A light-soaked spiderweb

di Amarantha
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“From the time we intercepted
feels more like suicide.”
(“The bitter end”, Placebo)

A LIGHT-SOAKED SPIDERWEB

Tu sei il ragno: tendi la tela, tessi le trame, piloti il gioco. Sei impaziente, ma l’attesa non ti spaventa. E’ il tuo dono. Qualche volta la tua tela si strappa, qualche volta la vittima fugge. Qualche volta fallisci. Tutte le altre, vinci tu.

Lei è la farfalla. Repentina, estenuata, costantemente in fuga. Alla disperata ricerca di stabilità, con zampe troppo sottili per trattenersi più di un momento nello stesso luogo.

“Vieni qui, Lentiggini.”

Tu sei la fiamma che abbaglia e poi brucia. Lei la falena che in eterno fugge la luce, in eterno ne è attratta.
Maschere, bugie, finzioni. Quante energie sprecate. Nulla accade per caso, e non si sfugge a se stessi. In nessun posto. Neppure qui.

“Vieni da me.”

Le tue spire di colpo chiuse sui suoi fianchi a trattenere i suoi sussulti, il tuo respiro affamato ad un soffio dal suo collo mentre già lei ti volta le spalle. La tua tenda inzuppata di luce gialla, la trappola perfetta. Tremare di terrore, tremare di desiderio.
Per un solo attimo, hai il sospetto che a tremare non sia lei.
Poi, un fremito d’ali convulso.

“Piantala Sawyer!”
La tela si è rotta. Fuggita di nuovo. Non importa. Tornerà da te. Torna sempre. L’unica che l’abbia mai fatto.

FINE




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