Proprio una gran fortuna.
"Angie?" la sentì sgranocchiare qualcosa - forse delle patatine
- mentre chiamava il suo nome dall'altro capo della cornetta. Angelica
desiderò sprofondare.
"Ehi Fra..."
"Tutto okay?"
"Alla grande..." mentì di nuovo.
"Ho preso Tutto* di questa settimana, oggi te lo faccio vedere, ci sono un sacco di articoli fighi e..."
"Fra, non ci vengo alle prove oggi."
Lanciò la bomba e chiuse gli occhi: dall'altra parte nessuno rispose per diversi minuti.
Brutto segno.
"Perché?"evidentemente irritata, alla fine Francesca riprese a parlare.
"Ecco...ehm... vedi..." cominciò. Aveva paura della spiegazione
che stava per darle. "Dunque i Delay... sì, devono partecipare
a un contest a metà giugno, hanno bisogno di provare e..."
"Angelica! Adesso basta! Non ti sembra di esagerare?"
Eccola, la ramanzina che stava attendendo.
Francesca non gliel'avrebbe fatta passare liscia e a ben ragione.
"Quando hai cominciato a suonare con Valentino e suo fratello io mi
sono preoccupata ma tu mi hai assicurato che si trattava di un impegno
parziale che non ti avrebbe portato via molto tempo."
Era vero, ricordava tutte le frottole che aveva rifilato all'amica:
"Naaaaaaaaaaaaaa stai tranquilla, Fra! Cioè, ci vado tipo una
volta a settimana, per un paio d'ore. Suono tre o quattro pezzi, li
faccio contenti e stiamo a posto! Il mio gruppo sono sempre le
Scarlett, fidati!"
Sì, fidati Fra.
Peccato che una
volta a settimana si fosse poi trasformato in tre volte e le due ore
scarse in cinque, a volte anche di più quando Valentino si
offriva di raccompagnarla a casa.
Ma non avrebbe mai voluto mentire a Francesca, sia ben chiaro. Piuttosto, Angelica si era illusa, forse soltanto sbagliata.
Quando aveva
messo piede il quel garage la prima volta non avrebbe mai pensato che
non sarebbe più riuscita a farne a meno. Sì, esattamente:
era diventata dipendente dalla musica suonata in casa Ferreri.
Aveva
cominciato per spirito di solidarietà, la piccola Angelica:
Valentino l'aveva scelta per la sua bravura - avendo
colto in lei un talento smisurato nonché la sua stessa viscerale
passione che - e lei non aveva saputo dire di no: non poteva
abbandonare i Delay, non poteva accettare che un gruppo così
promettente terminasse la propria carriera ancor prima di cominciarla
ufficialmente.
Ma già dopo soltanto due prove molte cose per Angelica erano cambiate.
Molte cose dentro di lei.
Perché
quando si trovava in quella rimessa sbilenca, dall'aria che un po'
sapeva di muffa e i poster che si scollavano dalle pareti a causa
dell'umidità, beh... lei non si limitava semplicemente a creare
qualche nuovo giro di basso senza pretese. Così come Valentino
non si limitava
a urlare qualcosa al microfono o Marzio a battere freneticamente tra
piatti, rullante e grancassa finché il tramestio che ne veniva
fuori sembrava sufficientemente accettabile.
Nossignore:
quando si riunivano tutti e tre nel garage di casa Ferreri Angelica non
provava soltanto, non faceva musica: Angelica era nella musica.
C'era qualcosa
di profondamente magico e avvolgente nell'atmosfera che veniva a
crearsi tra loro in quei momenti, come una bolla
personale da cui nessuno dei tre aveva voglia di uscire. Quando
suonavano potevano dimenticarsi del mondo di fuori, estraniandosi
dall'idea di un'interrogazione andata male, dalle urla scherzose dei
fratellini di Valentino e Marzio mentre giocavano, dalla faccia arcigna
di Mathias mentre si arrabbiava perché Angie aveva rubato la sua
Vespa per l'ennesima volta.
Erano soltanto loro lì dentro, i Delay in tutto il loro splendore e solo quello contava.
Ad Angelica
questo non era mai successo con le Scarlett Guns e un po' se ne
rammaricava - le sembrava di tradirle e si sentiva un'infame - e un po'
le piaceva: la inorgogliva sapere di essere entrata per ultima in una
band nuova ed essersi incastrata in modo perfetto al suo interno con tanta
facilità.
Così,
quello che era cominciato come impegno part time, nel corso dei mesi si
era tramutato quasi in un vero e proprio lavoro, seppur non retribuito,
perché Valentino era fiscale sui giorni e gli orari di prova e
guai a mancarne una senza avvisarlo: non era tipo da arrabbiarsi
con facilità di norma, ma ciò avveniva piuttosto in fretta quando il motivo del contendere era la
musica. Tuttavia poteva star tranquillo: Angelica di prove non ne aveva
saltata neppure una. E neanche si era più interessata alla
possibile selezione di un nuovo bassista che prendesse definitivamente
il suo posto nei Delay, così come Vale non si era preoccupato di
cercarne uno nuovo: per un tacito accordo avevano deciso che la bassista
era lei e andava bene così.
Ma non andava
bene per le Scarlett cui Angelica aveva sottratto sempre maggior tempo,
negli ultimi due mesi. Ormai non riusciva neppure più a
guardare in faccia la sua amica Francesca senza sentirsi un verme mentre lei, di rimando, le rivolgeva occhiate
sempre più torve, delusa da quell'atteggiamento
irrispettoso: Angelica non sapeva come comportarsi.
O forse lo sapeva: la verità era che avrebbe dovuto
tagliare con i Delay per il bene di quella band con cui era
musicalmente cresciuta. Avrebbe dovuto, certo. Ma non se la sentiva: i
Delay le erano entrati dentro.
"Angelica?! Non hai proprio nulla da dirmi?"
Francesca alzò la voce dall'altra parte della cornetta edAngelica si scosse: era davvero arrabbiata.
"Che...Fra, io..."
"Tu?"
"Non posso abbandonarli. Questo contest è davvero importante per loro e..."
"Oh certo! Non
puoi abbandonarli, ovvio! Ma le Scarlett sì...chi se ne frega
delle Scarlett, voglio dire... mica sono il tuo gruppo, Angelica!"
Un brivido sgusciò lungo la sua spina dorsale. Lo stomaco un po' si contorse.
Francesca era seriamente arrabbiata. Francesca aveva seriamente ragione.
Il suo gruppo erano le Scarlett, mica...
"Angelica, adesso basta. Devi deciderti: o noi o loro, questa situazione non può andare avanti ancora per molto."
...No, stava per dire una cavolata. Anche i Delay erano il suo gruppo ormai.
"Mi stai chiedendo di scegliere, Francesca?"
"Sì."
"Bene."
Rispose soltanto quello. Poi riagganciò senza neppure salutarla.
***
"I Clash ti piacciono?"
Senza neanche attendere la sua risposta, Valentino fece partire Guns of
Brixton. La canticchiava spesso e Angelica aveva capito che doveva
trattarsi di una delle sue preferite.
"La adori questa, eh?"
"Ha un groove pazzesco" ammise, accomodandosi sul letto accanto a lei.
"Mio zio ci ha bombardato di Clash quand'eravamo più piccoli.
Eravamo le sue cavie preferite perché aveva capito che la musica
c'interessava. Marzio credo ne sia rimasto traumatizzato, non li
ascolta mai, ma a me piacciono proprio un casino."
"Uhm" la bocca di Angelica si piegò in una smorfia "fortunato
te. Credo che mio zio non sia mai andato molto oltre Claudio Villa. E
neppure mia madre."
Valentino rise sinceramente.
"E da dove sei spuntata fuori tu, donna rock?"
Angelica sorrise e guardò oltre, verso il poster di Kurt che
ammiccava dall'alto della scrivania mentre impugnava saldamente la sua
Fender Mustang.
"Mio padre, credo. Penso di non aver mai conosciuto nessun altro nella
mia vita altrettanto patito per Pink Floyd e Rolling Stones. Tra
l'altro anche mio fratello è un tipo okay sotto questo punto di
vista, adora i Nirvana quanto me: se non fosse così
dannatamente fastidioso potremmo andare perfino d'accordo. E poi un pochino è pure colpa delle suore..."
"Delle suore?" domandò sorpreso.
"Già. Da bambina, alle elementari, andavo a scuola all'istituto
cattolico e c'era suor Teresa che voleva obbligarmi a suonare il
pianoforte, mi ci costringeva proprio. Era fissata con Mozart e Chopin
e voleva che ne imparassi il repertorio. Alla fine mi sono scocciata e
per ripicca sono passata ai Metallica. No comunque, sul serio,
l'unica fuori dal giro è la mamma!"
Valentino la guardò ridendo un'altra volta.
"Abbiamo un passato religioso in comune, allora" aggiunse poco dopo,
quasi compiaciuto. Angelica l'osservò curiosa senza capire cosicché lui riprese a spiegarsi quasi subito:
"La mia prima chitarra me l'hanno regalata alla
cresima. I miei avevano finalmente afferrato quanto mi piacesse la
musica,visto che stavo attaccato tutto il giorno allo stereo,
così uscito di chiesa mi hanno ficcato in braccio il loro
regalo. Era una Ibanez Blazer. La conservo come un cimelio."
Angelica sorrise e annuì comprensiva: anche lei avrebbe tenuto
con molta cura una Blazer anni '80 se soltanto avesse avuto la fortuna
di possederla.
Una pendola, dal salotto vicino, batté un rintocco. Angelica
diede un'occhiata al suo orologio da polso: le cinque e mezza.
Di Marzio neppure l'ombra.
Strano.
L'amico era fuori casa quel pomeriggio, in giro col famigerato zio Clash,
cosicché avrebbero dovuto attendere il suo ritorno per iniziare
le prove. Tuttavia, a nessuno dei due spiaceva quel ritardo: Angelica
ormai trovava gradevole la compagnia di Valentino e spesso
trascorrevano intere ore a parlare di musica, soprattutto, oltre che
delle loro idee riguardo il mondo in generale e la gente. In
questo modo avevano scoperto, in primis, di essere due terribili
misogini, sebbene Angelica fosse appena più propensa al dialogo e alla
diplomazia. In ogni caso considerava stupido almeno l'ottanta percento
delle persone che conosceva e di veri amici ne aveva pochissimi. Valentino
era ancora più intransigente di lei sotto quest'aspetto: spesso
non rivolgeva neppure la parola ai suoi sfortunati interlocutori,
limitandosi a pochi monosillabi di risposta. A dirla tutta, a volte
neanche guardava in faccia la gente: diceva di preferire gli animali
agli uomini e la compagnia della sua sola chitarra. Come dargli torto?
Amavano entrambi il gelato alla nocciola, sebbene nessuno dei due
mostrasse un appetito insaziabile, l'odore della pioggia quando cadeva
su Badea sollevando i profumi del sottobosco, e ascoltare la musica di
sera. Si addormentavano sempre entrambi a notte fonda e negli ultimi
tempi avevano preso l'abitudine di telefonarsi prima di andare a letto
per revisionare la scaletta e scambiarsi suggerimenti sulle canzoni. Di
norma era Valentino a chiedere ad Angelica di chiamarlo, quando sapeva
che i suoi sarebbe rincasati tardi. Nel salutarla sulla porta della
rimessa o sotto casa della ragazza, era solito dirle "stasera ci sei?"
e allora Angelica capiva che avrebbe dovuto chiamarlo: avrebbe composto
il numero a mezzanotte esatta e Valentino avrebbe risposto al primo
squillo.
Di norma la telefonata s'interrompeva un paio d'ore dopo, a volte anche
più tardi: faceva poca differenza per Angelica l'idea di dover
essere in piedi alle sette e mezza il mattino seguente. Quelle
telefonate non la stancavano mai.
Le piaceva sentire la voce di Valentino dall'altro capo della cornetta:
era bassa e profonda, arrivava piano ma con intensità alle sue orecchie
e funzionava come una nenia ipnotica. Le capitava lo stesso effetto
quando lo sentiva cantare: nessuna voce le aveva procurato mai gli
stessi brividi o forse soltanto quella di Kurt perché Valentino
sembrava portarsi dietro lo stesso dolore.
In definitiva, avrebbe potuto parlare con lui una notte intera. E suonare con lui per molto, molto più tempo.
Ora, intendiamoci: non è che questi due fossero diventati
d'improvviso due amici intimi e molto teneri, tutt'altro. Valentino
era ancora solito prendere in giro Angelica con la stessa verve degli
inizi e Angelica sapeva ancora rispondergli a tono e mandarlo a quel
paese con altrettanta facilità. Ma qualcosa era cambiato tra di
loro,
come se quegli scherzi inizialmente irrispettosi si fossero tramutati
ora nella testimonianza di una reciproca intesa e complicità:
Angelica e Valentino erano molto più affiatati di quanti essi
stessi potessero immaginare e non si trattava soltanto della musica.
Nella loro diversità - Valentino così scostante, Angelica
così agguerrita e tenace - molte cose li accomunavano:
s'incastravano l'uno nell'altra come pezzi di un puzzle, facce
diverse eugualmente deliziose della
stessa medaglia. Era sempre stato così, sin dal primo giorno in
cui avevano battibeccato. Peccato non se ne fossero ancora resi conto.
"Allora? Nervoso per il contest?"
Angelica riprese a parlare ciarlando sul primo argomento che le era venuto a
tiro, tanto per rompere lo strano silenzio creatosi d'improvviso tra
loro.
"Mmm...no." rispose lui, di rimando.
"No?"
"No, non abbiamo niente da perdere. Non ho motivi per sentirmi nervoso."
"Uhm..."
Angelica si alzò dal letto e prese a girovagare per la stanza.
Strusciò con le dita le coste dei libri disposti
disordinatamente sullo scaffale e lesse qualche titolo tra le
musicassette e i vinili che Valentino teneva sparpagliati tra scrivania
e libreria: Motorpsycho, Smashink Pumpkins, Flaming Lips, Beatles.
"Non sapevo ti piacessero i Be..."
"Tutto okay, Angelica?"
"Cosa?" si voltò di scatto, perplessa. Non comprendeva il motivo di quella domanda.
"Hai la faccia strana oggi."
"Grazie, eh." rispose con una smorfia.
"Non intendevo dire che fossi brutta. Non più del solito, almeno."
Una maglia arrotolata e un paio di calzini raccattati dal pavimento lo
colpirono in piena faccia: si limitò a ridere mentre se ne
liberava.
"Cretino."
"Permalosa. Allora? Che c'è? E non dirmi niente perché non ti credo."
Angelica sospirò rassegnata: come diavolo faceva Valentino a decifrarla con tanta facilità?
Tornò ad accomodarsi nelle sue vicinanze, scivolando ai piedi
del letto. Vale la guardò con la coda dell'occhio, attendendo
ciò che lei aveva da dirgli.
"Francesca..."
"E' arrabbiata perché oggi non hai provato con loro?"
Annuì.
"Mi ha chiesto di scegliere."
"Tra Delay e Scarlett?"
"Già."
"Sapevo che te l'avrebbe detto."
"Lo immaginavi?"
"Sì. Ha resistito anche troppo."
"E cosa dovrei risponderle io, adesso?"
Valentino alzò le spalle.
"Quello che ti senti, Angie. Non posso decidere io per te né
suggerirti nulla. Per parte mia, posso dirti che ho smesso di cercare
un nuovo bassista molto tempo fa... ma è ovvio che questo non deve
influenzare la tua scelta."
Angelica non rispose ma non poté fare a meno di sorridere: amava
sentirselo dire che era l'unica bassista dei Delay, quella giusta.
"Vale!"
Prima che potesse riaprir bocca, Marzio aveva fatto la sua comparsa sulla porta della camera del fratello.
Sulle spalle portava una custodia morbida per chitarra. L'aveva riconosciuta subito.
"Ah, sei qui...finalmente."
"Zio c'ha messo più tempo del previsto."
"Okay...andiamo a provare, allora. E' già tardi."
"Ti sei dato alla chitarra? Lasci la batteria?" domandò ironica Angelica passando accanto all'amico.
Marzio non rispose - dialogare non era proprio il suo forte - ma
ridacchiò mentre Angelica lo sorpassava, sfiorandogli una
spalla. Scambiò anche un'occhiata col fratello e questi
accennò a una smorfia divertita che, tuttavia, la ragazza
non comprese.
Quando raggiunsero la rimessa e si sistemarono per le prove erano
già passate le sei. Angelica guardò fuori dal finestrone,
verso il cielo ancora chiaro: per quanto le giornate si fossero
allungate non avrebbe comunque potuto prendere l'autobus per ritornare
a casa sua; le seccava dar fastidio, ma avrebbe dovuto chiedere a
Valentino il favore di riaccompagnarla ancora una volta. Ringraziando
il cielo, l'amico l'anticipò, evitandole la noia di apparire come
la rompiscatole di turno.
"Tranquilla per l'orario, Angie. Ti ci porto io a casa."
"Grazie, Vale. Ma com'è che hai fatto così tardi,
Marzio?" domandò all'indirizzo dell'amico che stava
accordando la propria batteria.
"Avevo da fare."
"Sti cazzi, questo lo sapevo già..."
"Mi sembri scocciata: rispondi ancor meno dolcemente del solito, oggi." commentò di nuovo Valentino, ridendo.
Angelica lo guardò di traverso.
"Sì,sono scocciata. Non ha molto senso provare con la mia chitarra fingendo che sia un
basso, Vale. Vorrei avere abbastanza soldi per comprarmene uno mio..."
spiegò, commiserando la sua Fender.
Per quel giorno, Giulia non aveva acconsentito a prestarle il proprio
basso, per ovvie ragioni: nel pomeriggio anche le Scarlett provavano.
Stavano provando e lo stavano facendo senza di lei, con Francesca
che oltre a cantare avrebbe anche suonato al posto suo.
Il basso serviva a Giulia, quindi, e lei aveva dovuto ripiegare
sulla propria chitarra, adattandola - per quanto fosse
possibile - per l'occasione.
Si trattava di una situazione piuttosto complicata, a dirla tutta.
Valentino la osservò per qualche istante - la sua faccia
imbronciata era buffa ma molto graziosa - e sorrise, prima di indicarle
la custodia che Marzio aveva abbandonato presso la porta d'ingresso.
"Scusa, sono un po' incasinato... potresti allungarmi tu quella
chitarra? Grazie." le chiese gentilmente, cambiando d'improvviso
discorso. Angelica non vi diede troppo peso.
"Ma allora è tua! E' nuova? Che cos'è?"
"Apri e lo vedrai."
Angelica non fece domande e neanche s'incuriosì troppo per lo
strano modo di fare di Valentino - lui era sempre strano -
cosicché poggiò la Fender contro un amplificatore e,
scavalcando i cavi, raggiunse facilmente la custodia. Ma quando
lasciò scorrere la zip non fu il manico di una chitarra quello
che venne fuori dalla medesima custodia, nossignore.
Si trattava di un basso.
Un meraviglioso...
"Rickenbacker 4003 del '90. E' di nostro zio, l'ha comprato qualche
anno fa ma in pratica non lo suona mai perché preferisce i Music
Man. Te lo presta volentieri, è tutto tuo."
Angelica perse la favella. Non le sembrava vero: aveva davanti un
meraviglioso Rickenbacker, rosso, lucido e favoloso e quel
Rickenbacker...era suo. Tutto suo. Giulia l'avrebbe invidiata
tantissimo: il suo era un Epiphone, niente a confronto in pratica!
"Ma tu...voi...vostro zio..."
"Gna - gna - gna. Stai cercando di ringraziarci, Angie?"
Lo guardò ridendo, anziché tirargli in faccia qualcosa
come suo solito, troppo felice e sorpresa per essere violenta.
"Siete sicuri che vostro zio non lo voglia?"
"Angelica" esordì Marzio "non ricordava neppure dove l'avesse
ficcato! Per questo c'abbiamo messo tanto tempo per trovarlo e ho fatto
tardi. Fidati, non gli serve." concluse, prima di tornare a occuparsi
della sua batteria, richiudendosi in quel mutismo che era ormai
familiare persino a lei.
Angelica si rialzò dal pavimento, portando il suo nuovo basso
con sè: non attese oltre per imbracciarlo e collegarlo
all'amplificatore. Le sembrava perfetto tutto, dalle corde alla
tracolla: era un gioiello.
"Bene...allora se siamo pronti iniziamo. One, two..."
Valentino cominciò ad arpeggiare sulla sua chitarra,
avvicinandosi al microfono. Angelica riconobbe la linea melodica della
canzone e immediatamente prese a seguirlo: non aveva mai suonato prima
su quel basso eppure le veniva semplice tanto era comodo e funzionale,
oltre che bellissimo. Si sentiva felice, soddisfatta. Si sentiva
realizzata come mai le era accaduto prima con uno strumento che non
fosse la sua chitarra.
Adesso aveva un basso tutto suo. Per davvero.
Era una bassista ed era la bassista dei Delay.
Alzò lo sguardo mentre Valentino cominciava a cantare: teneva le
palpebre abbassate lui, già perso in quella dimensione fuori dal
mondo che soltanto la musica sapeva creare. Ma Angelica cercò
ugualmente i suoi occhi scuri e li cercò perché era certa
che se quel basso si trovava ora fra le sue mani lo doveva soltanto a
lui.
Quasi se lo immaginava, mentre pensava a quello strumento che suo zio
neppure più considerava, al fatto che avrebbe potuto suonarlo
lei. Se lo immaginava mentre s'ingegnava per regalarglielo, mentre
parlava con lo zio, convincendolo a cederglielo, mentre spediva Marzio a
prenderlo in gran segreto per farle una sorpresa.
Valentino si era preoccupato per lei e per lo stesso motivo si era
adoperato finché quel Rickenbacker non era giunto nelle mani
della sua amica. Per renderla felice. Per renderla a tutti gli effetti
la bassista dei Delay.
Quasi si commosse a pensarci.
Dunque, cercò ancora gli occhi di Valentino e seguitò a
farlo finché non li incontrò: due iridi scure che la
guardavano e forse guardavano altrove.
"Grazie" sillabò piano, continuando a suonare.
Valentino non rispose ma sorrise, mentre cantava, e, scuotendo la testa le fece segno di no, che non ce n'era bisogno.
Perché quel basso era un regalo che aveva scelto per lei e non
necessitava del suo "grazie": gli era semplicemente venuto dal cuore.
***
L'otto di giugno la scuola chiuse i battenti e Angelica fece ciao
ciao al suo quarto anno di liceo con un sospiro sollevato. La settimana
successiva Alfredo - il custode - attaccò l'elenco dei promossi
in bacheca, con i relativi voti; quando Angelica raggiunse il cortile
scolastico in sella alla motoretta di Katia questo era già pieno
zeppo di studenti di ogni anno, intenti a esaminare il verdetto
finale. Quelli che avevano già adocchiato il proprio risultato
ricevendo delle buone notizie avevano il viso disteso e ridacchiavano
con i propri compagni. Qualcun altro mostrava quella che Angie definiva
"la faccia verde" e forse pensava già a come
giustificare ai propri genitori il fatto di dover ripetere lo stesso
anno, magari per l'ennesima volta.
Angelica si sentiva tranquilla: non era la prima della classe - e
neppure le interessava diventarlo - ma tutto sommato se la cavava a
scuola, fatta eccezione per la matematica. Quella era l'unica materia
che le dava l'ansia.
"Se mi hanno bocciata o rimandata in qualche materia mio padre mi
farà vedere le stelle." Katia assicurò il motorino con la
catena, prima di avviarsi verso i tabelloni. Un po' le faceva male lo
stomaco. Angelica la seguiva a ruota: aveva lo sguardo sicuro e puntava
dirtta davanti a lei: in realtà se la stava facendo sotto.
"Non sei l'unica, fidati" le rispose pensando che se fosse stata punita
dai professori suo padre le avrebbe di certo sequestrato la
chitarra. Più importante di tutto, le avrebbe sottratto il basso
e impedito di suonare con i Delay: non poteva permetterselo.
Si fecero largo tra la folla a forza di spinte e permessi urlati a gran
voce. Sembrava di stare a un concerto rock con tutto quella gente che
ronzava loro intorno.
Di lontano scorsero Silvia - la bella Silvia dai boccoli chiari -
mentre parlava con qualche amica sconosciuta, forse ragazze di altre
sezioni; stranamente, intorno a lei, non c'era traccia di Stefano quel
giorno.
Davide, poco distante, civettava con alcune studentesse di seconda
superiore: ovviamente era il suo hobby preferito. Angelica
ringraziò il cielo che non l'avesse ancora adocchiata - in quel
caso avrebbe tralasciato le altre e sarebbe corso a corteggiarla nei
suoi soliti modi da imbecille - e proseguì oltre.
Quando giunsero ai tabelloni, sospirò.
"Guardo io per entrambe?"
"Sì, guarda tu." rispose Katia, la faccia più pallida di quella di un fantasma.
"Okay."
Allungò il collo verso quell'enorme foglio bianco, chiazzato di
una moltitudine di piccoli caratteri neri; sembrava così
innocente, così immacolato! In realtà decretava con
crudeltà il loro destino di giovani studentesse e Angelica
sapeva di
odiarlo.
Con calma, comunque, lasciò scorrere l'indice lungo la teca di
vetro che lo conteneva, fino a trovare la sua sezione, poi il suo anno
scolastico. Tra i nomi degli studenti della propria classe,
individuò prima quello di Katia.
Katia Di Gustavo: promossa.
Promossa senza alcun rimando e con uno strabiliante sette in matematica: l'amica era più brava di lei in quella materia.
"Katia! Sei salva!" urlò per farsi sentire tra la gente, verso
l'amica rimasta indietro di qualche passo. La vide osservarla ad
occhi sgranati, poi sorridere, ridere e infine saltare piena di
entusiasmo, lanciando gridolini senza senso.
"Dai, dai, controlla anche per te!"
Angelica annuì prima di tornare a guardare il tabellone.
Salvati Angelica, Salvati Angelica.
Salvati Angelica.
Promossa.
Avrebbe pianto di gioia se non fosse stato così terribilmente non punk.
L'insegnante di matematica le aveva regalato la sufficienza: che evento straordinario!
"Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta!" gridò senza ritegno, prima di
correre ad abbracciare Katia. Saltellarono per l'androne scolastico,
tenendosi allacciate per le spalle, e i presenti risero forte mentre le
chiavi che Angelica teneva appese alla sua catena tintinnavano fastidiose.
Avrebbero continuato a saltellare stile pagliacci del circo Orfei
ancora per molto se a un certo punto Katia non fosse incespicata
trovandosi davanti l'esile figura di una ragazzina.
"Ma che cavolo, non vedi che..."
"Giulia!"
Angelica lasciò di colpo Katia, mentre guardava in faccia la sua
amica bassista, e la ragazza finì col bel sederino dritto sul
pavimento: prese a smadonnare Angelica in tutte le lingue del mondo.
Si volevano bene per davvero, niente da dire.
"Ciao Angie.Katia..."
"Ciao..."
Katia appena accennò un saluto con la mano, standosene ancora spalmata per terra.
"Promosse?" domandò Giulia con un sorriso. Sembrava un tantino
imbarazzata ma conservava sempre la sua proverbiale dolcezza.
Forse Giulia era l'unica che ancora le riservava un trattamento da
amica: con Anna e Francesca i rapporti, negli ultimi tempi, si erano
inevitabilmente raffreddati. La vocalist non le perdonava il fatto di
aver preferito i Delay alle Scarlett Guns in più di un'occasione
e Anna, che di Francesca era cugina e migliore amica, si era per forza di cose schierata dalla sua parte.
Davvero, le restava soltanto Giulia.
"Sì, promossa" rispose alla fine, tentando di sorridere a sua volta "Tu?"
Giulia frequentava il quarto anno del liceo scientifico, nel suo stesso edificio scolastico.
"Tutto okay. Ci prepariamo per il diploma."
"Così pare." commentò Angie lasciando scivolare le
braccia e battendo le mani ritmicamente, in un gesto imbarazzato.
Katia, al suo fianco, s'era rialzata da sola e, massaggiandosi il sedere, la guardava torva.
"Stasera inizia il contest con i Delay?"
"Domani. Domani sera."
"Ah, bene. Verrò a vedervi."
"Sul serio?"
Angelica guardò Giulia a occhi sgranati. Katia guardò di
nuovo Angelica e poi alzò lo sguardo al cielo, rassegnata.
"Grazie Giulia... Davvero."
"Figurati! Dimmi soltanto dove, con precisione..." rispose mentre un paio
di amici, dall'ingresso, chiamavano il suo nome invitandola a
raggiungerli.
"Al Rock Show."
"Okay! Ci vediamo al Rock Show domani sera allora. Adesso devo
andare... ciao Angie!" Giulia la salutò svelta, con un cenno
della mano, e corse spedita verso i suoi amici.
Angelica la fissò inebetita ancora per qualche istante. Katia le diede una scrollata di spalle.
"Sei una cogliona!"
"Oh ma che vuoi?"
"C'è da chiederlo? Quelle lì si stanno comportando una vera merda con te!"
Angelica apprezzava il fatto che l'amica fosse sempre dalla sua parte
ma stavolta sentiva che si stava sbagliando: era lei quella che si
stava comportando uno schifo. Era lei che aveva messo da parte le
Scarlett per i Delay.
Per Valentino.
"Guarda che sono io che le mollo tre volte su quattro."
"Okay, ma potrebbero mostrarsi un po' più comprensive."
Angelica diede in un'alzata di spalle.
"Sai che c'è Kat?"
"Cosa?"
"A Giulia voglio bene, è sempre molto carina con me."
"Sì, è stata carina, va bene. Ma sono sicura che divori tutte le cattiverie che Anna e Francesca dicono su di te!"
Angelica per un po' ci pensò su. Poi rispose:
"Anche se fosse? Io a Giulia devo un favore."
"Ossia?"
"Il suo basso. Se non me l'avesse prestato le prime volte io neanche c'avrei mai suonato con Valentino."
...con Valentino.
Katia le rivolse un sorrisetto.
"Non avresti mai suonato...?"
"Nei...nei Delay!" si corresse subito, un po' imbarazzata.
"Sì, sì... ho capito. Vabbè, grazie Giulia per
averle permesso di suonare con Valent..." Katia prese a urlare per
l'androne, prendendola in giro. Angelica le saltò addosso,
tappandole la bocca: per poco non ruzzolarono entrambe per terra. La
gente intorno a loro rideva, chi le conosceva era abituato a questi
loro modi di fare un po' buffi.
"Ma la smetti?!"
Katia s'era fatta paonazza nello sforzo di ridere.
"Calma, calma Angie! Se mi uccidi non torni più a casa!"
"Sti cazzi! Mi frego le chiavi del motorino e ci torno comunque!"
"Ingrata! Adesso finiscila, andiamo a dare la buona novella in famiglia
e poi di filato da Luca... Dai che ci porta ai mercatini!"
"Va bene... ma niente più allusioni!" l'ammonì, lasciando la presa sulle spalle dell'amica.
"No, per carità Angeluccia mia... e chi allude a niente? Tanto
non c'è più nulla cui alludere, sei un libro aperto."
rispose infine Katia allontanandosi veloce verso l'uscita. Forse temeva
un nuovo attacco alle spalle ma per questo non c'era da preoccuparsi:
Angelica, intontita, se ne stava
infatti ancora immobile al centro dell'androne scolastico mentre sciami di
ragazzi dai 14 ai 18 anni si muovevano convulsamente intorno a lei.
Si chiese quale fosse il significato nascosto dietro le parole dell'amica.
Si chiese perché, per lei, fosse stato un libro aperto. In che senso? Riguardo Valentino?
Che c'entrava Valentino?
La risposta a quelle domande non ce l'aveva e neppure le venne in mente di chiedere a Katia, poi.
Le faceva un pochino paura sapere.
***
"Dovrei rifarmi la tinta..."
"Stai parlando con me?"
Angelica si scosse e si voltò di scatto, dicendo addio alla sua immagine che la fissava beffarda dallo specchio.
Valentino le stava a due centimetri di distanza e per poco non gli colpì il petto con il gomito.
"La smetti di mettermi paura?!"
Valentino alzò le spalle.
"E chi voleva metterti paura? Parlavi da sola, mi chiedevo se fosse tutto okay. Scusa eh..."
"Non parlavo da sola! Cioè sì... Stavo considerando che
dovrei farmi la tinta... ma che ne vuoi capire di queste cose?!"
"Effettivamente dovresti, ti si vede troppo la ricrescita!"
esclamò Marzio, entrando piuttosto trafelato, mentre trasportava
avanti e indietro pezzi della sua batteria. Angelica lo guardò a bocca spalancata.
"Ma tu non sei quello che non parla mai?"
"Beh, quando ci vuole, ci vuole!" rispose lui tornando fuori.
Angelica era sbigottita.
Vale, alle sue spalle, tentava malamente di nascondere una risata.
"Potrei ritenermi offeso, lo sai? Se fossi stato io al posto di Marzio mi avresti già lanciato qualcosa dietro."
"Con Marzio non mi riesce... è troppo silenzioso. E non siamo così in confidenza."
"Quindi stai dicendo che con me ti riesce perché siamo più amici?"
Lo guardò nascondendosi dietro un lungo ciuffo di capelli per metà biondo cenere.
Adorava metterla in imbarazzo, era evidente.
"Allora?"
"Sì." mormorò appena.
Valentino le sorrise: era di buon umore.
Poi, prima di uscire e senza aggiungere alcuna parola, si abbassò appena lasciandole un bacio sulla guancia.
Probabilmente era il suo modo per ringraziarla della fiducia. E del fatto di essergli amica.
Angelica, dal canto suo, si paralizzò letteralmente.
Marzio che chiacchierava, Valentino che si prodigava in baci e gentilezze... che avevano tutti?
"Sta storia del contest li sta facendo impazzire..." borbottò
tra sé e sé, aggiustandosi il cinturone borchiato.
In realtà era felicissima: Valentino non le aveva mai dato un
bacio sulla guancia.
Perché poi fosse così felice, non lo sapeva proprio.
E tanto per riallacciarsi alle allusioni stupide di Katia neppure voleva saperlo: aveva altro a cui pensare.
Quella del 16 giugno 1996 era una sera importante per loro: i Delay
partecipavano al loro primo contest serio e, soprattutto, per la prima
volta si presentavano nella nuova formazione con Angelica al basso.
Valentino aveva scovato il concorso quasi per caso, spulciando
avidamente una bacheca di annunci al Laboratorio Okkupato '89 di via
dei Mille, unico centro sociale della zona dove, di tanto in tanto, lui
e Angelica amavano andare ad annoiarsi. Così l'aveva trovato, un
manifesto colorato pieno zeppo di frasi sconnesse, dove l'unica cosa
ben comprensibile era scritta a caratteri rossi:
Rock Music Contest
le iscrizioni sono aperte!
Ah, anche un'altra cosa era ben comprensibile: la quota di partecipazione.
Ventimila lire a componente: Angelica aveva dovuto far raccolta delle sue paghette settimanali per permetterselo.
In ogni caso si era trattato proprio di un gran colpo di fortuna:
Valentino non se l'era lasciato sfuggire neppure per sogno, anche
perché qualcuno gliene aveva già parlato in passato di
quella manifestazione come di una cosa piuttosto seria: il premio
finale prevedeva addirittura la registrazione di una demo da cinque
pezzi, mica poca roba. Inoltre, si trattava di una faccenda talmente
ben organizzata
che, in quanto iscritti al contest, a ogni partecipante veniva perfino
fornito una
specie di sgabuzzino - munito addirittura di uno specchio
scrostato e crepato su di un lato - dove cambiarsi e fare le eventuali
ultime prove. Una specie di camerino, in pratica. Beh, il Rock Show
poteva permetterselo: era davvero un locale gigantesco.
Alla serata partecipavano molte band, gente con una certa
esperienza, tutti maggiorenni e comunque molto più grandi di
loro tre. Marco, il bassista dei Rodies con cui Angelica aveva parlato
un'oretta
prima - aveva un basso fighissimo, costruito in liuteria, e lei non era
riuscita a trattenersi dal fargli un sacco di complimenti per
quel gioiellino - le aveva detto di avere ventiquattro anni quasi.
Angelica ne aveva solo diciassette. Era la più piccola.
Tutti e tre loro erano i più piccoli: praticamente erano
spacciati. Con la loro scarsa conoscenza in fatto di palchi, live e
competizioni li avrebbero fatti fuori in cinque minuti.
Angelica sospirò, stirandosi la gonna di jeans scuro con la mano: forse era l'unica veramente nervosa nel gruppo.
Valentino stava discretamente, aveva perfino canticchiato nel tragitto
fino al Rock Show. Marzio sembrava appena meno taciturno del solito e
per tutto il tempo non aveva fatto altro che scambiarsi pareri musicali
col famigerato zio Clash che li aveva accompagnati fin lì.
Finalmente Angelica l'aveva conosciuto: si chiamava Paolo ed un tipo simpatico, sulla
quarantina, dai capelli brizzolati, la giacca elegante e qualche
tatuaggio che spuntava da dietro il collo. Era riuscita anche a
ringraziarlo per il basso e lui aveva sorriso in risposta.
Poi il buio. Perché quella che non aveva più saputo
spiccicare parola in auto, mentre si dirigevano allocale,era stata
proprio lei: la loquace, insopportabile, provocatoria Angelica.
Se la stava facendo sotto per la paura... eppure non era la prima volta che suonava davanti a qualcuno!
Tuttavia era quella la sua prima, vera esibizione con i Delay. Tutti i
precedenti live con le Scarlett non contavano: la sua esperienza come
bassista in un gruppo tutto nuovo aveva un altro sapore, quasi le
faceva dimenticare di essere una musicista a tutti gli effetti
già da diversi anni. Con i Delay il feeling era diverso,
più intenso: quando smettevano di suonare Angelica puntualmente
si sentiva prosciugata. Però era una bella sensazione, sperava
di essere in grado di comunicarla agli altri.
Non volevano vincere loro tre, no davvero: si accontentavano di passare
qualche selezione, giusto per farsi conoscere un po'. Ma sarebbero
stati in grado di mostrare quel che si portavano dentro? Di far
comprendere al pubblico tutto quel che erano diventati in così
pochi mesi?
L'idea della mancata esternazione per Angelica era un tarlo fisso.
Potevano pure permettersi qualche stecca, ma non potevano permettersi di
apparire insipidi o banali o già visti. Avevano qualcosa da
dire, qualcosa di importante da dire: tutti avrebbero dovuto saperlo.
Se poi riuscivano pure a non sbagliare tempi e accordi tanto di guadagnato.
"Angie?"
La voce di Valentino la scosse, improvvisa.
"Uh?"
"Vieni. Fra poco tocca a noi."
"D'accordo. C'è gente fuori?"
"Un casino." rispose lui, prima di sparire oltre la porta.
"Che culo." commentò ansiosa Angelica, dandosi un'ultima
occhiata allo specchio. Un'occhiata compiaciuta, dopotutto: magari
avrebbe dovuto rifare la tinta, ma la minigonna e le calze strappate le
stavano da dio.
***
"Ora, una new entry del nostro concorso: un applauso ai Delay!"
Le luci nel locale si abbassarono e il pubblico cominciò ad
applaudire. Angelica si guardò spaesata: nessuno le aveva detto
che sarebbe stato così... così grandioso.
Pensava si trattasse di una cosa più tranquilla, magari
più intima. Certo non si sarebbe aspettata tanta gente e un
presentatore, per giunta!
Qualcuno fischiò alle sue spalle.
Si voltò, incontrando lo sguardo esterefatto di Marzio. Lui, di tutta risposta, diede una scrollata di spalle.
"E' strabello" ammise, reggendo più forte le bacchette.
Annuì, ma di nuovo sentì il cuore scoppiarle nel petto.
"Oh merda..." commentò tra sé e sé, agitata. Non se lo aspettava, proprio no.
Tra il pubblico riconobbe la faccia allegra di Katia che la salutava,
agitando la mano dal tavolino dove aveva trovato posto. Accanto a lei
c'era Luca - lo riconosceva dai capelli lunghi sparsi sulle spalle.
L'altra gente presente non l'avrebbe individuata, non da quella
distanza e con quelle luci.
Poco distante da lei, poggiata al muro, se ne stava Giulia con Carlo,
il suo ragazzo. E poi la vide: Francesca. Aveva le braccia incrociate e
uno sguardo così serio che per poco non si sentì come una
ragazzina alle prese con un'insegnante poco accomodante.
Sapeva perché aveva quell'espressione: la stava scoprendo
fin troppo parte dei Delay. Perché Angie stava per esibirsi con
qualcuno che non fossero le Scarlett e si sentiva tradita pubblicamente.
Abbassò la testa, respirando a fondo. Chiuse nervosamente le
mani in due pugni lasciando scricchiolare le dita e si morse un labbro.
"Merda, merda, merda..."
Aveva davvero voglia di scappare.
Fu allora che la chiamò.
Valentino.
Si sporse appena verso di lei, mentre fingeva di sistemare
amplificatore e pedali. La chiamò sottovoce e poi le
sfiorò una gamba nel rialzarsi, per ottenere la sua attenzione.
Angelica trasalì.
"Angie..."
Si avvicinò a lui, fingendo di mostrargli un giro di basso prima di cominciare.
"Che c'è?" domandò un po' ingenuamente.
"Niente paura, capito? Andrà tutto alla grande. Sei la migliore bassista che io conosca."
La miglior bassista che io conosca
...Bum.
Se l'intento di Valentinoera quello di calmarla, fallì miseramente.
Perché il cuore della povera Angelica prese a battere con
più furia di prima, se possibile. Era una donna del punk, ma non
una
donna priva di emozioni o sentimenti.
Tuttavia... tuttavia quelle parole la riempirono anche di orgoglio. E di gioia.
Dunque, Valentino credeva in lei e nel suo talento.
Valentino era felice che fosse la sua bassista.
E, ancora, Valentino sapeva che sarebbe andato tutto okay. Non c'era
nulla da temere, lei era brava e avrebbe suonato come neppure Courtney
Love avrebbe mai saputo fare.
Valentino si fidava di lei e questo l'aiutò a fidarsi di se stessa a sua volta.
Non poteva essere agitata: l'ansia avrebbe potuto indurla a sbagliare e
non poteva permetterselo. Avrebbe dovuto dare il meglio di se stessa e
aiutarli a vincere: lo doveva al suo amore per la musica, ai Delay,
allo stesso Valentino che mai le aveva fatto mancare il proprio
appoggio.
Per cui annuì, come se avesse recepito e condiviso le parole
dell'amico. Certo, era un po' imbarazzata e le guance erano sfumate di
rosso: ma sotto le luci nessuno l'avrebbe mai notato e quell'ultima
testimonianza della sua agitazione sarebbe presto scomparsa senza
lasciare traccia.
"Andrà tutto bene" ripetè, dimenticando l'ansia "... e tu sei il
miglior cantante che io conosca" concluse infine con un occhiolino.
Vale sorrise mentre tornava a voltarsi verso il pubblico.
Marzio, alle loro spalle, diede inizio alla performance picchiando le
bacchette l'una contro l'altra, prima di farle scontrare con la pelle
tesa dei tom.
Il suono dei primi accordi si propagò nell'aria rarefatta del
locale. Qualcuno tra il pubblico urlò: una voce femminile, forse
Katia.
Angelica chiuse gli occhi, respirò a fondo e lanciò la
testa all'indietro mentre le dita scorrevano veloci sulla tastiera del
basso. Era di nuovo nlla sua dimensione lontana e meravigliosa.
Così cominciarono a suonare i Delay e così - senza
saperlo e neanche sospettarlo - iniziarono ad incantare il pubblico che
li ascoltava mentre intonavano la loro prima canzone: Blue.
***
Il ritardo è sempre incommentabile... chiedo scusa. Tra
lavoro, piccoli problemini di salute, impegni vari e mancata
ispirazione ho impiegato più tempo del previsto.
Beh, spero vi ricordiate ancora di Blue ^^
Come al solito, buona parte di quel che ho raccontato nel capitolo
è successo veramente nella realtà. Anche all'epoca era il
1996, '97 al massimo.
Ringrazio Elle Sinclaire (mia Ellina <3) per aver betato il capitolo. Mi hai fatto divertire tantissimo, tesoro ;)
Passo a rispondere alle recensioni. Grazie se siete arrivate fin qui, grazie nel caso decidiate di lasciarmi il vostro parere :)
Matisse
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