F come fine

di Andormeda
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Posa il telefono, ancora incredula di quello che le hanno appena rivelato. Fino a quel momento era riuscita a trattenere le lacrime anche se sapeva benissimo che dall’altra parte del ricevitore quella persona aveva capito tutto, benissimo. Per forza, la conosceva, sapeva come avrebbe reagito.

In casa però non era sola, non poteva far vedere il suo dolore, avrebbero fatto troppe domande e così, con i suoi occhiali da sole Gucci, e con il miglior tono di voce disse tranquillamente: “Vado a fare una passeggiata.” Dalla cucina le risposero solo: “ Va bene, ma non fare solo tanto tardi.” Di corsa scese le scale, si mise il primo paio di scarpe che trovò e finalmente sentì un getto di aria fresca che le accarezzava dolcemente il viso.

Mise vicino il cancello, iniziò a camminare, non poteva ancora crederci, finalmente le lacrime iniziarono a scendere e si sentì il nodo alla gola sciogliersi. Ora andava meglio, anche se ormai nella sua testa non c’era spazio più per nulla.

Tutto quello che era successo era solo colpa sua, colpa di una sua parte del carattere, quel maledetto carattere che riusciva sempre a bloccarla in quelle situazioni, quel carattere che non le permetteva di essere se stessa quando invece lei avrebbe voluto mostrarsi al mondo per quello che era, quel carattere che iniziò ad odiare fino al punto tale da cercare di eliminarlo fisicamente dal suo corpo.

Per fortuna prima che quel pensiero finisse di scorrerle nella testa il cervello aveva iniziato a funzionare, finì di piangere, aveva gli occhi rossi, ma avrebbe dato la colpa all’allergia se qualcuno le avesse chiesto qualcosa. Era nella stagione giusta e si trovava pure nell’aperta campagna.

Capì che non doveva stare male, soffrire come le era già accaduto in passato, doveva cercare di sopprimere tutto e subito, non poteva farsi vedere fragile davanti agli altri. Non le andava proprio, anzi detestava anche solo esserlo. Avrebbe dovuto riprendere quella corazza che teneva sempre pronta nell’ armadio, pronta per occasioni come queste. Nessuno sapeva però che non era così resistente e bastava un colpo ben assestato in un punto preciso per far cadere tutto. In fondo, però, poteva rimanere un segreto tra lei e il punto debole.

Ormai stava vagando da più di mezz’ora, le gambe procedevano da sole, incuranti di tutto quello che stava succedendo dentro di lei. Ad un certo punto si fermò, si lasciò cadere sull’erba, esausta . Cercò di sentire il suo cuore, batteva velocemente, ma si rendeva conto che c’era qualcosa che non andava: non poteva essersi crepato un’altra volta!

Avrebbe dovuto, di nuovo, ricostruirlo, con tutta la pazienza che aveva, non poteva far altro: solo badare a se stessa.

Sperava solo che lui fosse felice, le sarebbe bastato questo e, magari, non incontrarlo la mattina.

Era pronta per tornare a casa, il dolore che le rimaneva l’avrebbe versato sul cuscino, la notte, quando finalmente era sola, così il giorno dopo avrebbe detto che stava bene.

L’amore l’aveva tratta in inganno un’altra volta.

 





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