amore impossibile
Ed eccoci nuovamente qua, con una
storia bizzarra che spero vi possa piacere. La dedico a tutti
quelli che amano la storia di Georgie e quella di Lady Oscar. Come
sempre, ogni vostra opinione, positiva o negativa, è gradita.
Buona lettura!
Era
stata una giornata molto lunga e dura.
Georgie camminava seguendo
Abel che, a testa bassa e nascosto dal mantello, non diceva una
parola da ore.
Avevano
scoperto che Arthur aveva cercato di uccidersi e, nascosti dietro ad un
angolo di strada, Abel era crollato, non aveva retto il colpo, cedendo
alle lacrime.
In
quel momento qualcosa in Georgie era cambiato, si era resa conto per
la prima volta che dietro a quella corazza dura e a quell'apparente
forza Abel era un ragazzo molto fragile. Non aveva potuto fare a
meno di stringerlo a sé e lui si era aggrappato all'esile corpo di
Georgie con tutta la disperazione che aveva, incurante di mostrarle
tutta la sua debolezza. E Georgie, in quel preciso istante, aveva
giurato a se stessa che mai e poi mai avrebbe permesso che Abel
crollasse, lei sarebbe stata sempre al suo fianco per sorreggerlo ed
aiutarlo.
Stavano
rientrando a casa del Signor Allen e benché tra i due ci fosse quel
profondo silenzio erano entrambi consapevoli della complicità che
li univa: Abel non parlava, ma la presenza silenziosa di Georgie al
suo fianco lo sosteneva e in qualche modo lo alleggeriva. Georgie
conosceva Abel così bene da sapere che sarebbe stato lui a cercarla
e a parlare per primo quando avesse voluto, quindi non lo disturbava.
Non si
salutarono nemmeno, Abel andò nella sua stanza e Georgie rimase nel
salotto.
Dopo
qualche tempo, la porta di casa sbatté e Georgie vide Abel uscire
per andare a sedersi sul muretto che costeggiava la riva del Tamigi,
lo stesso muretto sul quale avevano parlato tanto il giorno in cui si
erano ritrovati dopo che lei aveva lasciato Lowell ed era tornata a
Londra.
Uscì,
e lo raggiunse.
“Ti
dispiace se mi siedo qui vicino a te?”
Abel
le rivolse uno di quei dolci sorrisi che riservava solo a lei e fece
cenno di no con la testa.
Rimasero
a lungo immersi nel loro silenzio, guardando le placide acque del
Tamigi che cominciavano a cambiare colore per effetto della luce del
tramonto.
“E'
meravigliosa questa quiete”, disse Georgie “è come se l'acqua
trascinasse via tutta la preoccupazione”.
“Già”,
rispose Abel.
“Abel,
senti, se hai voglia di restare solo non c'è problema, io torno
dentro”, disse Georgie alzandosi, ma la ferma presa della mano di
Abel sul suo polso la bloccò.
“No,
ti prego, non te ne andare. Anche se sono in silenzio, per
favore, resta con me. Non sai quanto mi faccia bene averti qui
accanto”.
Il
cuore di Georgie mancò un battito. Era ben consapevole dei
sentimenti che Abel nutriva per lei, e quando lui li esternava con
tale naturalezza lei si sentiva sempre un po' imbarazzata.
Imbarazzata ma felice, e non ne riusciva a capire il perché.
Si
sedette vicino a lui e all'improvviso, intrecciando una mano a quella
del ragazzo, gli chiese di raccontarle qualcosa dei suoi viaggi per
mare.
“Abel,
dai, non mi hai mai raccontato nulla! A dir la verità non c'è stato
tempo, perché dopo che tu sei tornato...lo sai...però sono sicura
che hai vissuto milioni di avventure fantastiche. Abel raccontami
qualcosa!”
Abel
la guardava sorpreso, era evidente che Georgie stesse cercando un
modo per distrarlo e quel gesto di prendergli la mano gli fece
ricordare quando da bambini Georgie lo supplicava fino allo
sfinimento di raccontarle qualcosa. Lo stesso tono di voce, lo stesso
luccichio negli occhi, lo stesso calore delle loro mani insieme.
“E
va bene...hai vinto tu, come sempre”, le disse, accarezzandole una
guancia.
Abel
guardò nuovamente il Tamigi e pensò ad un altro fiume, un fiume che
scorreva in una nazione non lontana dall'Inghilterra e che era stata
testimone di una bizzarra quanto incredibile avventura: la Senna.
“Sai,
Georgie, la cosa più strana che mi sia successa è capitata a Parigi.” -
cominciò Abel cercando di ricordare quel periodo.
“Parigi?!
Sei stato a Parigi? Racconta, sono curiosissima!”
E Abel
cominciò.
“Era
inverno, mancavano pochi giorni a Natale e la mia nave era sbarcata in Francia, dove sarebbe rimasta per circa dieci giorni. Alloggiammo a Parigi e dato che alla sera noi
marinai eravamo liberi da impegni, giravamo per la città. Fu
così che decisi di entrare in una vecchia osteria, di nome “La
Bonne Table”.
Ero
distrutto dalla nostalgia di casa e dalla tua mancanza, perciò non
so quanti bicchieri di vino ho bevuto, seduto da solo ad un tavolo,
finché non mi si avvicinò un ragazzo poco più grande di me, con
l'uniforme da soldato.
“E'
libero il posto vicino a te?”
“Mmmmm”
“Guarda
che non fa bene bere da soli! In compagnia è meglio, e poi in due
sembrano più leggeri anche i problemi”
Il
giovane soldato era di bell'aspetto, aveva dei folti capelli neri e
gli occhi di un verde brillante. Abel lo guardò e gli fece cenno di
sedersi.
“Riconosco
chi si sbronza per amore, sai...”, disse il francese.
Abel
si voltò verso di lui e notò due particolari ai quali non aveva
fatto caso: era sbronzo pure quello strano soldato, e aveva una
profonda cicatrice che gli attraversava l'occhio sinistro, coperto da
una ciocca di capelli.
“Allora
sei sbronzo anche tu per amore?”, gli chiese Abel, e il soldato
annuì.
“
Come ti chiami?”
“Abel.
Abel Buttman. Sono un marinaio australiano”
Il
soldato lo guardò un po' perplesso.
“Io
sono André, André Grandier, e sono un soldato della Guardia
Nazionale a servizio di Sua Maestà Luigi XVI”.
“Luigi
XVI??? Amico, devi aver bevuto parecchio...”
“In
effetti.... Però così facendo almeno per qualche ora spero di
dimenticarmi di lei...”
“A
chi lo dici, anche io così spero di dimenticarla, ma non è che
funziona molto”
“No,
è vero. Parlami di lei, della tua donna.”, chiese André.
“Non
è la mia donna...è...piuttosto complicato...”, disse Abel, con un
sorriso amaro.
“Allora
comincio io, vuoi? Così magari ti metto a tuo agio. Neanche per me è
la mia donna, ma è come se lo fosse da sempre. Siamo cresciuti
insieme, io ed Oscar...”
Georgie si portò le mani alla bocca
“Oscar?!?!?! Mi vuoi dire che questo André era innamorato di un
suo compagno???”, disse sconvolta.
Abel rise di gusto.
“No, Oscar era una donna, la sesta figlia di un Generale che, non
avendo figli maschi, decise di fare di lei il suo erede, e la fece
crescere come un uomo”
“Ahhh, ho capito...”
“Sempre
insieme, io e lei. L'attendente ed il suo comandante. Dove c'era lei
c'ero anche io, sin da bambini, ed è stato impossibile non
innamorarmi di lei. Credo di essermene innamorato appena l'ho
vista.”, continuò André.
“Fammi
indovinare, quell'occhio l'hai perso per lei, vero?
André
annuì.
“Sì,
ma non è stato nulla rispetto a ciò che ho perso in seguito...”
disse con un'espressione triste e colpevole. “Ma adesso dimmi di
te, chi è che ti tormenta il cuore?”
“Mia
sorella...”
André
lo guardò un attimo e poi scoppiò a ridere.
“Amico,
sei messo decisamente peggio di me!”
Abel
sorrise a sua volta e poi raccontò tutta la storia di Georgie, sin
da quando era stata trovata nella foresta.
“Capisco”,
disse André “e quindi ti sei imbarcato per fuggire da lei,
giusto?”
“Sì,
esatto. Lo so cosa pensi, che sono un vigliacco, vero? Ma vedi,
André, io so che se fossi rimasto a casa, prima o poi avrei commesso
una pazzia...”
“No,
non ti reputo un vigliacco. Ti capisco, invece, perché la pazzia che
tu hai temuto di fare, io l'ho fatta. Oscar si era innamorata di un
altro, che però non avrebbe mai potuto contraccambiare i suoi
sentimenti e quando l'ha capito, ha rifiutato il suo essere donna, e
ha deciso di cambiare vita, mettendomi da parte. Ho perso la testa,
quella sera, le ho gridato tutto il mio amore, l'ho baciata, spinta
sul letto e le ho strappato la camicia. Ringrazio Dio che mi ha fatto
fermare in tempo, perché altrimenti...”
Abel
lo ascoltava rapito, perché vedeva in André tutto il tormento che
anche lui viveva e lo capiva, lo capiva a tal punto da sapere
perfettamente cosa avesse spinto André a quasi abusare di Oscar, e
si spaventò del suo stesso pensiero.
Abel si voltò verso Georgie, che lo ascoltava con le lacrime agli
occhi e le guance imporporate. Le fece tenerezza, il suo imbarazzo la
faceva sembrare una bambina, e le diede un piccolo buffetto sulla
testa, sorridendole.
“E poi cosa è successo, Abel? André ti ha detto di chi si era
innamorata Oscar?”
“Sì. Del Conte Hans Axel di Fersen, l'amante di Maria Antonietta.”
“Cosa??? Ma Abel, quelle persone sono vissute quasi cento anni
fa!”, esclamò, sgomenta, Georgie.
“Lo so”, rispose Abel, con un sorriso sornione.
Georgie lo guardò torva e, con gli occhi ridotti a fessure, gli
intimò di andare avanti.
“Come
vedi ti capisco perfettamente, Abel...” disse André.
“Già,
entrambi soffriamo per un amore impossibile...” sospirò Abel.
“No,
ti sbagli. Non esistono amori impossibili, esistono solo amori che
per svelarsi sono costretti a compiere un percorso lungo, faticoso,
complicato e spesso doloroso, ma alla fine ogni amore, se è vero
amore, vede la luce...”
Il
tono con cui André parlava trasmetteva serenità e speranza, e Abel
si convinse a crederci, anche se solo per una sera.
“E
dimmi, André, com'è la tua Oscar?”
“E'
bella, con dei lunghissimi capelli biondi e gli occhi azzurri come il
cielo d'estate. E Georgie?”
Abel
sorrise.
“E'
bella, con dei lunghissimi capelli biondi e gli occhi verdi come i
prati australiani...”
I
due giovani rimasero a parlare a lungo, finché dalla porta entro un
singolare soldato dai lunghi capelli biondi, sicuramente un graduato,
vista l'uniforme che indossava. Il soldato si avvicinò al tavolo di
Abel ed André, poi si rivolse ad Abel.
“E
voi chi siete?”
Abel
ribatté, piuttosto seccato.
“Trovo
molto maleducato chiedere le generalità senza fornire prima le
proprie, non credete?”
Il
soldato biondo sorrise, e Abel comprese in quel momento chi aveva di
fronte.
“Io
sono Oscar Françoise de Jarjayes, comandante della Guardia Nazionale
di Parigi.”
“Abel
Buttman, marinaio.”
Oscar
si voltò verso André e lo chiamo piano, ma vedendo che lui non
rispondeva, si avvicinò a lui e cercò di sollevarlo, per aiutarlo
ad uscire.
Abel
rimase colpito ed affascinato da quella donna, era esattamente come
André l'aveva descritta e capì perché lui ne era tanto innamorato.
Ma ciò che lo colpì di più fu il notare con quanta dolcezza Oscar
trattava André, e con quanto amore lo guardava.
“Questo
ragazzo non ha capito nulla”, pensò Abel “Oscar lo ama almeno
quanto lui ama lei...”
Abel
aiutò Oscar a sollevare André, poi lei lo prese per la vita,
facendo passare un braccio di André sopra la sua spalla e si
incamminò verso l'uscita, sussurrandogli che lo avrebbe portato a
casa.
Abel
rimase a guardare quella scena dolcissima, meravigliandosi di quanto
amore rivelassero i loro gesti e poi vide Oscar voltarsi verso di
lui, con uno sguardo dolcissimo, ringraziandolo di aver fatto
compagnia ad André.
Abel
fece loro un cenno con la mano.
“Buona
Fortuna, ragazzi”.
“E poi? Non ci credo che è finita così! Abel vai avanti, per
favore!”
Georgie pendeva dalle labbra di Abel, assaporava ogni singolo
dettaglio di quella storia ma la cosa che più la incantava era lo
sguardo che lui aveva: profondo, intenso, puro. Si vedeva che era
stata un'esperienza che lo aveva emozionato e catturato, perché
raccontava tutto con passione e calore.
E Georgie era stata catturata da quello sguardo blu così intenso...
“Il giorno dopo chiesi notizie su questo Comandante de Jarjayes ad
alcuni marinai francesi che avevo conosciuto al porto e scoprii
l'indirizzo della sua residenza ma la sorpresa più grande fu
scoprire che Oscar era morta durante la presa della Bastiglia.
Ascoltai tutto il racconto della vita di quella strana donna, o
almeno ciò che si vociferava, e poi decisi di recarmi presso quella
che era stata casa sua dove, davanti ad un enorme ritratto che
ritraeva la donna in sella ad un cavallo, come se fosse il Dio Marte,
un erede della famiglia Jarjayes mi disse che Oscar era stata sepolta
ad Arras, insieme al suo attendente.”
Georgie spalancò gli occhi per lo stupore.
“Cosa? Oscar e André morti? Ma...Abel...io non capisco...che razza
di racconto è questo? Vuoi dirmi che hai visto...due fantasmi???”
Abel annuì.
“Sì, Georgie, ho visto due fantasmi, ma all'epoca non volevo
ancora crederci. Decisi così di recarmi ad Arras, dovevo andare a
fondo a questa storia.”
Due
croci, una vicina all'altra, così come era stata tutta la loro vita.
Abel
fissava incredulo quelle due croci, e le iscrizioni incise nel legno:
Oscar Françoise de Jarjayes, nata il 25 Dicembre 1755, morta il 14
Luglio 1789. André Grandier, nato il 26 Agosto 1754, morto il 13
Luglio 1789.
“Sono
morti ad un solo giorno di distanza...” sussurrò Abel,
completamente frastornato da quelle croci che lo costringevano ad
ammettere una surreale verità alla quale si rifiutava di credere.
“Sì,
proprio così”, rispose una donna di mezz'età spuntata da chissà
dove.
Abel
fissò quella donna, la quale si presentò come Jeanne Chatelet,
figlia di una vecchia amica di Oscar.
“Venite,
Abel, vi offro una tazza di the e vi racconto la storia di Oscar e
André”.
Abel
seguì Jeanne e scoprì che André era morto la sera del 13 Luglio e
che Oscar, distrutta dal dolore, aveva partecipato alla presa della
Bastiglia ma si era messa in prima linea, rendendosi così un
bersaglio facilissimo.
“Cosa?
In prima linea davanti ai cannoni? Ma così si è condannata a morte
da sola!!!”, esclamò, sconvolto, Abel.
“Proprio
così...”, disse Jeanne.
“Ora
capisco...Oscar ha cercato la morte...non voleva restare senza André.
Che donna straordinaria....Chissà se sono riusciti a coronare il
loro sogno d'amore...”, si chiese Abel.
“Sì,
ci riuscirono, anche se per un giorno soltanto. Sapete, con noi
viveva un compagno d'armi di Oscar e André, Alain de Soisson, e lui
ci disse che il 12 Luglio Oscar lasciò la caserma con André, ed
erano ancora distanti, chiusi ognuno nel proprio cuore ostinato. Ma
poi, quando i due tornarono in caserma il 13 Luglio, Oscar annunciò
la sua intenzione di lasciare il fianco delle Maestà per combattere,
insieme all'uomo che amava, con il popolo. Dichiarò a tutto il
battaglione di essere la donna di André Grandier. E' così crudele
che abbiano avuto un solo giorno di felicità...”
“E'
vero, avete ragione. La vita è crudele...ma loro, almeno per un
giorno, sono stati felici...”
Abel
si sentiva amareggiato, lui non vedeva la stessa possibilità con
Georgie.
“Abel”,
disse Jeanne “voi non siete il primo che arriva qui dicendo di aver
visto André ed Oscar. Da quello che mi pare di capire, André appare
solo a chi porta nel cuore un grande amore che lo tormenta...”
Abel
sorrise.
“E
se è così, allora rallegratevi. André vi ha detto di non
disperare, vuole che traiate insegnamento dalla sua storia e che
continuiate a nutrire la speranza. Ricordatevi, non esistono amori
impossibili, e la storia di Oscar e André ne è la prova”.
Georgie
piangeva commossa, la storia che aveva raccontato Abel era
struggente, con un finale dolceamaro e lei ne era rimasta profondamente
colpita.
Presi
dal racconto, i due ragazzi non si erano accorti che era scesa la
sera.
“Georgie,
è tardissimo. Che ne dici di restare qui, potresti passare la notte
con me”, disse Abel.
Georgie
diventò paonazza, e nello stesso momento anche Abel, resosi conto
che la sua frase poteva essere mal interpretata, abbassò lo sguardo,
arrossendo, e nascondendosi sotto la sua folta frangia scura.
“Volevo
dire...potresti dormire qui...non con me...è ovvio...ci sono tante
stanze...per cui...”
“Sì...va
bene...resto qui...”, disse Georgie, con un filo di voce.
Georgie
accettò con piacere e si sorprese nel pensare che l'idea di passare
la notte con Abel non le dava fastidio.
“Ma
cosa mi metto a pensare, adesso?” si chiese tra sé e sé.
Abel
le porse una mano per aiutarla ad alzarsi e in quel momento una
folata di vento fece volare lontano lo scialle di Georgie.
“Oh
no, il mio scialle!” disse Georgie, facendo un paio di passi per
andarlo a riprendere.
Ma
Abel fu più veloce, corse a riprendere lo scialle e lo appoggiò
sulle spalle della ragazza.
Fu
un attimo, un attimo velocissimo, ma appena Georgie sentì il calore
dell'abbraccio involontario di Abel prese le mani del ragazzo tra le
sue e le tenne strette, facendo intrecciare le loro dita.
Abel
era impietrito, completamente spiazzato da quel gesto.
Georgie
si strinse a lui, appoggiò la schiena al petto di Abel e non capì
se il sospiro che sentì proveniva da lei, da lui, o da entrambi,
sapeva solo che non voleva lasciar andare via quel calore.
Appoggiò
la testa alla spalla di Abel e sorrise quando sentì che lui aveva
appoggiato il viso sui suoi capelli.
“Sai,
Abel, si sta proprio bene tra le tue braccia. Ho sempre dato per
scontato questo calore, ma non ho capito quanto facesse parte di me
finché non l'ho perso....Adesso sono felice di averlo ritrovato...”.
Abel
strinse ancora di più Georgie e le sfiorò una guancia con le
labbra, indeciso se osare di più e proprio mentre Georgie stava
cominciando a girare il viso verso di lui si staccò, spaventato da
quella situazione che stava sfuggendo di mano ad entrambi.
Georgie
abbassò lo sguardo e sorrise. Come sempre, Abel si era dimostrato
più saggio di lei e l'aveva respinta, non perché non la volesse,
questo lo aveva capito, ma perché voleva proteggerla.
Abel
fece scivolare la sua mano dentro quella di Georgie ed entrarono a
casa, non parlando più di quello che era appena successo tra di
loro. Per tutta la sera Georgie si accorse di non riuscire a fare a
meno di scrutare Abel, di cercare il suo sguardo e si sentì spesso
arrossire quando pensava a ciò che era successo.
Era
ormai tardi quando Abel accompagnò Georgie in camera.
“Io
rimango ancora un po' giù nello studio, Georgie. Il progetto per la
nuova nave è ancora in fase di elaborazione ed è meglio che vada
avanti se non voglio essere licenziato dal Signor Allen!”, disse
Abel, sorridendole.
“Va
bene, Abel. Allora...buonanotte...” disse Georgie restando in piedi
sulla porta, incapace di compiere quei due piccoli passettini che
l'avrebbero portata dentro la camera.
“Buonanotte,
Georgie”, le rispose Abel, appoggiando delicatamente le mani sulle
sue spalle e posandole un dolcissimo bacio sulla fronte.
Abel
aveva capito che qualcosa si stava agitando nell'animo della ragazza,
ma era deciso a fare tutti i passi indietro necessari affinché lei
potesse fare chiarezza da sola e così, anche se a malincuore, la
lasciò.
Ma
la notte si rivelò per Georgie solo un interminabile susseguirsi di
minuti che la separavano dal sorgere del sole e così decise di
scendere a vedere se Abel era ancora sveglio.
La
porta dello studio era socchiusa e si vedeva filtrare della luce.
“Menomale,
è ancora sveglio!”, si disse Georgie, entrando.
“Abel...”,
lo chiamò piano.
“Abel!”,
ripeté, ma non ottenne risposta.
Entrò
cercando di fare il meno rumore possibile e trovò Abel addormentato
sul divano, con un libro tra le mani.
Sorrise,
si avvicinò a lui, lo chiamò nuovamente e vedendo che Abel dormiva
di un sonno profondo, prese una coperta e gliela mise sopra.
Rimase
poi ad osservarlo per un po', chiedendosi perché il cuore non
accennava a smettere di battere così furiosamente.
Perché
aveva voglia di vederlo sorriderle? Perché aveva voglia di perdersi
ancora in quel caldo abbraccio? E perché aveva desiderato incontrare
di nuovo le sue labbra?
“Abel...cosa
mi succede...” chiese Georgie sottovoce, tranquilla del fatto che
lui stesse dormendo.
“Perché
mi sento così turbata vicino a te? Ti conosco da sempre, e ora,
tutto ad un tratto, sei un'altra persona. Tutti i tuoi gesti adesso
assumono un significato diverso, sei il mio Abel di sempre, eppure
non posso fare a meno di pensare a te in modo diverso....Tu mi sai
spiegare perché, Abel?”
Georgie
si mise vicino alla finestra e guardò fuori, per tanto non seppe mai
che Abel aveva spalancato gli occhi, che ora brillavano lucidi e
commossi.
“Abel,
perché continua a tornarmi in mente la frase che ti ha detto André?
E sai una cosa, sotto sotto sono d'accordo con lui, non esistono
amori impossibili...e io voglio capire se sarà così anche per
me...”, disse Georgie senza mai voltarsi verso Abel.
“Ho
voglia di capirmi, di scoprirti, di conoscerti. Devo capire perché
prima ho desiderato così tanto che mi baciassi....Devo capire,
perché non voglio sbagliare più con te, non ti voglio ferire e non
voglio perderti di nuovo.”
Georgie
si voltò e tornò verso Abel che, sentendo i passi della giovane,
chiuse gli occhi e fece finta di dormire.
“Abel...”,
sussurrò Georgie chinandosi vicino a lui “dedichiamoci prima a
salvare Arthur, e poi promettimi che mi aiuterai a capire se anche il
mio è un amore impossibile...”
Abel
non fece nessun gesto e Georgie, incoraggiata dal sonno profondo del
ragazzo, sfiorò le sue labbra con un leggero bacio che, però, per
un breve istante le sembrò contraccambiato. Si staccò spaventata e
si rilassò, dandosi della sciocca, quando vide che Abel non si era
mosso dalla sua posizione.
“Buonanotte,
Abel” disse Georgie lasciando quella stanza.
Quando
non sentì più il rumore dei passi sulle scale, Abel si alzò,
appoggiandosi alla porta, indeciso se seguire Georgie o meno.
“No...è
meglio di no....Facciamo come vuoi tu, Georgie. Ti aiuterò, te lo
prometto, e presto capirai che anche per il nostro amore è arrivato
il momento di vedere la luce”.
Abel
tornò a letto sicuro che, a partire dalla mattina dopo, il sole
avrebbe cominciato a splendere.
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