Cercai negli occhi di quell’uomo una
sola risposta alla domanda che mi assillava da ormai troppo tempo.
[da quando lo avevo
conosciuto]
Lui era in un viaggio continuo, con una
voce bassa e roca intenta a sussurrare promesse di vento a spiriti fragili come
cristallo.
A spiriti danneggiati per l’amore di
lui, dell’amore per lui. Consumati da una passione funesta ed
inutile.
Dell’abbandonarsi ad una bugia, ad
un’incostanza, ad un forse, ad un attimo di sentimento rubato loro
impararono a farne un arte. Divennero maestre nel creare un tempo inesistente,
loro, così afflitte dalla sua assenza, dal suo esserci precariamente,
dalle sue parole gelide, dai suoi respiri invocati.
Le sue mani sui loro corpi
diventavano ricordi lontani a causa di movimenti automatici.
E così, mentre loro si
consumavano per il vivere troppo la vita per lui, lui continuava a vivere nel
vento, lasciandole sole, non riempiendosi altro che di se stesso, vagando verso
altri posti. Accontentandosi di poco in verità, ma lasciando sembrare il
contrario per avere la scusa per continuare a cercare altro. Ancora.
È arrivato qui, e venendo ha turbato la
mia vita perfetta, incastrata.
I suoi occhi sembrano un pozzo di
lacrime, le loro lacrime, così paurosamente simili a due scorci di
oceano. I suoi occhi sono di un blu perfetto, che non ha sbavature.
Non mi piace sorprendermi a
guardarli.
Mi odio per questo.
Voglio che vada
via.