Capitolo 1 - l'Antica Profezia
LIBRO I
Ares, il Dio Empio
Freddo e urla ghiacciate. Nella notte buia e fitta, tra le raffiche di
vento e neve, balugina una luce... piccola e flebile luce… che
piano piano cresce, ingoiando ingordamente tutto ciò che le
capita a tiro.
Presto
il terrificante verso che scaturisce dalle sue viscere sovrasta
l’ululato del vento. La gente scappa confusamente tra i vicoletti
ricolmi di fango ghiacciato del villaggio.
Da cosa scappano?
Alle
loro spalle si riversa un fiume impetuoso di uomini. Soldati, ma non di
quelli comuni. Soldati senza scrupolo né pietà, con
l’unico obiettivo di uccidere tutto ciò che si muova,
bruciare quello che non lo fa e saccheggiare quello che non prende
fuoco.
Sangue
e neve. Mentre l’esercito si muove all’unisono tra le
capanne, come se tutte quelle teste fossero le membra di un unico,
più grande e mostruoso animale, il rogo prende piede e sembra
riscaldare il mostro, che ne acquista energie.
Ancora urla, ancora sangue e orribile suono di morte.
Alla fine, niente più urla. Tutto tace, ad eccezione del calmo e angosciante scoppiettio delle fiamme.
Il
mostro è arrivato ad una capanna che sembra più
importante delle altre, che si trova più o meno al centro del
villaggio, e si apre, facendo strada al suo padrone e domatore…
Con la postura fiera e inquietante che gli si addice, si fa strada con passo misurato tra le sue fila.
La
presenza imponente, la corazza lucente, ma, al tempo stesso, ricoperta
di sangue nero, ancora caldo, tanto che, a contatto con l’aria
gelida, fuma ancora. Ricaccia la daga nel fodero e arriva di fronte
alla capanna, dove l’esercito gli ha lasciato uno spiazzo vuoto.
Con atteggiamento quasi regale, si sfila il casco dalla testa e lo lascia cadere per terra… si volta…
«Miei
prodi combattenti! Un altro villaggio barbaro è caduto ai nostri
piedi! – i soldati esultano in preda all’euforia – Ma
questo non è un villaggio come gli altri! Ci avevano detto che
avremo causato l’ira dei loro dei, se l’avessimo profanato.
Era santo, questo villaggio, protetto da temibili mostri
dall’aspetto di fiere voraci. Eppure… è qui che
brucia davanti ai nostri occhi, come ogni altro… Quindi
dov’è l’eccezionalità? E’ lì
dentro, miei cari fratelli. – indicando la tenda, a cui ha
rivolto le spalle – Lì si nasconde uno dei più
potenti oracoli che il mondo abbia mai conosciuto. Un oracolo che, si
dice, sia in contatto con qualcosa di superiore addirittura agli stessi
Dei dell’Olimpo. – Un certo sconcerto sembra serpeggiare
tra gli ascoltatori, e lo stesso oratore sembra quasi indignato, tanto
che ricomincia con voce più alta e collerica – Ma noi
siamo qui per mettere fine a questa eresia! E per dimostrare al mondo
intero, una volta per tutte, che gli unici veri Dei sono gli
Olimpi!!»
Alzando
un braccio al cielo per l’ultima volta, istiga una nuova e
più potente ovazione che si alza dall’esercito.
«E
ora…» fa per riprendere, ma un uomo armato di spada sbuca
dalla tenda e con la sua arma trafigge il comandante dritto nel mezzo
della schiena.
Improvviso
silenzio. Stranamente nessuno si muove per vendicarlo, ma tutto tace,
tanto che persino l’attentatore sembra spiazzato.
Il
comandante, intanto, abbassa lentamente lo sguardo a squadrare la lama
che lo ha trafitto da parte a parte e che ora spunta dal suo addome
intrisa del suo stesso sangue.
Ma,
incredibilmente, accenna una risata… che cresce lentamente fino
a contagiare tutti i soldati e a diventare scrosciante! Mentre
l’uomo, sbalordito, indietreggia abbandonando l’arma nella
ferita, il comandante, divertito, voltandosi:
«Hahahaha… non lo sai… non lo sai che non si può uccidere un Dio?»
Quando
il suo sguardo torna in linea con quello del suo attentatore si
rifà serio e costui, indietreggiando sempre più
impaurito, sembra aver capito con chi ha a che fare ed esclama con voce
rotta:
«A-Ares!?!»
Con
un ultimo ghigno, il Dio della Guerra afferra l’elsa della sua
daga e con un unico movimento, la estrae e trancia di netto la testa al
malcapitato.
«Il
bastardello aveva forza da vendere: non è da tutti riuscire a
trafiggere la corazza di un Dio - commenta beffardamente, osservando i
resti del barbaro e provocando le risate dei commilitoni –
Proioxis… toglimi questa stupida spada dalla schiena, quel
piccolo insolente me l’ha ficcata proprio dove non ci arrivo, per
colpa di quest’armatura… - l’ordine viene eseguito
– Fobos, Deimos, seguitemi»
Ares e i figli entrano nelle capanna, dove trovano un’atmosfera surreale.
L’interno
è completamente addobbato con pelli di lupi, crani e altri
strani amuleti di legno e osso. Al centro, vi è una tenda,
decorata con strani simboli, che avvolge un piccolo spazio, dal quale
proviene un filo continuo di voce, basso e inquietante.
Ma
il Dio non si fa impressionare e scosta la tenda, rivelando un vecchio
canuto e raggrinzito, ricoperto da una pesante pelliccia, come tutti,
d’altronde, in quelle zone, ma che, data la sua debolezza, sembra
non consentirgli nemmeno di alzarsi. Quando sente l’intruso, il
vecchio interrompe la grave cantilena e alza lo sguardo, mostrando gli
occhi vacui e bianchi: è cieco.
«Ares» bisbiglia
«Come sai chi sono io?»
«Sapevo
che saresti venuto da tempo ormai. E so anche che non c’è
bisogno che risponda alla domanda: in cuor tuo tu sai che ciò
che hai sentito è vero… anzi lo temi. Temi che ci sia
qualcosa di più grande di tuo padre, Zeus, il Re
dell’Olimpo, perché temi una giustizia che sfugga al suo
controllo. Eppure essa esiste, ma non devi temerla, anzi… in
verità non devi temere nulla, Ares, Dio della Guerra,
perché sei tu il vero Re dell’Olimpo… sei destinato
a diventarlo, è questo che deve essere, ed è questo che
Zeus non vuole che tu sappia. Perfino il Padre degli Dei ha paura,
anche se di una sola cosa: ha paura di perdere il suo potere, di venire
spodestato; e c’è uno solo che può farlo, che
è destinato a farlo: suo figlio. Così come Zeus stesso
fece con suo padre, ed egli con il suo a sua volta, solo il figlio
può succedere al padre, e quel figlio sei tu.»
«Che fandonie vai raccontando, vecchio!?» sbraita Ares, come a voler allontanare quelle invitanti parole.
«Non
ostentare fedeltà, Dio della Guerra. In cuor tuo ora fremi dalla
voglia di realizzare quest’antica profezia. Il tuo animo da
combattente non aspettava altro… quindi, và e compi il
tuo destino»
«E
tu credi che metterò a soqquadro tutto l’Olimpo sfidando
l’autorità di mio Padre, Re degli Dei, solo perché
è ciò che un vecchio barbaro cieco e millantatore mi ha
riferito, nella sua squallida capanna fatta di pelli di lupi? …
Non mi conosci»
«Oh
si che ti conosco, invece – la voce del vecchio, questa volta,
viene fuori accompagnata da un’altra, che non proviene da gola
alcuna, ma suona profonda e avvolta da una dogmatica e misteriosa
autorità – Ti conosco meglio di chiunque altro.
Perché tu sei un mio progetto, è grazie a me che ti trovi
qui, in questo momento… anzi, forse è meglio dire che tu
sei una parte di me»
L’Olimpico
sembra scosso da queste parole, sia dalla loro natura che dalla voce
che le pronuncia. Non capendo ciò che sta succedendo, e
infuriato per il fatto che ciò non si addice ad un Dio come lui,
indietreggia qualche passo bisbigliando tra sé e sé
(sotto lo sguardo attonito dei figli che non gli hanno mai visto in
faccia quelle espressioni) «Per i cancelli del Tartaro!»
«Ora
so che non mi crederai – ricominciano le voci del vecchio e
dell’ignoto all’unisono, mentre il primo si solleva
lentamente da terra, come trasportato dalla volontà del secondo,
come fosse una marionetta – anzi, avrai bisogno di maggiori
conferme, e ti capisco. Ma non fidarti dei fratelli e degli Olimpi
tutti, non faranno altro che ostacolarti. Ciò che devi fare
è tornare alle origini della Storia degli Dei, scavalca
l’autorità di Zeus, consulta qualcosa di più
vecchio di lui… e quando esci, sbarazzati pure di questo
vecchio: ha fatto il suo dovere» Detto ciò il corpo si
affloscia al suolo come se privato improvvisamente del suo
sostentamento.
Ares
abbassa la testa, sentendosi denudato e impotente davanti a qualcosa
che si è dimostrato superiore alla volontà di un Dio: non
gli era mai capitato che qualcuno gli impartisse ordini, ma la cosa
peggiore è che è esattamente quello che voleva, eseguire
quegli ordini, tanto che si rende conto che non gli erano stati
impartiti, ma predette le sue azioni. E questo lo fa sentire, appunto
impotente.
Nel frattempo, il vecchio si era ripreso, e aveva rialzato lo sguardo verso il Dio, sempre con quegli occhi vuoti.
«Fate
come ha detto» ordina ai figli. I due si avvicinano allo sciamano
sguainando le spade e allora l’anziano uomo capisce le loro
intenzioni e inizia a biascicare supplichevole, ma niente riesce a
scalfire l’animo dei figli di Ares e presto la loro lama penetra
il suo corpo.
Prima di esalare l’ultimo respiro, però, l’oracolo prorompe in un alto e potente ululato.
NdA
(quanto mi sa di pomposo 'sta sigla XD): Mi ero ripromesso che avrei
iniziato a pubblicare questa storia solo dopo averla terminata, dato
che è già successo che abbia iniziato a pubblicare una
storia senza mai portarla a conclusione, ma data la mole che va via via
assumendo questo racconto ed essendomi accorto che poi non mi sarebbe
più andato di pubblicarla tutto d'un fiato, ho deciso di
iniziare a pubblicare i primi capitoli.
So
che la materia non è delle più originali (non nego che ci
sia qualcosa, anche indirettamente, che mi abbia influenzato del
fascino di God of War, per esempio), e anche altri su questo sito
avranno affrontato qualcosa di simile, ma vi assicuro che tutta quest'
"opera" è nata come puro e semplice preambolo a quella che era
la storia che volevo originariamente scrivere XD
Nello
stendere il testo effettivo mi sono fatto influenzare un po' anche
dall'epica vera (purtroppo, forse, faccio il classico) soprattutto per
quanto riguarda epiteti, monotonia nel descrivere alcuni pezzi e varie
consonanze e figure di suono e ritmiche (si, non sono uscite per
caso... XD)
Buon proseguimento :)
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