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LIFE IS
HARD
Chapter 1
“Se potessi alzare una
mano e toccare il cielo,
prenderei una stella e
te la porterei,
Perché? Perché tu sei
la persona più speciale che ci sia,
la persona migliore
che mi sia capitata,
la persona migliore di
questo mondo,
che è verde, come i
tuoi occhi;
blu, come le tue
labbra quel giorno al laghetto ghiacciato;
bruno, come i tuoi
ricci.
Pensavo di non essere
capace di amare,
pensavo di non poter
essere amata,
ma tu hai cambiato
tutta la mia vita,
mi hai salvata dalla
mia condanna.
Sai, quando ti ho
visto avevo paura di conoscerti,
quando ti ho
conosciuto avevo paura di baciarti,
quando ti ho baciato
avevo paura di amarti,
e ora che ti amo ho
solo paura di perderti.”
Rilessi la mia “lettera” e la ripiegai. L’avrei infilata il
giorno dopo nella borsa da ginnastica di Harry, cercando di non farmi sgamare.
Ripassai mentalmente il piano: fai finta di stare male, entra negli spogliatoi
maschili, metti la lettera nella borsa e vai in infermeria. Tutto era perfetto
ce l’avrei fatta di sicuro.
Era il gran giorno, misi la lettera nella cartella e, mentre
aspettavo Harry, andai in bagno. Mi misi la felpa degli Iron Maiden, la mia
preferita, una maglia bianca di Abercrombie e dei jeans scoloriti. Mi guadai
allo specchio, odiavo i miei capelli rossi: non stavano mai in ordine se li
asciugavo con il phon, ma come dire che a febbraio vado a lasciare asciugare i
capelli in modo naturale! Li legai in una coda di cavallo, lasciando uscire
qualche ciuffo ribelle e passai al make-up. Odiavo truccarmi troppo, ma non
sopportavo l'idea di uscire completamente struccata, quindi misi solo un filo
di matita e il mascara: semplice, però bastava a non farmi sembrare una specie
di zombie dormiente in piedi. Erano le 7.57 perché Harry non era ancora
arrivato? Passava sempre a dieci alle otto, che strano. Lo chiamai su
cellulare, ma rispose sua madre
-Non cercare mai più mio figlio e stagli lontana,
drogata!!!- e riattaccò. Iniziai a piangere, è vero avevo fatto uso di sostanze
stupefacenti, ma erano mesi che non ne toccavo e qual era il motivo? Harry. Lui
mi aiutava, mi distraeva, mi teneva lontana dalla droga, non poteva portarmi via
la mia unica possibilità di salvarmi.
Mi ricomposi in fretta e uscii ma non presi la strada per la
scuola, andai da Jake, il mio migliore “amico”: era un afroamericano
palestrato, pieno di tatuaggi e con i capelli stile Bob Marley. E non era
l’unica somiglianza con il cantante giamaicano: amava il reggae e la marjuana.
Arrivai in periferia a piedi e m’incamminai per quei vicoli
pieni di sporcizie e di mendicanti fino a giungere alla baracca che Jake osava
chiamare casa. Bussai e lui mi aprì
-Kylie entra, piccola, che succede? Credevo che avessi
cambiato amico da tanto che non venivi, non dirmi che sei stata in astinenza
per così tanto tempo?- parlava troppo cavoli non si stava mai zitto…
-Jake stai zitto e dammi della coca e un po’ di marjuana-
dissi forse un po’ arrogante, ma ormai c’era abituato: quando andavo da lui e
avevo un disperato bisogno di farmi ero sempre piuttosto suscettibile.
-Quanto hai?-
-Centodieci ma dieci mi servono per dopo- avrebbe capito di
sicuro.
-Ok tieni fanne buon uso, vedrai che risolverà tutto- mi
porse la bustina e le tre canne, presi il tutto e lo misi nelle tasche del
giubbotto. Gli diedi i cento dollari, tutti i risparmi che mi ero guadagnata
nell’ultimo mese a portare a spasso i cani del vicinato. Salutai Jake e uscii
in strada diretta a casa. Quel giorno a scuola non ci sarei andata, tanto mia
madre lavorava fino alle cinque e non avrebbe potuto obbligarmi ad andarci.
Quando arrivai a casa, accesi il fuoco nel caminetto e
bruciai la lettera, la osservai consumarsi lentamente e ridursi a un mucchietto
di cenere. Finita l’opera, salii in camera, chiusi a chiave ed estrassi la
bustina. Mi sedetti alla scrivania e ne versai parte del contenuto sulla piana
in legno di ciliegio, presi i miei 10 dollari e li arrotolai, infilai
un’estremità nella narice destra, tappai quella sinistra e inspirai profondamente
avvicinandomi alla striscia bianca. La
polverina bruciava nella mia narice ma ora mi sentivo meglio: più forte e
invulnerabile… Però non mi bastava, ne versai altra e continuai a sniffare fino
a finire tutto il contenuto della bustina. Cercai un accendino ma in camera non
c’era così andai verso la cucina per cercarlo, ma nel scendere le scale
inciampai e ruzzolai giù battendo forte la testa. Per un attimo vidi il
soffitto girare poi più nulla, solo nero.
Fine primo capitolo
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