Il fantasma del Natale passato.
Fu svegliato da un cigolio sospetto che proveniva dalle scale, era come se
qualcuno stesse cercando di salire silenziosamente ma, non conoscendo la casa,
non sapesse dove mettere i piedi per non fare rumore. Remus si tirò a sedere,
strofinandosi gli occhi e arruffandosi i capelli, cercando di capire che ore
fossero, proprio quando stava per rimettersi a dormire, convinto di aver sognato
tutto, la pendola in salotto suonò una volta e sulla porta della camera da letto
apparve la sagoma di una persona. Ad una prima occhiata gli sembrò di
riconoscere in quella sagoma Harry, quella era in fondo casa sua avrebbe quindi
anche potuto decidere di passare lì una notte, anche se in realtà non avrebbe
avuto nessun motivo valido per farlo, dato che odiava quella casa con lo stesso
odio con cui l’aveva odiata Sirius.
Remus fissò il ragazzo sulla porta: i capelli erano decisamente quelli di Harry,
tutti spettinati e arruffati, anche la corporatura era quella di Harry anche se,
a ben vedere, quello sulla porta era un po’ più alto e muscoloso, quando si fece
più avanti Remus fu in grado di vedere che portava gli un paio di occhiali
rotondi che avevano l’aria di avere passato molte turbolente avventure.
- Harry? – chiese alzandosi faticosamente dal letto e andandogli incontro,
avendo deciso che, visto che il nuovo arrivato sembrava proprio Harry, era
decisamente probabile che fosse lui. – Che cosa ci fai qui? Ti serve qualcosa?
Stai bene? – continuò cominciando a preoccuparsi per il ragazzo.
- Mi fa piacere vedere che ti interessi tanto a lui ma ti devo correggere, io
non sono Harry, - rispose il giovane con tono allegro.
Remus corrugò la fronte, no, quella non era la voce di Harry, piuttosto sembrava
quella di…
- Lumos, - disse illuminando la stanza con una debole luce che proveniva dalla
punta della sua bacchetta. – Non ci credo!
- Andiamo, Moony, Sirius ti aveva avvertito del mio arrivo, no? – chiese il
ragazzo sorridendo.
- No! – sbottò Remus arrabbiato.
- No? – chiese l’altro sorpreso.
- No, cioè sì… ma no! Lui non era Sirius, era una mia allucinazione e tu non
puoi essere…- mormorò crollando di nuovo a sedere sul materasso.
- Sono James, Remus, lo sai che sono io, come sai che quello di prima era Sirius,
- rispose pazientemente James, rivolgendosi all’amico come un padre che spiega
al suo bambino di tre anni che non deve toccare il pus di Bobotubero.
- Sono impazzito, - tornò a dire Remus, ora decisamente convinto di essere
uscito di senno, una allucinazione andava bene, tutto sommato era la giusta
punizione per aver mangiato pensante di sera, ma addirittura due nella stessa
notte? No, quello era decisamente troppo perché fosse solo una intossicazione,
lì si trattava di vera follia incipiente.
- No, non lo sei… almeno non dal tuo punto di vista, dal mio sì.
- Che cosa vuoi dire? – chiese il mago, ci mancava solo che anche
l’allucinazione gli desse del pazzo.
- Che per comportarti come ti stai comportando devi essere decisamente diventato
pazzo in questi ultimi vent’anni.
- Oh no, anche tu no! – rispose Remus, facendosi cadere sdraiato sul letto e
coprendosi il volto con una mano, quella decisamente non era la sua giornata:
prima Tonks, poi la Sirius-allucinazione e adesso anche la James-allucinazione,
tutti che credevano di sapere meglio di lui come doveva vivere la sua
stramaledetta ( nel senso letterale data la sua condizione) vita.
- Oh sì anche io, siamo tutti sconvolti…- iniziò a dire James ma poi si bloccò,
passandosi una mano tra i capelli. – Ho detto troppo, adesso preparati che
andiamo.
- Come? Dove? Perché? – chiese Remus tirandosi però su in modo da poterlo vedere
in volto.
- Come, - iniziò a spiegare James facendosi da parte. - Vieni con me, ti guido
io. Dove: lo vedrai. Perché: per cercare di farti entrare un po’ di sale in
quella zucca, - rispose James girandosi per uscire dalla stanza.
- Ma, ma…
- Niente ma, vieni con me e basta.
James prese il polso di Remus, trascinandolo oltre la porta della camera
nonostante le proteste piuttosto intense dell’altro che stava cercando in tutti
i modi di aggrapparsi allo stipite della porta per evitare di essere portato
chissà dove dal suo sonnambulismo. Perché, sperando ancora di aver conservato
una piccola quota di sanità mentale, di quello si doveva trattare se non
dell’ennesima allucinazione, no? Prima Sirius, ora il sonnambulismo e il sogno
di James, tutto normale. Quasi.
- La vuoi smettere, Remus, ti stai comportando come un bambino, - disse James
dando uno strattone in modo che l’altro si staccasse dallo stipite scorticandosi
un’unghia e lo seguisse nel corridoio. Quando si guardò bene intorno, però,
Remus si rese conto che non era più il “suo” corridoio lungo e tetro ma uno
diverso, molto più luminoso e decisamente più addobbato per il Natale imminente
con ghirlande di vischio che pendevano dal soffitto, globi argentei che
scintillavano e fatine che ogni tanto svolazzavano davanti a loro, creando scie
luminose. Da lontano si udivano delle risate e nell’aria si sentiva un odore
dolce di cannella e cioccolata.
- Ma dove siamo finiti? Questa non è Grimmauld Place, vero? – chiese Remus
guardandosi intorno ora incuriosito da quella situazione, si era infatti deciso
che fosse tutto un sogno per cui aveva deciso di smetterla di preoccuparsi e di
cercare di scoprire quello che stava succedendo.
- No, decisamente questa non è Grimmauld Place, - rise James arrivando alla fine
del corridoio che si apriva su una sala abbastanza grande, illuminata da decine
di candele magiche, alcune poste su candelieri, altre invece sospese nell’aria
che galleggiavano quiete, illuminando con una luce calda l’ambiente. C’era anche
un camino acceso con un fuoco scoppiettante su cui era stato posto un calderone
che ribolliva di continuo, era da quello che arrivava l’odore di cannella, non
c’erano dubbi. Gli addobbi di Natale erano sparsi ovunque, in un angolo svettava
un grosso abete ricolmo di ghirlande, palline colorate e fatine che brillavano
in modo che la loro luce si riflettesse sulle gocce di resina dell’abete,
creando dei giochi di luce su tutto l’albero; ghirlande di vischio erano sospese
qua e là mentre grappoli di agrifoglio erano attaccati alle finestre. Vicino al
fuoco c’erano cinque figure sedute che stavano parlando e ridendo allegramente,
dando l’impressione di divertirsi molto.
- Eh, ragazzi, avete visto dove siete seduti? – chiese uno dei ragazzi
fissandone altri due.
Remus trattenne il fiato quando lo sentì parlare e si avvicinò di più a James
per poter vedere meglio, seduti nella stanza c’erano… loro, i Malandrini, in
quello che poteva essere un Natale di almeno 20 anni prima.
- Oh, hai ragione Sirius! – esclamò il giovane James fissando sopra la sua
testa, mentre la ragazza di fronte a lui arrossiva guardando nello stesso punto.
- Beh? Allora cosa aspetti? Non dirmi che non sai quello che devi fare, - chiese
Sirius ridendo mentre Peter, seduto di fianco a lui, saltellava frenetico sulla
sedia.
- Certo che lo so, - rispose il ragazzo osservando Lily.
- Non è stupenda? – Remus sentì il James che lo aveva portato lì sussurrargli
piano quelle parole, mentre si avvicinava sempre di più al quintetto.
- Aspetta, e se ci vedono? – chiese Remus preoccupato, afferrando la manica
dell’amico.
- No, non possono vederci, stai tranquillo, - gli rispose James avvicinandosi a
se stesso giovane, in quel momento molto occupato a baciare Lily sotto il
vischio.
- Basta, basta, voi due, ci sono delle anime candide qui! – Remus si sentì
strano a sentire se stesso parlare rivolto a James e Lily, ancora avvinghiati,
indicando Peter.
- Fa una impressione strana, - mormorò il vecchio Remus a James.
- Cosa? Rivedersi così giovani? – chiese James.
- No, rivedersi così felici, - rispose Remus tristemente.
James annuì piano.
- Ragazzi, volete qualcosa da bere? – chiese Lily staccandosi malvolentieri da
James e fissando gli altri ragazzi, ricominciando a fare gli onori di casa.
- No grazie, Lily, va bene così, - le rispose Remus.
- No, grazie, ma se vuoi dare un bacio anche a me sono disponibile, - rispose
ridendo anche Sirius, scatenando un accesso di risa anche in Peter.
- Non ti conviene scherzare troppo nella tua condizione, Sirius, - rispose
sorridendo la ragazza.
- Che cosa intendi?
- Sei seduto anche tu sotto il vischio, vecchio mio, - rispose Peter, alzando
gli occhi.
- Per forza, avete sparso quella pianta ovunque, non sapete che può anche essere
pericolosa se mangiata? – chiese il giovane Remus guardando tutti i grappoli di
vischio che pendevano nella stanza e assumendo un tono compito, lo stesso tono
che usava nel presente per rimproverare Tonks quando combinava qualche disastro.
- Che cosa c’è, professore? Non mi dire che non ti piace il modo come ho
addobbato la sala? – chiese Lily, sorridendo maligna.
- Sembra di stare in una foresta, ma se ti piace la natura è perfetto, - rispose
ridendo Remus.
- Allora, visto che anche tu sei sotto lo stesso rametto di Sirius, non avrai
niente in contrario a seguire la tradizione, immagino, - rispose James con
espressione altrettanto maligna della ragazza, pregustandosi la scena.
- Che cos…? - cominciò a dire Remus prima che Sirius lo interrompesse.
- Ma sì, mio lunatico compagno di avventure, vieni qui, - gli disse il ragazzo
tirandolo verso di sé e stampandogli con uno schiocco un bacio sulle labbra
serrate sotto l’espressione sorpresa di Remus, quella attonita di James e Lily,
che non si aspettavano una cosa simile neanche da Sirius, e le risate di Peter.
- Merlino, - disse il vecchio Remus nascondendo il volto tra le mani. – Questo
me lo ero scordato, - riprese mentre i ragazzi scoppiavano tutti a ridere e
insieme a loro anche il vecchio James.
- Ci divertivamo vero? – chiese James.
- Sì, ci divertivamo un sacco, - rispose Remus tornando a fissare i cinque
amici.
- E perché tu hai smesso di divertirti? – gli chiese James.
- Perché senza di voi non è più la stessa cosa.
James scosse la testa sorridendo tristemente, poi gli riprese il polso e lo tirò
via.
- No aspetta, James, fermiamoci ancora qualche momento qui, - chiese Remus. – E’
bello stare qui.
- Non possiamo, Remus, abbiamo ancora delle cose da vedere e poco tempo a nostra
disposizione.
- Ma non voglio andare via, ti prego…
James scosse la testa e lo tirò via, ignorando le altre proteste. Si diressero
di nuovo verso il corridoio e mentre lo percorrevano Remus si rese conto che
stava cambiando, le decorazioni, seppur sempre presenti, erano diverse: non
c’erano più i rametti di vischio, sostituiti con candele magiche con fiammelle
colorate che spandevano la loro luce sulle pareti, si vedevano delle statuine
Babbane che rappresentavano Babbo Natale, pupazzi di neve e renne posti sulla
mobilia e si sentivano le inconfondibili risate di una ragazzina.
- Dove siamo, James? – chiese Remus, non riconoscendo il luogo.
- Aspetta e vedrai, è una sorpresa.
Entrarono alla fine in una stanza, sul divano erano sedute due persone adulte
che ridevano fissando dalla parte opposta della stanza dove c’era un abete
enorme in cui le decorazioni Babbane si mescolavano con quelle magiche, creando
un effetto bizzarro. Ai piedi dell’albero c’era una ragazzina in pigiama giallo
limone che fissava con occhi luccicanti tutti i pacchetti, i capelli di un rosa
acceso corti e spettinati; la bimba saltellava da una parte all’altra, passando
di pacco in pacco, scuotendoli un po’ per poi riporli al loro posto.
- Per favore, mamma, posso? Dai posso? Possopossopossoposso? – chiese la bimba
schizzando in piedi e volando sul divano tra i due genitori.
- Per tutti gli stregoni, ma quella è Ninfadora! – esclamò Remus sorridendo e
andando avanti fino a portarsi vicino alla bambina, studiandola affascinato come
se non avesse mai visto una ragazzina in vita sua.
- Sapevo che ti sarebbe piaciuto, - gli disse James avvicinandosi a lui.
- Ma guardala… è piccolissima…avrà quanti? Dieci anni?
- Unidici.
- Incredibile, - mormorò il mago mentre la piccola continuava a ripetere i suoi
“posso?”. – Era una rompiscatole già a quell’età, - disse ridendo il mago.
- No, Ninfadora, ti ho detto che i regali si aprono il 25 dicembre, non prima, -
le rispose la mamma, accarezzandole i capelli e fissandoli con aria incerta. –
Non ti piacerebbe tenerli, che so, magari neri, o castani, anche biondi se
proprio vuoi, almeno per le feste, sai che alla nonna fa un po’ impressione
quando ti vede in rosa, - chiese Andromeda.
- No, mi piacciono rosa, - affermò la piccola pensandoci un po’ su, ma poi
aggiunse seria. – Ma domani dalla nonna li faccio neri, lo so che il rosa non le
piace.
- Non è che non le piaccia, piccola, solo non è abituata, - le rispose il papà.
– Lo sai che la nonna non è una strega e non ha molta famigliarità con queste
cose.
- Lo so papà, - rispose seria Ninfadora.
- Brava la mia patatina, - disse Ted fissando la bimba che scendeva dal divano
andando di nuovo ad osservare la pila di regali con sguardo adorante. Ted
sospirò, era inulte non riusciva a resistere a quel suo piccolo tornado in rosa.
- Se proprio vuoi puoi aprire un regalo, - capitolò alla fine.
- Ted! – esclamò la moglie.
- Andiamo, Andromeda, è Natale, - rise lui.
- E va bene, se vuoi apri un regalo, - si arrese anche Andormeda che aveva
capito che anche Ted, nonostante l’età, non vedeva l’ora di mettersi a giocare
con i regali della figlia.
- Come fa? – chiese Remus a James.
- A fare cosa?
- Ad ottenere sempre quello che vuole dalle persone, le… ammalia, non so.
- Perché chiede quello che sa che le persone in realtà vogliono, - rispose
semplicemente James.
- E tu come lo sai? Non la conosci neanche, - rise Remus.
- Uffa, Remus, Sirius te lo ha detto no? La storia che noi sappiamo tutto,
eccetera, eccetera.
- Per quello sapevi di lei e di me?
- Certo, - rispose James sicuro.
- Mi stavi spiando! Tu, Sirius, Lily, chissà che risate vi siete fatti alle mie
spalle, in tutti questi anni, - sbottò Remus.
- Ma che cosa dici? – gli chiese James improvvisamente arrabbiato.
- Voi tre lì insieme e io qui da solo a cercare di tirare avanti.
- Remus, noi tre siamo morti! – sbottò James fissando negli occhi Remus che
tolse rapidamente lo sguardo tornando a guardare la giovane Ninfadora che stava
spacchettando un grosso regalo, strappando la carta colorata con movimenti
rapidi.
- Sempre così, non riesce mai a fare qualcosa con calma, deve sempre fare tutto
di furia, - sbottò Remus, cambiando improvvisamente argomento e riversando la
sua frustrazione sulla bambina.
- E tu è come se fossi morto con noi, - bofonchiò James sottovoce.
- Oh, mamma, guarda! – gridò Ninfadora distraendoli dai loro pensieri e correndo
dai suoi genitori con una scopa in mano. – La mia prima scopa, peccato che a
Hogwarts non ce la facciano tenere, - disse tristemente.
- Solo per quest’anno, l’anno prossimo potrai portarla, intanto la puoi usare a
casa, ma…- le disse il padre ridendo e muovendo l’indice in alto con fare
ammonitore.
- Senza farmi notare dai Babbani, lo so, papà, - disse la piccola salendo sulla
scopa e svolazzando per la stanza, travolgendo metà dei soprammobili.
- Attenta Ninfadora! – le urlò dietro la madre, riparando i danni che aveva
combinato. – Non in casa! – la riproverò.
- Sì, mamma, - disse buona Ninafadora, scendendo dalla scopa con un sorriso
malandrino sul volto.
- E’ più simile a noi di quanto pensassi, però, - disse James sorridendo. –
Adesso capisco perché ti sei preso una cotta per lei. Vieni, ti mostro ancora
una cosa prima di andare via.
- Non mi sono preso una cotta, non sono più un adolescente, - bofonchiò Remus,
sapendo che stava dicendo una balla, si era preso proprio una cotta, e anche
bella grossa, era innegabile. - D’accordo andiamo, - rispose poi voltandosi per
lanciare un ultimo sguardo alla sala dove le risate della famiglia risuonavano
ancora. – Allora dove andiamo adesso?
James non rispose ma condusse Remus lungo il corridoio e questa volta andando
avanti le decorazioni mano a mano scomparvero per non essere sostituite.
L’ambiente era decisamente oscuro e tetro, non una luce né una decorazione
indicavano che il Natale fosse alle porte, Remus riconobbe anche troppo bene il
suo piccolo appartamento.
- Andiamo, James, non voglio vedere.
- No, dobbiamo fermarci anche qui.
- Lo conosco questo posto, mi ricordo di questo Natale, è stato identico a
quello degli ultimi 15 anni, non ho bisogno di vederlo, - piagnucolò Remus
tirando indietro James. Ormai però erano arrivati alla stanzina: un Remus di
circa 30 anni sedeva triste ad una sedia, davanti ad un bicchiere di Whishy
Incendiario, da solo.
- E ti piace quello che vedi? – chiese James.
- Certo che no? Come potrebbe piacermi?
- E allora perché ti ostini a voler finire in quel modo i tuoi giorni?
Maledizione!, - sbottò James fissando severo l’amico che non rispose ma chinò il
capo e chiuse gli occhi, quando li riaprì si trovava di nuovo nella sua camera
da letto, da solo.
Remus si guardò intorno improvvisamente consapevole della solitudine che regnava
in quella enorme casa silenziosa. Era convinto di essersi addormentato e di aver
sognato ma, se questo spiegava la sua fugace visione dei suoi Natali passati,
non faceva capire come avesse potuto vedere così chiaramente quello di Ninfadora.
Era sicuro di non aver mai parlato con lei di quell’argomento e, d’altra parte,
era sicuro che quello che aveva visto era vero: se le avesse chiesto era sicuro
che lei avrebbe detto di aver ricevuto una scopa nel Natale del suo undicesimo
anno e che con quella stessa scopa aveva distrutto il salotto prima che sua
mamma le intimasse di smetterla di svolazzare in giro per casa.
Lupin si lasciò scivolare nel letto, fissando il soffitto scuro alla tenue luce
che filtrava dalla strada, aspettando di riaddormentarsi, o di sentire suonare
due rintocchi in attesa del secondo fantasma.
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