Centocinque
giorni alla maturità - Cronaca di un’esperienza
coercitiva
Too late, my time
has come,
sends shivers down
my spine ,
body’s aching all
the time.
Goodbye everybody -
I’ve got to go,
gotta leave you all
behind and face the truth.
Mama ooo- (any way
the wind blows),
I don’t want to
die,
I sometimes wish
I’d never been born at all.
(*)
Lunedì 11 luglio 2011
«Ti
prego, ‘Sti, mangia qualcosa… Almeno un
po’ di frutta».
«Vomito».
«Ma
se poi non mangi e hai un calo di zuccheri e nel mentre
dell’orale svieni e devi
ridare tutto?»
Dovrebbero
far lavorare mia madre a contatto con gli anoressici. Il solo pensiero
di dover
ricominciare daccapo mi fa salire un’ondata di nausea, di
malavoglia prendo in mano
il cucchiaio e affronto la tazza di latte (ormai fredda) con i cereali.
Mi alzo
in piedi e comincio a camminare intorno alla tavola, con gli occhi
spiritati e due
occhiaie lunghe fino ai piedi.
Inutile
dire che stanotte non ho dormito assolutamente nulla, e che ho tentato
un mega ripasso
dell’ultima ora, del tutto inutile.
«Farò
scena muta, ma’».
«Oh,
non dire sciocchezze, tesoro», dice mia madre, smettendo di
osservarmi preoccupata
dalla porta e venendo ad abbracciarmi. «Hai studiato tanto
questi ultimi mesi, puoi
farcela».
«Non.
So. Niente», sillabo, ed è vero. Il sorriso di
compatimento che mi rivolge mi fa
venire un urto di nervi. «Porca puttana, dico sul serio! E
che cazzo, possibile
che nessuno mi creda mai? Vaffanculo, io non ci vado».
«Cri,
ti lascio passare la volgarità solo perché
è oggi. Ma tu ci andrai, e farai vedere
di cosa sei capace, d’accordo?»
Di
niente,
sono capace, di niente. Torno a girare intorno alla tavola, mangiando
quello che
mi sembra cemento, finché non mi sento davvero male, corro
in bagno e rimetto.
«Questa
è l’ultima volta che ti do retta».
Il
resto
poi passa come se fosse dannatamente veloce e dannatamente lento nello
stesso tempo.
Mi ritrovo davanti alla classe in cui devo dare il mio orale come
dentro ad un sogno.
Sono il primo, e Vanni è già lì che mi
aspetta.
«Avanti,
vedrai che è una cazzata», tenta di rassicurarmi,
aggiungendo una pacca sulla spalla.
Lui se n’è liberato tre giorni fa, e ancora ho
nelle orecchie le sue urla di vittoria.
Vorrei
rispondere, ma la voce mi si blocca in gola. In quel momento esce
l’esterna di scienze,
che viene a chiamarmi.
«Signor
Cammareri? Possiamo cominciare».
Passo
davanti a Chiara e Francesca, pallide quanto me e in attesa del loro
turno, ed entro
nella classe. I banchi sono disposti a ferro di cavallo; il Presidente
mi sorride
gentile e mi fa segno di mettermi seduto sulla sedia posta al centro,
di lasciare
per terra lo zaino pieno di libri.
«Allora,
signor Cammareri, abbiamo visto che la sua tesina parla del
doping… Ce la vuole
esporre?»
Annuisco,
e il mio è un inizio balbettante ed incerto. Poi
però mi rilasso e procedo spedito,
finché non iniziano le domande vere e proprie: Seneca,
Euripide, il ciclo di Carnot…
Stento a crederci, ma riesco a rispondere - quasi - a tutto. Il tempo
non passa
così velocemente quanto mi avevano promesso tutti quelli che
hanno già provato l’esperienza,
ma sicuramente non è un’ora che sembra
un’eternità.
È
una
banalissima lunga interrogazione, e nemmeno paragonabile a quelle a cui
mi sottoponeva
la mia prof di italiano, storia e geografia del ginnasio…
Stento a crederci, ma
erano più difficili.
Concludo
il mio orale e mi lasciano andare, dopo avermi chiesto per quale
squadra di calcio
abbia fatto i provini. Glielo dico, e scoppiano a ridere.
«Se
riesci a entrare, Cristiano, puoi anche ritirarti
dall’università… Sarebbe solo
uno spreco di tempo», mi fa l’occhiolino quello di
italiano. Io sorrido, e faccio
spallucce.
«Mia
madre vuole un figlio laureato in qualcosa, quindi temo che
dovrò proprio cercare
di non deluderla…»
Mi
volto
e vedo che sono entrati dentro, mentre non vedevo - e non mi sono
accorto di nulla!
-, anche Sebastiano, che sarà l’ultimo domani,
Anna e Melissa. Mia cugina cerca
di parlare, ma io la blocco, bisbigliando un
“fuori”.
«’Sti…»
«Lascia
perdere. Mi sei mancata troppo questo mese perché me ne
importi ancora qualcosa,
ma prova a rifarlo e vedi», le dico, sorridendo. Lei mi
abbraccia di slancio, e
vedo che anche Anna sorride, in disparte. «Oh, avanti, vieni
qui: ormai devo considerarti
una di famiglia, no?»
«Oddio,
‘Sti, non ti sembra affrettato?», ride mia cugina,
soffocata dal mega abbraccio
che ci scambiamo noi tre.
«Taci».
Poi
vado da Vanni, che mi guarda perplesso, e ammetto che mi dispiace un
casino per
lui.
«Sei
andato alla grande», dice, quando capisce che non posso
spiegarglielo. Non abbiamo
mai avuto bisogno di grandi discorsi, al massimo ci esprimiamo tramite
il lancio
di oggetti.
«Grazie
di tutto. Sei il migliore amico che si possa desiderare».
La
sua
faccia schifata mi ripaga di tutto lo stress provato oggi.
«Non
ci provare neanche», dice, quando faccio per abbracciarlo.
«Non ci pensare
neanche».
Faccio
spallucce e mi avvio verso l’uscita, con mia cugina a
braccetto.
Dio,
è finalmente finita.
E
del
voto, onestamente, non me ne frega niente. Non sarà quello a
delimitare chi siamo
realmente.
Cammareri
Cristiano: 72 Scansafatiche Futuro milionario
Florenzi
Melissa: 100 e lode Secchiona Lesbica
Chirurgo
Palma
Giovanni: 68 Senza futuro Laureato in Ingegneria
Biomedica
(*)
Troppo
tardi, è giunta la mia ora,
mandandomi
i brividi lungo la mia colonna vertebrale,
il
corpo mi fa male in continuazione.
Addio
a tutti - devo andare,
devo
lasciarvi tutti indietro e affrontare la verità.
Mamma
ooo- (in qualsiasi modo spiri il vento),
non
voglio morire,
qualche
volta vorrei non essere mai nato.
Queen
-
Bohemian Rhapsody
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