STELLA DI
NATALE
25
Dicembre
Li sento i canti di Natale nell'aria.
Rime patetiche sulla neve, sulla gioia e sulla
pace.
Mentre cammino per Diagon Alley i miei
occhi vengono accecati dalle luci delle vetrine.
E il grigio delle iridi
brucia.
I bambini per strada raccolgono
poltiglie di neve e fango per lanciarsele addosso. Solo inutile fatica per le
madri, penso. Perché io non conosco quel gusto dolce che ha il divertimento.
Quella sensazione che assuefà ed è più efficace di una droga.
Scorgo, stringendo appena gli occhi, un
mendicante nel vicolo. È lì da sempre. E li rimarrà. Perchè è la giostra della
vita. E finalmente esce fuori il marciume, la feccia del mondo. Perchè la
povertà esiste anche nel Mondo della Magia dove i mali umani dovrebbero essere
debellati, dove tutti gridano felici al cielo che è
Natale.
E quel mendicante non vuole certo
uscire dagli schemi lineari. Perciò canta anche lui. Con la sua voce arrochita e
stonata, spenta. Ingoiata dallo schifo che lo circonda proprio come la sua
anima. Perse per sempre.
Vedo gli alberi addobbati lungo la
strada principale, oro, argento, splendore,
candele.
E poi la strada secondaria, buia.
Stretta, sporca, che vede cadaveri, stupri e grida, tana della
disperazione.
Ma a Natale si è tutti più
buoni.
E quel mendicante rimane
invisibile.
E quella strada viene resa
inaccessibile da un venditore di castagne.
Ed è tutto come prima. Il giorno di
Natale non ha nulla di speciale. Si rimane dei vermi, solo un po' più
ipocriti.
Ma io queste cose non le condanno. Del
resto sono un viscido serpente che striscia dalla nascita. E del mondo non mi
tange nulla. Figuriamoci quella viottola. Figuriamoci quel
poveraccio.
Sono io il primo a far sì che nel mondo
ci sia cattiveria, morte, guerra. Perché preferisco il realismo all'ipocrisia e,
ammettiamolo, il realismo non è il Natale.
Il Natale è solo una bella carta da
regalo con tanto di fiocco, ma il pacco al suo interno è marcio. E fa schifo.
Proprio come me. Proprio come te, ipocrita!
Rasento il muro mentre cammino, il mio
mantello nero ondeggia e si gonfia borioso, trascinato dal gelido vento di
Dicembre. La ricchezza dei miei abiti e l'eleganza dei miei movimenti suggerisce
che sono un uomo per bene. Non è così. La giusta definizione è bastardo. O
figlio di puttana. A seconda del rispetto per chi si insulta. Ma visto che non
si può e non si deve avere rispetto per
me la scelta è libera da ogni costrizione
formale.
La mia camminata è
fiera, diritta, convinta. A testa alta. E non ondeggio come questa gente che
ride, non sbatto contro gli altri passanti. Perchè io non sono insicuro come
loro, perchè io continuo su questo sentiero bruciato. Aggirando gli ostacoli,
camminando a lato, camuffandola paura con questo sguardo di superiorità e di
disprezzo. Consapevole che, se volesse, questa gente sciocca, unendosi, sarebbe
capace di distruggermi. E percorro, da solo, la mia strada
sbagliata.
Oggi Draco Malfoy,
strozzino, ammazzerà una famiglia felice. Sono proprio il peggiore fra gli
assassini, vero? Proprio il giorno di Natale.
Che bel modo per
dire al mondo che a me del Natale non me ne frega un cazzo.
Pochi passi e tutto
tace, uno, due, tre, fine! E muore qualcuno.
Ed è come se non ci
fosse mai stato su questa Terra ignobile.
E rimangono solo i
cocci di cuore da raccogliere. Il cuore di chi piangerà su una tomba il giorno
di Natale. Ma io non ho mai fatto molto caso al dopo. E non mi premurerò certo
di farlo oggi solo perchè è Natale.
Il mio respiro è
lento e regolare, ormai l'adrenalina che mi procurava uccidere si è affievolita.
E di me rimane solo il braccio marchiato che solleverà la bacchetta per
torturare i malcapitati.
Ogni volta che
ammazzi qualcuno la tua anima si strappa e ormai la mia non è più neppure
un'anima, è solo l'ombra di un destino amaro, è prassi. E questo lo sanno tutti.
Ma allora perchè io, Mangiamorte dichiarato, posso girare per le strade della
strada principale indisturbato? Perchè il mondo è ipocrita. Come quei canti di
gioia e di pace.
Cammino ancora.
Affaticato dal vento che mi soffia contro. Che cerca di fermarmi, che mi
contrasta. E che perde.
Poi, finalmente,
arrivo al numero 12. Il numero è inciso sulla pietra, eterno, come diverranno
loro. Dopotutto mi dovrebbero ringraziare.
Sulla porta di
legno c'è la targa in ottone che recita: Potter.
Finalmente la
vendetta amara.
Busso, un colpo,
una pausa e due colpi di seguito. Attendo pochi secondi e poi una voce di bimba
mi sconvolge.
-Che persona
sei?-
Immagino di dover
rispondere semplicemente col mio nome eppure quella domanda posta in quel modo
mi mette in difficoltà. Cattiva. Che persona sei?
Cattiva.
Ma poi torno al
piano originale e rispondo con falsa voce dolce -Un amico di mamma e papà,
piccola-
Un gran trambusto
mi suggerisce che presto dovrò agire e quando la porta inizia ad aprirsi stringo
forte le dita intorno alla bacchetta.
Una manina paffuta
è stretta in una affusolata e diafana. Ginny Weasley e sua figlia. Appena mi
vede la bella Weasley cerca di richiudere il portone spingendo con tutto il suo
gracile peso. Ma basta un mio piede fra la porta e il cardine a render vano ogni
suo tentativo. Vedo gli occhi grandi tingersi di terrore e il palmo spingere le
piccole spalle della ragazzina verso le scale. La bimba capisce. I bambini
capiscono sempre. E corre a perdifiato su per le scale.
L'odore dei dolci e
delle pietanze appena preparate mi penetra nelle narici e vorrei addirittura
complimentarmi con lei per lo squisito aroma. Ma poi, ragionando, mi dico che
non potrebbe rispondermi strozzata com'è dalla mano che premo sulla sua gola.
Cerca di gridare.
Soffocata. Ma è tutto inutile. Con la bacchetta le squarcio l'addome, si
accascia fra le mie braccia. Con il mento si abbandona sui muscoli del mio
braccio ed io, con una sola mossa le spezzo il collo. Buon Natale, bella
Weasley. Il suo corpo copre il pavimento macchiato. L'Albero addobbato lo
osserva da accanto alla porta. Sotto di lui, un regalo era per
lei.
Ora davanti a me
c'è Harry Potter, suo marito. Il viso sconvolto, distorto da una smorfia di
dolore. La bacchetta puntata al mio petto. Ma la disperazione acceca e il mio
avversario non vede più dove colpire. Io invece lo scordo nitido il suo cuore
già spezzato e, con un movimento fulmineo della bacchetta, indirizzo al suo
cuore una pallottola. Cattiva scende lungo gli addominali e brucia la carne.
Velenosa, intrisa di acido, divide i lembi di pelle che nessuno ricucirà mai
più. E il sangue si unisce a quello di sua moglie. Così come il suo cadavere. E
l'Abete guarda entrambi. E le stelle di natale nel vaso vicino ai loro corpi si
tingono di un rosso diverso. Il rosso del sangue.
Ho compiuto il mio
dovere.
Al piano di sopra
una bambina piange disperata. Ma io non voglio certo infierire, perciò me ne
vado, non capendo che il dolore è più lacerante quando ti manca qualcuno di
quando muori. E nell'illusione di fare del bene la lascio in vita, uccidendola.
Dopotutto a Natale
si è tutti più buoni.
E allora goditi
questo Natale, piccola Potter. E sogna quelli futuri con un'unica modifica
rispetto a quelli passati. Saranno senza i tuoi genitori.
Ti lascio una
stella di Natale qui sul tavolo, piccola. È bagnata, ma non certo di rugiada.
Così ti ricorderai sempre di loro e del sangue di questo
giorno.
È il mio regalo di
Natale per te. Da unire a tutti quelli che ho lasciato intatti sotto l'albero.
Sono solo per te, tutti per te. Un bel regalo, non
trovi?
Buon Natale,
piccola.
Esco dal portone
con gli occhi freddi. Le iridi grigie non hanno il calore dell'argento. Solo il
tagliante fascino del metallo, e mi piace associarlo al gusto del sangue.
E prima o poi anche
io cadrò morto bagnandomi del mio sangue, su un pavimento lucidato.
E rimarrà sempre
l'odore di sangue in quella casa.
Perchè la morte è
eterna quanto ciò che lascia quando si porta via qualcuno. Lascia i ricordi ed è
immortale come loro.
Forse proprio Lei è
l'unica che non cadrà mai a coprire la pozza del suo sangue. Forse,
semplicemente, perchè Lei il sangue non ce l'ha.
Ma queste sono solo
supposizioni. In fondo io non la conosco di persona. Io opero solo su
commissione. Sono un servo. Non certo un consigliere. E forse è per il fatto che
non sono realmente io a decidere di uccidere le mie vittime che non mi pento
mai.
E rimango un
assassino folle che ucciderà ancora. E nessuno se ne accorge. Neppure a
Natale.
Ora cammino,
calpestando il terreno di prima, e non mi pento di nulla. Almeno non
spontaneamente. Ho le mani sporche di sangue. Ormai non mi piace più uccidere
con l'Avada Kedavra. Lo trovo tediante e noioso. A me è sempre piaciuta
l'originalità. E cos'è più originale di un quadro picassiano dipinto col sangue?
Costituito da figure angolate in posizioni macabre, di colli spezzati, corpi
squarciati e capelli strappati? Solo morte e terrore. In una tortura continua,
carnale.
Ed io sono un
grande pittore.
Nella neve ora,
però, avanzo curvo. E le luci delle vetrine sembrano un po' più spente. Gli
abeti sembrano solo molto inutili e i bambini sono rientrati in casa, sporchi di
fango. Solo due cose sono ancora uguali: il mendicante e il vicolo buio.
Perchè a Natale non
si è più buoni.
Si è vermi marci
come sempre.
Solo un po' più
ipocriti.
Buon
Natale, ipocriti.
FINE
Salve a tutti.
Esordisco col dire che è piuttosto macabra e me ne rendo conto. Però il mio
genere è questo, dopotutto.
Spero che passiate
tutti un felice Natale ben lontano da questo esempio.
Aspetto recensioni
e commenti dai più assidui e anche da chi, per curiosità o per errore, ha letto
questa one-shot.
Un saluto
Cam
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