Elena
spalancò gli occhi d’istinto e respirò
avidamente. Poteva ancora avvertire l’acqua che la soffocava
invadendole i polmoni, ogni fibra del suo corpo alla disperata ricerca
di un briciolo d’aria. Con sollievo, notò che il
suo bisogno di respirare aveva trovato inaspettato conforto in
quell’aria fredda dal sapore di disinfettante che
violentemente le era entrata in gola.
“Elena!”.
La voce di Stefan le giunse improvvisamente vicina.
“Stefan!”
- esclamò, abbandonandosi all’abbraccio che
prontamente lui le stava offrendo.
L’istantanea
sensazione di familiarità la aiutò a riprendere
contatto con la realtà.
Sempre
stretta in quell’abbraccio, qualcosa attirò il suo
sguardo oltre la spalla di Stefan. Oltre il vetro di quella stanza
asettica (una stanza d’obitorio realizzò,
mentre un brivido le correva lungo la schiena), Damon la stava
osservando, lo sguardo smarrito, frustrato, infuriato. E subito Elena
sentì il suo cuore stringersi dolorosamente. Chiuse gli
occhi un secondo, cercando di riprendersi dalla sofferenza che la vista
di Damon le aveva procurato. Quando li riaprì, lui era
sparito.
Con un rumore secco e metallico la porta si aprì
violentemente, ed Elena si sciolse dall’abbraccio di Stefan,
mentre Damon entrava nella stanza a passi decisi.
In
una frazione di secondo, Damon sollevò Stefan dalla sedia
accanto alla barella e lo costrinse contro il muro, le mani intorno
alla gola.
“Che
cazzo hai fatto?!” - gridò Damon - “A
cosa diavolo stavi pensando, salvare Matt … Matt!! E
lasciarla andare così …”. Ma la voce
gli si spezzò prima di poter proseguire.
Stefan
aprì la bocca, ma non ne uscì risposta. Il senso
di colpa per quello che aveva fatto era troppo grande per riuscire a
parlare al momento. Il pugno di Damon lo raggiunse con forza sulla
mascella, e dentro di sé Stefan lo ringraziò
silenziosamente, quasi come se il dolore fisico potesse in qualche modo
alleviare la pena che sentiva.
“Come
hai potuto!” urlò Damon, accompagnando le sue
parole con un altro colpo.
Fu
la voce, esasperata, di Elena a richiamarlo. “Damon,
smettila!”.
Damon
lasciò andare il fratello, che si aggrappò al
muro. I due si guardarono per un istante, scorgendo ognuno la
sofferenza negli occhi dell’altro, sapendo di essere
accomunati dallo stesso dolore e, al tempo stesso, di non essere mai
stati tanto distanti.
“Damon,
per favore …” - mormorò Elena, cercando
di ammorbidire la propria voce.
Damon
si voltò a fissarla, quasi incredulo, come se dovesse
spiegare, come si fa con un bambino, perché la situazione
fosse così grave.
“Non
ti ha salvato subito, Elena, avrebbe dovuto … e invece, lui
ti ha …”
“Gliel’ho
chiesto io, Damon.”.
Elena
mosse alcuni timidi passi nella sua direzione, mentre i ricordi delle
ore precedenti stavano mano a mano diventando più nitidi. La
sagoma di Rebekah all’improvviso in mezzo alla strada. Il
pick-up di Matt che sbanda, saltando oltre il ponte. Il buio, il
freddo, l’acqua. Matt svenuto sul sedile accanto. Stefan che
nuota verso di lei. E su tutto, quella orribile sensazione di deja-vu
del giorno in cui in un simile incidente aveva perso i suoi genitori e
la sua vita era cambiata per sempre.
Scrollò
leggermente le spalle e proseguì con maggiore decisione,
sostenendo lo sguardo interrogativo di Damon. “Gli ho chiesto
io di salvare prima Matt. Era giusto così, non avrei mai
sopportato il pensiero di un altro amico morto a causa mia
…”
“E
quindi meglio tu, Elena!” - Damon la interruppe esasperato.
Come faceva a non rendersene conto? A non capire che tutto, tutto, per
lei adesso era irrimediabilmente cambiato, che non c’era modo
di tornare indietro, che l’unica alternativa era una vita di
inferno …
“Tu
non capisci, vero?!”. A quelle parole le afferrò
le braccia, doveva farle capire …
“No,
tu non capisci!”. Con uno scatto di cui fu la prima a
sorprendersi, Elena si liberò della sua presa.
“Damon ha ragione, Elena” - mormorò
Stefan.
Proseguì,
lo sguardo e la voce incredibilmente affranti - “Non avrei
mai dovuto lasciarti laggiù, mai. Non me lo
perdonerò mai”.
Elena
rimase in silenzio, incapace di aggiungere altro, mentre sentiva le
lacrime salirle alla gola. Il suo intero essere sembrava essere un
turbine di emozioni. Era tutto così difficile da processare.
E poi c’era quell’istinto di sopravvivenza, quella
fame martellante che stava lentamente crescendo dal profondo delle sue
viscere.
“Grandioso”
- esclamò Damon, distraendola da quella sensazione.
“Tu e la tua fastidiosa vocazione al martirio, Elena, tu e il
tuo indecente senso delle scelte, Stefan … proprio una gran
bella combinazione. Grandiosa, direi.”
Damon
posò il suo sguardo prima sull’una e poi
sull’altro, senza però incrociare nessuno dei due.
“Guardate
a cosa ha portato! A cosa le vostre stupide scelte hanno
portato!” - proseguì - “Spero che siate
soddisfatti adesso … voi due vi meritate proprio a
vicenda” - aggiunse, mentre sentiva la rabbia lasciare il
posto ad una profonda amarezza.
Elena
teneva il volto ostinatamente girato nella direzione opposta, sapendo
che non sarebbe mai riuscita a sostenere lo sguardo di Damon. E non
solo per quella discussione. C’era dell’altro,
molto altro. Si chiese se lo avesse intuito anche lui, e quel pensiero
le fece stringere nuovamente il cuore.
Damon notò il cambiamento nella sua espressione. Strinse le
labbra, aspettando una reazione, una qualsiasi, da parte di entrambi,
che non arrivò.
Elena
ricacciò indietro le lacrime e sospirò, cercando
di riprendere il controllo di se stessa. Perché doveva
essere sempre tutto così difficile con Damon?
Perché con lui era tutto così esasperante,
così complicato, così intenso?
“Elena
…”. Stefan le si avvicinò ed ancora una
volta, Elena ritrovò nel suo sguardo il conforto di cui
aveva bisogno.
“Non
devi sentirti in colpa, Stefan” - cercò di
rassicurarlo.
Ma
il volto di Stefan rimase serio. “Ma è
così, Elena. Non può essere che così.
Odio me stesso per quello che ti ho fatto”.
“No!”
- Elena replicò con forza, ma nei suoi occhi, che conosceva
così bene, vide la profondità del rimorso e delle
colpe che lo opprimevano. “Non devi …” -
sussurrò, animata dall’improvviso bisogno di
fargli sentire che sarebbe andato tutto bene.
“Lo
sapevi?” - mormorò Stefan.
Elena
lo guardò in modo interrogativo.
“Sapevi
del sangue di vampiro?” - ripeté Damon con
più decisione - “Che era con quello che Meredith
ti aveva curata questa mattina?”
A
quelle parole, Elena sussultò leggermente. Così
adesso ne aveva conferma. Nessuno aveva ancora fatto apertamente parola
di quel che le stava succedendo. Eppure, dentro di sé, lei
sapeva. Sapeva di non essere stata miracolosamente salvata dalle acque.
Sapeva che quella fame crescente erano i morsi della transizione. Ma
no, non sapeva di avere sangue di vampiro in circolo mentre veniva
inghiottita dalle acque gelide sotto il Wickery Bridge.
Elena
abbassò lo sguardo, e scosse piano la testa. In uno scatto
d’ira, Stefan si voltò e mollò un pugno
contro la parete di piastrelle bianche. Anche nei suoi periodi
più bui, quando la gente aveva iniziato a chiamarlo Ripper per la
sua agghiacciante abitudine di squartare le proprie vittime per
drenarle fino all’ultima goccia di sangue, non aveva mai
provato un tale odio e disprezzo per se stesso come in quel momento.
“Stefan
…” - la supplica di Elena lo fece tornare in
sé.
“Sai
cosa ti sta succedendo, Elena?” - le chiese Damon, con una
calma che non sentiva.
Elena
si costrinse a guardarlo ed annuì - “Sono in
transizione”. Il solo dirlo ad alta voce suonava
così irreale. Damon strinse nuovamente le labbra, ed
annuì con un solo cenno del capo, gli occhi irrequieti fissi
nei suoi.
Elena
sospirò e distolse lo sguardo. Lo sguardo di Damon le faceva
male nel profondo, un male troppo intenso per poterlo sopportare. Lei
gli aveva spezzato il cuore solo pochi attimi prima
dell’incidente, decidendo di tornare da Stefan piuttosto che
raggiungerlo a centinaia di chilometri da Mystic Falls, pur sapendo che
quella avrebbe potuto essere l’ultima volta che si sarebbero
parlati. E poi c’erano quei nuovi ricordi (ricordi
di Damon), che continuavano ad affiorare, tormentandola. Si
chiese se lui lo sapesse, se lo avesse capito …
“Beh,
in questo caso non credo che dobbiamo stare a spiegarti per filo e per
segno la procedura.”. Damon sembrava ormai aver ripreso il
controllo della propria voce. “Una sacca di sangue dovrebbe
fare il suo dovere.”
“Non
so cosa voglio fare” - ribatté Elena,
più per dispetto nei confronti dell’arroganza con
cui Damon dava per scontato quale sarebbe stata la sua scelta. Mentre
lo diceva però si rese conto di una fondamentale
verità: lei non voleva essere un vampiro. Non lo aveva mai
voluto.
“Cosa
vuol dire che non lo sai?”. L’espressione di Damon
si accigliò. “E’ semplice. Ti nutri, sei
vampiro. Non lo fai, sei
morta.”
Sottolineò l’ultima frase spalancando leggermente
gli occhi. Poi si voltò verso il fratello in cerca di
sostegno.“Stefan? Andiamo, dammi una mano”.
Stefan
annuì. “Elena, sai cosa succede se non completi la
trasformazione” - si rivolse a lei cercando di usare un tono
il più pacato possibile.
“Sì,
Stefan, lo so. E so anche cosa succede se decido di
completarla”. Elena guardò entrambi i vampiri, e
sospirò - “Ho bisogno di tempo. Non posso decidere
adesso.”
Stava
succedendo tutto troppo in fretta, aveva bisogno di pensare con calma.
“Per favore, al momento voglio solo andare a casa”.
I
due fratelli si guardarono, come per decidere sul da farsi. Stefan fece
cenno di sì con la testa, mentre Damon alzò gli
occhi al cielo.
“Ok,
ti portiamo a casa” - acconsentì Damon con lo
stesso tono con cui si accetta un capriccio inevitabile. “Ma
ricorda che non ne hai molto di tempo” - aggiunse in tono
serio, assicurandosi con lo sguardo che lei avesse compreso.
Elena
annuì.
“D’accordo
allora, andiamo”. Stefan fu il primo a muoversi.
“Solo
un momento”. Damon si voltò verso il fratello,
indicando la porta con un cenno del capo. “Stefan, una
parola?”
***
Mentre
si dirigevano verso l’uscita, Damon si voltò un
attimo in direzione di Elena.
“Tranquilla, non ci vorrà molto” -
cercò di mantenere un tono neutrale nelle sue parole, ma il
suo sguardo tradiva una certa emozione. Elena finse di non notarlo ed
abbozzò un leggero sorriso.
“Elena!”
- Jeremy si catapultò nella stanza, correndo ad abbracciare
la sorella.
Entrambi
i fratelli accolsero con sollievo quell’intrusione, che
almeno per un attimo aveva alleggerito la tangibile tensione fra i tre.
Damon
chiuse la porta e si assicurò che lui e Stefan fossero a
debita distanza d’orecchio. Anche se la transizione non era
completa, l’udito di Elena poteva già essere
superiore a quello di un normale umano.
Con un sospiro si rivolse quindi verso Stefan. “Me ne vado da
Mystic Falls non appena abbiamo chiuso questa faccenda.” Fece
una pausa, lo sguardo del fratello fisso su di lui. “Non
dimenticare di salutare tutti da parte mia” - aggiunse
sarcasticamente.
“Non
puoi andartene, Damon, di cosa stai parlando?” - Stefan lo
osservava perplesso, le braccia conserte strette intorno al petto.
Damon
alzò un’altra volta gli occhi al cielo.
“Avevamo un patto se non sbaglio, ed ho intenzione di
rispettarlo. Elena ha fatto la sua scelta, ed ha scelto te”.
Le
sue labbra si strinsero, ed il suo orgoglio ferito bruciò
particolarmente nel pronunciare quelle parole.
“Chiaramente
la scelta sbagliata, visto che, beh, tanto per dirne una …
l’hai uccisa”
- aggiunse premurandosi di sottolineare l’ultimo concetto. Il
moto di sofferenza negli occhi di Stefan gli procurò una
magra, ma innegabile soddisfazione. “Ma questi sono i fatti.
Il grande cattivo Originario è fuori dai giochi, per qualche
miracolo noi siamo ancora qua, Elena ha preso la sua decisione e adesso
potete vivere felici per l’eternità. Il resto del
mondo mi aspetta.”
Damon
fece per andarsene, ma Stefan lo bloccò saldamente per il
braccio.
“Damon,
non puoi”. Sembrava stupito che Damon anche solo prendesse
l’opzione in seria considerazione.
Damon
aggrottò le sopracciglia in un’espressione
interrogativa. Cosa pretendeva adesso Stefan da lui?
“Forse
non mi sono spiegato bene, Stefan” - continuò
Damon liberandosi della sua presa. “Elena ha scelto
…”
“So
bene cosa hai detto, Damon” - lo interruppe Stefan. Elena
aveva scelto lui. Eppure non riusciva a gioire del tutto di quella
consapevolezza, perché Elena era morta, morta per colpa sua,
e l’unica possibilità per lei era diventare un
vampiro, un futuro che lui sapeva lei non avrebbe voluto.
“Ma
è tutto diverso adesso. Se Elena decide di completare la
transizione …” - Stefan fece una pausa, impaurito
dalla gravità di quel
se
-
“… se decide di diventare un vampiro,
avrà bisogno di te. Per controllare il desiderio di sangue
… avrà bisogno di tutti noi per adattarsi alla
nuova vita, avrà bisogno di te” -
ripeté e mentre lo diceva, si stupì di quanta
verità ci fosse in quell’affermazione.
.
Lo sguardo di Damon si indurì. “Sono sicuro che
sarà felicissima di seguire la tua dieta del
coniglio.”
“Oh, andiamo”. Stefan si portò le mani
al volto in un gesto esasperato. “Non ho alcuna intenzione di
metterla in testa certe stronzate. Sai bene a cosa mi hanno
portato.”
In
cuor suo, Damon sapeva che il fratello aveva ragione. Del resto, lui
stesso aveva passato gli ultimi mesi cercando di salvarlo dalla sua
insana dipendenza da sangue umano, una dipendenza dovuta certamente a
decenni di illusoria astinenza che non avevano fatto altro che
annientare ogni sua capacità di autocontrollo. Ma non voleva
cedere, non così facilmente.
“Eppure
lo hai sperimentato con successo con Barbie Vampira, sono sicuro che
andrà a meraviglia anche stavolta”. Con tanto
successo, infatti, che Barbie Vampira si era convertita alle dieta
delle sacche di sangue in men che non si dica.
Stefan
scosse la testa. “Era diverso, io ero
diverso. E’ stato facile con Caroline …
perché è successo prima che Klaus mi costringesse
a far riemergere il mio peggiore latoRipper.”
Stefan alzò gli occhi e li fissò in quelli del
fratello.
“Non
sono in grado di insegnare il controllo a nessuno in questo momento,
Damon.” – ammise –“Diamine sono
io il primo a combattere ogni giorno per controllare la sete, per
cercare di rimettere insieme i pezzi!”. Ma non era solo
questo. Aveva realizzato come la trasformazione di Elena cambiasse
radicalmente le condizioni del loro patto, e non era ancora pronto ad
accettarlo.
“E poi se non sbaglio, il nostro accordo sarebbe dovuto
durare il tempo della vita umana di Elena” -
proseguì - “Non posso pensare di chiederti di
rispettarlo per una durata infinita. La prospettiva era quella di
ritrovarci un giorno ….”
Damon
si lasciò sfuggire un ghigno sarcastico.
“D’accordo. Rimarrò il tempo necessario
ad Elena per adattarsi alla nuova situazione. Sarò un
fantastico maestro di autocontrollo, Stefan, non temere.”
Stefan annuì, ma prima che potesse accennare un sorriso
sollevato, Damon proseguì - “Ma questo
è tutto, Stefan. Non appena sarà il momento,
lascerò comunque Mystic Falls. Vedi, caro fratello, tu non
cogli l’ironia della situazione. Patto o non patto, devi
essere pazzo per pensare che io voglia davvero ritrovarmi o
riconciliarmi con te, passare le serate a bere bourbon, farci le trecce
e parlare dei bei tempi andati. Non dopo quello che hai fatto ad
Elena” - fece solo una breve pausa per lasciare che le
proprie facessero effetto - “Questo non te lo
perdonerò mai.”
Spazio autrice.
Questa
è una storia che avevo in mente da un po' dopo il finale, ed
è la mia
prima fanfic. So che ci sono molte ff ambientate in una futura 4a
stagione e voglio invogliarvi a leggere anche la mia, perciò
...
Diciamo che questa storia sarà un percorso, soprattutto di
formazione,
ben preciso. Non aspettatevi Elena che riacquista i ricordi e si getta
subito tra le braccia di Damon. La ragazza fragile che ha perso tutto e
deve ancora trovare se stessa ne ha di strada da fare davanti a
sè....
I primi
2/3 capitoli sono un po' di passaggio, ma mi sono serviti
soprattutto
per capire un po' a che punto stanno i personaggi. Da lì, la
storia
prende una direzione tutta sua ... Ho cercato il più
possibile di
mantere tutti IC e di rendere, anche nella trama, la stessa atmosfera
di TVD.
Naturalmente,
mi farà piacere sapere cosa ne pensate ;)
Baci
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