JOHN
JOHN
«Credevo che fossi andato a letto, John.»
Ti ha sentito arrivare, John.
Lo sai benissimo che lui sente ogni granello di polvere che si posa sul
pavimento o il pulviscolo che vortica nell'aria di Novembre. È
impegnato in uno dei suoi lavori. Ha alzato la fiamma sotto al fornello
e senti l'inconfondibile odore di mercurio. Vuole uccidervi entrambi?
Ti avvicini a lui e non badi al silenzio. Hai il passo pesante e lui
gli occhi dietro la testa. Riesce a sentire i tuoi pensieri, John.
«Non lo sono.» dici passandoti una mano tra i capelli radi e brizzolati «Ho bisogno di pensare.»
È la prima volta che ti vede così turbato, così esposto alla fragilità.
Sei un soldato o un vigliacco, John? Lo senti ridere poco. Le sue mani
lavorano con qualche strumento. Una provetta. Una bilancia. Un piccolo
ticchettio. L'orologio segna la mezzanotte. Non c'è nessuno, a
quell'ora, che cammina lungo Baker Street e non farti venire idee
strane, non ti permetterà di andare da una delle tue donne occasionali, John.
«Pensare a cosa? A chi?»
Ha centrato il punto senza neanche guardarti. Vorresti dirgli tutto,
vorresti confessargli quello che è accaduto. Spiegargli, magari, quello
che andava detto molto tempo prima. Hai paura, John. Non vuoi essere
mandato via. Respira piano, John.
Assapora i secondi che scorrono via come sabbia, tocca con mano il
tempo sfuggente. Traditore. La gamba ti fa di nuovo male. Zoppici come
la prima volta, John.
«Io non posso rimanere qui.»
La tua voce è un sussurro, ma lui può sentirti. Lo sai che può farlo.
Riesce a percepire i battiti agitati del tuo stupido cuore che non
appartiene a nessun'altro se non a te stesso, John. Non si è ancora
voltato. Non lo farà. È preso dal suo lavoro ma ha accettato
quell'intrusione. Fiuta i sentimenti come i cani, John. Lui è un cane.
Un segugio. Lo hai capito la prima volta in quel taxi, John.
«Devi, invece. È l'unica cosa che chiedo.»
Una persona razionale come Sherlock non può non capire e lo sai. Lui sa
sempre tutto. La sua stranezza gli permette di rendere così speciale
tutto quello che fa e soprattutto gli da il dono dell'onniscienza.
Sospiri e trattieni una risata. Non è l'unica cosa che ti ha chiesto.
Ti ha chiesto tante altre cose tante altre volte. Dammi il cellulare, John. Dammi le sigarette, John. John.
«Che bugiardo.»
Non riesci più a trattenerti. Scoppi a ridere e lui ti segue a ruota.
Vivete di attimi, John. Accettalo. Guardi la sua nuca ricoperta da
riccioli scuri, la sua schiena fasciata dalla vestaglia di seta
vermiglia e lo sgabello sul quale è seduto. Puoi dirgli tutto, ma lui
lo verrà a sapere sempre prima. È questo che ti confonde, che manda in
crisi la tua piccola mente, come la chiama lui. Parla, John.
«Deciditi a dire qualcosa di meglio, amico mio.»
«Ho
ricevuto una lettera da un mio vecchio commilitone, un uomo gentile, mi
invita a cena domani sera e mi dice di portare un amico. Bisogna essere
vestiti eleganti. Vuoi venire con me?»
«Finalmente! John, mi chiedevo quando, esattamente, avresti deciso di chiedermelo» dice.
Non ci è voluto poi così tanto, John.
James' corner:
Grazie per le
visualizzazioni incredibili che la mia prima OneShot su Sherlock ha
avuto. Grazie davvero. Non credevo potesse essere così oltremodo..
apprezzata! (?) Gradirei, tuttavia, anche qualche recensione in più per
vedere se quello che scrivo vi appassiona, vi piace.. voglio rendervi
partecipe, miei lettori fantasma!
Alla prossima,
James.
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