Parte seconda
No hero in her skies
Mi stacco dalle sue spalle,
fattesi improvvisamente roventi. O sono le mie mani che si sono agghiacciate?
Ghiaccio fuso nelle mie vene, lo sento persino nei capillari delle dita, del
naso e del labbra. Avanza sinuoso nel mio sangue, come un serpente dalla pelle
viscida e dalla testa triangolare. Animale a sangue freddo che si nutre del mio
già poco calore.
Faccio un passo indietro,
un altro ancora, e poi ancora un altro. Pansy parla, ma non la sento. Tutto
viene coperto da un ronzio forte ed assordante nelle mie orecchie. Vedo… grigio,
solo quel colore, l’assenza di ogni forma cromatica, persino il nero sarebbe
meglio. Forse l’iride dei miei occhi copre le pupille; evaporano i colori da
tutto, dai ricordi e dal presente, un quadro dalle tinte sbiadite dal tempo,
contorni incerti e macchie di luce, come fossero state bagnate dall’acqua.
Tutto non è altro che una serie di distorte immagini, Pansy, la mia stanza, il
mio riflesso. Ancora la mano sulla bocca, come se volessi vomitare, come se la
mia anima volesse scappare via. Draco sta cercando di scappare. Pansy mi
urla ancora qualcosa, ma è lontanissima. Lei è lontanissima.
Il fracasso nelle orecchie
aumenta a dismisura, la testa sta per scoppiare. Forse tra poco cadrò riverso
per terra in una pozza di sangue. Morto. È questo pensiero che mi fa prestare
attenzione al ronzio nelle orecchie. E c’è davvero tutto, stavolta. La sensazione
aveva il pregio di essere veloce, adesso è tutto sinistramente lento. Non passa
mai.
C’è tutto. Le parole sussurrate, quelle urlate,
quelle taciute, quelle aspettate, quelle temute, quelle soffocate, quelle
rimpiante, quelle sognate, quelle ilari. Quelle scivolate via, quelle che
pungono, quelle che fanno male, quelle che inquietano, quelle che fanno
arrabbiare, quelle che fanno ridere. Quelle baciate dalle sue labbra,
quelle schiacciate sulla sua spalla, quelle bisbigliate sui suoi capelli.
Quelle non dette… le parole non dette, contraddizione in termine. Non si
può non dire una parola. Eppure ci sono… ci sono ancora parole che le
voglio dire.
C’è tutto. E sento l’echeggiare dei suoi tacchi quadrati
sull’asfalto bagnato di una notte senza luna, sento l’incidere incerto, la
piccola insicurezza sulle gambe tornite fasciate dai pantaloni scuri, mentre se
ne va, avvolta dall’oscurità che ogni notte la porta da me.
E ancora sento il fruscio
delle sue labbra contro le mie, premere forte, aprirsi languide e richiudersi
veloce, il suo sapore di ciliegia, accarezzarle fino ad impazzire, fino a
sentirsi bruciato da un marchio insaziabile, la malattia di Re Mida, volere sempre
e non averne mai abbastanza.
E ancora ascolto il
silenzio dei suoi occhi, le onde dorate di luce che si accavallano l’una
sull’altra, mentre mi dice qualcosa di stupido, mentre ride, mentre mi dice che
ho torto marcio ed invece io le ripeto che ho perfettamente ragione, e alla
fine ha ragione lo stesso lei.
Ci sente inaffondabili,
fino al secondo prima dell’impatto con l’iceberg.
Ti glori di te stesso,
mostri i muscoli e i denti, sei invincibile, inaffondabile; ti ergi a re del
mondo sulla prua della tua nave, gridi al mare, urli al cielo, strepiti al
vento. Ti inebri di potere e sai che non finirà mai.
È impossibile che finisca,
niente del genere può finire. Dio non la conosce forse da miliardi di anni
questa sensazione?
Poi all’improvviso, sei
nell’acqua gelida, e non sai come ci sei finito. Anneghi fino alla gola, mille
lame nella carne, ghiaccio nelle vene più caldo del sangue. Rabbrividisci ed
annaspi, esule del paradiso, punito per la tua presunzione. Muovi le braccia e
cadi negli abissi, il respiro si taglia a fette, piangi e le lacrime si gelano
sulle guance, fanno male, rinunci all’idea di piangere. Non servirebbe lo
stesso. Raccogli ricordi e pensieri, e trovi carta bruciata dal mare. Si
sbriciolano nelle tue mani e non sei niente, solo un’ombra passata per caso su
questo pianeta. Hai pianto, hai gioito, hai vissuto in definitiva, e forse hai
anche amato. Ma questo non conta, sei meno della polvere, uno degli altri che
si illudono di aver avuto un qualche peso su questa terra. Il mare, il cielo e
il vento ridono urlanti di te.
Tutto ride adesso di me. Il
letto con il baldacchino, la dama nel ritratto, le tende di raso, lo specchio
con la cornice di ebano.
E la sensazione si
diverte anche lei. Offusca i contorni delle cose, li sbiadisce e li cancella
piano, lei sola diventa chiara e netta. Sorge come il sole, quel sole che non
esiste più. Arriva, fulgida e risplendente.
Mentre il ghiaccio blocca
tutto, lei scioglie i legacci, illumina le catene, le spezza tra le sue spire,
e poi libera Draco.
Alla fine ce l’ha fatta.
Dopo anni di lotta, ce l’ha fatta a vincere la sua eterna battaglia contro di
me.
Come è sempre accaduto,
sento nelle vene quel ghiaccio lasciare il posto alla lava, a lapilli
incandescenti che scorrono incendiando i miei tessuti. Sorrido, mentre Pansy mi
guarda stupita. Non capisce, come potrebbe? Ma io sì. E mi ritrovo a sibilare un: “Finalmente…”.
Lei… la mia forza e il mio coraggio… lei… a
rendermi migliore… non posso permettere che muoia.
Lei che sa anche fare
questo di me, trasformarmi nell’eroe che le hanno portato via dai suoi cieli
azzurri, quello che io non sono, e che anzi ho contribuito a fare fuori.
Hai ragione, mamma. Contro il
sangue non si va mai, non c’è Signore Oscuro che tenga.
Ed è lei il mio
sangue, è più vitale del sangue stesso. Impura, Mezzosangue… sanguesporco.
Ma è sempre sangue lei,
rossa e salata di vita. Sempre vita lei. Non le si addice la morte,
quella è fatta solo per quelli come me, non per quelli come lei. Per
gli angeli di questo misero mondo perso. Come l’Abbott. E chissà perché mi
torna in mente l’Abbott proprio adesso. E la trovo la risposta… perché, come
tutti gli altri che ho ucciso, semplicemente non se ne era mai andata.
Sbatto le palpebre un paio
di volte, recuperando il controllo di me stesso. Finalmente il ronzio sparisce,
le cose riacquistano i loro colori e i loro odori, e sento finalmente la voce
di Pansy, che dice affranta: “Sapevo che non dovevo dirtelo!”.
Tutto però adesso ha colori
più vividi, più intensi e più forti. Mi accecano, mi assordano le voci e i
suoni. Tutto si vela di una necessità urgente, tutto riflette quello che sento
dentro. Non posso permettere che muoia.
La maschera è caduta.
Non c’è più niente che attutisca
quello che c’è fuori, che lo faccia arrivare filtrato. E non c’entra
niente la maschera d’argento che mi ritrovo ancora a portare sul viso.
“Pansy, l’hanno portata nel
salone principale, vero?” le chiedo, afferrandola per le spalle.
“Draco, per favore… ti
faranno fuori… e non prima di avertela mostrata morire…” sussurra lei tra le
lacrime.
“Ti prego, Pansy… per
favore…” la imploro, ed ancora tutto mi assorda, attorno a me uno spettacolo di
luci e suoni.
Lei esita ancora e in
quella pausa le chiedo velocemente: “Blaise è lì vero? Che cosa ha in mente?!”.
“Ha fatto sì che non le
facessero del male…” la voce di Pansy è rimpianto puro. Forse si chiede perché
alla Mezzosangue anche Blaise abbia concesso il lusso che a lei invece è stato
ripetutamente negato, come una porta sbattuta in faccia con violenza, volta
dopo volta, in una sera d’inverno. Il suo tono torna incolore come prima,
mentre aggiunge: “Non lo so che cosa ha in mente Blaise, ma non vuole che tu
mandi tutto all’aria…”. Sospira ancora Pansy e la vedo sfilarsi il mio anello
dal dito. Poi me lo consegna nella mano destra, la sua è freddissima,
ghiacciata.
Amara, dice: “Questo non
serve ad una vedova…sono nella stanza al piano inferiore, quella delle
riunioni. Fa presto…”.
L’abbraccio forte. Vorrei
dirle qualcosa, ma non lo faccio. Tutto risuonerebbe come un addio, qualsiasi
cosa io dicessi. E non ne ho la forza e il coraggio. Lei, lontana, me ne
dà la quantità sufficiente per fare quello che sto facendo.
Lacrime sul suo viso. Piange ininterrottamente da ore.
Non sa il perché. Non osa chiederglielo.
Lacerante dolore in lei, lacerante il suo riflesso in
lui. Urla e si strappa i vestiti. Mani nei capelli opachi.
Lontana.
Ha paura e non fa domande. Come quando è davanti al
Signore Oscuro, e non chiede perché.
Solo che adesso il terrore è mille volte più angosciante.
Se questo è il vero terrore, allora non deve mai averlo
provato davvero…
Finalmente risposta. E capisce tutto.
“Hanno ucciso Harry e Ron stanotte… i tuoi amichetti li
hanno uccisi stanotte…”. Cantilena infernale sulla bocca della sua creatura
celeste.
Esco velocemente dalla mia
stanza, aprendo la porta e iniziando a scendere le scale in pietra. Mi assale
come un colpo sulla nuca la serie infinita di urla dei prigionieri catturati e
torturati nelle segrete. Fanno… male… incredibile... le sento solo
quando esco dalla mia stanza, cioè molto raramente. C’è un perenne Incantesimo
Insonorizzante sulla mia camera che mi impedisce di sentirle. Possibile che non
capissi perché non volessi sentirle? Perché le detestassi tanto? Perché ne
avessi tanto timore, disgusto, orrore? Possibile che solamente adesso abbia
capito?
Gelosia come una lama sottile. Avrebbe provato lo stesso
dolore, se fosse morto lui?
“Non lo sapevo…” sussurro inutile ed insensato, velato di
rimorso. Nell’ombra, dolore. Per lei.
Scendo le scale con foga, a
due a due, un secondo in più e sarò arrivato troppo tardi. Passano ai lati del
mio viso, stazioni leggermente illuminate su un binario deserto e oscuro, i
quadri preziosi che sono sulle pareti di pietra, alcuni animati, altri no.
Giallo oro, rosso rubino, azzurro zaffiro… la storia della mia famiglia. Mia
nonna Leonor, seduta in salotto; mia zia Bellatrix e mia madre Narcissa, sedute
su delle poltroncine di velluto nero; mio padre Lucius, ironia della sorte, che
guarda lo scoppiettare di un caminetto. Sono tutti morti. La stessa
folle luce negli occhi, la luce della rivalsa, dell’insoddisfazione, del
potere. La luce dei miei occhi, codardi come la polvere che seppellisce
tutti i morti della mia famiglia, codardi come i vermi che li circondano. E so
che la polvere e i vermi aspettano anche me. Con me, lapidaria promessa, scende
però nel terreno anche quella luce, compagna infida di ogni Malfoy. La luce che
ci ha ucciso muore con l’ultimo dei Malfoy. All’improvviso, lo percepisco con
sconvolgente certezza. Io sono l’ultimo dei Malfoy. E con oggi si chiude
la nostra storia. Vivere qui, aver permesso che Voldemort vivesse qui, averlo
persino ritenuto un onore, mi ha illuso che la mia famiglia ci fosse ancora,
fosse solo nascosta. Nascosta sì, nelle crepe dei muri, nelle
intercapedini dei ritratti, nello spazio tra il caminetto e il divano, sotto i
tappeti, nelle travi del soffitto. Ma la mia famiglia è morta. Tutta,
per Voldemort. E so che oggi morirò anche io, perché finalmente lo chiamo così.
Voldemort. Non c’è Signore Oscuro che tenga. Hai ragione, mamma, hai
sempre avuto ragione tu. Perdonami, mamma. Ti perdono, papà.
Guardami, mamma. Guarda
come ho imparato bene la lezione, anche meglio di te.
Tra poco passerò questa soglia e davanti a me ci sarà
il mio assassino. Sai chi sarà? Tom Orvoloson Riddle, il piccolo maniaco di
potere Tom Riddle. Non il Signore Oscuro. Non gli concedo nemmeno il privilegio
del nome Voldemort.
Hai ragione anche tu Blaise, ora la capisco anche la
tua nostalgia di Silente. Era l’unico che lo chiamava Tom.
Mia piccola Mezzosangue,
rido tra me e me, mentre apro la
porta lentamente Hai davvero ogni potere del mondo su di me.
Can’t get my eyes of you
La
prima cosa che sento, quando apro la pesante porta di legno finemente
intagliato, è l’odore di incenso che tenta di coprire quello del sangue,
versato da anni qui dentro. Un pietoso tentativo di non sentirlo, ogni
Mangiamorte odora del sangue che ha versato, può lavarsi le mani, ma quello
resta. Resta, anche contro un profumo alla ciliegia che non copre i lividi
causati da un marito… mia madre. Resta, anche contro una maschera che
non dovrebbe permettere di respirare e quindi di sentirlo… io.
Le
risate dei Mangiamorte. Acute e fastidiose. Mi perforano le orecchie.
Una risata ironica, triste, quasi canzonatoria. Gli
perfora le orecchie.
“Non lo sapevi…”. Non gli crede.
Una
folla confusa si trova nella stanza, ma chiaramente non riesco a riconoscere
nessuno. Indossano tutti come me la maschera d’argento dei Mangiamorte, e
stanno tutti in cerchio attorno ad un punto ben preciso. Che ci sia lei al
centro? Tento di sporgermi, ma le figure davanti sono troppo alte, e quindi non
riesco a vedere niente. Il terrore mi alita sul collo. Vedo solo Voldemort,
davanti al mio caminetto, con accanto Codaliscia e Barty Crouch Junior. Tutto è
cominciato davanti ad un caminetto trent’anni fa e tutto lì finirà. La breve
rinascita di Draco Lucius Malfoy si compirà lì. Voldemort ha il viso nascosto
da un pesante cappuccio nero, intravedo solo il saettare dei suoi occhi rossi.
I suoi occhi sono tersi dalla luce del fuoco del
caminetto.
“No che non lo sapevo, Hermione! Ieri sera ero con te, o
te ne sei dimenticata? E stamattina… sono andato a trovare mia madre…”.
Il sudore freddo mi imperla
la fronte, il pregio di questa maschera è che almeno nessuno se ne può rendere
conto. Le tende poi sono tirate e, a parte la luce del camino e quella
azzurrina dei Lumos alla sommità di alcune bacchette, non si vedrebbe lo stesso
niente. Figuriamoci un rivolo di sudore d’angoscia sulla fronte di un
Mangiamorte tra i più fedeli. Le risate proseguono, ma non sento urla e grida
di dolore.
“Tua madre? Sei andato al cimitero?”. Nonostante tutto,
preoccupata. La voce trema, ma pensa sempre a lui.
Pensa sempre a lui… nonostante le urla e le grida di
dolore…
“Sì… volevo vederla… non lo so… spiegarle… tutto questo…
sarei venuto da Potter tra un’oretta…”.
Mi sporgo alla disperata
ricerca di Blaise, voglio trovarlo prima che Voldemort mi veda. Se
effettivamente vuole che ci sia anch’io, mi cercherà finché non mi avrà visto
nella folla. Un attimo… perché vuole che ci sia anch’io? Possibile che
sappia di me ed Hermione? Sarebbe perfettamente possibile, lui sa tutto, sempre.
Che l’abbiano fatta parlare? No, non è possibile, Blaise ha fatto sì che
non le facessero niente. Devo trovarlo, subito. Prima che Voldemort trovi me… e
soprattutto prima che… accada quello che temo da anni, quello che credevo di
lasciare fuori dalla mia camera con un Incantesimo Insonorizzante. La paura di
sentirla gridare tra quelle voci sconosciute, la sua voce acuta orribilmente
mutata, rispetto alle sue vivaci grida di rabbia e a quelle soffuse di piacere.
Non mi sento molto razionale
al momento e, in questo stato, mi serve che qualcuno pensi per me. Devo stare
proprio male per affidare questo compito a Blaise Zabini.
Sobbalzo,
mentre mi sento stringere il braccio.
“Consolati! Puoi anche dire a tua madre che non hai
tradito la vostra preziosa causa!”. Voce stridula, folle, irrazionale. Non le
si addice. Sobbalza.
“Ma che stai farneticando?!”. La voce non sembra la sua.
Troppo acuta e stridula. Suo padre direbbe “da femminuccia”, ma preferisce
rimuoverlo.
“Draco…”,
respiro finalmente. Blaise. Mi guarda, soppesandomi con lo sguardo per
un lungo secondo. I suoi occhi sembrano sorridere, ma non riesco a distinguerlo
con certezza. Credo di aver perso la capacità di riconoscere nettamente
le cose, i miei sensi sembrano intorpiditi. La vista è nebulosa, e il maledetto
ronzio sembra essersi acclimatato perfettamente alle mie orecchie.
“Pansy
ti ha detto tutto, vero?” mi chiede in un sussurro affrettato, cercando di non
farsi sentire da nessun altro.
Annuisco con il capo, non
sono sicuro della mia voce in questo momento. Potrebbe risuonare troppo da
femminuccia.
Lo intravedo sorridere, per
poi rispondermi: “Ho fatto bene a dirle di stare zitta… così ero matematicamente
sicuro che ti avrebbe spiattellato tutto… piccola Pansy… meglio così,
abbiamo decisamente poco tempo… più ne risparmiamo, meglio è… ”.
“Vuoi aiutarmi?” gli chiedo,
guardando apparentemente al di sopra della sua spalla destra, simulando
disinteresse assoluto. Disinteresse, sì come no… il sangue mi sta ribollendo
nelle vene dal disinteresse.
“E’ovvio, Draco…” risponde
lui, alzando le spalle “Non che mi piaccia particolarmente farlo e la Granger
non mi è mai stata simpatica… però… credo di doverti dodicimila favori, e devo
iniziare a ripagarteli, no?”.
“Hai qualcosa in mente?”
chiedo senza giri di parole. Non credo che mi debba nulla, ma meglio
approfittarne…
“Diciamo di sì… comunque una
cosa non è affatto ovvia… che vuole fare Draco? Liberarla?” mi dice,
avvicinandosi in tono cospiratorio. Le risate stanno aumentando ancora di più.
La pelle sembra accartocciarsi dai brividi.
“Non sto farneticando, non trattarmi da stupida! Sto
dicendo la verità, Draco, dannazione!”. Urla con tutte le sue forze lei.
Stridio su una superficie liscia. Gli fa male, accartoccia la pelle.
“Ovvio”
rispondo velocemente, senza esitazione. Oggi sembra la giornata dell’aggettivo ovvio.
Sorride ancora Blaise, mi
infastidisce come sempre, ma forse è l’ultima volta che lo vedo, quindi glielo
concedo.
“Bene” aggiunge in tono
scherzoso “Ho un piano… l’avrei attuato lo stesso, anche se tu non fossi
venuto, ma ero abbondantemente sicuro che ci saresti stato…”. Mi arrendo anche
questo, alla consapevolezza che il suo piccolo esperimento su di me sia
riuscito perfettamente.
“E quale sarebbe la verità, sentiamo, Granger…”. Tono beffardo
di ere ed ere fa. Non riesce ad evitarselo. Il sangue Malfoy reclama
quell’ultima difesa, la difesa di una roccaforte contro un mondo che agita
bandiera bianca.
“Dimmi, ma fa presto…”
“La Granger non c’è ancora,
Draco… è nelle celle… la porterà qui Pansy…” mi risponde Blaise, circospetto.
“Non chiamarmi Granger! Non lo sopporto!”. Ancora urla.
Viso in fiamme, e le fiamme ristorate dal mare salmastro di lacrime crudeli.
“Ma lo vedi come stai?! Sei sconvolta, non sai neanche tu
che stai dicendo… ascoltami, adesso calmati e riposa. Ne parliamo più tardi…”.
Abbasso gli occhi e sospiro
di sollievo. Anche le risate sembrano attenuarsi nella mia mente.
Recupero il controllo di me
stesso, e formulo la domanda che ho nella mente da quando Pansy mi ha detto che
l’avevano catturata. Non è di vitale importanza, ma devo sapere. Il mio grande errore negli anni è stato non
voler sapere. Non sapendo, chiudendomi gli occhi, mi privavo la possibilità di
fare qualcosa.
Ora invece è diverso. Che sa
Voldemort? Me lo chiedo senza sosta.
Ha potere, perché sa tutto,
non perché ha tutto. Quella è una diretta conseguenza.
Sono stato impotente, perché non
ho mai saputo niente, non solo perché la vita mi ha tolto lei, il mio
tutto. Quella era una causa scatenante.
Mi schiarisco la voce e
chiedo: “Blaise, tutti questi anni… io…”, esito, poi prendo forza. Sono
perfettamente sicuro che Blaise sappia già tutto. Per questo, anche Blaise ha
tanto potere su di me. Perché sa.
“Come hanno fatto a
catturarla?” sputo finalmente fuori.
Lui sospira con aria
impaziente: “Sapevo perfettamente delle tue piccole strategie e dei tuoi piani
diversivi, Draco…”, ecco, come volevasi dimostrare “In questi ultimi dieci
anni, da quando vi siete lasciati, hai fatto di tutto per proteggerla, per far
sì che non la prendessero… segnali discordanti, false piste, testimonianze
sbagliate… ha funzionato per fin troppo tempo, ma come vedi, non poteva durare
per sempre …”.
“Credevo fosse al sicuro…”.
Lui mi stringe forte il
braccio: “Svegliati Draco… era questo che cercavo di farti capire con il mio
discorsetto di stamattina. Niente è al sicuro a questo mondo. Né io, né
te, né Pansy, né tantomeno la donna che ami da tutta una vita. Lo vedi cosa
siamo? Semplicemente noi quattro? Una Mezzosangue, amica di Potter. Una
Purosangue, fedele da generazioni. Il figlio di Lucius Malfoy, il figlio della
puttana dei Mangiamorte. E siamo tutti sulla stessa barca… forse oggi morirà la
Granger ed era una Mezzosangue. Ci racconteremo questo come scusa. Poi domani
morirò io, e che cosa ci racconteremo? Che mia madre non ha fatto bene il suo lavoro?”.
È la prima volta che parla
così di sua madre. Così… onestamente. Davvero siamo ad un passo dalla
fine.
Mi stacco da lui, quasi con
uno strattone, una reazione inconscia di difesa, la sua voce come sempre mi ha
sconquassato i neuroni.
“Non ci sarà un più tardi, Draco”. Voce che spezza ogni
pensiero, catene arrugginite sotto una mannaia affilata. Dimenticarsi come si
fa a respirare. Credere di non averne un granché bisogno in quel momento.
“Che stai dicendo? Mi vuoi spiegare di che diamine stai
parlando?!”.
“Questa cosa deve finire. Qui, adesso… non posso andare
avanti così…”.
“Così, come?”.
“Comunque…”
riprende Blaise, la sua voce da irata è tornata normale. Guarda di sottecchi
Voldemort e gli altri due accanto a lui, accertandosi che non ci abbiano visto.
Poi prosegue: “Ho un piano… e decisamente non può fallire…”.
Inarco un sopracciglio: “E
perché non può fallire?”.
“Perché è l’unico che
abbiamo…”.
“Immaginavo che fosse questo
il motivo…”.
“Comunque, può davvero
funzionare… ricordi quale è il più grande punto debole del nostro grande e
potente Signore?”.
Accentua le ultime parole con
sprezzante e disillusa ironia. Forse se avesse il viso scoperto, potrei anche
cogliere una smorfia di disgusto sul suo viso. Come sia riuscito a sopravvivere
tutti questi anni, è ancora un mistero.
“No che non lo so…” replico,
non credo che Voldemort abbia un punto debole tanto visibile. A parte gli
Horcrux ovviamente, ma Dio solo sa dove sono nascosti. Ci ha provato San Potter
a trovarli e si è visto com’è andata a finire.
“Oh sì che lo sai… te ne sei
solamente dimenticato…” aggiunge in tono chiaramente saccente, nonostante
stiamo ancora parlando sottovoce.
Sbuffo: “Ti vuoi dare una
mossa ed aprire quella fogna di bocca che ti ritrovi?!”. Mi ritrovo a
sorridere, mentre dico: “Certo che è strano… siamo ad un passo dalla morte e
riesci ancora a farmi incazzare…”.
“Parla per te…” fa lui offeso
“Ci sarai tu ad un passo dalla
morte, non certo io…”.
“Bè allora?!”.
“Allora, che?!”.
“Il piano, Blaise!”.
“Ah sì… ti dico solo due
parole… magia bianca…”.
“Magia bianca…” ripeto tra me
e me pensieroso “Tipo quella che proteggeva Potter? Quella che gli aveva
lasciato sua madre, morendo?”.
“Esattamente…” risponde lui
sottovoce, meno male che gli altri Mangiamorte stanno pensando a tutt’altro,
altrimenti avremmo già fatto une bella fine. Stiamo praticamente tramando alle
spalle di Voldemort… mi correggo, non alle sue spalle, davanti ai suoi
occhi.
Prende
fiato e prosegue: “Non ti garantisco cose definitive, né tantomeno durature… ma
ti garantisco tempo… tempo per scappare…”.
“Scappare?!” chiedo
soprappensiero. Non l’avevo minimamente contemplato nelle mie opzioni.
“Certamente io e Pansy
scapperemo…” risponde lui “Va bene la generosità, ripagare favori e tutto il
resto, ma è una bella occasione anche per me e per Pansy. Tu che vuoi fare?”.
“Io li ho traditi, Draco. Ho tradito Harry e Ron per
stare con te. Me ne sono fregata di tutto. Di loro e della nostra amicizia. E
sono anni che… sono anni che mi nascondo… i-io non li ho mai detto niente di
te, nemmeno quando ti aiutavo e ti medicavo nella Stamberga Strillante. Mio
Dio, quanto tempo è passato da allora! E in tutto questo tempo, loro… loro non
sapevano niente, loro non sospettavano niente… io stavo con loro, e…”. Parole
monche. Lacrime che annebbiano i pensieri di lei.
“Sono cose vecchie, Hermione, che c’entra adesso?! Oggi
tu… oggi noi… glielo avremmo detto… non è colpa nostra, se sono morti… è… la
guerra…”. Incertezza su quella parola tanto infida. Si è insinuata fredda nelle
loro parole, serpente dai denti aguzzi. Li sta facendo a pezzi.
“E chi la fa la guerra? Non siamo forse noi? Anche io e
te? Ho ucciso Mangiamorte, tuoi amici, e tu hai ucciso Auror, miei compagni.
Come speriamo di uscirne? Con che presunzione abbiamo pensato di essere diversi
da loro? Di poterne uscirne, io e te?!”.
Tono maledettamente convinto. Esita. Sa perfettamente
come vincere, come sempre. Continua lei, la voce più alta, le lacrime più
disperate, il viso più rosso.
“Svegliati, Draco! Possibile che tu non capisca?! Noi due
non siamo niente, niente di niente! Che abbiamo più di loro? Niente! Harry
aveva una profezia a proteggerlo, e noi? Nulla! Nulla!”.
Rimango
in silenzio. Scappare… mi guardo attorno, la mia casa, i luoghi che mi
hanno visto nascere, dove è vissuta la mia famiglia. È qui che avrei desiderato
morire. Nascere, vivere e morire qui.
Scappare…
non c’è il pensiero dell’impossibilità della cosa, della difficoltà che ben
tre Mangiamorte scappino con una prigioniera. Non c’è la mancanza del coraggio,
la paura di essere scoperti, il terrore per me, per lei e per i miei due amici.
C’è
solo la profonda consapevolezza che oggi la storia finisce. Oggi è il grande
giorno
Non
ho potuto scegliere come nascere. Non ho voluto scegliere come vivere.
Mi voglio almeno preservare la scelta della mia morte.
Oggi
so di poterlo fare.
Non
potrei accettare una morte diversa da questa. Sono vissuto da assassino, morirò
da eroe. Non è una bella novità?
Sento
gli occhi pizzicare e il respiro diventare più veloce, nonostante quello che ho
pensato e mi sono detto.
Sono
sempre un codardo Serpeverde in fondo. Sono sempre un Mangiamorte, in fondo.
Come
un gattino che indossa le spoglie di un leone, come il corvo della fiaba che si
mette addosso le piume della gazza. Sospiro più forte. Per una volta, sia
benedetta questa maschera maledetta da Mangiamorte.
“Hermione, io oggi sarei venuto da Potter… oggi avrei
smesso di essere un Mangiamorte…”. Tono quasi accondiscendente. Ultimo vano
tentativo. La priorità su tutto: non farla andare via.
“Credi che sarebbe cambiato qualcosa? Una minima cosa?
No! Non che non sarebbe cambiato niente… ascoltami per piacere…”.
“Ti sto ascoltando…”. E mentre dice questo, sa già di
aver perso.
“Ho
capito…” mi dice Blaise, la voce leggermente malferma.
“Forse lei non mi permetterà
di farlo…” aggiungo e, dopo anni, riscopro una nota quasi… dolce… nella
mia voce.
Blaise mi mette la mano su
una spalla, mentre mi dice piano: “Non ti preoccupare… me la trascinerò di peso
se sarà necessario…”.
“Grazie Blaise…”.
“Dodicimila favori, ricordi?”
mi fa lui ironico “Non vorrai perseguitarmi per tutta la vita da fantasma?!”.
Certamente se diventassi un
fantasma, non sarebbe lui quello che perseguiterei… povero illuso…
All’improvviso, sento tutti i
miei muscoli irrigidirsi, compreso il cuore, che alla fine è sempre un muscolo
anch’esso.
Voldemort si è mosso e mi ha visto.
“Va da lui…” mi sussurra
Blaise, voltandosi per tornare indietro “Fa finta di niente… ci penso io al
resto… non farti scoprire…”. Rabbrividisco leggermente, mentre si allontana. Il
bagliore di quei due folli occhi rossi lo sento sulla mia pelle. Sembra
scrutarmi fin dentro all’anima, fino ai pensieri più intimi e nascosti. Forse
sta già intuendo che cosa ho in mente. Non è forse un Legilimens? Il migliore
al mondo? Sorriso amaro.
E io non sono certamente il
migliore Occlumante al mondo. È decisamente uno scontro impari.
Comunque ho ancora qualche
freccia al mio arco. Sono uno dei migliori attori sulla faccia della Terra.
Recito da anni davanti a lui. E se sono ancora vivo, vuol dire che ha
funzionato. O che evidentemente aveva bisogno di me.
Sia come sia, oggi non
dovrebbe essere diverso, non dovrebbe essere cambiato niente. E se è cambiato
qualcosa… non credo di volermi porre adesso il problema…
“In questi mesi, in questi anni… quando incontravo Harry
e Ron, parlavamo… di Hogwarts e dei nostri ricordi… di come Luna fosse sempre
così assente, di come Neville fosse sempre così imbranato, di come Lavanda
fosse sempre così truccata e cose simili. Ridevamo sai? E poi ricordavamo voi,
gli altri. La Parkinson, Tiger, Goyle, Nott, Zabini… e te, il principe delle
serpi. Harry sai che faceva? Si dispiaceva. Diceva che tu non volevi uccidere
Silente, ma che Voldemort ti ricattava. Lui sperava, Harry sperava sempre che
tu saresti passato dalla parte giusta, che saresti cambiato. Ron ovviamente non
era d’accordo. Come sempre, io mi mordevo la lingua per non parlare, per non
dire che Harry aveva ragione. Che tu eri cambiato, che stavi con me, che ci
saremmo sposati. È successo anche ieri sera, e stavo per dirli tutto, ma poi ho
pensato che sarebbe stato più giusto, se lo avessi spiegato tu. Stamattina,
mentre pensavo a loro, a quanto abbiamo condiviso, ho ripensato ad Hogwarts. E
a te. Al ragazzino biondo che mi chiamava Mezzosangue ogni volta che mi vedeva,
al Cercatore di Serpeverde che commetteva falli su falli, al giovane uomo che
camminava impettito nei corridoi, maltrattando tutti e guardando il mondo con
aria di eterna sufficienza. Mi sono detta che tu eri cambiato, che ora sei un
altro. E poi mi sono raggelata, Draco. Perché tu in realtà non sei cambiato di
una virgola…”. Sputa fuori tutto il veleno dalla sua vita. Sputa lui fuori
dalla sua vita.
“Ti rendi conto di che cosa stai dicendo?! Mi stai
dicendo che io sarei ancora quella persona?! E lo sai meglio di me che non è
così…per te, io…”.
“Per me, cosa?! Eh, cosa?! Cosa hai fatto per me?!
Niente! Niente! Sei rimasto da quella parte, Draco! Dalla parte di quelli che
per sempre mi avrebbero chiamato Mezzosangue, di quelli che hanno ucciso i miei
due migliori amici, di quelli che hanno catturato Ginny!”.
“Draco…”
lo sento dire a mezza voce. Immediatamente la folla confusa tace, come un solo
e grande oceano silente, smettono di parlare e si voltano a guardarmi. Chiudo
gli occhi, concentrandomi, poi li riapro, abbasso il capo in modo cerimonioso
ed attraverso la stanza, fendendo la folla in due ali. Tutti provano timore per
Draco Lucius Malfoy; il paradosso è che adesso, per la prima volta, ho io
paura di loro. Da bambino avevo sempre un terrore assurdo delle maschere dei
Mangiamorte e dei loro mantelli neri. Quando li vedevo, piangevo; me lo
raccontava mia madre, quando lei e mio padre si lasciavano andare malinconicamente
ai ricordi del loro Oscuro Signore. Quando Lui era scomparso, io avevo quasi
due anni, e fino a quel momento mio padre aveva sempre la bella idea di
portarmi ai raduni dei Mangiamorte. Non a vedere una partita di Quidditch, non
a giocare a Scacchi Magici, non a Diagon Alley a prendere un gelato, no; ai
raduni dei Mangiamorte. Per vedere folli che inneggiavano, assassini che
ridevano e vittime che piangevano. E poi si meravigliano del fatto che sono
diventato un Mangiamorte… e dovrei anche sentirmi in colpa…
Congelo
nella mia mente la paura infantile che inspiegabilmente è risorta, e continuo a
camminare, attraversando il salotto.
I
miei passi sono i soliti; sicuri, ampi, solo leggermente più incerti. Sono
molto fiero di me.
Arrivato
davanti al Signore Oscuro, abbasso ancora leggermente il capo. Nessun inchino,
tantomeno un bacio cerimonioso sulla sua mano guantata di nero. Non se ne parla
proprio.
Codaliscia
e Barty Crouch mi guardano malevoli. Si sono sempre chiesti perché Voldemort
fosse tanto benevolo con me.
Tranquilli,
non lo so nemmeno io, considerando poi che ha fatto fuori entrambi i miei
genitori senza pensarci…
Ma
adesso non è il momento per recriminazioni e domande inutili. La sola domanda
che ha davvero importanza è: Quanto Voldemort sa?
“Te
la sei presa comoda, eh?” mi dice Voldemort in tono quasi scherzoso. Se ci
fosse stato rimprovero nella sua voce, non sarei più vivo.
“Vi
chiedo perdono, mio Signore…” accenno ancora ad un movimento del capo. È
difficile farlo, sto lottando con l’improvviso stimolo di rimettere. Dato che
sento ancora il fuoco rosso dei suoi occhi sul mio viso, mi affretto ad
aggiungere in tono casuale: “L’Abbott mi ha dato un po’ di problemi… ma li ho risolti…”.
Blaise ha ragione. Niente è più al sicuro a questo mondo. Spero almeno che nell’altro
mondo saremo tutti al sicuro. Scusami comunque, Hannah… ma, come si
dice… mors tua, vita mea… e tu sei già bella che morta…
Finalmente
Voldemort ride, accolgo la sua risata con sollievo. Sì, mi fa rizzare i capelli
sulla nuca, ma meglio che ride piuttosto che faccia altro… tipo, non lo so,
uccidermi, scuoiarmi, polverizzarmi o torturarmi fino alla follia. O tutte e
tre le cose assieme.
“Perché
mi avete fatto chiamare, mio Signore?” chiedo senza troppi giri di parole.
Barty
e Codaliscia spalancano gli occhi quasi scioccati dalla mia audacia, mentre
percepisco solo una breve risatina di Voldemort.
“Sei
curioso?” mi chiede, sogghignando. Stiamo praticamente giocando al gatto con il
topo. E chiaramente non sono io il gatto.
Mi
limito a rimanere in silenzio. Mossa sbagliata.
Intravedo
le sue narici piatte e livide, da serpente, fremere. Si è arrabbiato.
Codaliscia e Barty sghignazzano.
Che
razza di faticaccia, non so se sia meglio la sevizia da Cruciatus o la tortura
mentale…
“Certo
che lo sono, Mio Signore…” sospiro stancamente “Sembravate desideroso di
condividere questa esecuzione con me…”.
Il
fremito si è attenuato. Respiro di sollievo, ad occhio e croce ho ancora
qualche minuto di vita.
Nella
folla che ascolta silenziosa attorno a noi, con il fiato quasi sospeso, scorgo
una figura che si accuccia in un angolo. Blaise è al suo posto. Iniziamo il
bluff del secolo.
Accentuo
la mia voce sul tono più lezioso ed adorante che mi esce fuori. Quello di tutta
una vita, insomma.
“Chi
sarà giustiziato oggi, mio Signore?”.
“Come?
Non lo sai?” risponde inopportuno come sempre Codaliscia, lisciandosi il viso
con le lunghe unghie grigiastre.
Stringo
i pugni con rabbia e nervosismo. Con lui non ho nessun genere di obbligo. Lo
posso usare come valvola di sfogo. In fondo potrei farlo fuori bendato, con le
mani legate e i piedi attaccati al suolo. Schiocco la lingua infastidito: “No
che non lo so, razza di scherzo della natura… altrimenti ti pare che l’avrei
chiesto?!”.
Codaliscia
si ritrae a disagio, mentre Voldemort ride e risponde al suo posto. Credo che
ci godrebbe molto a vederci combattere tra di noi, come due cani randagi in una
lotta clandestina.
“Stiamo per giustiziare Miss Granger…” aggiunge ironico.
Ha scoperto l’ironia da un paio d’anni. Ed è patetico, decisamente. E poi
dicono che il potere non dà alla testa…
Scoppio
a ridere, spero che la mia risata non risulti forzata: “Davvero? Non sa che
enorme gioia mi dà oggi, mio Signore!”.
“Lo
so, lo so… non l’hai mai potuta sopportare, vero Draco?”.
“Ma oggi io sarei venuto da Potter, insomma, Granger!”.
Ultimo disperato tentativo.
“E perché non l’hai fatto prima? Perché non ne eri
convinto! Perché evidentemente non mi amavi abbastanza per farlo!”. La più
grande bestemmia che abbia mai sentito.
“Non ti azzardare a dire una cosa del genere!”. Urla con
tutto il fiato che gli rimane in gola.
“Sì,
mio Signore…” mi affretto a replicare, mi sono estraniato fin troppo
“Mezzosangue e Grifondoro? Non so cosa sia peggio… se poi si aggiunge che era anche
la migliore amica di Potter…”.
“Ed invece lo dico, eccome! Se fossi passato prima dalla
nostra parte, forse Harry e Ron adesso…”. Voce spezzata, rimpianto gelido
contro freddissima realtà accaduta.
Lui ancora ride ed avrei
voglia di spaccargli la faccia. Proprio così, come un dannatissimo e schifoso
babbano. Credo che ci sarebbe molta più soddisfazione nel piegargli con le mie
mani quel ghigno di superiorità e quell’espressione di potere su ogni maledetta
e singola vita.
Comunque so benissimo di non poterlo fare. Quindi mordo le
labbra a sangue e me ne sto fermo. Dolore che scaccia il precedente, pallida
consolazione, palliativo e placebo… a volte anche mio padre ha ragione.
“Non avrei potuto fare niente e questo lo sai meglio di
me”. Risposta rassegnata. La solita per ogni occasione.
“Secondo
me, il peggio erano proprio i suoi genitori…” ride sguaiatamente Barty “Babbani
fino al midollo… che schifo, chissà che fine avranno fatto… ma in effetti che
fosse anche la migliore amica del Ragazzo-che-NON-è-sopravvissuto… bè, è una
bella lotta!”.
“E chi te l’ha detto? È la stessa balla che tu ti
racconti per i tuoi genitori?!”. Voce che sferza l’aria. Vento nelle sue
orecchie. Fischia senza sosta, sale sulle ferite, lei che è sempre stata miele.
Non la riconosce.
Forse per quello che la schiaffeggia con tutte le sue
forze, fino a farla barcollare.
Ma quando solleva gli occhi, capisce il suo errore.
Capisce che non c’è più niente da fare.
Di fronte a lui, lei appoggia la mano sulla guancia
arrossata. Spalanca gli occhi e, nonostante tutto, lei è davvero meravigliata.
Occhi color oro brunito. Occhi lucenti e splendenti, sole
nelle nuvole grigie dei suoi.
Occhi di dolore. Occhi che piangono lacrime nascoste.
Milioni di lacrime nascoste.
Occhi alla fine anche soddisfatti. Occhi che sembrano
dire la frase che lei direbbe sempre… te l’avevo detto, io!
È davvero lei.
“Voglio che tu te ne vada… vattene, vattene via!”. Folle
Erinne, folle vendicatrice dei torti altrui, prima che del suo dolore.
“No, Hermione… aspetta…”. Ultimo paletto che si fa a
pezzi contro il suo volto sconvolto.
Voldemort
ride ancora, accompagnato da Codaliscia e Barty. La leggera ombra nell’angolo
del mio campo visivo di Blaise mi impone di ridere a mia volta. Mi faccio
enormemente schifo.
“Vattene! Non hai salvato i tuoi genitori, perchè
dovresti fare lo stesso un giorno per me? Non sei cambiato, non sei mai
cambiato, e io stupida che ci credevo anche di essere l’artefice del grande
cambiamento di Draco Lucius Malfoy! Ora vedo tutto con infinita chiarezza! E
vedo anche dove mi stava portando questa cosa! Alla morte! E nel tragitto ha
pensato bene di portarsi via Harry e Ron! E loro erano tutto per me! Tutto!
Dove eri tu, quando c’erano solo loro due? Te lo dico io! A farti marchiare il
braccio, ecco dove! Non cambierai mai, sarai sempre un Mangiamorte. Per sempre,
e io non ci posso fare niente. Non ci voglio più fare niente, e questo fa tutta
la differenza di questo mondo. Sei stato per anni con coloro che mi avrebbero
volentieri ucciso! Non ci posso pensare… e l’ho capito solo ora. E mi reputavo
anche una persona intelligente…” un silenzioso mormorio, ancora lacrime.
Alla fine arriva la condanna.
Nessun imputato può sottrarvisi.
Colpevole od innocente. E lui è sicuramente colpevole.
“Vattene adesso… non ti voglio vedere mai più…”.
Mi
faccio schifo. Come se mi guardassi dall’esterno e vedessi una cosa che non
dovrebbe nemmeno esistere, una bestemmia incarnata, quello che vedo da fuori,
quello che sono sempre stato… ora, invece, io… sono davvero cambiato?
“Ti prego
aspetta, non può finire tutto così… lo sai che mi stai facendo? Mi stai
uccidendo…”. Disperato, come la prima volta che la vide davvero, alla Stamberga
Strillante, mentre gli medicava le ferite.
Bellissima parentesi che si chiude. Cinicamente si
direbbe: - E’ stato bello finché è durato-. Ma non ce la fa a dirselo. È
durato… tempo verbale passato… riusciva a coniugare lei solo al presente ed al
futuro nella declinazione della sua vita. E, senza accorgersene, parlando di
lei, ha già usato il passato.
“No… non credo di averne il potere, né la capacità e
tantomeno la forza… anche se forse dovrei farlo… addio… Malfoy…”. Luce di
smeraldo splende nella sua mano. Gli ha ridato l’anello. Lo stringe nelle mani
convulsamente, il freddo del metallo non deve tornare. Per sempre, l’ultimo
calore di lei. Stringe forte l’anello, diventa tiepido e si illude che non sia
solo il suo di calore. Lei è andata via. Ora non più vento. Solo smorta e
inconsistente aria che vibra del suo cognome maledetto. Lo mette in tasca.
Indossa la sua ultima maschera ed apre il sipario.
Si prevedono molte repliche. Dieci anni di repliche.
Andrà per la maggiore quello spettacolo.
La sua prima battuta, quella d’esordio, la conosce alla
perfezione.
“E’ stato bello finché è durato…”.
Sbatto le palpebre un paio di
volte.
È
arrivata la prova del nove.
Hermione
sta entrando.
Sento
il cigolare dell’ampia porta di metallo, quella che conduce alle segrete.
Chiudo gli occhi e nella mia mente distendo la mano davanti a me, come se la stessi
aprendo io quella porta, quella stessa porta che volevo aprire io davanti a lei
il giorno in cui sarebbe entrata per la prima volta in questa casa.. Farfalle
di luce invadono i pensieri da quella fessura aperta, svolazzano lievi, e per
un attimo non vedo niente. Tutto è troppo bianco. Troppo bianco.
Bianco
come lei. Rimango con gli occhi chiusi, le risate, le urla e le voci sono solo
onde perfide nelle mie orecchie.
La
mia fantasia vola, viaggia, libera i miei occhi dall’onere di dover vedere lei.
Perché
so cosa mi aspetta.
La
vedo emergere piano dalla luce, e non conta se le segrete sono buie, se in
questa stanza c’è solo la luce del caminetto, se il sole non esiste più. Lei è
la luce, il sole, la vita e spazza via questo buio, questa notte, questa morte.
Come
in un ideale crepuscolo, abbiamo un solo secondo per incontrarci. Perché lei è
il sole e io sono la luna, e non c’è dato stare assieme.
E
questo è il crepuscolo. Della mia vita e della sua.
Avanza
piano, irresistibile raggio di sole. Si eleverà contro chiunque la circondi
come una statua di pietra orgogliosa ed altezzosa. I suoi passi sono lenti,
misurati, leggeri, sembra che scivoli sul ghiaccio, pattinatore esperto.
Ha
il mento sollevato in alto, gli occhi asciutti e solo leggermente rossi, le
labbra vermiglie serrate in una smorfia di disappunto regale. Regale, come la
principessa che è. Il collo bianco sfavilla nella sua stessa luce, le spalle
sono aperte e fiere, il petto quasi proteso in avanti. Tintinnano come
campanelli i riccioli mentre cammina piano, bronzo colato, le fanno da cornice
al viso dorato. La immagino la sua espressione e la traduco in parole. È la
sola cosa che non è mai stata di Voldemort, la sola cosa al mondo che non ha
mai avuto, assieme all’Eroe Potty e al Cavaliere Impavido Weasley. Morti loro
due, rimane lei sola, la Regina Mezzosangue. Oggi finisce anche l’ultimo limite
di Voldemort. Ha anche il trio dei miracoli. Ma lei avanza lo stesso con
quell’espressione orgogliosa e prende tutti in giro, me compreso che non l’ho
avuta mai e mi sono illuso che fosse mia. Non mi avrete, sembra dire, la
sola che mi avrà sarà la Morte.
Ricopre
tutto d’oro con la sua sola presenza, re Mida di questo compassionevole mondo
perso.
Sento
i suoi passi assieme a quelli di Pansy ticchettare sul marmo duro, si stanno
avvicinando.
Ho
negli occhi l’immagine di una madonna rinascimentale, ricoperta di oro giallo e
rubino.
E
poi apro gli occhi. E non riesco a smettere di guardarla.
Non
è Hermione. Non può essere Hermione.
Il
Mangiamorte sa perfettamente cosa vede. Una come le altre.
Il
problema che Draco è perfettamente d’accordo con lui. È una donna ferita
come le altre. È una donna torturata come le altre. È una donna violentata come
le altre. È una donna morta come le altre.
E
lei non dovrebbe essere le altre. Assolutamente.
Annego.
Boccheggio e non respiro. È lei l’ossigeno, era lei l’ossigeno. Morirò
pur di non respirare questa… cosa… che non può essere lei. Se eri
ossigeno, ora sei monossido di carbonio. Se eri vento, ora sei tempesta di
sabbia. E io morirò pur di non respirare te. Mi sento Giuda e tu incarni il
tradimento. Ti bevo da anni a piene mani, calice amaro di fiele, e solo ora
sembro accorgermi quanto tu non mi disseti, ma invece bruci la mia gola. Bevo
te e muoio. Tradisco Voldemort per te, sono un traditore per te. E tu non
dovresti essere questa cosa piccola e deforme che mi è stata buttata ai
piedi.
Sei
rimasta a terra, raggomitolata, stringendo qualcosa al petto. Sollevo gli occhi
su Pansy quasi come se le chiedessi spiegazioni. Lei fa spallucce e si volta,
andando via. Raggiungendo Blaise.
Vogliamo
liberare questa cosa, già. A costo delle nostre vite.
Desideravo
morire, ed ora che non sei che una bambolina di stracci, voglio disperatamente
vivere. Vivere come un Mangiamorte, ovvio.
Non
vali questo sacrificio.
Rimane
con la faccia premuta al suolo, Voldemort ride assieme a Codaliscia e Barty. I
suoi capelli sono una zazzera disordinata e sporca. Sono bui, sono… neri...
Hermione aveva i capelli dell’autunno. E questa invece sembra la parodia
della morte.
Sta
piangendo. Piange, un rantolio sommesso giunge dalle sue braccia incrociate e
serrate.
Ferisce
le mie orecchie, come lo stridio su una lavagna. Odio che le persone
piangano. E lei non piangeva mai.
Sono
tentato di AvadaKedravizzarla all’istante; forse Voldemort me lo chiederà…
forse voleva che la uccidessi per porre fine a questo mio supplizio… vederla e
sapere che non è più lei…
“Mi
guardi almeno in faccia, Miss Granger…” sospira iroso Voldemort, mentre le
imprime un calcio violento sul viso.
Lei
non solleva il viso che rimane ostinato per terra. Muoviti, stupida…
“Barty…”
sibila Voldemort ed immediatamente Crouch Junior l’afferra per i capelli e la
strattona in alto. La sento gemere e piangere ancora.
Faccio
un passo indietro, appiattendomi contro la maschera. E se lei mi riconosce?
Mi
accorgo che non era sola. E soprattutto che non era lei a piangere.
A
terra, dove ai miei occhi c’era solo lei, c’è una minuscola bambina. Dovrà
avere all’incirca dieci anni. Anche lei ha i capelli neri, ma due scintillanti
occhi chiari pieni di lacrime. Indossa un piccolo vestito blu notte, troppo
grande per lei, strappato e lacero. È sporca, ma sembra una bella bambina.
Spero che non le abbiano fatto niente, non sarebbe la prima volta in ogni caso
che si fanno anche una bambina. Sembra star bene, ha solo un ematoma viola sul
capo e qualche escoriazione sparsa sul resto del viso.
“Mamma!”
urla. E sta parlando con…
Mi
volto repentinamente verso di lei, verso quella donna.
Quella
che era la mia donna… e chissà se adesso è ancora… mia…
E davvero,
nonostante tutto, non ci ho mai pensato.
Quando
Cristo morì, ci fu un terremoto. Dicono che si squarciò il velo del tempio di
Gerusalemme.
Un
sottile velo si squarcia anche nella mia mente. Un terremoto sfracella i miei
nervi.
La
guardo ancora. La guardo ancora ed ancora ed ancora.
Non
riesco a smettere di guardarla.
Ha
i capelli neri, il viso pieno di graffi e scorticature. Perde sangue da un
labbro. È dimagrita. I suoi occhi sono spenti. Le sue spalle sono curve, quasi
come quando si piegava sotto il peso di mille tomi ad Hogwarts. La sua
espressione è più dolce, quasi lasciva, come quando si mette troppo zucchero in
un piatto e diventa immangiabile. Storpia con lei. Ma con lei storpia anche il
vestito nero fatto a brandelli, le guance ricoperte di polvere, i capelli
innaturalmente scuri pieni di foglie secche.
Eppure
alla fine ha addosso tutto questo.
È
sempre Hermione… è diversa, ma è lei.
Sei
soltanto una madre.
Mi
ritraggo, tra lo scioccato, il disgustato e il terrorizzato, le spalle
incontrano il caminetto.
Chi
altro ti ha avuto Hermione?
Dimmi
solamente questo… così all’inferno lo maledirò fino alla fine del tempo… quel
lui che ha osato solamente guardati come solo io avevo il diritto e il destino
di fare…
Recondita,
come una nota di sottofondo nel silenzio di una casa vuota, la gelosia mi fa
vacillare.
Lei
sussurra solo: “Non piangere, Naike…”. Naike… vittoria, in greco.
Beata
te, Hermione… evidentemente la conosci ancora la speranza.
Crouch
la tiene stretta, fa aderire il suo corpo al suo, Voldemort continua a ridere.
Crouch ansima e tutti continuano a ridere. Urlano frasi oscene alla donna che
solo io, in questa stanza, ho preso davvero. Senza violenza, senza pubblico.
Hermione
sorride. Sorride. Sarai sempre la paladina Grifondoro, e io il codardo
Serpeverde.
Guarda
la figlia.
“Sta
zitta, piccolo furetto che non sei altro…”.
“Sei un furetto nervosetto eh, Malfoy?”.
Ha dieci anni. La bambina ha dieci anni.
“Sei un furetto nervosetto eh, Malfoy?”.
Dieci anni fa, noi ci siamo lasciati.
“Sei un furetto nervosetto eh, Malfoy?”.
La bambina è sua figlia. È figlia di Hermione. E l’ha chiamata
“furetto”.
Naike ha gli occhi grigi, sembrano lune di riflessi
argentati.
Gli occhi di mio padre che sono rivolti ad una maschera
argentata, i miei occhi ingenui che inseguono fiamme bionde.
Si squarcia completamente il velo nella mia mente, un tempio
cade a pezzi sotto un terremoto.
Un centurione romano, quando Cristo morì, disse solo:
“Davvero quest’uomo era figlio di Dio…”.
Capisco perfettamente che cosa intendesse.
Davvero questa bambina è mia figlia…
Mia figlia… vita… la stessa da cui volevo
furiosamente staccarmi fino ad un attimo fa, ma che adesso mi impone
crudelmente troppe domande. E il destinatario per una volta non è Hermione.
Stringo violentemente i pugni, il sangue si ferma.
Se Voldemort non fosse mai esistito… e sebbene sono
un traditore, davvero è la prima volta che lo penso.
Lui era l’artefice della mia salvezza.
Una blanda salvezza d’accordo, la piena remissione sarebbe
stata Hermione, ma quello passava il convento.
E ora invece lo odio con tutta l’anima.
Non posso rimanere qui fermo.
Barty sta leccando avidamente il collo bianco della mia
mezzosangue. La tiene ferma per il seno e la bacia, sogghignando. Io tremo,
Hermione resta immobile, Naike ha smesso di piangere. Allora anche tu sei
coraggiosa, come la tua mamma… non lo sapevo…che stupido, certo che non lo so…
e non lo saprò mai…
Non ce la faccio più.
Voldemort sembra accorgersene. Sogghigna: “Cosa c’è
Draco?”. Si finge preoccupato e so benissimo che non lo è. Il preoccupato dei
due sono io. Non perché so perfettamente che cosa accadrà adesso, non perché
l’ho visto milioni di volte con decine di altre donne come lei. Magari fosse
per questo…Hermione ha spalancato i suoi grandi occhi caramello. Sembrano anche
riempirsi delle lacrime che non voleva versare. Sussurra tra sé nelle labbra il
mio nome. Si guarda attorno, cercandomi, per quanto glielo consenta la presa
d’acciaio di Barty.
Basta. Decisamente è troppo. Sapevo di non potermi fidare
di Blaise. Farò tutto da solo, come sempre.
La mia mano corre repentina alla bacchetta sotto il
mantello e la estraggo.
Sto per urlare una maledizione, ma poi mi fermo. Una voce
chiara e netta. Mi volto verso la fonte dell’urlo, ma non faccio in tempo a
riconoscerla. Chiudo repentinamente gli occhi, un bagliore accecante di colore
bianco riempie la stanza. Brucia di dolore le nostre pupille. La retina si
riempie di macchie scure e nere, non riesco più a vedere nulla. I mangiamorte
urlano, accecati, mentre Voldemort sembra letteralmente impazzito, strepita
dando ordini contradditori a destra e a manca. Il lungo periodo di potere lo ha
decisamente acclimatato a starsene tranquillo a godere della sua ironia e dei
suoi trucchetti contorti. Sembra incapace di difendersi e di attaccare.
Qualcosa mi urta e cado rovinosamente a terra. Cerco di
rotolare piano verso il punto dove penso che ci siano Hermione e Naike, ma
incontro solo una selva di gambe e piedi che mi calpestano a più riprese.
Tutt’un tratto, mi arretro immobile, accucciato per terra.
Sento distintamente una voce nel mio cervello.
“Di chi è che non ti fidi?!!” E va bene che la sua
voce mi sconquassa il cervello, ma adesso è troppo….
“Di te, Blaise… e di chi, altrimenti?! Quando diamine
ci hai messo?!”.
“Il tempo necessario perché riuscisse…”
“Si può
sapere che cavolo hai fatto?”.
“Fiat lux… un
incantesimo di mia invenzione… crea una sorta di piccolo sole…”.
“E come ti è venuta
l’idea di creare quest’incantesimo?”.
“Quando dovevo
abbronzarmi e il sole non c’era…”.
“Evito decisamente
di fare commenti…”.
“Sono nella tua
mente, Draco… li sento perfettamente… come vedo che razza di fantasie avevi su
Pansy al secondo anno, ma sei un pervertito! Addirittura nel sotterraneo di
Piton con le pozioni che sballottano…”.
“Vuoi che sbatta la
testa contro il pavimento, così magari ti ammazzo per pura casualità magica?!”.
“Comunque sei un
pervertito… abbiamo Hermione e Naike… stiamo uscendo dalle cucine… muoviti…”.
Serro forte gli
occhi e so che non è per la luce.
“Forse dovrei rimanere qui… per coprirvi le spalle…”.
La voce di Blaise suona perforante tra i miei neuroni.
“E’ la donna che ami… se siamo fortunati, non la
rivedrai mai più… e poi c’è tua figlia… vuoi davvero che non ti veda mai?”.
“Sapevi di Naike? E allora perché non me l’hai detto?”.
“Perché hai un equilibrio mentale instabile e non
sapevo nemmeno se saresti venuto per la Granger… se ti dicevo pure della
bambina, Dio solo sa che avresti fatto…”.
“Va bene, ho capito… senti, davvero… resto qui…
affronto i Mangiamorte e vi do il tempo per scappare…”.
“Non ti si addice fare l’eroe, e per una volta che lo
fai, vuoi che la tua bella non ti veda? Muoviti! Punta la bacchetta agli occhi
e pronuncia : - Inferis Nox- vedrai perfettamente…”.
And
so it is
Just
like you say it should be
So benissimo che cosa lei si aspetta. Si aspetta che io
scappi, che io fugga, che io mi accucci qui in attesa che tutto finisca.
Immobile per terra, come una serpe in seno, il sole
sparirà per l’ultima volta nella mia vita e io ritornerò alle tenebre.
Tra qualche anno, qualcuno confusamente mi parlerà della
morte di Blaise Zabini e Pansy Parkinson, assieme a due sporche mezzosangue, e
io sorriderò, mentre dentro… bè dentro sarà tutta un’altra cosa.
O magari no… moriranno oggi stesso e io, da vile traditore di tutte le parti e
di tutti gli schieramenti del mondo, me ne fregherò, continuando a vivere nel
velluto e nei merletti.
Una volta, mio padre mi disse che noi, che la
nostra razza è nata tra i merletti per fare solo due cose: fare la guerra e
fare l’amore.
Ovviamente non usò la seconda espressione. Mi sembra
ovvio. Ma il senso era questo.
Non ci sarebbe nulla di male, se io tornassi indietro, se
fossi ancora vile, codardo, inutile come sono sempre stato. Ma già so che non è possibile, anche mentre
lo penso. Mi sono ricordato la frase di mio padre, e già l’ho stravolta.
Fare l’amore… lui non ha mai usato quella parola,
ed invece in un periodo lontanissimo della mia vita, io l’ho sparsa a piene
mani.
Su di lei.
Pensare: “Al
diavolo, Granger, non farò mai quello che ti aspetti! Per una volta, devi avere
torto, cazzo!”, sentire Blaise
dire di spicciarmi ed avvertirmi che sono fuori dalle cucine, e sussurrare
Inferis Nox, credo che passino dieci secondi netti.
Il bagliore
termina almeno per i miei occhi. Ora vedo tutto perfettamente; la sfera di
fuoco al centro della stanza, i mangiamorte che sbattono ciechi tra di loro,
Voldemort che prende a calci qualcuno apparentemente senza motivo. Sembra un
enorme miasma di corpi, sangue e sudore.
Inferno… la notte
dell’inferno… quando ci arriverò, ci sarò già abbondantemente abituato…
Mi concentro,
intravedendo un varco che conduce al portone di pietra.
Per un attimo,
respiro a fatica, poi prendo coraggio e inizio a correre follemente in quella
direzione, prendendo a gomitate uomini, dando calci, spingendo e scalpitando,
come un animale in trappola. Senza prudenza, senza paura.
Esattamente come
lei non penserebbe mai che io sia capace di fare.
Per quel che
rimane della mia vita, non le darò mai più la soddisfazione di darle ragione.
Allora, eccolo finalmente il secondo capitolo! Ringrazio tutti
coloro che hanno commentato, tutti gentilissimi e carinissimi! Ringrazio anche
chi ha letto solamente e sono molti, ma il fatto che non abbiano lasciato
nemmeno una piccola recensione, mi spaventa… non è che questa storia fa
veramente schifo? Fatemelo sapere, anche in maniera telegrafica, ci tengo
veramente! Un enorme bacio! Cassie!