F
A KIND OF MIRACLE – INCONTRARSI IN UN
SOGNO
§§§
Da un'idea di Rei Hino e
Mkb-Diapason
§§§
Spin-off di “A Kind Of
Miracle”
§§§
Il crollo della galleria lo aveva preso del tutto
impreparato. Aveva fatto in tempo a spingere via sia l'ufficiale che camminava
davanti a sè sia l'indigeno che stavano scortando prima che la massa roboante di
terra e pietre lo seppellisse, mozzandogli il respiro e facendogli balzare il
cuore in gola. In un attimo, nella sua mente prese a vorticare un maelstrom di
ricordi e pensieri, che lo lasciò frastornato al pari del rombo che aveva
accompagnato la frana.
Per un attimo, aveva pensato di aver già infranto
un altro record, oltre a quello del più giovane capitano della Flotta, record
che era appartenuto al padre e che lui aveva eguagliato all'età di trent'anni
appena rispetto ai trentacinque del genitore, ovvero quello della carriera più
breve e conclusasi nel modo più stupido, ma Samuel Kirk McCoy si rese conto
invece di essere vivo.
Anche se sepolto per metà e privo della
sensibilità agli arti inferiori.
“Capitano!” gridò spaventato Victor, un tenente
dal forte accento russo e dall'esperienza praticamente nulla, al suo primo vero
incarico.
Ogni tanto gli ricordava lo zio Pavel, anche se
in sua presenza non lo aveva mai ammesso.
“Aspetti qui! Vado a cercare aiuto!” strillò il
ragazzo terrorizzato prima di alzarsi di scatto e sparire tra le ombre della
galleria.
Sam sbattè ripetutamente le palpebre e tossendo
per la polvere che gli era entrata nei polmoni, ritrovandosi davanti il viso
impassibile dell'Antosiano, stretto nella sua tunica colorata di blu scuro del
tutto impolverata: “Sta bene?” s'informò il capitano con un filo di voce,
“Niente di rotto?” chiese ancora, cercando disperatamente di estrarre il braccio
rimasto sepolto assieme a parte del corpo.
Questi annuì, scuotendo la chioma bianca come la
neve e brillante a tal punto da risaltare maggiormente nell'oscurità sotterranea
che li avvolgeva: “Mi hai salvato.” disse con voce monocorde lui,
inginocchiandosi davanti a lui.
Beh, effettivamente era così, anche se non lo
aveva fatto per ricevere un ringraziamento...
“Mi hai salvato. Anche se a esserne rimasto
coinvolto sei stato tu.” proseguì con quel suo tono piatto ma stranamente Sam
non ne era infastidito, come invece capitava a tutti coloro che si trovavano ad
avere a che fare con quella particolare razza.
Erano strani, gli Antosiani, ben
strani.
Di loro si sapeva ben poco, a parte che era stato
grazie a loro se Garth si era salvato, malgrado questi avesse poi tentato di
farne piazza pulita dopo averne appreso le caratteristiche fisiche estremamente
mutevoli.
Ricordava bene I racconti dei genitori in merito
al parapiglia che Garth aveva fatto scoppiare su Elba II grazie a quelle
caratteristiche.
Era lì indirettamente per quella loro capacità:
in teoria, l'Enterprise si era spinta fino al quarto pianeta del sistema Antos
per recuperare la squadra responsabile del progetto di studio, promosso
dall'Accademia, in merito a quella civiltà, ma quando Victor, su insistenza del
capo del team di studiosi, aveva accettato di accompagnare il rappresentante,
che tanto li aveva aiutati a mantenere I contatti con la tribù, fino al suo
villaggio, Sam lo aveva seguito.
E fin lì, le cose erano abbastanza
semplici.
I problemi venivano dopo.
Come accidenti aveva fatto a crollare loro
addosso l'intera galleria?
“Grazie di avermi salvato.” di nuovo quella voce,
ma questa volta sembrava meno neutra di prima, quasi come se un barlume di
sentimento fosse riuscito a farsi strada.
“Dovere... Mi scuso della situazione...” balbettò
il capitano, ma un dito sulle sue labbra lo zittì all'improvviso mentre gli
occhi saettanti e vivi dell'Antosiano lo ipnotizzavano quasi.
“Voglio ringraziarti. So quello che vuoi...
Posso dartelo.”
Come aveva fatto a
diventare così calda, così carezzevole quella voce?
Lottando con tutta la
forza mentale di cui era capace, il giovane cercò di opporsi a quello che
chiaramente era un contatto telepatico, un contatto mentale, e discretamente
forte.
“La tua discendenza vulcaniana... Non opporti,
non farà male... Non voglio farti male... Voglio ringraziarti... Voglio darti
quello che più desideri...”
Disciplina della
mente, chiusura... Il padre era stato un ottimo insegnante ma qualcosa, nella
voce dell'Antosiano, lo spingeva ad abbassare tutte le difese e a farsi
penetrare fin nell'intimo della propria anima.
Sentì il
cuore battere all'impazzata nel fianco ferito e si lasciò immergere nella luce
mentre ancora non capiva cosa volesse dire con “quello che più
desideri”.
Lo sentì scavare,
come se tentacoli lunghi, sottili e morbidi cercassero di farsi strada tra le
alghe impantanate che nascondevano gli scrigni dei suoi sentimenti più intimi e
nascosti, e scoperchiare infine I due più segreti e dolorosi, da un certo punto
di vista.
Come... Come aveva
fatto a...?
“Vedo... E' successo qualcosa alla tua
famiglia... Tante cose... Ma posso aiutarti...”
La luce che lo
avvolse lo accecò per un attimo e, quando si attenuò, per un attimo il suo cuore
sembrò ingranare il warp e dal fianco saltargli dritto in
gola.
Non era possibile,
vero...?
Stava sognando...
vero?
Di loro non era
semplice sentir parlare in casa, forse perchè faceva male, anche a distanza di
anni, rievocare certe cose: esistevano alcune fotografie, ricordava le parole
del padre Vulcaniano e del padre di cui aveva seguito testardamente le orme su
di loro.
Eppure erano lì
ma il come, decisamente, era fuori da ogni logica possibile, da ogni possibile
conclusione razionale.
“Chi sei,
ragazzo?” chiese Sybok con voce gracchiante, a metà tra quella monocorde
dell'Antosiano e quella che aveva sempre immaginato avesse mentre il biondo che
gli stava accanto non apriva bocca, si limitava a guardare e
basta.
“S-Sam,
toz'ot. Samuel Kirk McCoy” si
presentò il ragazzo, voltando appena il viso verso David, che pareva essersi
irrigidito
Sybok inarcò un
sopracciglio, incuriosito dalla parola con cui si era riferito a lui il ragazzo,
lo esaminò attentamente e I suoi occhi luccicanti indugiarono sulle orecchie
visibilmente appuntite del giovane capitano.
“Capisco...” e
non disse più nulla, si limitò a sorridere misteriosamente mentre David, da
parte sua, continuava a fissarlo con espressione
stranita.
“Mi hanno
raccontato di voi solo non credevo...” Sam era sconvolto ma non poteva perdere
quell'unica occasione che aveva per poter parlare con loro; con la coda
dell'occhio spiò il volto dell'Antosiano e ne vide gli occhi rivolti
all'indietro, si vedeva solo il bianco.
“Che potessimo
incontrarci? Beh, figliolo... Francamente neppure io pensavo di avere un nipote,
ad essere sincero... Solo mi chiedo come sia possibile.” azzardò Sybok,
grattandosi il mento.
Se il nodo in
gola glielo avesse permesso, Sam sarebbe scoppiato a ridere dalla gioia: “E' una
lunga storia.” azzardò unicamente una risatina nervosa, “Molto lunga,” aggiunse
poi, “Diciamo che qualcuno non proprio sano di mente ha tentato di clonare papà
Spock.”
A
quell'affermazione, così poco logicamente Vulcan e così squisitamente passionale
e 'terrestre' entrambi I fantasmi, o quello che fossero, ebbero un vero e
proprio sussulto: “Poi il teletrasporto malfunzionante ha fatto il resto e I DNA
di papà Jim e papà Len si sono mischiati al clone, zio Scotty ha sempre detto
che una cosa del genere, se fosse stato lui ai comandi, non sarebbe mai
successa.” si sentiva tornato come l'undicenne che parlava coi genitori riguardo
al suo passato, alle sue origini, ed era buffo pensare che ne stava parlando
proprio con le due persone che più di tutte rimpiangeva di non aver mai potuto
conoscere nella sua vita.
“E io non pensavo
di avere un... fratello.” disse cautamente David, incerto del sapore di quella
parola nella propria bocca: “Non sapevo...”
“Neppure io, a
essere sincero.” ammise Sam con aria cupa: “E quando sei... Io ero troppo
piccolo, sono successe tante, troppe cose, ma ho cercato il più possibile di
conoscerti.” dichiarò con convinzione il giovane ufficiale, “Ho chiesto a papà
Jim, sono riuscito a farmi parlare di te da... Carol. Ho cercato di conoscerti
quanto più potevo, ho cercato di conoscerVI quanto più potevo, perchè anche voi
siete famiglia.” concluse con un certo orgoglio nella
voce.
“Tutto questo ti
fa onore ragazzo. Davvero.” disse Sybok, chinandosi leggermente verso di
lui.
“So che è
incredibile quello che sto dicendo, Dio, non so neppure perchè sto piangendo...”
balbettò nervoso, asciugandosi con il braccio rimasto libero il viso: “E'
incredibile di per sè quello che sta succedendo.” notò David, inginocchiandosi
di fronte a lui, “Io sono cresciuto con mia madre su una stazione spaziale, a
essere sincero... Avrei voluto avere una vera famiglia, avrei voluto conoscere
mio padre.” sorrise imbarazzato, “Sarebbe stato bello avere un fratello.”
mormorò con gli occhi visibilmente lucidi.
“Il concetto di
famiglia è un concetto molto forte per entrambe le razze a cui appartieni,
figliolo, è un bene che tu lo senta così intensamente.” soggiunse Sybok: “Ed è
bello che tu sia riuscito a ricomporre in questo modo il mosaico che è la tua
esistenza.”
A poco a poco,
mentre lo zio parlava, Sam ebbe l'impressione che le loro figure si stessero
dissolvendo nella luce che pareva aumentare d'intensità mentre la voce di
Victor, unita a molte altre, si avvicinava.
Ebbe appena il
tempo di sorridere loro e di mormorare una frase nella lingua madre dello zio
prima di venir nuovamente accecato per poi ripiombare nell'oscurità, questa
volta quella di un sonno privo di sogni.
§§§
“Cosa vuol dire
che non riusciamo a metterci in contatto con la
Flotta?!”
La voce
pericolosamente aggressiva della giovane timoniera fece rabbrividire il
tenentino responsabile delle comunicazioni: “Q-Quello che ho detto, Demora. La
Flotta è irraggiungibile, un intenso campo mangnetico ha bypassato I nostri
sistemi di comunicazione, dobbiamo allontanarci da quest'orbita prima di poter
anche solo fare un tentativo. La tempesta solare che ha investito l'intero
sistema Antos non ci permette altro...”
All'età di
venticinque anni, solo uno in più rispetto a quelli che suo padre aveva alla
prima missione su una nave che portava lo stesso nome della propria, Demora Sulu
Chekov era, oltre che amica d'infanzia del capitano Kirk McCoy e dell'ingegnere
Scott, era nota per avere il temperamento più instabile dell'intero Quadrante:
timoniere in grado di portare la nave fuori da ogni problema, talento che le era
stato inculcato dall'altro genitore, un'altra leggenda decisamente, la ragazza
semplicemente detestava I problemi, e soprattutto non aveva molta pazienza,
specialmente dopo aver, nell'ordine, dovuto affrontare un lieve malfunzionamento
dei motori, aver perso le tracce del capitano e aver ricevuto un allarme
riguardo a un presunto crollo dove, guarda caso, era rimasto coinvolto proprio
Samuel Kirk McCoy.
Innervosita
dalla piega che gli eventi avevano preso, andò a sedersi sul bracciolo della
poltrona di comando, comando che era stato affidato a lei quando Sammy aveva
raggiunto la squadra di sbarco, e armeggiòcon I pulsanti del piccolo tablet:
“Monica-nee, potresti salire un attimo sul ponte?”
La voce
gracchiante dell'ingegnere si fece sentire, era chiaramente esausta e
preoccupata: “Arrivo subito.”
E infatti, pochi
minuti dopo, Monica Scott fece la sua comparsa in plancia, la divisa
stropicciata e sporca, e gli occhi cerchiati di nero e stanchezza: “Cosa
succede?” chiese con tono il più possibile calmo, “Succede che non riusciamo a
contattare la Flotta...” ammise la ragazza, anche lei visibilmente esausta come
tutti.
Monica soppesò
un attimo le sue parole, poi annuì lievemente e si avvicinò al posto delle
comunicazioni, fece spostare il tenentino, che fu ben lieto di fuggire nel
turboascensore, e prese ad armeggiare coi comandi.
Mezz'ora dopo,
finalmente, dopo più di dodici ore di totale isolamento, comparve sullo schermo
il volto sgranato e confuso di uno degli ufficiali assegnati
all'Ammiragliato.
“Qui luogotenente
Demora Sulu Chekov, sostituto del Capitano dell'Enterprise Samuel Kirk McCoy, ci
ricevete?”
“Vi riceviamo
Enterprise... Cosa vi è successo? Siete scomparsi da radar e il vostro sistema
di comunicazione risultava irraggiungibile.”
“Abbiamo avuto...
problemi....” azzardò lei, scoccando un'occhiata riconoscente all'altra giovane:
“E abbiamo bisogno di cure mediche specifiche. La dottoressa Joanna a quale
stazione è stata assegnata?”
§§§
“Dottoressa, è
arrivato un messaggio subspaziale urgente, una richiesta di cure mediche
specifiche, ecco la cartella.”
Joanna McCoy,
cinquantasette anni e reintegrata per sua specifica richiesta nella Flotta da
tre, scorse piuttosto attentamente I pochi dati che le erano stati recapitati,
sentendo che c'era qualcosa di estremamente familiare in loro, non erano poi
molti gli ufficiali che presentavano brutte ferite che potevano compromettere il
funzionamento dell'organo cardiaco che si trovava all'altezza della
milza.
Anzi, erano
anche pochi.
Frugò l'intero
rapporto alla ricerca del nome del paziente e sentì il suo cuore fermarsi
letteralmente: malgrado I documenti puntualizzassero che il paziente fosse vivo
e vegeto, non poteva non preoccuparsi per...
“Sammy!” gridò
lei agitata, arrivando presso il gate di transito nell'esatto momento in cui la
barella giungeva dalla sala teletrasporto.
“Ciao, Joy.”
bofonchiò il capitano, rintanato per metà sotto la coperta: “Ciao un corno!”
gridò lei, affiancando la barella che veniva spinta verso l'infermeria della
base, “Non farla così tragica, non sono morto...” borbottò il biondino,
beccandosi un pizzicotto da parte della sorella maggiore, “Ci mancherebbe
altro!” la voce della donna s'alzò di parecchie ottave, “Aspetta che papà e gli
zii lo vengano a sapere!”.
Per un attimo,
Sam sbiancò letteralmente, e non per il sangue che aveva ripreso a scorrere
dalla ferita al fianco ma per ben altre ragioni, più precisamente per
tre.
Nella
fattispecie, I tre uomini che erano anche, guarda caso, I suoi
genitori.
“Papà Len mi
ammazzerà.” notò con tono cupo il ragazzo, trattenendo a stento un gemito di
dolore.
“Se non stai
fermo, non arriverai neppure al prossimo turno alfa.” lo rimbeccò la sorella con
preoccupazione.
Un'ora dopo,
quando il testardo capitano venne spostato in una delle stanze separate in
seguito alla conclusione delle cure, venne raggiunto da Monica e Demora,
entrambe seguite da Vorak, che osservava il cognato con espressione pensierosa,
e da un adolescente a sua volta immerso nei propri
pensieri.
“Joy-nee sta
parlando con l'Ammiragliato in questo momento.” annunciò Demora con aria
trionfante: “ Non ci vorrà molto prima che chi di dovere
sappia.”
Samuel guardò
male entrambe: “Non vi facevo così vendicative.” borbottò lui, sistemandosi
meglio la coperta addosso, “E noi non ti facevamo così spericolato come lo zio
Jim.” ribattè Monica, facendo spazio a Vorak e al
figlio.
“Joy era matta
quando l'ho incrociata nel corridoio,” lo informò il cognato gravemente: “Ti
consiglio caldamente di prepararti.”
Sentendosi
improvvisamente stanco, la voce di Vorak gli giungeva stranamente attutita alle
orecchie, Sam socchiuse gli occhi, cercando di mettere una parvenza di ordine
nel caos emotivo che non lo aveva mollato un attimo dal momento in cui era stato
riportato a bordo dalla squadra di soccorso che Victor aveva
allertato.
Si beò della
conversazione che aveva avuto con il fratello e lo zio, certo unicamente del
fatto che non aveva più quel peso abnorme sullo stomaco: non era ancora sicuro
di volerne parlare a terze persone, soprattutto non sapeva se e quando
affrontare il discorso coi genitori, ma era ottimista del fatto che, finalmente,
la famiglia era definitivamente completa.
“Sam, papà e gli zii arriveranno tra due
giorni.”
§§§
Note del
Lemure:
Scrivere su “A Kind Of Miracle” è una
specie di sogno che si realizza, data l'ammirazione che provo sia per le autrici
sia per l'universo che ruota attorno a Sammy e a quella che ormai noi chiamiamo
“next generation”, quella di Monica, la bimba di Scott e Uhura, di Demora, la
figlioletta di Chekov e Sulu e di tutti gli altri che hanno preso il posto delle
“leggende” della Flotta.
Le ragazze sanno quanto io amo questa
serie e ho preso in mano la mia umile tastiera e ho messo a disposizione il mio
quasi inesistente talento per dare voce ai bimbi ormai diventati
adulti.
Ed eccoci qui infine. Ovviamente,
tutti I personaggi appartengono in equal misura a Gene Roddenberry per quanto
riguarda l'universo-mondo di Star Trek e alle due fantastiche Rei e Maya, che mi
hanno permesso di aggiungere un piccolo tassello al loro mosaico. Grazie
veramente di cuore.
|