Bip.. Bip. Bip.
E' questo il suono di un risveglio?
Cerco di aprire gli occhi, ma la luce è troppo forte. Mi
guardo intorno, provando ad abituarmi a tutto quel bianco.
Mi accorgo di essere sola. Bip.
Bip. Bip. In compagnia solo di quel ruomore
così lieve, ma assordante nella mia testa.
Finalmente i miei occhi si abituano alla luce, dopo esser stati
nell'oscurità per fin troppo tempo. Sono in un ospedale.
Tutto comincia a perdere significato,l'ansia si impadronisce di me.
Come ci sono finita, io, qui? Ma,soprattutto: Lui, dov'è?
Tutti i miei pensieri vengono interrotti dalla porta che si apre, nella
camera entra un'infermiera, alta, con capelli ed occhi neri come il
carbone. Mi sorride, ma non ricambio. "Finalmente si è
svegliata, signorina Gray! La stavamo aspettando." Si avvicina a me,
subito dopo queste parole, per sistemarmi meglio un cuscino dietro la
schiena.
Non ricordo nulla; è una sensazione orribile.
Senza che io chieda nulla, l'infermiera ricomincia a parlare. "Hai
preso una brutta botta, ma stai guarendo velocemente. Continua a tenere
duro." Non si aspetta una risposta, si allontana e con ancora un gran
sorriso,esce dalla camera.
Mio padre entra in camera, si vede lontano un miglio che non dorme da
chi sa quanti giorni. Mi sorride, stavolta ricambio. Si avvicina a me,
sedendomi accanto, e mi stampa un bacio sulla guancia. Mi sento in
imbarazzo, non so cos'è successo, mio padre non mi aveva mai
abbracciata o baciata prima d'ora ed io non sono esattamente il tipo di
figlia che tutti i genitori desiderano avere. Mi guarda negli occhi,
visibilmente commosso. Vuole dirmi qualcosa, lo capisco, dopo 17 anni
ho imparato a conoscerlo almeno un po'. "Ho avuto paura per te, Haley."
Sussurra,quasi con la voce spezzata da un imminente pianto. Mi stringe
ancora un po', poi finalmente mi lascia parlare. "Papà.. Ma
cosa è successo?" Chiedo, con la consapevolezza che la mia
domanda finirà col far aumentare le sue preoccupazioni. Ho
bisogno di sapere.
Passa qualche secondo, non accenna a rispondere; abbassa lo sguardo e
non so come interpretare quel comportamento. "Ti avevo impedito di
vedere Mark. Sei corsa via e.. Un auto ti ha preso in pieno."
Rimango immobile, stavolta quella a non avere parole sono io.
"Lui è qui." Continua mio padre, distraendomi dai miei
pensieri su quell'incidente che io non ricordo assolutamente. Gli occhi
mi si illuminano, cerco con lo sguardo Mark fuori dall'unica
finestra che ho in quella triste camera, non riesco a vederlo.
Papà si alza, mi dà un ennesimo bacio e lascia il
posto accanto a me vuoto.
Resto da sola, per almeno 10 minuti. Finamente qualcuno apre la porta:
riconosco i capelli scuri di Mark. Gli sorrido, stavolta sono io la
prima a farlo. Entra lentamente, chiudendosi la porta alle spalle.
Sospira di sollievo e si avvicina a me.
Stesso gesto, ma significato diverso. Lo vedo sporgersi verso di me,
poggia le labbra sulle mie, per un lieve bacio. Mimo un 'grazie'
quando,lentamente, si allontana da me e si siede su una poltrona nera,
posta lì accanto.
Aspetto per un po', mentre il monitor che segna i battiti del mio cuore
comincia lievemente ad aumentare.
Era la presenza di Mark.
Non mi parla. Un'aria dispiaciuta segna il suo viso. "Cos'hai?" Chiedo,
timorosa.
"Nulla. Per un attimo ho avuto paura di non rivederti mai
più." Ribatte, ma non gli credo. Son sempre stata
più brava di lui a mentire. Suo fratello, Josh, diceva
sempre: "Potresti vivere mille vite, ma ancora non lo meriteresti."
Mark era una delle persone più dolci che si potessero
incontrare sul pianeta. Aveva fatto tanto per conquistarmi, mi aveva
corteggiato e fatto sentire davvero desiderata. Io ero quella
più complicata.
Dopo il matrimonio fallito dei miei genitori, semplicemente non ci
credevo ad una storia d'amore da favole.
"Sicuro di star bene? Mi sembri.. Strano." Ammetto, infine. Lui mi
lancia un'occhiataccia, so che sta per cambiare argomento e non lo
fermo. Ne parlerà quando ne avrà voglia, o quando
io sarò in condizioni migliori.
"Devo.. Devo fare una cosa, torno tra poco. Non ti lascio sola." La sua
espressione cambia improvvisamente, ha un'aria più
sicura,adesso. Mi stringe la mano per un attimo, accennando
un sorriso per niente convincente.
Lo guardo uscire dalla camera dell'ospedale e,per un attimo, ho come la
sensazione di ricordare qualcosa.
Un deja-vù che non riesce a farmi mettere a fuoco la scena.
Scuoto lievemente la testa e chiudo per un attimo gli occhi. Quando li
riapro ritrovo le stesse luci accecanti che ormai accomapagnano ogni
mio risveglio, c'è una differenza,stavolta. Non sono sola.
Due o più medici girano attorno al mio letto, non riesco a
distinugere le loro voci, immagini sfocate si susseguono fino a
diventare nero. Ogni voce si spegne lentamente e oso chiedermi se
questo è l'inizio della fine, prima di perdere completamente
i sensi.
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