cap22
Ciao!! capitolissimo-issimo, quindi vi dico solo Buona lettura!!
CAPITOLO 22 – THE LAST STEP
Edward Cullen era nel suo ufficio a
compilare scartoffie per i test sull’ultimo prodotto di punta
della Guns’n Cullen.
Philip Dywer si era superato questa volta. Aveva creato un piccolo
capolavoro di ingegneria in pochissimo tempo, riuscendo a rispettare i
termini posti da consiglio. Edward ne era ovviamente soddisfatto.
Quando il vecchio signore era entrato nel suo ufficio per dargli le
chiavi della camionetta, lui e Edward avevano avuto una lunga
conversazione su Isabella. Philip non l’aveva più
vista negli ultimi due mesi e al suo posto c’era un’altra
ragazza.
“si è presa un periodo di pausa. Le serviva.”
“che è successo dopo che ha scoperto tutta la
verità? Ah, io lo avevo detto a Charlie che era una pessima idea
vendere l’azienda di famiglia e rintanarsi come un coniglio
braccato in quel paesino sperduto.”
Edward non sapeva come rispondere. Era stato lui ad accompagnare
Isabella in carcere per incontrare la donna che le aveva tolto la
madre. L’aveva accompagnata ma lei aveva voluto che non entrasse
nella stanza. Era rimasto ad aspettarla fuori quasi un’ora in
compagnia del procuratore suo amico.
Fu salvato in extremis dal telefono che squillava: era un socio anziano
che voleva notizie. Promise a Dywer di riferirgli un giorno tutto
quello che sapeva, se prima non si faceva viva con lui la nipote.
Perché Edward Cullen sapeva molto più di quanto avrebbe voluto confessare.
Sapeva quando Isabella era scossa dopo l’incontro con
l’assassina, anche se non aveva mai saputo cosa la donna le
avesse detto in privato.
Sapeva quanto dolore la sua segretaria stava provando e come stava
provando a ricostruire quella che per quasi venticinque anni era stata
la sua vita e il suo mondo. Isabella stava ricostruendo tutti i
tasselli della sua identità.
Guardò per l’ennesima volta la sua cartella di posta
elettronica. Fece ricaricare la pagina e finalmente il numerino della
casella “posta in arrivo” si aggiornò: un messaggio nuovo non letto.
Edward si fiondò come un falco, il suo contatto quotidiano con
Bella era arrivato. Da quando se ne era andata, si scrivevano mail
dettagliate sulle loro giornate e di come si sentivano. Erano lontani
ma vicini...Ormai era tardi per affermare da parte di entrambi che
quello che avevano vissuto li avesse fatti rimanere due estranei.
Di sicuro erano amici...
Lettore tu sai come vanno queste cose. Dai tempo al tempo e forse
vedrei che anche Edward e Bella capiranno che ci sono cose che vanno
oltre l’amicizia e che per non morire nella perfetta indifferenza
devono evolvere in amore.
Caro Edward,
ogni volta che ricevo una
tua mail, la stampo e la rileggo più volte perché ogni
volta mi sembra che la mia vita sia ancora quella di inizio settembre,
quando ancora ti conoscevo solo come il mio capo ed eri un presuntuoso.
Ora ti do del tu e siamo amici. Non sei più il mio capo, quello
che mi faceva infuriare una mattina si e una no. Riesco a non essere
aggressiva come mio solito.
È bello e allo stesso tempo strano scriverti.
Ok, lo ammetto. Sto davvero lavorando sul mio caratteraccio. E sono contenta che tu in qualche modo sia riuscito a sopportarlo.
Edward sorrise. Lui adorava il suo caratteraccio e in molte mail
emergeva ma non questa volta. Sembrava una lettera molto più
intima rispetto alle altre. Continuò a leggere.
Confesso di portare i fogli
con le tue lettere nel piccolo zainetto da trekking con cui vado a fare
le mie escursioni; sono stropicciati da una bottiglietta d’acqua
e da barrette di cioccolato e ti verrebbe l’orticaria a vederli
ridotti in quello stato, maniaco dell’ordine come sei.
Essere a Forks non è
poi così male. Avevi ragione, mi serviva ritornare dove ero
cresciuta per ricordare chi sono veramente, chi sono dentro.
Stare con mio padre all’inizio è stato difficile, per non dire tremendo.
Ora in alcune occasioni mi
accompagna per i boschi, come se non conoscessi a memoria tutti i
sentieri. Pensavo che non lo avrei sopportato, non dopo tutte le bugie
e invece è stato quasi naturale.
Certo, inizialmente non gli ho rivolto la parola, come ben sai. Neanche per i boschi gli rivolgevo la parola.
Oh Edward lo sapeva. Anche se stava dal padre che l’aveva accolta
a braccia aperte, Bella non gli aveva riservato niente più di “buongiorno” e “buonanotte”. Isabella era terribilmente stronza quando voleva.
Aveva anche temuto che Charlie lo contattasse per sapere che cosa
passasse nella testa della figlia. Se lo immaginava con le mani nei
pochi capelli bianchi che gli erano rimasti.
Neanche per i boschi gli rivolgevo la parola e lui è stato
capace di rispettare i miei silenzi e di non pretendere troppo.
Sì, è stato davvero tenace, gliene do atto.
Camminavo e basta, come se fossi stata sola. È quello che faccio ogni giorno. Cammino, cammino e cammino.
L’altra sera mi ha sorpreso. Se ne è uscito con una
proposta assurda a cena. Voleva che incontrassi un prete o uno
psicologo, qualcuno che mi potesse aiutare a elaborare il mio lutto.
Un lutto di ben venticinque anni fa. Che differenza fa se ho scoperto
solo ora tutta la verità? Io ho sofferto a non avere una
madre...so come è morta. Mi ha protetto con il suo corpo.
Gli ho detto dell’incontro con Rosalie McCarty, è
sbiancato e ho temuto che svenisse. Tranquillo, non sa del tuo
coinvolgimento in quella visita in carcere.
Non mi serve nessun aiuto. Bastano i miei pensieri per farmi riflettere.
Non voglio alle costole un prete come quello che ci ha accolto in
carcere. Non voglio sapere che il perdono di Dio arriva dovunque per
cui anche io devo darle il mio perdono.
Non sono ancora pronta a farlo, ammesso che io sappia come si fa. Sono una persona molto rancorosa.
Sai cosa mi disse quel prete e che confermò anche il direttore?
Rosalie McCarty non aveva mai mostrato pentimento per il suo gesto.
Anzi, il suo unico rimorso è stato di aver ucciso mia madre e
non me. Il vero obbiettivo ero io e questo credo non lo sappia nemmeno
mio padre.
Forse l’unico motivo per cui volevo vederla, era leggere nei suoi
occhi che le dispiaceva, che quello che aveva fatto la tormentava
ancora la notte.
Questo forse mi avrebbe in qualche modo consolato.
Non è stata una gita di piacere e non mi ha accolto bene. Anzi.
Stava davvero per ripercorrere l’incontro con Rosalie McCarty,
colei che le aveva ucciso la madre in un vicolo sudicio di Seattle,
mentre Isabella era presente, addormentata nella carrozzina? Isabella
non ne aveva parlato, mai. Era rimasta per tutto il viaggio di ritorno
a New York in silenzio. Il giorno dopo aveva chiesto
un’aspettativa ed era partita per Forks.
Le sigarette che aveva
chiesto non erano di suo gradimento. Eppure era stata la sua unica
condizione per accettare l’incontro. Sapevo che mi stava
provocando, che voleva farmi saltare i nervi. E ci stava riuscendo con
quel sorrisetto sereno.
Quel sorrisetto non lo ha mai abbandonato. Lo ha tenuto per tutto il tempo del colloquio.
Come puoi essere sereno in carcere?
Devi essere in pace con la
tua coscienza se sorridi...e se lei è felice vuol dire che non
si è mai pentita di aver ucciso una donna.
Mi ha chiesto chi fossi, come se non glielo avesse detto il suo avvocato e non sapesse del mio arrivo.
Mi ha chiesto come stavo.
Mi ha chiesto come mi
sentivo ad essere la figlia di Charles Menton (ti ricordo che Swan era
il cognome della mia nonna paterna e che Charlie lo ha assunto quando
ha deciso di sparire).
Io non so ancora come ho fatto a guardarla in faccia e a chiederle la sua verità.
“la mia
verità?!” mi ha sbeffeggiato. “tuo padre non ti ha
indottrinato per bene su quanto successe? Io non sono il mostro che ti
ha tolto la mamma...”
Ha fatto apparire Charlie
come un uomo senza cuore che lavorava solo e che lo faceva per
guadagnare, senza curarsi di chi rovinava e mandava sul lastrico.
Niente di più lontano da quanto mio padre è stato ed
è per me. Ma se fosse stato davvero un uomo tanto insensibile
prima della morte di mia madre?
Ricordi cosa disse alla cena dai tuoi?
Il giorno della tragedia
lavorò attento come sempre solo a guadagnare più soldi
possibili. Era così concentrato che non si fermò nemmeno
a pranzo così sarebbe potuto tornare a casa prima quella sera,
dalla sua famiglia.
Ammettiamo pure che mio
padre non fosse un padre modello da premio dell’anno. Mia madre
quel premio, però, lo avrebbe vinto di sicuro se mi ha fatto
scudo con il suo corpo e a me è rimasta solo la cicatrice di un
colpo di striscio.
“perché?” le ho quindi chiesto soltanto.
Perché? Ora se lo chiedeva Edward. Perché
l’aveva lasciata sola ad affrontare quell’arpia? Edward si
stava maledicendo. Avrebbe dovuto proteggerla meglio. Avrebbe voluto
entrare con lei ma non glielo aveva permesso. Era una questione che
doveva risolvere da sola, disse.
“occhio per occhio.” Ha risposto solo.
Ha ucciso mia madre solo
perché Charlie l’aveva licenziata. Era un’impiegata
nella Shot Industries e rubava regolarmente ogni mese consistenti somme
di denaro.
Quando se ne accorsero,
Charlie la licenziò. O meglio lo fece qualcuno per lui...nemmeno
tu sai chi licenzi. L’amministratore delegato, nonché
proprietario di maggioranza, di una società con le SI (hai
notato che sono anche le mie iniziali?) ha altri pensieri che sapere
perché manda a casa la gente.
Comunque a quella donna poteva andare peggio, poteva essere denunciata e incarcerata visto che di prove ce ne erano.
Sai per chi rubava tutti
quei soldi, Edward? Li prendeva per il marito Emmett, gravemente malato
e bisognoso di cure. Charlie lo ha saputo solo al processo, non gliene
faccio una colpa.
Quando lui, la sua unica ragione di vita, morì, lei decise di rifarsi sulla mia famiglia.
È semplicemente impazzita, credo.
Si può impazzire
così per amore? Non lo so. Dopotutto credo di non aver mai
provato un amore del genere, ammesso che sia possibile visto che non ha
nulla di razionale e l’uomo è un essere senziente.
Tornando a noi e a quella
donna, credo che non sia riuscita ancora ad accettare la morte di
Emmett. Solo nel momento in cui nominò il marito, i suoi occhi
si riempirono di tristezza e di un qualche sentimento d’amore.
Per il resto fu un pezzo di
ghiaccio dal sorriso falso. Freddo e duro, impossibile da riscaldare
nemmeno con il fumo delle sigarette che fumava in continuazione.
Alla fine del suo racconto, mi sono alzata e l’ho ringraziata.
Ti rendi conto? Ho
ringraziato l’assassina di mia madre per avermi raccontato di
quel giorno, del perché lo ha fatto.
Vorrei odiarla con tutto il mio cuore e invece provo solo pena. Sono vicina al perdono allora?
In attesa di una risposta
continuo a camminare per i boschi di Forks. Mi danno un senso di pace e
di tranquillità che sicuramente mi manca. Così la notte
dormo, ripensando al profumo dei pini e della loro resina. Dormo
pensando ai prati e ai fiori.
Oh no. Non sto diventando un’hippy figlia dei fiori.
Sto solo cercando un modo
per non impazzire e non lasciarmi andare del tutto. Il sacco da boxe
che ho lasciato nel mio appartamento mi manca qui e non posso prendere
a pungi le querce secolari.
La mia partenza da NY
è un fatto grave anche se tu non lo ammetti. Ho lasciato te e il
lavoro come solo una persona poco seria può fare.
L’ultima frase fece ben sperare a Edward. Isabella sarebbe
tornata presto. La conclusione della mail invece fu una doccia fredda.
Ghiacciata.
Devo ancora mettere insieme alcuni tasselli della mia vita.
So di essere Isabella Swan, di essere cresciuta a Forks. Ho completato solo la prima parte del mio percorso.
Ci sono ancora ombre. Non su quello che sono stata a New York, infatti intrattengo ancora rapporti con te.
Ci sono ancora ombre su mia madre, vorrei poterla conoscere meglio ma mio padre si trincera dietro scontrosi silenzi.
Grazie di tutto, Edward. Ho
imparato che dopo Jacob potevo essere di nuovo felice anche con un uomo
vicino (dovresti aver capito ormai che voglio sempre bastare a me
stessa e che non sono mai a mio agio con gli altri, di qualsiasi sesso
siano).
Questa sarà la mia
ultima e-mail. Sei un vero amico, non ti preoccupare, non
sparirò nel nulla cosmico. Ho un viaggio lungo da intraprendere
e questa volta devo essere davvero sola.
A presto,
Isabella
Fu una doccia fredda anche se per
tutti i giorni che Isabella era stata lontana aveva temuto di leggere
“questa sarà la mia ultima lettera.” Sempre. E quel
giorno era arrivato. Conosceva Bella ed era cosciente che lei doveva
prendersi il suo tempo, anche se questo voleva dire che lei sarebbe
stata lontano da lui per un periodo non definito. Tuttavia si
sentì triste alla prospettiva di non sentirla per giorni.
Lo faceva stare meglio il pensiero che un giorno, sarebbe arrivata una
nuova mail in cui lei gli avrebbe chiesto di andare a prenderla. Ne era
assolutamente certo.
Edward stampò la lettera e la mise insieme alle altre nella
cartelletta nel cassetto della scrivania. Solo lui aveva la chiave di
quel cassetto e la conservava nel portafogli. Sfogliò il
contenuto di quella cartella senza nome. Isabella non era solo un nome
qualsiasi, era qualcuno che sentiva vicino al cuore.
Rilesse tutte le lettere che lui e Isabella si erano scambiati, le
copie del contratto d’assunzione di lei, firmato in calce da suo
padre e alcuni appunti che la sua solerte segretaria gli aveva lasciato
nei mesi in cui aveva lavorato per lui.
Il suo preferito era quello del rimborso spese per la sua colazione. La
signorina Swan aveva preso tanto del carattere forte e autoritario del
padre e lei forse nemmeno se ne rendeva conto.
Aveva raccolto più documenti possibili su quella vicenda e
Edward si ritrovò tra le mani anche il contratto firmato da
Charles Menton e Carlisle Cullen per la vendita a quest’ultimo a
un prezzo minimo della quota di maggioranza delle Shot Industries.
Edward dovette ammettere che il progetto era stato ben studiato. Le SI
sarebbero state fuse con la Guns’n Cullen che all’epoca era
una piccola società che produceva principalmente equipaggiamento
bellico e per la polizia.
Padre e figlia sarebbero potuti sparire lasciandosi tutto il passato
alle spalle. Charlie aveva depositato i soldi della transazione, della
vendita della casa e i risparmi su un conto da cui però
raramente attingeva soldi. Aveva scelto do cambiare radicalmente la sua
vita. La sua famiglia era stata da sempre una delle più
importanti di Seattle e dell’intero stato. Aveva scelto per sua
figlia una vita differente, fatta di sacrificio ma anche di amore,
lontano dall’odio che solo i soldi e l’avidità
possono causare.
Credeva di sapere perché il signor Menton aveva deciso di
abbandonare tutto. Non solo per lasciarsi quella tragedia alle spalle.
Charlie si sentiva come se a premere quel grilletto fosse stato lui e
non Rosalie McCarty. Era stato lui a uccidere la sua amata Renèe
perché aveva licenziato una persona bisognosa e ne aveva armato
la mano. Charlie Swan si sentiva ancora, dopo venticinque anni, ancora
in colpa e responsabile di quella tragedia.
Edward aveva trovato anche i documenti sull’università di
Bella e sulla borsa di studio con cui aveva potuto frequentare. Si
diede dello stupido per non averci pensato prima. Suo padre aveva
mantenuto la promessa e aveva aiutato Isabella a realizzarsi.
Una promessa che continuava ad assolvere da quando aveva dato la sua
parola, ovvero al cospetto degli avvocati per la cessione delle SI.
Aveva promesso di aiutare prima negli studi e poi nel lavoro la giovane
figlia dell’amico, ma senza fare favoritismi. Lei avrebbe dovuto
dimostrare di meritarsi tutto.
Il signor E. Cullen riprese in mano i documenti per quei test.
p.s dell'autrice: allora che ne
pensate? direi che i fili sono stati tirati. se ci sono alcuni fili
ancora pendenti, domandate, domandate, domandate e otterrete risposta!
=)
per le recensioni...risponderò il prima possibile.
vi lascio anche questa one-shot da leggere...ci tengo molto
perchè è stata creata una settimana fa per la giornata
mondiale contro l'omofobia: Che differenza c'è.
ciao!!!!
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