La ragazza sedeva
sulle rive del Lago guardando le stelle comparire all’orizzonte.
Un leggero vento
le sfiorava la pelle delle guance e le scompigliava i capelli castani.
Con le labbra
screpolare dal freddo e le dita delle mani intorpidite dalle temperature
minime di quei giorni, Hermione fissava un punto immobile tra le acque
calme e scure, riflettendo a mezzanotte sotto una luna pallida.
Il fruscio degli
alberi la cullava dolcemente accompagnandola nei suoi pensieri,
aiutandola ad abbandonare lo stress provocato dall’insonnia.
Erano giorni che
non chiudeva occhio. Il sonno sembrava essersi dimenticato di lei e vani
erano stati i tentativi di sopperire a questa mancanza con incantesimi e
pozioni. Puntualmente, i sogni si trasformavano in incubi e lei doveva
abbandonare l’impresa di riposare serena.
Usciva di nascosto
dalla scuola, raggiungeva di soppiatto l’esterno del giardino e andava a
sedersi là dove nessuno l’avrebbe trovata.
In solitudine
pensava a sé stessa, legata a quei vincoli oppressivi che avrebbe tanto
allontanato dalla sua vita, rendendosi finalmente una ragazza libera.
Perché aveva
accettato di vivere quella realtà che non le apparteneva?
Poteva rifiutare,
ma a cosa sarebbe servito, visto che ciò che voleva non poteva
ottenerlo…
Raccolse un
ciottolo levigato alla sua destra e lo lanciò nel riflesso della luna
sulle acque del Lago, cancellandone il disegno perfettamente circolare.
- Posso farti
compagnia? – chiese una voce alle sue spalle.
Avrebbe
riconosciuto quella voce tra mille, anche in mezzo ad una folla urlante.
Sarebbe sempre
riuscita a percepire il suono della voce di Harry.
Si voltò sorpresa
verso il ragazzo, sorridendogli timidamente – Cosa ci fai qui?
Il moro si sedette
accanto a lei e soffiò tra i palmi delle proprie mani per riscaldarne
l’interno – Non riuscivo a dormire – rispose, battendo i denti a causa
del freddo – E tu?
- Per lo stesso
motivo.
- Credevo che
studiassi in queste circostanze – osservò sarcastico il ragazzo.
Hermione, però,
era troppo pensierosa per poterne ridere con lui.
Il vento giocava
anche con i capelli di Potter, creando onde corvine che si mescolavano
al colore della notte che velocemente stava calando.
Le stelle più
luminose si riflettevano nelle iridi color smeraldo, conferendo al suo
sguardo un effetto particolare, quasi come se i suoi occhi brillassero
di luce propria.
La ragazza ne
rimase affascinata. Ancora una volta.
- A cosa stai
pensando? – chiese Harry, abbozzando un sorriso a labbra serrate.
Hermione trasalì,
abbandonando i suoi pensieri – A niente – rispose mentendo.
- E allora perché
sei venuta fin qui? Potresti pensare al niente anche in
Dormitorio… al caldo…
- Preferisco
questo posto.
- Questo in
particolare o ti andrebbe bene qualsiasi luogo lontano da qualcuno che è
lì dentro?
Colpita e
affondata.
Nonostante la
voglia di sfogarsi e di piangere tutta la notte tra le braccia
dell’amico, Hermione decise di mentire e fingersi serena, perché
confessargli tutto avrebbe complicato le cose in modo permanente.
Scuotendo il capo
e mascherando la tristezza con un falso sorriso, la Grifondoro negò
tutto.
- Sto bene – disse
quasi sussurrandolo. Il suo respiro caldo si trasformava in vapore
bianco a contatto con l’aria fredda.
Harry sembrò
accettare quella risposta, nonostante il suo sguardo lasciò trapelare un
velo di incertezza.
- Eppure deve
esserci un motivo serio se sei venuta fin qui – osservò il moro, tenendo
gli occhi rivolti verso il basso e strofinandosi le mani – Non
infrangeresti mai il regolamento della scuola per una semplice insonnia.
- Forse non sono
così rispettosa delle regole – si giustificò Hermione.
Potter la fissò
nei suoi occhi castani e dopo aver scrutato ogni centimetro del suo
viso, le strinse una mano e la invitò ad alzarsi.
- Cosa fai? –
chiese lei confusa.
- Voglio capire
quanto ti importa delle regole. Vieni con me.
Uguale a suo
padre, pensò Hermione.
Per i maschi della
famiglia Potter probabilmente accostare il verbo infrangere al
sostantivo regole era un processo automatico.
Lo seguì senza
opporre resistenza, anche perché lui continuava a tenerle la mano
stretta nella sua, trascinandola chissà in quale posto.
- Dove stiamo
andando? – chiese Hermione curiosa.
- Lo vedrai –
ripose Harry – Ecco. Avanti, guarda!
Lo spettacolo che
si presentò davanti agli occhi della ragazza fu da togliere il fiato.
Si trovavano su
un’altura che dava sul Lago , con il cielo che faceva loro da tetto e le
stelle sembravano così vicine da poter essere toccate.
Guardando giù
verso l’acqua, le sembrò di non avere i piedi poggiati sull’erba
soffice, ma ebbe l’impressione e il desiderio di volare lontano,
sfiorando le cose intorno a sé con la punta delle dita.
- E’ bellissimo –
pronunciò affascinata da quel paesaggio incantato simile ad un dipinto
impressionista.
- Non ti ho certo
portato qui solo per questo – spiegò Harry – Buttiamoci.
Hermione spalancò
gli occhi – Cosa!? – chiese scioccata – Buttarci… dove?
- Nel Lago.
- Tu sei pazzo!
- Andiamo,
Hermione – la incitò il moro – Non capiterà spesso di trovarti così
propensa a trasgredire le regole, quindi... – lasciò in sospeso la frase
per togliersi il cappotto - …approfittiamone – concluse subito dopo.
La ragazza rivolse
lo sguardo verso il basso, quantificando i metri che la separavano
dall’acqua. Rabbrividì nel pensare di lanciarsi da un punto così alto.
Harry sembrava
intenzionato a buttarsi. Aveva già tolto il cappotto e sfilato il
maglione. Tremava dal freddo, ma non aveva alcuna intenzione di
fermarsi.
- Forse non è una
buona idea – osservò Hermione storcendo le labbra in una smorfia –
L’acqua è gelida.
- Hai abbastanza
coraggio da farlo oppure no? – chiese Potter in modo molto diretto –
Rispondi, senza trovare scuse.
Esitò qualche
secondo prima di rispondere. Cosa avrebbe fatto il Prefetto Hermione
Granger in una situazione del genere? Avrebbe scelto il rischio o la
sicurezza della terra ferma?
Avrebbe seguito
Harry o l’avrebbe lasciato andare…?
Non poteva
scegliere di nuovo l’ipotesi sbagliata e così in tutta fretta si liberò
di sciarpa e cappotto.
Il freddo pungeva
sulla pelle come uno spillo, ma l’idea di lanciarsi nel vuoto con un
amico diede la spinta ad Hermione per lasciarsi andare.
Ormai avevano
addosso solo gli indumenti intimi.
Arrossì nel
ricordarsi di non essere sola. Harry era lì, che la guardava al chiaro
di luna.
Il ragazzo le tese
una mano – Andiamo, sarà divertente.
Hermione batté i
denti – Se lo dici tu – disse, stringendo la mano dell’amico.
Raggiunsero
l’estremità rocciosa in punta di piedi per calcolarne la lunghezza
precisa.
L’erba umida si
piegava soffice sotto la pelle.
Il cielo si
dipinse di tonalità violacee e la luna fece capolino da un gruppo di
nuvole più dense comparse improvvisamente.
Un veloce sguardo
d’intesa. Come un conto alla rovescia, i due amici si sorrisero l’un
l’altra e chiusero gli occhi.
Indietreggiarono
un paio di metri per darsi la spinta necessaria.
- Ne sei proprio
sicuro?! – chiese Hermione prima di lanciarsi nella corsa.
- Per niente –
affermò Harry sorridendo.
Un urlo
liberatorio fuoriuscì dalla bocca dei due quando, poco dopo aver
saltato, realizzarono di essere sospesi nel vuoto, in discesa libera
verso le acque del Lago, che si aprirono violentemente dopo l’impatto
tra la liquida superficie scura e la pelle candida dei due giovani
Grifondoro.
Una volta
sott’acqua, Hermione lasciò la mano di Harry e provò a riemergere,
riuscendoci soltanto dopo qualche spinta più decisa e aiutandosi con le
gambe.
Sembrava di essere
immersa tra centinaia di ghiacciai e il vento sulla pelle bagnata del
viso pungeva come le spine di una rosa.
Dopo essersi
strofinata gli occhi, Hermione si mise alla ricerca di Harry.
Del ragazzo, però,
non c’era alcuna traccia.
- Harry! – lo
chiamò con voce tremante – Harry!
Il sorriso sul suo
volto scomparve non appena realizzò di essere sola.
Dov’era finito il
suo amico?
Si guardò intorno
preoccupata, respirando con affanno.
- Harry!! –
gridava in tutte le direzioni, ma non riceveva mai risposta.
Stava quasi per
essere assalita dal panico, quando vide al di sotto delle acque una
sagoma sbiadita e chiara che si avvicinò alle sue gambe, trascinandola
verso il fondo.
Hermione strillò
per lo spavento, ma subito si rese conto che non c’era alcun pericolo in
agguato.
Era soltanto
Harry.
Il moro riemerse
dall’acqua aiutando l’amica a fare lo stesso.
- Mi hai fatto
prendere un tale spavento! – lo ammonì Hermione.
- Ero solo andato
a recuperare i miei occhiali – spiegò Potter, sistemandosi in viso le
lenti dalla montatura tonda.
- Beh… in ogni
caso, sarà meglio tornare a riva – suggerì la ragazza.
- Sono d’accordo.
Quando tutto il
corpo fu fuori dal Lago Nero, il freddo si fece sentire ancora più
prepotentemente a contatto con la pelle.
Corsero in tutta
fretta a raccogliere i loro vestiti e si avvolsero all’interno dei
cappotti per riscaldarsi quanto più potevano.
La Granger
strofinò i capelli all’interno della sciarpa, servendosi anche di quella
di Harry.
- Devi ammettere
che è stato divertente – esordì quest’ultimo, mentre cercava la propria
bacchetta nelle tasche dei pantaloni.
Hermione abbassò
lo sguardo. Poi annuì, concordando con l’amico – In effetti, è stato
grandioso!
- Già… oh, eccola!
– disse trionfante il ragazzo, che con un leggero tocco di bacchetta
riuscì ad asciugare sé stesso ed Hermione.
Le acque del Lago
erano tornate piatte e calme.
Le piccole onde
causate dai loro corpi in movimento erano scomparse lentamente una dopo
l’altra.
Hermione rivolse
la propria attenzione verso l’altura dalla quale si era appena lanciata
e si accorse con grande stupore che era davvero molto alta.
Eppure, le era
sembrata talmente breve la caduta, che quasi non la ricordava.
Si accomodò ancora
una volta sull’erba, accanto alla riva, ma stavolta al suo fianco sedeva
Harry, che sorrideva eccitato come un bambino.
Non poté fare a
meno di ridere con lui.
- Ora va meglio,
spero – disse Potter, guardandola negli occhi.
- Sì, va un po’
meglio adesso – rispose lei.
E senza rendersene
conto, Harry la baciò.
Non ci furono
lunghi sguardi romantici, nessuna parola dolce sussurrata lentamente.
Accadde tutto
talmente in fretta, che Hermione non ebbe neanche il tempo di
ribellarsi. Se solo avesse voluto farlo.
Cosa che,
naturalmente, non avvenne.
Il dolce sapore
delle sue labbra la acquietarono come il caldo aroma della camomilla.
Le carezze leggere
alla base del collo le infondevano sicurezza e protezione.
Un profumo
particolare aleggiava nell’aria come una piuma catturata dal vento.
Era il profumo di
Harry, quello che Hermione amava annusare di nascosto dai suoi maglioni
quando lui non c’era.
Avrebbe fatto
anche a meno di respirare in quegli attimi, ma il bisogno di ossigeno
che il corpo richiedeva in quel momento indusse entrambi a fermarsi.
Disunirono le loro
labbra, rimanendo comunque vicini. Così tanto da potersi sfiorare con la
punta del naso.
Hermione socchiuse
gli occhi e contemplò la bellezza di quegli istanti.
- Avevamo promesso
che non sarebbe accaduto mai più – ricordò lei ad entrambi.
Harry scosse la
testa – E’ un giuramento che non posso mantenere.
Fece per baciarla
ancora, ma lei si allontanò con grande sforzo dal suo viso.
- Sono venuta qui
per stare lontana da te – spiegò debolmente – Tutto quello che mi
ricorda la tua persona è lì dentro. In quella scuola, in quella stanza.
Perché mi hai seguita?
Potter non
rispose.
Si massaggiò una
tempia e si alzò in piedi, dando le spalle ad Hermione.
- Ginny si è
accorta della tua assenza stanotte e ha avvisato me e Ron, affinché ti
trovassimo – aggiunse dopo qualche minuto di totale silenzio – Lui ha
l’influenza e così… mi sono offerto per venirti a cercare.
- Sapevi dove
trovarmi…
- Ti conosco
meglio di chiunque altro.
Ed era vero.
Come un libro già
letto, di cui si conosce perfettamente la fine. Hermione per Harry era
una verità che si ripeteva continuamente e che mai smetteva di essere
tale.
- So che non ti
piace la tua vita, Hermione – confessò il moro, voltandosi verso di lei
– Ti vedo tutti i giorni mentre fingi che le cose vadano bene. Con me
non funziona e lo sai.
- Smettila di dire
sciocchezze, io sto benissimo.
- Davvero? E
allora perché ti sei lasciata baciare… ancora una volta, me lo spieghi??
Colpita e
affondata, di nuovo.
Un centinaio di
catene immaginarie la tenevano ancorata al suolo, mentre la sua anima in
trappola gridava il nome di Harry e ne richiedeva incessantemente
l’aiuto.
Era lì, davanti a
lei. Bastava allungare il braccio per potergli sfiorare la coscia.
Eppure la distanza tra i due sembrava più estesa che mai.
Qual era la scelta
più giusta? Afferrare quel corpo adesso o lasciarlo andare ancora una
volta?
- Io non voglio
che tu me lo dica adesso – chiarì Harry, improvvisamente – Basterà un
solo gesto, Hermione. Un qualsiasi segno quando lo riterrai giusto ed io
smetterò all’istante di essere un segreto da nascondere.
Hermione si mise
in piedi, si strinse nel cappotto e si avvicinò al ragazzo.
Poggiò lentamente
la testa sulla sua spalla, facendo combaciare la fronte con l’incavo del
suo collo.
Un caldo abbraccio
la avvolse tutt’ad un tratto e capì qual era il suo posto.
Harry la allontanò
dolcemente e le alzò il mento costringendola a guardarlo, ma Hermione
teneva gli occhi chiusi, timorosa di non riuscire a reggere il confronto
senza cedere.
- Apri gli occhi,
Hermione – suggerì lui, voltandola dall’altra parte.
Lei fece
esattamente ciò che gli aveva detto.
Le stelle e la
luna si riflettevano nelle acque del Lago come diamanti splendenti.
Il verde delle
foglie si confondeva con l’oscurità del cielo.
Qualche focolare
lontano e il rumore dei cespugli scossi dal vento.
Sentiva l’addome
del ragazzo pressato sulla sua schiena e le braccia di lui che non
accennavano a lasciarle i fianchi.
Fece per unire le
loro mani in una solida stretta e inclinò il capo da un lato per
permettere ad Harry di poggiare il mento alla base del suo collo candido
e delicato.
- Da qui potrebbe
iniziare la tua nuova vita, Hermione – sussurrò lui dolcemente –
Soltanto io e te.
Un’offerta che,
purtroppo, non riuscì proprio ad accettare, nonostante la tentazione
fosse tanta.
Tornarono, così,
nella Sala Comune di Grifondoro.
La scuola deserta
li accolse in un silenzio tombale.
Perfino le loro
ombre faticavano a stare lontane l’una dall’altra. Si fondevano sui muri
e sul pavimento, grazie ad una debole luce emanata da una candela.
Rientrando nella
Sala Comune, trovarono Ron e Ginny seduti su uno dei divani accanto al
camino.
Il rosso era
avvolto in un plaid dalla testa ai piedi e tossiva bruscamente a causa
della forte febbre.
Ma non fu questo
ad impedirgli di alzarsi per correre dai due amici appena tornati.
- Harry, l’hai
trovata! – esclamò sollevato avvicinandosi alla ragazza – Hermione,
santo cielo, stai bene?
Lei sorrise
debolmente verso Weasley e socchiuse gli occhi quando lui la baciò
dolcemente sulle labbra.
- Ero così
preoccupato – disse abbracciandola – Perdonami se non sono venuto
personalmente a cercarti, ma questa brutta influenza mi costringe a
stare chiuso qui dentro!
- Non… non
preoccuparti – spiegò Hermione ostentando una falsa serenità – Ero solo
uscita a fare due passi, non riuscivo a dormire.
- Cerca di evitare
di farlo a quest’ora, la prossima volta – intervenne Ginny, che
sbadigliando rumorosamente se ne tornò a letto, tra il piacevole tepore
delle coperte.
Il trio era
rimasto solo, in Sala Comune.
Harry fissava la
Granger tra le braccia del suo migliore amico e vani erano i tentativi
di essere felice per loro.
Anche perché era
la stessa Hermione a non esserlo per sé stessa.
- Grazie per
averla portata da me tutta intera, Harry.
Le parole di Ron
fecero trasalire il ragazzo, che abbandonò i suoi pensieri per
rispondere all’amico – Non ho fatto nulla. In fondo, ero anche io molto
preoccupato per lei.
Il rosso sorrise e
abbracciò Hermione ancora una volta, la quale ricambiò senza metterci
troppo entusiasmo.
Non c’era alcun
paragone possibile: abbracciare Ron non era come abbracciare Harry.
E mentre Weasley
continuava a tenerla stretta tra le sue braccia, la ragazza rivolse il
proprio sguardo verso Harry, il quale stava immobile a fissarli senza
mostrare alcun tipo di sentimento.
Dentro provava
gelosia, rabbia, dolore.
Nulla trapelava
dal suo sguardo. Solo un sorriso ipocrita disegnato sul volto, come a
volerla rassicurare del fatto che sarebbe rimasto nell’ombra tutto il
tempo necessario.
Hermione voleva
davvero continuare a fingere?
Una lacrima
scivolò giù, lungo la guancia vellutata della ragazza, brillando alla
luce del camino come un piccolo diamante splendente. Proprio come le
stelle nelle acque del Lago Nero quella stessa notte.
Senza che Ron se
ne accorgesse, la Granger allungò una mano verso Harry.
La distanza tra i
due poteva essere lunga migliaia di chilometri, ma potevano farcela a
percorrerla tutta.
Solo stando
insieme e credendoci fino in fondo.
Harry afferrò
quella mano nella sua e quando Hermione, stringendola più che poteva,
gli sorrise di rimando, lui interpretò quel gesto come un segno. |