Memorie di un cane
Salve, questa e la mia prima Fanfiction.
Mi scuso per lo stile "un po' particolare"e spero che questa storia che non vi deluda.
In questa storia Renji ripensa al suo passato in modo
disordinato e spesso divagante.
Memorie di un cane randagio
1.Ricordi
Renji amava quello sperduto
angolo della Soul Society, lì in quella radura si sentiva al
sicuro, si trovava in un posto quasi del tutto abbandonato dove la
natura non era ancora stata profanata dalla mano dell’uomo.
Il sole filtrava tra le
frondose chiome degli alberi concedendo a quel luogo un atmosfera quasi
sacrale, così doveva essere il mondo prima degli uomini.
In pace gli unici suoni che
Renji poteva percepire erano i versi degli animali appostati dietro
ogni cespuglio, il rumore del vento che armonioso passava tra le foglie
carezzandole e creando un armoniosa melodia, gli stridii degli insetti
che si radunavano sulle cortecce ferite degli alberi che trasudavano
gustosa linfa dorata.
Amava quel posto perché ogni dettaglio dimostrava che era vivo.
Alzò la testa per
porgere i suoi omaggi alle maestose cime degli alberi secolari, che
avrebbe potuto incutere soggezione persino al Capitano Yamamoto .
Rimase a fissare i grandi rami
possenti che pullulavano di scimmie di varie dimensioni, andava
particolarmente d’accordo con quelle creature; quello stronzo di
Kurosaki avrebbe detto una cazzata del tipo:
< Tra simili ci si intende >
Ma Renji, non diede peso a
quei pensieri così irritanti e si sdraiò sul manto
erboso, sul quale crescevano rigogliosi fiori di ogni tipo, e decise di
arrendersi alle moine di Morfeo che già da un po’ aveva
deciso di accoglierlo sel suo abbraccio.
Rimase lì qualche ora,
ormai catturato dal sonno, quando si ridestò era ormai il
tramonto,decise di camminare fino ad una sorgente termale, che non
distava troppo da lì.
Non c’era paragone con le sorgenti della Corte delle Anime Pure.
In quelle rocciose sorgenti
nascoste dagli alberi regnava una perenne penombra, offuscata
ulteriormente dai vapori dell’acqua, solo lui conosceva quel
posto, l’aveva trovato da disperato, l’aveva trovato e
l’usato per allenarsi ossessionato dall’idea della forza;
solo se fosse stato abbastanza forte sarebbe riuscito a parlare con
Rukia.
In quel periodo era assillato
da quel problema. Lui non era nobile, e quando Rukia diventò la
sorella minore di Byakuya Kuchiki, perse il diritto di parlarle.
Era passato tanto tempo, e ormai quel problema non esisteva più, ma lui si sentiva ancora condizionato da quegli eventi.
Ora aveva accettato il fatto di essere solo un cane randagio, e non riusciva più a considerarsi in altro modo.
L’invidia di ieri non
è già finita, era passato tanto tempo ma Renji ancora non
riusciva a scacciare quei sentimenti nei confronti del suo capitano.
Si sentiva inferiore a lui dal
primo incontro, e in diverse occasione il Capitano della Sesta Brigata
aveva dimostrato di essere superio in tutto al suo tenente.
Che scherzo del destino, lui
tenente di Kuchiki Byakuya, non aveva senso, ma da quando aveva perso
la sua stella il suo Capitano era diventato il suo unico punto di
riferimento, la sua guida, la persona da eguagliare e il suo muro da
scavalcare.
Ironico, come contrastino tra loro i sentimenti di Renji.
Forse come spesso gli veniva
ripetuto non era un genio, era rissoso manesco, impulsivo, permaloso,
volgare, e a volte persino ingenuo; tutte doti opposte a quelle del suo
fascinoso Capitano.
Diavolo se lo odiava. Ma gli rimaneva solo lui.
Questi pensieri lo accompagnarono fino alla sorgente.
Quando iniziò a scorgerne i vapori era ormai buio.
Cazzo aveva dormito troppo a lungo.
Per fortuna aveva ancora qualche giorno di congedo per prendersela comoda.
Non aveva chiesto il periodo
di congedo per caso, ne chiedeva uno appena poteva appositamente per
andare in quel posto a lavarsi via di dosso ogni residuo di stress.
Poteva dimenticarsi quei coglioni di Kurosaki e tutti quei rissosi babbei che lo circondavano.
Potevano andare a farsi fottere, loro e tutte le responsabilità che comportava essere un tenente;
aveva raggiunto quel grado per la sua forza non per fare da segretario al suo Capitano.
Una volta arrivato davanti
alla sorgente iniziò a spogliarsi, con metodica lentezza; quando
ebbe finito si immerse nell’acqua bollente, e venne subito
raggiunto da un babbuino che lo aveva, evidentemente, preso in simpatia.
Immerso nell’acqua sulfurea della sorgente naturale si poteva dimenticare di tutto ciò che lo angustiava.
Si rilassò e si fece scappare un sospiro.
Mentre si godeva il calore
dell’acqua incominciò a ripercorrere a ritroso la strada
dei suoi ricordi riscoprendo nuovamente tutti gli eventi che aveva
vissuto fino a quel giorno.
Era ancora uno studente quando
scoprì quel luogo, lo trovò cercando un luogo dove
allenarsi, si ricordava perfettamente quel giorno, era lo stesso giorno
in cui aveva passato la seconda fase della “classe speciale di
livello avanzato”, anche se aveva ancora qualche problema nella
gestione del kido; si sentiva fortunato, molto fortunato, era
così felice che pensò di esplodere a causa della troppa
emozione. Era entrato nel “Istituto Centrale per le Tecniche
dello Spirito” anche chiamato l’Accademia insieme a Rukia,
ed entrambi erano intenzionati a diventare degli shinigami di alto
livello per sfuggire alla fame, alla povertà, alla frustrazione,
al dolore e forse anche ai loro ricordi.
.
.
Tre anni prima
.
Renji percorreva il lungo
corridoio di legno a grandi falcate, ma con ritmo irregolare, a volte
la sua andatura accelerava, mostrando tutto il suo entusiasmo, a volte
invece rallentava, per riacquistare un po’ di contegno, non
poteva di certo presentarsi a Rukia felice come una pasqua per essere
entrato in un corso dal quale lei era stata esclusa, indeciso su come
presentarsi al amica Renji continuò a muoversi con
quell’andatura incerta, ancora per qualche minuto ma alla fine
l’emozione lo travolse e perdendo ogni contegno iniziò a
correre, schivando i poveri malcapitati che si aggiravano per il
corridoio, e suscitando sguardi di rimprovero nei testimoni della sua
“corsa ad ostacoli”.
Continuò a correre fino
ad arrivare davanti alla grande porta scorrevole di legno e carta di
riso; con il suo solito fare incruento, senza fermarsi, aprì la
porta e senza neanche pensare a ciò che stava facendo
gridò tutto d’un fiato
< Rukia, ho passato la seconda fase………. >
Ma la scena che gli si parava davanti era ben diversa da quella che si era immaginato.
La stanza era buia e davanti a
lui si trovavano quattro persone di cui due shinigami dal fisico
possente e due uomini dalla straordinaria forza spirituale che, a causa
dei loro Kenseikan, aveva riconosciuto come nobili.
Rukia era al centro della stanza e guardava in basso, i morbidi capelli corvini la coprivano gli occhi.
L’atmosfera doveva
essere veramente pesante prima che Renji irrompesse nella stanza
interrompendo qualunque cosa si stesse svolgendo là dentro.
Tutti lo stavano fissando con
sguardi carichi di elettricità, tutti tranne Rukia che
continuava a fissare il terreno sotto di lei.
Poi all’improvviso un uomo voltò le spalle a Renji e ricominciò a parlare rivolgendosi a Rukia
< Mi raccomando signorina, ci aspettiamo una risposta affermativa >
.
.
Rukia
.
Rukia fu veramente grata che
Renji fosse entrato nella stanza solo alle fine del discorso di quel
vecchio viscido, non sapeva perché ma la sua voce le risuonava
ancora in mente.
Richiamò alla mente tutte le parole pronunciate dal vecchio una ad una.
< Quindi signorina Rukia
come le ho spiegato in precedenza, le stiamo offrendo una grande
opportunità proponendole di entrare nella casata dei Kuchiki, ci
pensi, non è un onore che capita a tutte le donne quello di
assomigliare in modo così impressionante alla povera signora
Hisana Kuchiki, che aimè ormai è deceduta. > fece una
pausa < Il qui presente Byakuya Kuchiki per primo ha riscontrato in
lei questa somiglianza e le sta offrendo non solo la possibilità
di unirsi alla nostra casata, ma anche quella di concludere
immediatamente il suo addestramento in accademia e diventare subito uno
shinigami di ruolo, ci occuperemo noi della sua sistemazione nel Gotei
13, ovviamente dopo l’adozione lei sarà considerata una
nobile a tutti gli effetti, non che la sorella minore di Byakuya
Kuchiki >
Quando l’uomo smise di parlare calò il silenzio.
Dopo tre lunghi attimi d’attesa Renji entrò bruscamente nella stanza chiassoso come di consueto.
Rukia si sentì sollevata da quel nuovo arrivo, decise di alzare lo sguardo per accoglierlo.
.
.
.
Finalmente Rukia decise di
alzare gli occhi dal terreno, tutti i presenti la ringraziarono
mentalmente per quel gesto, erano molto nervosi, e molti era stanchi di
vederla fissarsi le scarpe e di ripeterle centinaia di volte le stesse
cose; fosse stata un'altra avrebbe acetato al volo, cosa era a
trattenerla?
.
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Renji
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Renji era fermo sulla soglia,
sudava freddo e non capiva il perché; era molto nervoso forse
più di Rukia stessa, perché non riusciva a capire cosa
stava accadendo in quella dannata stanza. Aveva un brutto presentimento
e aveva assolutamente bisogno di guardare Rukia negli occhi.
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Il silenzio regnava ancora sovrano, quando gli occhi di Rukia incontrarono quelli di Renji.
Era curioso che quello sguardo
fosse dedicato a lui, Rukia era circondata da persone che
l’avevano assillata per chissà quanto tempo e che
aspettavano bramosi una sua risposta, persone con cui sarebbe stato
più logico parlare dato quello che le stavano proponendo.
.
.
Renji
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Visto da altri quello sguardo
poteva essere interpretato come una richiesta d’aiuto al unico
volto amico presente nella stanza, a Renji avrebbe fatto molto piacere
se fosse stato così, non riusciva a spiegarselo nemmeno lui il
perché ma ciò lo avrebbe sollevato; ma conosceva troppo
bene Rukia, sapeva che quello sguardo e sfuggente era solo la conferma
di ciò che aveva premunito il suo istinto: GUAI
Quello sguardo era solo il
modo di Rukia di informare anche Renji che aveva fatto una scelta, e la
cosa la spaventava, e che soprattutto aveva bisogno di sentirsi dire
che era quella giusta.
Il problema era che Renji non aveva idea cosa fosse accaduto in quella stanza, e quindi non avrebbe potuto aiutarla.
L’anziano signore le rivolse un ultima occhiata e si congedò insieme ai due gorilla e al giovane capitano.
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Rukia
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Rukia sapeva già cosa avrebbe risposto, sapeva che era la scelta giusta, lo avrebbe capito anche Renji, forse.
Ma anche se era la scelta giusta Rukia si sentiva veramente malissimo, era triste e si sentiva sola, sola come non mai.
Rukia era ambiziosa,
determinata e abbastanza sicura di se, di certo non era debole come
poteva apparire; lei era un osso duro, aveva passato tutta la vita per
la strada a cadere e rialzarsi costantemente, si diceva ogni volta che
sarebbe stata l’ultima caduta, l’ultimo errore, che non si
sarebbe più ripetuto, poi aveva incontrato Renji e gli altri
ragazzini della strada, piccoli disperati che cercavano di sopravvivere
in un mondo troppo duro per dei bambini.
Solo lei e Renji erano
abbastanza forti per quelle strade, solo loro di tutti i loro amici e
conoscenti avevano bisogno di mangiare, per mantenere intatta la loro
energia spirituale, molte volte gli era stato consigliato di diventare
shinigami, l’idea allettava entrambi, ma diventare shinigami era
come un tradimento dei confronti di tutti gli amici che erano
condannati a rimanere in quelle strade polverose che puzzavano
costantemente di marcio e sangue.
Ma diventare shinigami non è più un tradimento se non c’è più nessuno da tradire.
Così il giorno della
morte dell’ultimo dei loro compagni Rukia decise di dire a Renji
quello che da sempre aveva ripetuto a se stessa
< Renji, diventiamo shinigami > prese fiato
< Diventiamo shinigami, così potremo vivere nella Corte delle Anime Pure >
- Così questa
sarà l’ultima volta- pensò Rukia, guardando dritto
davanti a se, verso la Corte delle Anime Pure.
Così si erano iscritti
al “Istituto Centrale per le Tecniche dello Spirito” ;
l’ Accademia, il resto era andato tutto troppo velocemente per
ricordarlo, era tutto offuscato dai fumi dell’euforia della
promessa di una nuova vita, poi l’incertezza, la paura di non
essere pronti, o peggio di non essere adatti, e alla fine ci si ritrova
in una stanza buia circondati da sconosciuti che ti offrono grandi
opportunità.
Non aveva senso, era andato
tutto troppo veloce, ma in realtà non le importava ora
finalmente poteva portare a termine ciò che aveva iniziato, dopo
la sua risposta sarebbe stata lei a dare un senso a tutto, stava solo
aspettando di salutare una persona; perché lei sapeva che
probabilmente quello sarebbe stato un addio.
.
.
Renji
.
Renji capì subito ciò che passava per la tasta di quella sciaguratissima mora.
Quell’idiota aveva
deciso da subito la sua risposta, non aveva mai avuto dubbi, il
problema era che lui non conosceva ancora la domanda.
Ma quando gli si
avvicinò capì che l’unico motivo per il quale non
aveva ancora risposto era lui, era il suo modo per dirgli addio; come
aveva aspettato la morte dei suoi compagni per diventare shinigami
aspettava la sua presenza per informarlo che non si sarebbero
più visti, o almeno non lo avrebbero più fatto come
prima. Era questo che gli diceva il suo istinto, ma Renji sperava tanto
di sbagliare.
In quel momento doveva avere una faccia proprio sconvolta.
Sentì una mano
poggiarsi sulla sua spalla, Rukia era accanto a lui, evitava il suo
sguardo, Renji esitò e poi disse con palesemente falso tono
gioioso, che non nascondeva un certo imbarazzo
< Ehi Rukia, che atmosfera
pesante che c’è qui dentro eh? > si fece scappare una
risata nervosa e continuò con un sorriso decisamente falso
< Di cosa stavate parlando? >
Lei evitò il suo sguardo, di nuovo.
< Quindi? >
Rukia ignorò le sue parole, mentre diede corpo ai suoi pensieri.
Aumentando la stretta sulla spalla del rosso abbassò la testa a sussurrò
< La casata Kuchiki ha chiesto di adottarmi>
Lo disse tutto d’un
fiato, senza pause, puntando lo sguardo in basso; lo disse così
velocemente da mordersi la lingua, ma solo così poteva
dirglielo, solo così potava evitare che quelle parole gli
morissero in gola.
Renji sentì una fitta di dolere al petto, era come una violenta pugnalata nella gabbia toracica.
Era un colpo inaspettato, si
sentiva ferito, tradito, triste e molto solo, unico pezzente del
78° Distretto del Rukongai in mezzi tutti quei signorini ben
vestiti e di buona famiglia, che non avevano mai provato la fame, il
cui massimo divertimento era giudicare lui e suoi modi energici,
proprio lui che per arrivare dove era aveva lottato con le unghie e con
i denti.
Sentì la rabbia
esplodergli dentro, un sentimento così forte da colpire tutti
senza distinzioni, i suoi compagni ben pensanti, i nobili, il Rukongai,
la Corte delle Anime Pure, l’ intera Soul Society.
Ma non poteva farci nulla, questa era l’occasione di Rukia e lui non poteva rovinargliela.
Aveva appena trovato un bell posto in cui vivere in mezzo a tutta quella merda.
Non poteva mostrarsi debole o offeso in quel momento; era un passo importante per Rukia e doveva aiutarla.
Cercò di recitare
meglio di come avesse mai fatto prima, così riuscì quasi
ad eguagliare la sua naturale euforia
< Che colpo Rukia! > gridò
Rukia apparve sorpresa dalla reazione del amico.
< Ma si, se vai in un posto del genere potrai rimbecillirti nell’ozio!! > disse lui con un grande sorriso.
< Dannata, ti invidio!!
> continuò
.
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Rukia
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Rukia si sentì
sollevata dalla reazione di Renji, ma questo non bastò a cacciar
via la tristezza e il senso di vuoto che ormai l’avevano ghermita
nel loro subdolo abbraccio.
Fissò il rosso con
occhi languidi, mentre quello mostrava troppo entusiasmo per la
situazione rivelando così la falsità delle sue parole.
La ragazza dai capelli
corvini, spostò il braccio del compagno che aveva deciso di
cingerle le spalle mentre emetteva falsi gridi di gioia; Rukia
abbassò lo sguardo, poi mantenendo la presa sul braccio di
Renji, che intanto aveva smesso di comportarsi da cretino e ora la
fissava attentamente, lo avvicinò a se, vi poggiò sopra
l’altra mano e si avvicinò al corpo del compagno.
Il suo respiro regolare venne
scosso dai singhiozzi, sentiva il suo odore, sentiva l’odore di
Renji così, ed era sicura che anche lui sentiva il suo; sapeva
che lui, in quel momento, era concentrato sul calore delle sue mani e
non riusciva badare ad altro.
Voleva che fosse bello il loro addio, perché lo sapevano bene entrambi, quello era un addio.
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Renji
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Doveva essere il modo che
Rukia aveva scelto per dirgli addio; solo a questo riusciva a pensare
Renji mentre si deliziava della solida stretta di quelle piccola mani
calde, che avevano deciso di cingere il suo braccio, poteva quasi
essere considerato un abbraccio, o almeno così lo considerava
lui.
-Sbrigati ad andartene idiota, non potrei resistere oltre- pensò il rosso.
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Rukia
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Rukia capì che era il
momento di andare, alzò la testa e degnò l’amico
del suo sguardo, gli sussurrò una parola che non avrebbe mai
pensato di dirgli, a causa della sua natura orgogliosa
< Grazie > poi scappò via sperando che non avesse notato le lacrime.
Semplicemente grazie.
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Renji
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Renji guardò la pulce dai capelli corvini scappare via, era sicuro che stesse piangendo.
Rimase lì ferme per qualche minuto a metabolizzare i fatti, quel suo stupido sorriso gli era morto sulle labbra.
Rukia aveva trovato una famiglia non poteva mettersi in mezzo.
Rimase ancora un po’ fermo a pensare, era arrabbiato, frustrato, amareggiato, e solo.
Rimase ancora un po’ fermo a pensare, sul suo braccio sentiva ancora il calore di Rukia.
Doveva trovare un modo per sfogarsi, lo trovò nel tormentarsi.
Se avesse aspettato prima di
aprire quella fottutissima porta si sarebbe risparmiato quello
scenario, e forse anche quella delusione, proprio ora che poteva dire
di aver ottenuto qualcosa, ne perdeva un'altra, proprio nel momento in
cui aveva dimostrato a se stesso di non essere più lo straccione
moccioso del 78° Distretto del Rukongai, proprio ora che si sentiva
una persona vera, e non un cane che ululava disperato alla sua stella,
proprio nel momento in cui avrebbe potuto dire a Rukia che ne era valsa
la pena, che ce la poteva fare, proprio ora quella ragazzina stizzosa
era diventata nobile, e lui ora aveva perso anche la stella a cui
ululare.
Ma che stava dicendo, Rukia
non aveva colpa di niente, anche lei, come Renji una volta era una
pezzente del 78° Distretto del Rukongai.
L’aveva conosciuta
in un assolato pomeriggio estivo; lui e i suoi amici stavano cercando
di scappare da un vecchio commerciante al quale avevano sottratto una
otre piena di dissetante e freschissima acqua; ma il tipo era
fermamente deciso a riprendersela.
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.
Tredici anni prima nel Rukongai
.
Quel vecchiaccio non sembrava
nutrire molta simpatia per i clienti che non potevano permettersi di
pagare, e quel maledetto caldo non aiutava di certo.
Stava correndo via con
l’otre, stando ben attento a non farla cadere, e sentiva il fiato
del vecchio venditore sul suo collo, non riusciva ad accelerare e
presto sarebbe svenuto dalla sete, stava per fermarsi quando tra un
sospiro e un altro colse le parole del mercante
< Ti uccido >
sussurrò il vecchio quasi sfiorando Renji, il quale venne scosso
da un brivido di terrore che gli correva per tutta la schiena.
Lo sapeva benissimo che lo
avrebbe ucciso, e non solo perché il vecchio fino a poco prima
stava sbraitando le stesse parole lungo la strada cogliendo
l’attenzione dei passanti.
Renji lo sapeva benissimo
perché ormai era parecchio tempo che viveva in quelle luride
polverose e malfamate strade, che erano tra le più pericolose,
lui lo sapeva benissimo che dove si vive male la gente non va mai tanto
per il sottile, nessuno in quelle strade avrebbe avuto pietà di
lui, non era mai successo, e neanche quel giorno sarebbe accaduto.
Stava ancora correndo con
tutte le sue forze, determinato a vender cara la pelle e incitato dai
suoi compagni, non sarebbe morto quel giorno, decise di usare tutte le
forze che aveva ancora in corpo per un ultimo e disperato sprint, nel
tentativo di superare il vecchio mercante quando improvvisamente si
ritrovò a terra con la faccia nella polvere, non si era neanche
reso conto di cadere, ora però il problema era rialzarsi.
Ancora stordito per la botta
non si rese pienamente conto di ciò che stava accadendo,
l’unica cosa che vide con chiarezza fu una ragazzina saltare di
netto sopra di lui e atterrare precisamente sopra la faccia del
maledetto mercante.
Era incredibile come un
semplice calcio sembrasse un movimento così elegante eseguito da
quella piccola pulce dai morbidi capelli corvini e la pelle
d’avorio.
La ragazzina si girò
verso di lui mostrando il suo piccolo e grazioso volto, fu un instante
ma a Renji parve un tempo assolutamente lunghissimo, il tempo
necessario per studiare i suoi grandissimi occhio color della notte, di
un blu così intenso da essere quasi soffocante, uno di quei
colori che ti avvolge e poi ti affoga dolcemente nei suoi meandri.
Renji non sapeva se fosse
stata colpa della botta ma si sentiva stralunato, sarebbe voluto
restare molto più a lungo in quella sorta di trance in cui era
caduto, ma venne destato dalla voce severa della ragazzina
< Scappa! > disse lei iniziando a correre
Renji si rialzò
trascinando via l’otre d’acqua inizio a correre per
raggiungere quella pulce dai capelli corvini.
Intanto il venditore ripresosi
dal poderoso calcio della piccola moretta si era rialzato, e sentendosi
ormai sconfitto, si arrese all’idea di non rivedere più la
sua preziosa otre d’acqua e quindi si limitò a guardare i
ragazzini scappar via e agitare malamente il pugno in aria; imprecando
contro di loro si avviò verso il suo esercizio per controllare
che altri disperati non avessero approfittato della sua assenza per
trafugare altra acqua.
.
.
Rukia tre anni prima
.
Rukia corse fino a perdere il
fiato lungo il corridoio di legno, corse finché non vide la
figura dei Kuchiki davanti a lei, poi gridò
< Aspettate! > riprese fiato
< Aspettate, vi prego! > i Kuchiki si voltarono a guardarla
Ansimò, cercando di ricomporsi.
Ora la giovane aveva tutti gli
occhi puntati su di lei, dosò bene le parole e assunse una
posa regale, e con voce decisa e cristallina disse
< Accetto la vostra offerta e vi ringrazio infinitamente, sono onorata di entrare a far parte del casato dei Kuchiki >
.
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Renji nella sorgente termale
.
I ricordi si affollavano nella mente di Renji .
Non poté fare a meno di provare un moto d’ira.
Quanto si sentiva patetico.
Neanche in quello splendido posto era al sicuro dai suoi ricordi.
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Mi sono presa la libertà di modificare
alcuni aventi in modo non
troppo rilevante.
Spero di essere stata
abbastanza fedele nel riportare gli
eventi.
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Questi personaggi non
mi appartengono, ma sono proprietà di Tite Kuko, questa storia
non è stata scritta a scopo di lucro.
Grazie.
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