The last twilight
La notizia lo aveva
sorpreso e sconvolto, nonostante avesse sempre saputo che prima o poi sarebbe
giunto il momento. Erano ormai trascorsi più di ottant’anni - ottantuno, per la
precisione - dal giorno in cui si erano conosciuti e tutto era iniziato. Settantacinque
da quando tutto era finito.
Ma la notizia che sua
sorella gli aveva dato lo faceva comunque stare male, un dolore al petto, a
quel cuore che credeva morto da quasi due secoli.
«Edward.»
Sentì la voce di Alice
chiamarlo con una nota di preoccupazione. Solo allora si accorse di essere
rimasto fermo, il respiro trattenuto e lo sguardo perso nel vuoto, per diverso
tempo. Si voltò lentamente verso di lei, un’espressione vuota sul viso,
assomigliando più che mai ad un morto che cammina. Non c’era più vita in lui, l’unico
barlume si era spento pochi secondi prima:
«Edward, ho avuto una
visione.» gli aveva detto sua sorella.
Il suo tono era stato basso, incrinato, come sull’orlo di lacrime invisibili
che mai avrebbe potuto versare. Leggermente allarmato le aveva chiesto di
parlargliene, e così aveva appreso la notizia:
«Bella sta morendo.»
E in quel momento i suoi
occhi si erano spenti, il suo cuore era diventato ancora più freddo, ogni
residuo di vita se n’era andato. Perché la sua vita era sempre stata lei, anche
quando non era più stata al suo fianco.
«Edward?» lo chiamò ancora Alice, visibilmente turbata per
lo stato in cui si trovava.
«Cosa?» esalò lui in poco più di un sussurro, appena
udibile anche alle orecchie di un vampiro. Non aveva nemmeno più la forza di
parlare.
«Sarà questa sera, al
crepuscolo …» disse lei, lasciando
cadere l’ultima parola nel silenzio. «Pensavo
avresti voluto saperlo.» aggiunse
infine, prima di lasciare la stanza.
Edward rimase solo con i
suoi pensieri e l’ironia del destino: crepuscolo, il momento che tanto adorava
negli anni passati, che aveva condiviso con la sua Bella nella loro radura così
tante volte; il momento che segnava la nascita della notte, lo spuntare di
miliardi di stelle, il mostrarsi della luna, il calare del silenzio e della
calma immobile. Ora per lui significava solo morte e dolore.
Non seppe per quanto
tempo rimase lì immobile, seduto sul divano della sua stanza, ad osservare
senza attenzione il paesaggio fuori dalla grande vetrata della sua finestra. Non
vedeva gli spazi della nuova città in cui la sua famiglia si era trasferita da
alcuni anni, ma vedeva piuttosto i paesaggi di Forks, quel paesino che avrebbe
sempre portato dentro di sé: quella via là in fondo che portava ad un parco era
il sentiero che conduceva alla grande villa dei Cullen; quella strada
trafficata sulla sinistra era il viale semi-deserto che portava a casa dei
Swan; quello spazio verde sotto casa era la radura dove si rifugiava nelle
giornate di sole. Tutto aveva assunto le forme dei suoi ricordi.
Solo quando una luce
pallida e rosata colpì la sua figura, colorando di un tenue arancione tutta la
stanza, si riscosse. Si voltò, prese le chiavi della nuova BMW dal tavolino
accanto a lui e scese al piano di sotto. Non ebbe bisogno di leggere la mente
della sua famiglia per capire cosa stessero pensando: vedeva il dolore sui loro
volti chiaramente. Esme, che doveva aver sempre considerato Bella come una
figlia, si stringeva a Carlisle. Emmett lo fissava con espressione triste,
mentre perfino Rosalie al suo fianco aveva il viso cupo e malinconico. Alice,
tra le braccia di Jasper, era scossa da singhiozzi privi di lacrime, mentre si
sentiva come se stesse perdendo una sorella.
Edward indugiò per
qualche istante nell’ingresso, poi si risolse ad uscire. Mise in moto l’auto e
partì a tutta velocità verso l’autostrada. Un po’ per abitudine, premette il
pulsante di accensione dello stereo, e quando le note di Claire de Lune riempirono
l’abitacolo il dolore gli parve ancora più grande. Era la loro canzone,
così l’aveva definita Bella una volta, quando si erano ritrovati per caso ad
ascoltarla in camera sua. Lui aveva riso e l’aveva stretta tra le braccia,
baciandole i capelli e iniziando poi a mormorare al suo orecchio la ninnananna
che aveva composto per lei. Poco prima di chiudere gli occhi e scivolare nel
sonno, Bella aveva sospirato:
«Questa rimane sempre la
mia preferita.»
Con rabbia spense lo
stereo. Premette di più sul gas e la lancetta del contachilometri scattò dai 120 km/h ai 140. In breve un cartello comparve all’orizzonte con l’indicazione dell’uscita per
Seattle: era lì che Bella si era trasferita all’inizio della sua nuova vita. Senza
nemmeno mettere la freccia svoltò e continuò a correre per le strade. Poco dopo
giunse di fronte ad una piccola casetta colorata. Nel giardino, una cuccia di
legno segnava la presenza di un cane. Sul vialetto che portava all’ingresso era
parcheggiata un’Audi nera.
Alzando lo sguardo
scorse una finestra illuminata al secondo piano, e con la sua agilità da
vampiro si arrampicò sui rami di un albero lì accanto. Il suo udito
sovrannaturale poteva sentire dei singhiozzi soffocati oltre il vetro chiuso, e
scorse tre figure nella camera. Una era una donna di poco più di quarant’anni,
che sedeva accanto ad un letto. Alle sue spalle, un uomo sulla cinquantina si
teneva un po’ in disparte, anche lui con un’espressione addolorata. E infine lì,
sdraiata sul letto sotto una calda coltre di coperte, il viso incorniciato da
una soffice nuvola di capelli bianchi, c’era lei … Bella. Nonostante la sua
figura fosse completamente diversa da quella dei suoi diciassette anni, la
riconobbe all’istante: come confondere i suoi occhi, la loro luce, la loro
intensità? Anche la loro espressione però era cambiata: non era più quella
spensierata e un po’ ingenua di una ragazzina, ma quella matura ed esperta di
una donna che ha vissuto la sua vita.
Poi, d’un tratto, quegli
occhi si chiusero, e un singhiozzo più forte proruppe dalle labbra della donna,
che si accasciò sulla sedia. L’uomo le si avvicinò lentamente e la prese
gentilmente per le spalle, facendola alzare e conducendola via.
«Vieni, Alice. È finita.
Andiamo.»
«Oh, Edward!» esclamò la donna, prima di lasciarsi cullare dalle
braccia dell’uomo. Quando furono sulla porta, entrambi si voltarono per un’ultima
occhiata alla vecchia sul letto e sussurrarono:
«Addio, mamma.»
Infine la porta si
chiuse dietro di loro.
In meno di un secondo,
era già al fianco del letto. Il dolore al petto era sempre più forte mentre
prendeva tra le sue una mano debole e avvizzita.
«Edward.»
Il sussurro che riempì
il silenzio della stanza lo fece sobbalzare. Quanto aveva pregato di poter
sentire ancora una volta il suo nome pronunciato da quelle labbra. Gli occhi
che prima aveva visto chiudersi si riaprirono rivelandogli uno sguardo che
sembrò essere tornato quello che conosceva.
«Sapevo … speravo che
saresti venuto. Non potevo andarmene senza averti salutato.» disse Bella, un debole sorriso sulle labbra.
Edward non disse niente,
semplicemente rimase lì accanto a lei mentre continuava a parlargli.
«Ho vissuto la mia vita,
come hai voluto. Quelli erano i miei figli, mio marito è morto qualche anno fa.
Ma come ti sarai reso conto, non ti ho mai dimenticato.»
Un singulto sfuggì dalle
labbra del vampiro mentre ricordava i nomi delle persone che aveva visto prima.
Aveva dato al suo primogenito il suo nome.
«Bella …»
Non riuscì a dire altro.
Non sapeva cos’altro avrebbe potuto aggiungere, mentre nella sua mente si
succedevano tutti i ricordi dei momenti passati insieme. Si ricordò dei baci,
delle carezze, delle discussioni perché non voleva morderla, perché non voleva
darle l’immortalità che desiderava solo per poter stare con lui. Si ricordò
delle volte che aveva sorriso vedendola arrossire, delle volte che aveva dovuto
sostenerla mentre inciampava. Si ricordò del giorno in cui aveva preso il
diploma insieme a lui - il suo ennesimo diploma -, del giorno in cui era
entrata al college, delle loro vacanze. E infine si ricordò di quel giorno,
quando lei aveva ormai ventitrè anni, mentre lui conservava il giovane aspetto
di un eterno diciassettenne. Quel giorno si erano detti addio. La loro
relazione era sempre più difficile, la loro apparente differenza di età rendeva
loro impossibile farsi vedere insieme, e Bella ne soffriva. Il fatto che Edward
non avesse intenzione di trasformarla in un vampiro portò alla loro
separazione. Lei aveva il diritto di continuare a vivere la sua vita, di
trovare un ragazzo della sua età che potesse darle tutto ciò che voleva, che le
potesse dare una famiglia, che la amasse fino alla fine dei suoi giorni. Aveva
il diritto di provare tutte le esperienze della vita umana fino alla vecchiaia.
E così era successo. Lui l’aveva lasciata andare, e lei era andata avanti e
aveva affrontato la sua vita. E ora era giunta al termine, come era previsto.
«Ti amo.» ruppe di nuovo il silenzio la vecchia Bella,
fissando lo sguardo in quegli occhi dorati che aveva sognato così tante volte
in tutti quegli anni. «L’ho sempre
fatto.»
«Anch’io, per l’eternità.» replicò Edward, poi si piegò a posare le labbra
fredde sulla fronte rugosa della donna. Ma in quel momento lei non c’era già più.
La mano che teneva nella sua si era irrigidita, la pelle stava diventando
fredda come quella del vampiro. Ora, da qualche parte il suo spirito aveva l’immortalità
che aveva sempre desiderato.
Non so come mi sia venuta in mente, ma ad un tratto ho
avuto un lampo e mi sono messa a scrivere. Probabilmente non è delle migliori,
ma è così che è venuta, e sta a voi giudicare, quindi fatemi sapere come vi
sembra e se dovrei cambiare qualcosa.
Ho una mezza idea di aggiungere un secondo capitolo, ma devo
ancora pensarci, e comunque lascio scegliere a voi.
Recensite! ;-)
- Daisy -