Quo usque tandem?
Quo usque tandem abutere
Catilina patientia nostra?
Le parole risuonarono per il
Senato, suscitando un brusio fra i presenti.
Prima di proseguire con la sua
orazione, Cicerone si guardò intorno, per assicurarsi di avere
l'attenzione di tutti. Di fronte a lui sedeva Catilina, l'aria
fintamente contrita e lo sguardo ancora spavaldo di chi è convinto
nonostante tutto di avere la ragione dalla sua parte.
Scrivere quel discorso non era
stato facile, per Cicerone.
Non era neanche stato facile
arrendersi all'idea che Catilina, dopo tutti gli anni che avevano
passato insieme, lo odiasse al punto da volerlo morto.
Più di una volta, nelle notti
passate a comporre la sua orazione, Cicerone si era fermato
a pensare a come erano cambiate le cose dall'anno in cui si erano
conosciuti.
Venticinque anni erano la vita
di un uomo, impossibile fare il conto dei giorni esatti.
Erano entrambi appena ventenni, pieni di ideali che un giorno si
sarebbero rivelati diametralmente opposti, con gli occhi che brillavano
di vita.
Non avrebbe dovuto pensarci,
ma scrivendo quelle prime parole, per Cicerone era stato normale pensare
subito al fatto che Catilina non avesse mai saputo cosa fosse esattamente
la pazienza. Era impaziente anche quando si vedevano di nascosto da
tutto e tutti e facevano l'amore contro un muro, sollevando appena le
toghe perché non c'era tempo di spogliarsi.
Catilina si avvinghiava contro
la sua schiena lasciandogli spesso dei segni rossastri con le unghie,
ridendo amaramente col viso nascosto nell'incavo della sua spalla di ciò
che i loro concittadini romani avrebbero potuto dire del loro amore.
Poi erano iniziati i primi
dissapori politici, degenerati in liti sempre più violente che li
avevano condotti alla rottura e poi ai gelidi silenzi.
Non si sarebbe mai aspettato
che la sete di potere di Catilina arrivasse fino al punto di volerlo
vedere morto. Pensava che, da qualche parte in fondo al suo cuore, ci
fossero ancora frammenti di quell'amore che li aveva uniti in gioventù.
Invece no.
Invece adesso erano lì, nel
freddo e austero Senato, a guardarsi con gli occhi carichi d'odio, mentre
toccava a lui chiedere la morte del suo nemico.
Nonostante le rughe che gli
segnavano il volto, Catilina era bello adesso come lo era a vent'anni, e
Cicerone provò un brivido quando i loro sguardi si incrociarono, riportandoli
indietro nel tempo, a quando tutto era più facile e per nulla inquinato
dalla sporcizia generata dall'ambizione.
Per quanto ancora, Catilina,
abuserai della nostra pazienza?
E per quanto ancora
continuerai a prenderti gioco del nostro amore passato?
_________
Che le anime di Cicerone e
Catilina mi perdonino!
Anzi, no quella di
Cicerone si merita questo ed altro per tutti i patimenti che ho dovuto
sopportare studiandolo.
Non c'è bisogno che dica che
tutta questa manfrina è falsa, falsissima e non ha nessun appiglio
storico, manco a volerlo vedere apposta? (giusto alcune cose che
Cicerone dice di Catilina, ma neanche...)
Sono una donna eretica e
blasfema, lo so.
Questo scempio partecipa alla
Notte bianca
di maridichallenge col prompt "Quo usque tandem abutere Catilina
patientia nostra?"
Se sopravvivete ditemi se è il
caso di espatriare, gettarmi in ginocchio sui ceci o implorare perdono.
Amore e pasticcini,
Aika.