And i'll show u what i feel.
I feel you
close, I feel you breathe
And now it’s like you’re here
You’re haunting me
You’re out of line
You’re out of sight
You’re the reason that we started this fight.
The Wanted
- Warzone.
Cherish Mills non era quel genere di persona che aveva bisogno di
parlare per farsi capire, molto spesso le bastavano delle occhiate
situate alle persone giuste per far intendere come si sentisse al
momento. Non aveva particolari sorrisi per nessuno, non ne aveva al
mattino, ne alla sera, ne prima di andare a dormire. Non le piaceva il
formarsi di una curva sul suo viso, soprattutto non le piaceva come le
stava. Odiava il suo sorriso, odiava praticamente ogni centrimetro di
pelle sopra il suo stesso corpo. Cherish si odiava e nessuno aveva mai
provato a capirlo. Non aveva mai avuto particolari problemi nella sua
vita, un'infanzia di quelle felici senza problemi. Bambini allegri le
riempivano le giornate, facendola ridere a crepapelle fino a sfinirla.
C'era un unico problema nell'infanzia di Cherish. I suoi cugini, sempre
troppo perfetti per lei. Sempre un passo avanti rispetto a lei. Quelle
domeniche riempite da pranzi nella villa estiva della zia avrebbero
segnato la sua esistenza. E quando suo padre diceva a sua madre che
andavano in quel posto solo per lei e suo fratello le si fermava il
cuore, perché onestamente non ci voleva andare in un posto
dove per la maggior parte odiava tutti. Non si sentiva a sua agio a non
essere calcolata o creduta all'altezza.
Col passare del tempo,
Cherish imparò chi nella sua vita contava e chi no. Aveva
imparato che la simpatia veniva da se e lei non ce l'aveva. Aveva
imparato a fare sempre da sola, e aveva indurito il carattere. Aveva
limitato gli abbracci e i sorrisi già da piccola e aveva
sempre risposto con uno sguardo duro e per quanto ne sapesse si stava
molto meglio così. Si stava meglio senza nessuno che ti
dicesse che non eri abbastanza se non dimostravi niente. Aveva smesso
di dimostrare, Cherish col tempo era diventata apatica. Aveva solo
tredici anni. Tredici anni sprecati, continuava a dirsi. E sapete
quelle persone che dicevano che la depressione non era possibile se si
era così piccoli? Non è vero. Forse non
è depressione, forse è quel singolo momento di
crescita, ma Cherish non stava crescendo bene o a pieno.
Aveva iniziato a
vivere facendo piacere ai genitori, soprattutto alle scuole medie,
aveva iniziato a chiudersi in se stessa, studiando ogni giorno di
più, riempendo i genitori di soddisfazioni e orgoglio che la
lasciavano vuota all'interno. Il primo pallone che toccò - e
non fu l'ultimo! - fu perché aveva bisogno di rendere
orgoglioso suo padre per qualcosa che anche l'uomo amasse.
Effettivamente la scuola non bastava, le stava stretta. Forse per
quello iniziò a giocare a calcio, suo padre lo adorava. Ma
chissà perché mai nessun "brava!" o "sono orgoglioso di te"
arrivò mai all'orecchio della bionda, mai nessuna volta suo
padre si congratulò con lei facendola stare bene.
Alla fine delle scuole
medie capì l'importanza di badare a se stessi e al proprio
ego, capendo che poi era brava in quello sport che aveva iniziato per
una persona che non era lei. Pian pianino le soddisfazioni iniziarono
ad arrivare. Persone a lei sconosciute si congratulavano con lei: "ottimo gioco, solo fossi in te
chiuderei di più a destra! Non hai visto che il difensore
destro non ha le percezioni visive che hai tu? Aiutalo!"
Il suo cuore cominciava a riempirsi d'amore, cominciava a provare la
soddisfazione per il duro lavoro che ogni volta faceva. Quando suo
padre tornò a casa con un paio di scarpette con tredici
tacchetti, per un momento credette di avere le visioni. Suo padre in
quel momento stava riconoscendo il talento di sua figlia. "Prendi a calci in culo tutti,
con queste!" Nessuna parola di più, nessun
contatto fisico. Solo uno visivo che, dannazione, riempì
Cherish di grinta per la partita che il giorno dopo l'aspettava. Il
fatto che Cherish giocasse con dei ragazzi e non con le ragazze
riempiva il suo ego ancora di più. Aveva iniziato a
conoscere i ragazzi, a pensare come loro. Poco tempo dopo era diventata
parte integrante di quella che era la squadra della sua
città.
- Mills, ci abbiamo
pensato molto. - il mister inziò guardando i ragazzi intorno
a lui, seduti in maniera disordinata sulle panche bianche e nere nello
spogliatoio troppo piccolo per contenere anche una ragazza. Si
avvicinava a passi lenti con in mano il sogno più grande di
Cherish. Una fascia blu con una C disegnata in bianco nella parte
visibile. Cherish arricciò il naso e alzandosi la prese,
infilandola al braccio senza dire parola in più.
Sbattè il piede destro, facendo toccare i tacchetti a terra:
- Prendiamo a calci in culo tutti! -
***
- Andiamo, Cher!
È tardissimo! Non puoi mancare il primo giorno di scuola! -
Ma la
verità era una sola: Cherish non si sentiva pronta a quella
nuova scuola che lei stessa aveva scelto senza l'aiuto di nessuno;
perché oltre a badare a se stessa Cherish aveva imparato
un'altra cosa durante i suoi quattordici anni: scegli per te e non permettere a
nessuno di farlo al tuo posto.
- Sono pronta, solo
non ci voglio andare alle scuole superiori! Non... mi
sentirò a mio agio, lo sai come sono. Non parlo con nessuno,
non piaccio mai a nessuno, per questo alle medie non ho legato, per
favore... Non andiamo! - In quel frangente quasi pregava sua madre che
però con un cenno negativo del capo e un sorriso la
costrinse ad uscire di casa, prendendo quel pullman numero 20, per
arrivare alla scuola nuova. Per un po' di tempo tutto andò
come disegnato da Cherish, per un po' di tempo si sentì
dannatamente sola in una classe di ventiquattro persone. Era sola, lei
le sue cuffiette e il suo carattere. Mai come allora si era odiava.
Odiava il suo modo d'essere troppo chiuso, ma soprattutto odiava le
persone intorno a se, quelle che in tre mesi avevano stretto amicizie
infinite, straccolme di sorrisi. Odiava loro perché voleva
assomigliare ad ogni persona in quella classe. Eppure non si poteva. E
in quel momento, Cherish si rese conto di quanto rancora provava e
decise che se lo sarebbe tenuto per sempre. Rancore per la sua
famiglia, per se stessa e per la nuova classe che non l'aveva
accolta... Ma in fondo lei se lo aspettava. Cherish Mills non aveva mai
avuto molti amici. Ed era solo colpa sua. Troppo chiusa, troppo per i
fatti suoi. Ci aveva fatto l'abitudine... Ma ora, non si sa come, le
bruciava moltissimo sapersi sola mentre tutti erano impegnati a
stringere rapporti.
Il banco diviso con
una ripetente non la fece sentire meglio soprattutto perché
quest'ultima passava il suo tempo a parlare delle precenti relazioni
con i più disparati ragazzi, ma se oggi Cherish dovesse dire
grazie a qualcuno, questo grazie andrebbe soprattutto alla sua ex
compagna di banco.
Conobbe Lilo e Lily
esattamente sei mesi dopo l'inizio della scuola, quando la solitudine
aveva iniziato a regnare sovrana nel suo animo.
- Perché tu
stai sempre da sola? - Chiese Lilo con lo sguardo acceso che ancora
oggi conserva. Cherish alzò lo sguardo e con lui un
sopracciglio, cercando di capire esattamente cosa volesse da lei.
Conosceva il suo nome, sapeva benissimo che Lilo Crox era una
ripetente. Solo... non capiva cosa volesse da lei.
- Che razza di domanda
è? -
- Io e te non abbiamo
mai parlato! - disse Lilo ancora, sorridendo. Sua madre, la madre di
Cherish si era sempre raccomandata di stare sempre alla larga dai
ripetenti: " Portano
solo fastidii. " Ma Cherish in quel momento
capì che Lilo non era uno di quel classici ripetenti rompi
palle.
- Cherish non ha mai
parlato con nessuno, se non con i due che venivano dalle sue stesse
scuole medie! Anita e Cory. - La ragazza col nasino all'insù
- un po' fastidioso, a dirla tutta - si intromise nella conversazione
che stava avvenendo tra Cherish e Lilo, sedendosi nel posto vuoto al
banco della bionda.
- Non ho niente da
dire! - si difese Cherish, abbassando nuovamente la testa e poggiandola
sulle braccia, magari pronta a riprendere il sonno che poco prima era
stato interrotto da Lilo.
- Vedremo, Cherish! -
***
- Come stai? - Chiese
Lilo guardando Cherish che si mordeva le dita per l'ansia che provava
in quel momento. Ultima dannatissima interrogazione di biologia e
Cherish, avendo studiato per tutto il pomeriggio il giorno prima si
sentiva mancare, non ricordava esattemente niente.
- Non ricordo un
cazzo, Lilo! -
- Shh. - La
intimò Lily, sedendosi al fianco di Lilo mentre Cherish
restava in piedi a guardare la situazione che si era creata. Alla fine
dell'anno era riuscita a stringere un'amicizia con le due ragazze che
tempo prima si erano appostate davanti a lei per chiederle
perché lei effettivamente non parlasse mai. Le tre ragazze
al momento erano legate da qualcosa in più che la scuola, erano legate da quel filo
sottilissimo chiamato amicizia. E non c'era cosa
più bella per Cherish nell'aver trovato delle persone con
cui parlare di tutto.
L'interrogazione
andò bene e tutte le paure di Cherish svanirono non appena
la professoressa le rivolse la prima domanda: acidi nucleici. Lo
sapeva, il giorno prima aveva fatto una testa pallone alla madre,
ripetendo e spiegando cosa tutto erano quelle formule super complesse
che doveva imparare a memoria.
E piano piano i giorni
passarono, tra risate, scherzi e prese in giro e finalmente il tanto
agoniato ultimo giorno arrivò per tutti e questo era un
dannato sollievo per tutti, compresa Cherish. Sarebbe riuscita a
riposarsi finalmente e si sarebbe dedicata a tutte quelle
attività che aveva dovuto interrompere con l'arrivo della
scuola.
- Ascoltate ragazzi.
Oggi ci sarebbe la partita di fine anno di pallavolo, - la maggior
parte della classe esultò, creando una baraonda mentre la
professoressa cercava di recuperare il suo potere - dobbiamo stare
nella parte sinistra della palestra, nessuno può uscire a
fumare o bere in palestra, chiaro? - Continuava la professoressa mentre
chi come Lily cadeva in depressione perché sì,
effettivamente l'assenza di nicotina per dieci minuti d'orologio
avrebbe causato gravi danni a non so cosa. Gente come Cherish si
guardava intorno cercando di capire cosa fare, perché a lei
la pallavolo non piaceva affatto. Comunque scesero e trovarono una
palestra affolatissima. A Cherish mancò l'aria. Odiava i
posti affollati, si sentiva chiusa, morire. Ma non era claustrofobica,
era solo quella paura. Prendeva tranquillamente l'ascensore e stava
comodamente nello studio del medico che era un buco. Era solo quella
sensazione di sguardi che la innervosiva rendendola schiava dell'aria.
Quando la classe si sedette ordinata sul muro sinistro della palestra,
finalmente la partità iniziò e senza ulteriori
indugi, Cherish infilò le cuffie così
tranquillamente, poggiando la testolina lungo la spalla di Lilo che
osservava attentamente la scena che si proiettava davanti ai suoi
occhi. La bionda vedeva solo azioni disparate dalle persone che stavano
in palestra: un ragazzo stava sbattendo il proprio cellulare a terra,
perché la sua classe/squadra stava perdendo. La
sanità mentale era andata a farsi un giretto e mentre
Cherish sollevò lo sguardo per vedere anche lei la parita
che teneva tutti col fiato sospeso si imbattè nel sorriso
più bello di tutti, si trovò davanti quella sorta
di viso perfetto che da quattordici anni cercava e credeva non
esistere. Per una volta, Cherish, si sentì viva. Il ragazzo
che aveva davanti sorrideva gentile mentre porgeva la palla alla
squadra avversaria. Sorrideva senza essere forzato, sorrideva
perché in quel momento doveva andare così,
divertito dalla situazione che si era creata e perché si
stava divertendo insieme ai suoi compagni.
Era il sorriso di una
vita, il sorriso che Cherish mai più avrebbe dimenticato.
Impossibile dimenticare l'irruenza con cui quel sorriso le si
stampò sui ricordi di tutta una vita.
- Che... guardi? -
Chiese Lily, sporgendosi per vedere meglio Cherish.
- Niente di che, solo
la partita! -
- Lo sappiamo tutti
che non ti piace la pallavolo, la tua vita è fatta solo di
calcio, calcio, calcio. - Disse ridendo Lilo.
- Ehi, Matt... Come si
chiama quel ragazzo li? - Chiese allora la bionda al rappresentate
dell'istituto che frequentava. Erano amici da circa quattro mesi, ma
era una di quelle persone simpatiche che si facevano volere bene in
pochissimo tempo.
- Alex. - Rispose il
ragazzo interpellato da Cherish.
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damnhdson:
Prima di tutto volevo dire che non ho intenzione di abbandonare Letters
To Finn, ma ho bisogno di fare un po' di chiarezza nella mia vita e
spero che scrivendoci su, possa io arrivare ad una conclusione. Tengo a
Letters To Finn, è qualcosa di mio, quindi non la
abbandonerei mai e poi mai. Tanto la mia ispirazione è sempre
al lavoro, infatti sto lavorando ad una nuova FF. ♥ (
stupida, tanto non mi legge nessuno. XD )
Dunque questa storia è la storia di Cherish, il mio alter
ego. Non so quanti capitoli avrà o se mai
deciderò di concluderla, perché certe cose fanno
ancora male anche a distanza di anni, ma tanto sapete cosa è
il dolore, nessuno può spiegarlo. (:
so, niente.
Ciao *saluta, agitando la manina.*
Ah, ps: Grazie a tutte quelle persone che hanno creduto in questa
storia sin dall'inizio, siete il meglio che io potessi desiderare.
♥
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