Al tuo fianco
Questa fanfiction ha partecipato al primo girone del contest 'The Hunger Games' indetto da Cosmopolitan00.
Nick: Aya88
Titolo della storia: Al tuo fianco
Personaggio scelto: Kakashi
Rating: Verde
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo
Avvertimenti: One-shot, Au, Shonnen-ai
Trama: Una
nuova routine quotidiana e una febbre provvidenziale porteranno il
professore Kakashi Hatake a prendere una decisione importante.
Note dell’autore [facoltative]: Buona dose di turbe psicologiche e fluff, attenzione ^^’
La sveglia era suonata da un buon
quarto d’ora, ma la voglia di alzarsi tardava a fargli visita, al punto
da rendere la luce solare che filtrava attraverso la persiana solo un
incentivo in più per rimanere a poltrire sotto il piacevole tepore
delle coperte. Nel tentativo di scuotersi da quello stato di pigrizia
mattutina, Kakashi Hatake si passò una mano sul volto, sfregandosi le
palpebre con le dita. Come al solito, la stanchezza accumulata nelle
lunghe ore quotidiane faceva sentire ancora i suoi effetti; tuttavia,
era anche consapevole che, da qualche mese a quella parte, non fosse
più solo quello a trasformare il risveglio vero e proprio in una
faticosa impresa. Lasciò scivolare la mano sulla parte libera del
letto, ancora tiepida per il corpo che l’aveva occupato fino a poco
tempo prima. Ormai lo considerava inevitabile; quando Tenzo rimaneva a
dormire da lui, si perdeva ad assaporare le piccole ma preziose tracce
della sua presenza. Aveva trascorso così tanti anni ad accontentarsi
della solitudine, che trovare qualcuno al suo fianco fin dal mattino,
qualcuno che non se ne sarebbe andato in un’atmosfera fredda e
impersonale scomparendo per sempre, era una novità a cui non si era
ancora abituato. Ciò che però lo sorprendeva, tutte le volte che ci
pensava, era la netta consapevolezza di non volervi più rinunciare, di
non voler rinunciare a quel tipo di situazione e prima di tutto a lui;
era davvero innegabile che incontrarlo gli avesse cambiato la vita in
modo radicale, dissipando definitivamente paure e
incertezze.
Strinse tra le dita le lenzuola
sgualcite, mentre un’espressione serena e rilassata gli si dipingeva
sul viso. Era confortante il loro calore, seppure debole, così come lo
erano i rumori che giungevano a tratti dalla cucina e la maglietta che
il proprietario aveva pensato bene di adagiare su una sedia,
sottraendola al freddo giaciglio del pavimento. Sollevò un angolo della
bocca in un mezzo sorriso malizioso; ricordava alla perfezione il
preciso istante in cui gliel’aveva sfilata, come anche la piacevole
sensazione del suo petto nudo sotto le proprie mani. Se non li avessero
attesi i rispettivi impegni universitari, di sicuro non avrebbe esitato
a trascinarlo di nuovo a letto. A causa sua stava diventando proprio
svogliato, un particolare che non giovava affatto alla sua innata
abitudine ai ritardi. Ben consapevole di ciò, si tirò su a sedere con
un certo sforzo interiore, e fu solo allora che accusò un lieve mal di
testa e un vago indolenzimento, prima sopiti dalla posizione supina.
Non vi diede tuttavia particolare peso, attribuendo subito quei sintomi
alla stanchezza e considerandoli destinati a sparire presto, opinione
che l’arrivo di Tenzo sulla soglia della porta contribuì ad avvalorare;
il solo pensiero di affrontare una nuova giornata insieme lo faceva
sentire già meglio.
“Hai intenzione di dormire ancora,
per caso?” Lo rimproverò quello in tono bonario, con le braccia
conserte e la schiena appoggiata a uno stipite.
“Beh, non sarebbe una cattiva idea in realtà.”
“Certo, come non sarebbe una cattiva idea quella di arrivare ogni tanto in orario.”
A quella nuova frecciatina, Kakashi si grattò il capo scompigliando i capelli già ribelli.
“Il vantaggio di essere un professore.” Si difese con aria indifferente.
“Uhm, fino a prova contraria, la
logica vorrebbe che fossimo noi a dare l’esempio.” Replicò l’altro, poi
si avvicinò alla sedia raggiungendo l’ultimo indumento che gli mancava,
lo prese e lo indossò, catturando con quel semplice gesto uno sguardo
poco innocente.
“Comunque, se ti dai una mossa, il
caffè lo trovi ancora caldo.” Proseguì poco dopo, voltandosi verso il
collega con un’espressione tranquilla che dimostrava l’assenza totale
di fastidio; quella situazione era piacevolmente nuova anche per lui
per innervosirsi a causa di
sciocchezze.
Quando le tempie iniziarono a
pulsare con più insistenza e alcuni brividi di freddo gli fecero
sembrare la giornata più fredda di quanto non fosse, Kakashi capì di
aver commesso un errore di valutazione: più che i postumi della
stanchezza, quelli erano chiaramente gli effetti dell’influenza.
Incapace di proseguire qualsiasi tipo di spiegazione in quelle
condizioni, si trovò costretto a sospendere la lezione che stava
svolgendo e a rimandarla a data da destinarsi, suscitando in buona
parte degli studenti un moto di sollievo, in altri invece disappunto,
in altri ancora un interessato spirito altruistico. Mentre si
apprestava ad andarsene, infatti, due ragazze lo affiancarono e gli
offrirono un’aspirina, sostenendo con un sorriso incoraggiante che gli
sarebbe stata molto utile. Di solito contrario ad assecondare
atteggiamenti che miravano a catturare la sua simpatia, per motivi
accademici o di natura privata, il professore esitò un attimo; poi,
consapevole di avere indubbiamente bisogno di un analgesico e di non
poterne recuperare uno in un modo più veloce, lo accettò di buon grado
e ringraziò le studentesse.
Uscì quindi dall’aula e si diresse
verso il dipartimento di Scienze Naturali, fermandosi solo a comprare
una bottiglia d’acqua prima di raggiungere il suo studio e
rintanarvisi. Chiusa la porta alle sue spalle, si sedette alla
scrivania con un breve sospiro, mentre si portava una mano sulla
fronte. Aveva la netta impressione che la testa gli scoppiasse. Non
ricordava a quando risalisse l’ultima volta che la febbre l’aveva
costretto a letto, ma avrebbe volentieri fatto a meno di rinfrescarsi
la memoria con le sue spiacevoli conseguenze.
Senza perdere altro tempo, recuperò
l’aspirina dalla tasca del pantalone e l’ingerì con un sorso d’acqua,
poi si accasciò contro lo schienale della sedia, reclinando lievemente
il capo all’indietro e chiudendo gli occhi. Appena si sarebbe sentito
un po’ meglio, tanto da poter guidare senza pericolo per la propria
incolumità, aveva tutta l’intenzione di tornarsene a casa; intanto,
però, cercò di sgombrare la mente, con la speranza che anche l’assenza
di pensieri e il silenzio lo aiutassero ad attenuare il dolore
persistente. Furono solo un deciso bussare e il cigolio successivo che
dopo alcuni minuti interruppero quel momento di stasi.
Ancora intontito, gettò uno sguardo
stanco al nuovo arrivato e fu contento di scoprire che si trattava di
Tenzo. In un certo senso, avrebbe potuto considerare proprio lui il
responsabile indiretto della leggerezza che aveva commesso quella
mattina, per cui pensò quasi di rimproverarlo scherzosamente; ma, non
appena tentò di rimettersi in posizione eretta, un capogiro lo
costrinse a puntellarsi con una mano sulla sedia e sorreggersi il capo
con l’altra.
“Ehi, che hai?” Gli chiese subito il collega con una nota di allarme nella voce.
Già quando aveva aperto la porta
dello studio, era rimasto sorpreso di trovarlo lì in un orario in cui
sarebbe dovuto essere a lezione, e quel suo comportamento finiva solo
per avvalorare la tesi che ci fosse qualcosa che non andava.
“Niente, solo un po’ di mal di
testa.“ Affermò Kakashi, restio ad amplificare un malanno che sarebbe
sparito con massimo due giorni di riposo.
Poco convinto dalla risposta ricevuta, Tenzo inarcò le sopracciglia.
“Un po’? A me non sembrerebbe.” Commentò mentre gli si avvicinava.
“Va bene, credo sia la febbre, ma niente che una bella dormita non possa risolvere.”
“Eh, una dormita e qualche
medicinale, direi. Come al solito, hai il brutto vizio di minimizzare
quando si tratta di certe cose.”
Di fronte a quelle ultime parole,
il professore Hatake provò una calda e piacevole sensazione; per quanto
rappresentassero l’ennesimo rimprovero ricevuto da lui in quella
giornata, la confidenza e la preoccupazione che esse racchiudevano le
rendevano in qualche modo insostituibili. La mano che poco dopo si posò
sulla sua spalla, spingendolo a voltarsi di nuovo verso il collega, non
fece altro che confermargli quell’impressione.
“Dovevo parlare con Genma, ma data
la situazione è meglio se ti accompagno un attimo a casa.” Proseguì
l’altro in tono pragmatico, guardandolo dritto negli occhi.
“Non preoccuparti, non ce n’è bisogno. Ho già preso un’aspirina e tra poco dovrebbe fare affetto.”
“Uhm, sarà, ma prima te ne vai a letto e meglio è, l’hai detto tu stesso.”
“Fino a un minuto fa, però, non sembravi convinto dell’attendibilità delle mie parole.”
“E non lo sono ancora, per questo ti accompagno.”
Conscio che qualsiasi altra
obiezione sarebbe stata ugualmente respinta, Kakashi si lasciò andare a
un sospiro, mentre i lineamenti del suo volto si distendevano in
un’espressione di serena rassegnazione.
Ritornato al suo appartamento,
l’unica cosa produttiva che era riuscito a fare era stata recuperare
un’altra coperta dall’armadio e infilarsi subito nel letto, poi era
sprofondato facilmente nel sonno, assalito da un senso di spossatezza
crescente. Si risvegliò solo dopo alcune ore, ormai nel bel mezzo del
pomeriggio, e nel gettare uno sguardo all’orologio, si rese conto di
non aver mai dormito così tanto. Dopo quel lungo riposo, però, il
dolore martellante alla testa sembrava pressoché sparito, un risultato
che lo portò a ringraziare l’aspirina che gli avevano prestato.
Consapevole che, come al solito, continuare a rimanere sdraiato non gli
sarebbe servito più di tanto, si alzò e si diresse in cucina con
l’intenzione di prepararsi un tè. Sapeva che la cosa migliore sarebbe
stata mangiare qualcosa, ma non aveva alcuna fame, nonostante non
avesse toccato più niente da quella mattina, così ripiegare su una
bevanda calda gli sembrava un buon compromesso.
Giunto davanti ai fornelli,
riscaldò dell’acqua in un pentolino e la versò in una tazza, poi mise
in infusione una bustina e, dopo aver recuperato il barattolo dello
zucchero e un cucchiaio, si sedette al tavolo in attesa che il liquido
incolore assumesse una tinta ambrata. Aveva sempre avuto l’abitudine di
osservare con un certo interesse quel graduale processo. Per un bel
pezzo, in esso aveva scorto la capacità di cambiare, di sbloccare una
situazione asettica, ciò che per lui era stato del tutto impossibile
prima di essere adottato e incontrare sua sorella Ame, la persona che
era riuscita a fargli aprire di nuovo il suo cuore ferito. Quando poi
era morta, per uno strano scherzo del destino, il tè aveva continuato a
rispecchiare qualcosa della sua vita: il suo colorato mondo affettivo
che non andava al di là dei limiti di ceramica.
All’improvviso le sue labbra si
piegarono in un’espressione serena e vagamente divertita, mentre
approfittava del tepore emanato dalla tazza che stringeva tra le mani;
ormai percepiva in modo chiaro come il suo contenuto si riversasse
all’esterno liberamente. Spinto da quel pensiero, si chiese quando
sarebbe arrivato Tenzo, una domanda che da un momento all’altro gli
fece sembrare la casa troppo grande e silenziosa. Per attenuare quella
spiacevole sensazione pensò di accendere la televisione o ascoltare un
po’ di musica, ma subito respinse l’idea giudicandola inefficace,
conscio che ciò che cercava non era certo una compagnia artificiale.
Aggiunse allora un po’ di zucchero al tè e iniziò a sorseggiarlo.
Quando si erano lasciati, il collega gli aveva detto che avrebbe fatto
un salto appena possibile e non poteva far altro che aspettare, anche
se avrebbe preferito mille volte essere all’università ad aiutarlo con
il progetto di ricerca.
Imprecò mentalmente contro
l’influenza, meditando quasi di tornarsene sotto le coperte, e fu in
quell’istante che un ricordo lo colpì, presentandosi ai suoi sensi
accompagnato dal calore tonificante che la bevanda diffondeva nel suo
corpo. Era uno stralcio del passato che risaliva a pochi mesi prima del
matrimonio di sua sorella, un periodo in cui si era sentito triste e
confuso, in qualche modo deluso da lei. Ame, che non aveva affatto
tardato ad accorgersi del suo disagio, l’aveva trascinato al mare, in
mezzo alla sabbia e all’andirivieni delle onde, nello stesso posto che
aveva segnato l’inizio del loro particolare rapporto. Lì, seduta al suo
fianco, con un tono dolce e rassicurante gli aveva detto che per lui ci
sarebbe sempre stata e che sarebbero potuti ritornare insieme su quella
spiaggia tutte le volte che avrebbe voluto, poi aveva aggiunto qualcosa
a cui allora, ancora dodicenne, non era riuscito ad attribuire il
giusto peso. In quel momento, le sue parole gli risuonavano nella mente
con un valore quasi profetico. “Sono sicura che un giorno, quando
incontrerai anche tu la persona giusta, mi capirai un po’ di più”,
aveva affermato con un sorriso, scompigliandogli subito dopo i capelli
con affetto.
L’uomo sospirò, riadagiando la
tazza sul tavolo. Non avrebbe mai pensato che incontrare la persona
giusta avrebbe significato sentire la mancanza di qualcuno così
facilmente. Era di fronte all’ennesima dimostrazione che fosse
difficile dare torto a sua sorella; a suo tempo avrebbe anche potuto
spiegargli qualcosa in più, ma evidentemente sapeva bene che vivere
certe cose sulla propria pelle era più utile di mille parole.
Istintivamente, pensò che non sarebbe stata affatto una cattiva idea
fare in modo che si realizzasse il desiderio di avere quel qualcuno al
proprio fianco il più possibile.
Stava ancora meditando su quella
conclusione, quando il campanello suonò interrompendo il flusso dei
suoi pensieri. Si alzò allora per andare ad aprire e, trovando proprio
il collega sulla soglia di casa, fu avvolto insieme dalla sorpresa e da
un improvviso senso di quiete.
“Tenzo?” Esordì, guadagnandosi uno
sguardo interrogativo. “Credevo che ne avresti avuto ancora per un bel
po’.” Spiegò subito dopo, mentre si spostava leggermente per lasciarlo
entrare.
“Beh, sì, doveva essere così, ma ho
pensato che sospendere prima per un giorno non sarebbe stato un
dramma.” Disse l’altro per poi dirigersi a passo sicuro verso la
cucina, celando sotto un atteggiamento tranquillo gli effetti
dell’ansia che aveva provato fino a poco tempo prima. “Piuttosto come
va con la febbre? Vedo che stavolta riesci a stare in piedi.” Si
informò.
“Sto bene, per ora il mal di testa
è sparito. Più tardi prenderò un’altra aspirina.” Rispose Kakashi,
mentre lo seguiva dopo aver richiuso la porta alle loro spalle, felice
per quella visita anticipata che aveva senza dubbio un effetto positivo
anche sul suo stato fisico.
Fu solo quando Tenzo la posò sulla tavola che si accorse della busta che aveva portato.
“Bene, mi fa piacere che tu stia
meglio.” Affermò quello tirando definitivamente un sospiro interiore di
sollievo, poi si voltò verso di lui e indicò con un cenno della mano il
sacchetto di plastica. “Comunque ho comprato qualcosa da mangiare, dato
che sono certo che non hai toccato nient’altro oltre ad una tazza di
tè.” Proseguì pacato.
Dopo quella spiegazione, calarono
alcuni brevi ma intensi istanti di silenzio, durante i quali Kakashi
pensò che avrebbe dovuto associare alla cosiddetta persona giusta anche
la capacità di un semplice gesto di riscaldargli il petto, come
accadeva in quel momento o come era accaduto in ufficio. Tale
riflessione non fece altro che rinsaldare la decisone che si era fatta
strada nella sua mente non molti minuti prima. Si avvicinò allora al
collega e gli afferrò con una mano la maglia, tirandola leggermente
verso di sé, poi senza preavviso lo baciò, cancellando anche gli ultimi
centimetri che li separavano, mentre faceva scivolare l’altra mano sul
suo fianco. Tenzo non si oppose, ma superato un primo attimo di
sorpresa assecondò quell’improvviso e irruento incontro ravvicinato;
intrecciò la lingua con la sua in una piacevole lotta e gli sfiorò le
braccia con le dita.
Quando poté guardarlo di nuovo in viso, si trovò ad incrociare un inaspettato sguardo serio.
“Perché da domani non vivi qui e
cucini tu?” Gli propose l’altro continuando a stringere il suo
indumento in un gesto quasi possessivo.
Del tutto spiazzato, lui lo fissò
senza rispondere, almeno fino a quando non assimilò la notizia e si
rilassò, invaso da una felicità condita da un pizzico di soddisfazione;
se Kakashi era giunto a chiedergli di convivere, credeva di poter
affermare che aveva davvero compiuto un piccolo miracolo.
“Se compri un letto più grande,
posso pensarci.” Disse ironico, ottenendo come risposta l’accenno di un
sorriso e un secondo bacio.
Sintassi e Grammatica: 8/10
IC dei Personaggi: 8/10
Originalità della Storia: 6/10
Giudizio Personale del Giudice: 2/5
Premetto che non sono un'amante dello Yaoi (o Shonnen-ai).
Sinceramente - e parlo con totale obbiettività - non mi ha entusiasmata molto.
Senza dubbio è scritta bene e, grammaticalmente parlando, è pure corretta. Ma ha ben poco di originalità.
Insomma, ci troviamo davavanti ad
una semplice storia d'amore tra due uomini/colleghi di lavoro, con le
sue difficoltà e i suoi alti e bassi. Cosa un pò scontata, a mio avviso.
Tuttavia, ho apprezzato molto come
hai dato largamente spazio ai pensieri di Kakashi, alle sue emozioni e
ai suoi ricordi. Così facendo, ho potuto comprendere appieno i suoi
sentimenti - sia per la sorella, che per Tenzo. Brava.
TOTALE PUNTEGGIO: 24/35
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