La mia casa è dove sei tu

di Dram66
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Attraversò il corridoio. Aveva messo a letto Bra e passando davanti alla camera di Trunks  vide che c’era la luce accesa ed era ancora alzato a studiare. Entrò nella loro camera da letto. Bulma era stesa sul letto, con addosso solo una maglietta, di quelle larghe, sfibrate, col logo della Capsule Corporation. Era sdraiata sul fianco, con un braccio sotto il cuscino: era profondamente addormentata. Lavorava duramente, alzandosi all’alba e passando tutto il giorno in laboratorio e in azienda, tra riunioni e brevetti di nuovi macchinari. Probabilmente era rientrata dopo cena, avendo solo bevuto caffè nel corso di tutta la giornata, e mentre lui metteva a letto la bambina e finiva i suoi allenamenti, si faceva una doccia e,distrutta, si lasciava cadere sul letto, addormentandosi poco dopo.
Vegeta la guardò. La trovò bellissima. Si domandò come avesse fatto ad attraversare le mille galassie dell’universo, visitare milioni di pianeti, entrare in contatto con centinaia di popolazioni aliene, affrontare numerosi nemici compiendo innumerevoli atrocità e malvagità, per poi trovare lei, lì su quel pianeta minuscolo e acquoso, che lo amava con tutta sé stessa, senza mai aver posto domande o divieti. Era perfetta per lui, sarebbe stata perfetta per qualsiasi uomo. Era perfetta.
Si stese anche lui sul letto e la abbracciò da dietro, stringendola tra le sue braccia. Sentiva il suo respiro, il petto che piano si sollevava e piano scendeva, la sua schiena contro il suo petto duro e muscoloso. Affondò il naso tra i suoi capelli e chiuse gli occhi. Pensò che alla fine era proprio lì dove voleva stare, con lei, i loro fogli, la loro casa. Pensò che era quella la vita per lui. Pensò che l’avrebbe amata per sempre. In qualsiasi luogo dell’universo e del tempo. In qualsiasi dimensione.
 
Si svegliò e aprì un poco gli occhi. C’era troppa luce nella stanza, forse Bulma aveva tirato le tende facendo entrare i raggi del sole. Allungò un braccio dall’altra parte del letto e la trovò vuota: sua moglie doveva già essersi alzata e a giudicare dalla freddezza della lenzuola era accaduto da un pezzo.
Alla fine li aprì del tutto. Li spalancò,spaventato, e si guardò attorno, confuso e col fiatone. Quella non era camera sua. Si trovava in un ambiente molto più ampio e sontuoso: drappi erano appesi alle pareti, il letto, molto basso, rasoterra, era avvolto da lenzuola nere, decisamente diverse da quelle bianche a fiorellini che aveva scelto Bulma. Si alzò, concitante, ansante e confuso, iniziò a correre per la camera.
“Bulma!Bulma!”. Era da solo. Vide una finestra che affacciava su un balcone e uscì. Di fronte a lui si stendeva una landa rossa e desolata, un deserto con solo qualche pianta,poca vegetazione, al di sotto della terrazza, poi il nulla. “Bulma! Bulma!” continuava a urlare ma non rispondeva nessuno. Cadde in ginocchio con viso tra le mani, la testa gli stava esplodendo, non capiva più nulla. Dove si trovava? Dove era Bulma? E i ragazzi, che ne era dei ragazzi? Gli mancava il respiro e gli bruciavano gli occhi. Non era più a casa sua, non era più con sua moglie e non sapeva dove si trovasse. “Bulma.. Bulma..”
 
Non sapeva che lontano da lì, mille galassie più lontano, su un pianeta piccolo e acquoso, una ragazza si era appena svegliata e aveva aperto gli occhi un po’ confusa e con una strana sensazione nel petto. Si era guardata per un attimo attorno e poi aveva sorriso e si era voltata ad abbracciare il marito, un uomo altroe coi capelli scuri ed una vistosa cicatrice sul viso.




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