Lettera al padre assente

di _juliet
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Padre.
Io non ho mai avuto la fortuna di pronunciare queste parole al tuo cospetto: troppo presto sei partito per la guerra maledetta, lasciando me piccolo e mia madre a crescermi nella tua assenza. Troppo piccolo mi hai lasciato: ora non so come tu sia, non conosco il tuo aspetto, sei solo una figura sfocata dal tempo. Eppure, se scavo a fondo nella mia memoria, riesco a ricordare.
Calore. Vento. Azzurre acque danzanti, e rumore di onde. Le vedo, le avverto ancora. Sento addirittura il gusto del sale sulle labbra. E, ancora più vicino, respiro l'odore dell'uomo che mi tiene stretto fra le braccia. Lo sento, mentre mi stringe tanto forte da farmi male, e poi mi adagia fra le braccia di mia madre. Ricordo… o forse è solo una sensazione filtrata dalle memorie di altri, attraverso le quali ti ho conosciuto.
Anche i poeti mi parlano di te: vortici, giganti, mostri, divinità che ti impediscono il ritorno. Potrei credere agli ingannevoli canti degli aedi, ma un altro pensiero mi tormenta: ti sei forse dimenticato di noi? Mi hai dimenticato? Hai dimenticato mia madre, infelice, assediata nella tua casa? Hai dimenticato il compagno di mille avventure, che ormai giace, vecchio e malato, guardando il mare nell'illusione del tuo ritorno? Ti sei dimenticato della nostra bella patria? Hai scordato le sue rupi a picco sulle onde che si infrangono sugli scogli, ogni volta con un rumore uguale ma allo stesso tempo diverso? Hai forse dimenticato la sua dolce brezza che profuma di fiori e di sale?
Ormai, ogni volta che guardo il mare, non posso fare a meno di pensare a te, alle tue avventure, alla tua leggenda. I poeti cantano le tue gesta e io sono combattuto tra l'orgoglio di essere tuo figlio e il timore della tua grandezza. Saprò mai, padre mio, uguagliarti nel valore? Oppure ti deluderò, quel giorno che il Fato vorrà il nostro incontro?
Mi dicono che ti somiglio: mia madre e la nutrice si commuovono a guardarmi. E allora, quando mi chino alla fonte, vedo la mia immagine riflessa e cerco il tuo viso nel mio.
La tua lunga assenza è causa di dolore, reso ancor più acuto dalla presenza infame di chi usurpa la nostra casa. A stento freno la mia rabbia, se potessi li affronterei uno a uno! Ma sono solo e mi manca il coraggio: mi trattiene il pensiero di mia madre, già troppo ella soffre per te.
Un segno, se pur lieve, vorrei della tua esistenza; invece la tua assenza mi tormenta.
Solitario e solo, trascorro i miei giorni sulla rupe, sotto questo ulivo, e guardo il mare, aspettando quel segno. Solo un segno, padre.

Tuo figlio,
Telemaco


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NdA:
Amo alla follia i Poemi Omerici. 
Mi sono spesso chiesta come Telemaco viva il rapporto con lo spettro della gloria di suo padre. Ho cercato di dargli voce così.
Questa lettera va collocata prima che parta per andare alla ricerca di notizie certe di Odisseo.





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