One way

di Teal Eyes
(/viewuser.php?uid=205811)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Era la terza volta che venivamo ricollocati, ma i Tedeschi avevano detto che quella sarebbe stata definitiva. Siamo stati presi con forza e messi su un camion, lasciando tutte le nostre cose. Il tempo sembrò non scorrere mai, saranno passati due giorni, poi la luce del sole… - Benvenuti ad Auschwitz. L’odore era terribile, lamenti provenivano da ogni parte, filo spinato percorreva i confini del campo, mi sentivo in gabbia come il canarino che avevo prima della Guerra, cercai di trattenere le lacrime e mi girai verso mia sorella. Mi avrebbe di certo consolata, ma un Tedesco la stava portando via da me: ero rimasta sola. Fin dall’inizio ci avevano separate dai maschi. Ci portarono in una stanza vuota per fare le docce poi ci misero vestiti terribili. Un uomo ci stampò sul braccio un numero, il nostro nome era da dimenticare. Bruciava e sanguinava. Lì non facevano distinzione di classe. Siamo state scortate nella camera da letto. Sentii sbattere forte una porta e un generale dal sorriso malizioso spinse mia sorella dentro. Corse fra le mie braccia in lacrime. Quel maledetto. L’aveva usata come un giocattolo: del sangue scendeva dal suo vestito strappato. Volevamo i nostri genitori, ma erano morti. Volevamo la nostra vita, ma ce l’avevano portata via. Volevano la nostra dignità, ma lì non c’era dignità. I miei capelli lunghi erano stati tagliati, i miei occhi sempre felici erano pieni di rabbia, tristezza e malinconia. Se avessi rivisto quel Tedesco l’avrei ucciso, ma sarei morta anch’io. Passarono così sette mesi. Mia sorella era rimasta incinta e da un po’ di tempo un soldato mi aveva notata. Eravamo incredibilmente dimagrite, i pasti erano miseri e quelle erano le conseguenze. Stavamo zappando la terra quando mi strapparono per la seconda volta da mia sorella. Sentii farfugliare qualcosa in quella spregevole lingua poi lei e un altro gruppo di cento furono diretti verso quell’edificio dal lungo camino. Poco dopo un Tedesco gridò < Nevica! >. I miei occhi si sbarrarono: avevo perso tutto, stare lì non avrebbe avuto più senso. Uccisi il Tedesco che aveva violentato mia sorella e poi una cosa veloce, indolore: la morte.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1129994