Fragments
of glass
C’è una cosa che gli piace, di Sherlock.
Nel mezzo ci sono tutte le altre, i proiettili nel muro, il violino a orari
umanamente incomprensibili, i pezzi di cadavere nascosti negli elettrodomestici;
però c’è questa cosa, e questa cosa vince. E’ che con tutte le persone arriva
quel momento in cui impari a conoscerle, a capire come pensano, a immaginare
cosa direbbero se fossero qui. E funziona, funziona benissimo, può andare
avanti per anni e non c’è nessun problema, davvero, ma poi arriva quell’istante
a caso, senza un senso logico, ed eccolo, il problema. Qualcosa che non ti
saresti mai aspettato. Qualcosa che si rompe, nel disegno di cristallo dentro
la tua testa. Soltanto una crepa, per carità, niente di che, ma è come un
graffio su un vetro, ci vedi attraverso comunque ma non è la stessa cosa, puoi
guardare oltre quanto ti pare ma non riuscirai mai a smettere di pensare che
c’è quel graffio, lì, sul vetro, e non ci dovrebbe essere. Quello che gli piace
di Sherlock è non ci si riesce, a guardare oltre, e si può finalmente pensare a
quei graffi, seguirli col dito mentre si attorcigliano in disegni complicati e
strani, baciarli piano e sentire il sapore del vetro.
E’ una cosa di cui è sempre stato
convinto, quella che Sherlock sappia di vetro. Non sa di cosa sappia il vetro, in
realtà, ma è proprio questo il punto, nessuno
lo sa, è qualcosa di assurdo, bello della bellezza di un segreto. E Sherlock è
assurdo e bello in così tanti modi diversi che nemmeno gli stanno in testa
tutti quanti.
C’era un uomo un po’ come lui, in
Afghanistan. Faceva esplodere le bombe perché era l’unico modo per sentirsi
vivo. Nel mezzo di una guerra, nel mezzo del sangue e delle urla e dei
cadaveri, nel mezzo di tutto questo che a lui non bastava ancora. Voleva di
più. Aveva bisogno di quell’istante di nulla appena prima del tutto, quando il
mondo si fermava e poteva sentire i battiti del proprio cuore, così forti
dentro le orecchie. Tutte queste cose a John le ha dette lui, di persona, steso
su una brandina dell’ospedale da campo con ustioni di secondo e terzo grado sul
settanta percento del corpo. Se n’è andato il giorno dopo, imprecando tra i
denti, mordendo forte ogni parola.
A volte John ha paura che Sherlock sarà
l’ennesima persona da aggiungere alla lista della gente che gli è morta tra le
mani, un’altra vita che gli scivola tra le dita. L’ha capito un po’ troppo
tardi, che con il vetro non funziona così. Quando il vetro si rompe lo capisci,
quando il vetro si rompe lo vedi, lo senti, ce l’hai addosso, quell’istante di
nulla appena prima del tutto. E’ solo un attimo, e non puoi fare nulla se non
smettere di respirare e ascoltare i battiti del tuo cuore, così forti dentro le
orecchie. E poi, be’, si rompe.
Sherlock si è rotto contro un
marciapiede, tanto per fare un esempio.
John si è rotto nel riflesso della sua
lapide, e ora stringe tra le dita i frammenti del mondo, tutti insieme, tutti a
caso, e le sue mani bruciano e sanguinano, e fa un male cane. L’ha capito un
po’ troppo tardi, che con il vetro funziona così.
Angolino
Allora. Percepisco l’odio della mia squadra qui, al centro della schiena,
me lo sento addosso. Ma insomma, siamo messi alquanto male, non è tempo di
andare troppo per il sottile. Nel caso non abbiate capito nulla di tutto questo
discorso, andate qui (http://sherlockfest-it.livejournal.com/22823.html?view=395559#t395559),
è lo Sherlothon ed è una cosa meravigliosa – nonché una
cosa meravigliosa che mi sta facendo scrivere una fic a settimana. A maggio,
che è pieno di verifiche. Se non è un miracolo questo.
La storia è scritta per il prompt #4, http://25.media.tumblr.com/tumblr_lygiggpph91qa9a5to1_r1_500.png,
tra l’altro, che è il prompt a cui penso dall’inizio
del turno e prima o poi doveva pur venire la sua ora, ecco.
Al solito devo ringraziare il mio beta,
che è una persona meravigliosa ed è lui (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=64488).
Gli devo un sacco di cose, e una di queste cose è il glorioso ritorno dei punti
e virgola nelle mie fic. Non andiamo ancora tanto d’accordo, io e i punti e
virgola, ci studiamo girando in tondo come due cani che cercano di capire se
per caso l’altro è una femmina, però ecco, è già qualcosa.