Come sempre, tutto quello che leggerete è scritto
con il massimo rispetto per Orlando Bloom e tutti gli altri citati, il loro lavoro e la loro vita privata.
Questa è un’opera di pura fantasia, che serve solo per avvicinare ognuna di noi
all'oggetto dei nostri sogni. Chiedo scusa a tutti coloro che non la pensassero
così.
- Prologo -
Young and wired
Set to explode in the heat
You won't tire
Cause baby was born with the beat
(In & out of love - Bon Jovi)
Tirò il cordino ed il paracadute giallo e rosso si aprì
subito, rallentando l'effetto della forza di gravità e permettendogli di
scendere lentamente verso terra, cullato dal placido vento di un pomeriggio
limpido e assolato.
Era una sensazione estremamente piacevole, discendere
trasportati dal vento, dopo l'emozionante vuoto allo stomaco della caduta
libera e lo strattone dato dall'apertura del paracadute. Orlando aveva scelto
quel passatempo consigliato da uno dei trainer della sua palestra, con cui
aveva un po' più di confidenza e che era un abituale frequentatore; adesso si
trovava a dargli ragione, gli era piaciuto, e parecchio. Aveva preso delle
lezioni, poi effettuato alcuni lanci con l'istruttore, ed ora faceva il suo
primo volo solitario.
Era tutta un'altra cosa: controllare l'attrezzatura,
l'emozione del salto dall'aereo, la resistenza dell'aria, il non vedere quasi
nulla, se non l'azzurro del cielo, poi il contraccolpo del paracadute, e infine
la discesa solitaria, nel silenzio...
Era straordinario, prima una botta d’adrenalina pazzesca,
e dopo la rilassante sensazione della caduta controllata, faceva per lui.
Ultimamente non aveva fatto molte cose solo per se stesso, solo lavoro, lavoro,
lavoro, ma da buon amante degli sport estremi non era riuscito a tirarsi
indietro; beh, gli piacevano queste attività, ma non andava mai oltre il
seminato, prima cosa sapeva a che conseguenze poteva portare, e poi teneva
troppo alla vita e alla carriera per esporsi senza precauzioni. Infatti, per il
suo motto "Adrenalina sì, ma rischi il giusto", andava sempre in giro
con un paio di preservativi nel portafogli, non si sa mai.
Era single in questo momento, e non gli dispiaceva. La sua
storia con Kate era finita da quasi un anno ed ora non era che un retrogusto
amarognolo in fondo alla gola; aveva avuto un'altra relazione di circa cinque
mesi, niente di serio, era finita anche quella. Non gli dispiaceva essere solo,
le occasioni comunque non gli mancavano, per questo viaggiava attrezzato;
onestamente, in dei momenti, sentiva come di aver corso gli ultimi anni come
fossero stati gli ultimi che aveva, ma non era pentito, amava il suo lavoro e
quello che gli aveva dato. Per questi motivi era bello staccare, ogni tanto,
spegnere i cellulari, chiudere l'agenda, diventare irreperibili per almeno
qualche ora, e scaricare la tensione gettandosi da un aereo...
Era ancora perso nelle sue riflessioni e nell'azzurro che
lo circondava, quando qualcosa turbò quel momento di pace perfetta.
Un violento spostamento d'aria gli fece voltare il capo
verso destra ed effettuare una correzione di rotta tirando i cordini; quello
che riuscì a vedere fu solo una specie di missile nero, sparato contro il suolo
a velocità impressionante. Era un paracadutista, non c'erano dubbi, ma doveva
senz'altro essere pazzo; infatti, Orlando aveva già raggiunto l'altezza minima
per aprire il paracadute. Controllò l'altimetro e, proprio in quel momento,
molto più in basso di dove si trovava lui, il cascatore folle aprì finalmente
il suo paracadute, che era bianco, con un grande drago nero. Orlando era
allibito.
Dieci minuti dopo il ragazzo era a terra e recuperava
l'attrezzatura; gli si avvicinò Keith, il suo istruttore, lui lo accolse con un
sorriso soddisfatto.
"Allora, com'è andata?" Gli domandò l'uomo.
"Benissimo, è stato fantastico!" Rispose
Orlando, che teneva tra le braccia il paracadute.
"Bene!" Fece Keith, dandogli una pacca sulla
spalla. "Sono contento che ti sia piaciuto e che non ci siano stati
problemi." Aggiunse, mentre s'incamminavano verso il piccolo edificio che
ospitava gli spogliatoi e la caffetteria dell'aeroporto.
"A dire il vero..." Intervenne il ragazzo;
l'altro lo guardò. "...un pazzo mi è passato accanto, sparato verso
terra..." Raccontò. "A quest'ora sarà spiaccicato in qualche campo di
grano!" Concluse ridendo; Keith lo guardava sornione.
"Il drago nero." Affermò poi; Orlando si girò
verso di lui, stupito.
"Sì..." Mormorò.
"Vieni con me." Disse Keith, e con una pacca
sulla spalla, lo invitò a seguirlo verso una rimessa sulla sinistra.
Vicino all'entrata, quasi coperto dall'ala di un piccolo
aereo da turismo, c'era un lungo tavolo e lì, due o tre persone, ridevano e
scherzavano riponendo la loro attrezzatura. Keith pregò Orlando di aspettarlo
davanti all'aereo, mentre si dirigeva verso i paracadutisti al tavolo.
"Hey!" Fece a qualcuno che Orlando non poteva
vedere. "Vieni, ti presento una persona." Ritornò accompagnato da una
ragazza in tuta nera.
Era abbastanza alta, cinque o sei centimetri meno di
Orlando, il fisico asciutto, bel viso furbetto con grandi occhi verdi; i
capelli erano molto scalati e tinti di nero, ma con meches color porpora. Non
aveva piercing e, visto il tipo, questo sembrò strano ad Orlando, ma forse lo
aveva sulla lingua. Indossava una tuta da paracadutismo completamente nera, ma
la lampo era aperta fin quasi all'ombelico, e mostrava un seno non troppo
grande stretto in un top anch'esso nero. Lo fissava negl'occhi da più di un
minuto, con un sorriso malizioso.
"Ti presento la persona che ti ha sverniciato in
volo." Disse ironico Keith, ma lui quasi non lo sentì, concentrato a guardare
lei.
"Cassy." Fece la ragazza, allungando la mano
verso il ragazzo.
"Orlando." Rispose lui, stringendogliela.
Si stava ancora chiedendo come diavolo faceva... quella
ragazza doveva avere degli addominali d'acciaio, per reggersi in quella
posizione soltanto tenendosi a quella sbarra con un braccio e con un appoggio
minimo. Sì, vabbene, con le gambe si stringeva a lui, ma era difficile
comunque... Forse erano questi pensieri che stavano facendo durare la faccenda
così a lungo, e non era male.
Come era successo non lo sapeva. Sapeva solo che dieci
minuti prima erano a bere una birra al bar, ed ora erano a fare sesso nella
rimessa dei paracadute. L'unica cosa certa era che, fin da quando le aveva
stretto la mano, aveva sentito una specie di scossa elettrica ed una crescente
impazienza attanagliargli lo stomaco; così quando, mentre si dirigeva al
parcheggio, lei lo aveva preso per un braccio e trascinato in quello stanzino,
lui non aveva saputo dirle di no. E poi perché avrebbe dovuto farlo?
"Sì..." Mormorò la ragazza, spingendosi ancora
contro il suo corpo.
"Ma che cosa sto facendo..." Sussurrò invece
Orlando ansimando, improvvisamente preso dal dubbio.
"Qualunque cosa tu stia facendo... mh..."
Gemette Cassy, stringendo il braccio intorno al suo collo.
"...continuala... ah..." Stava mollando la presa sulla sbarra, sotto
le spinte del ragazzo. "...perché ti sta venendo proprio bene..."
Strinse le labbra, lui rise contro la sua spalla.
Pur con i suoi addominali, l'impegno dell'amplesso fu
troppo anche per lei; mollò la presa all'improvviso, e si ritrovarono sdraiati
su un mucchio di paracadute. Orlando sollevò un po' il capo e lei gli prese il
viso tra le mani.
"Non fermarti adesso, che ci siamo." Gli disse
sensualmente; lui fece un sorriso tirato.
"Come vuole la signorina." Rispose ironico, poi
si chinò di nuovo e diede un paio di spinte più violente, che la portarono proprio
dove voleva arrivare; poco dopo fu lo stesso per lui.
Orlando si stava rivestendo in piedi, mentre Cassy era
rimasta sdraiata sulla seta bianca e celeste e, dopo essersi risistemata il
reggiseno e la maglietta, si stava rimettendo le mutandine. Lui guardava fuori
dalla piccola finestra, era quasi il tramonto; lei si sedette e stiracchiò le
braccia.
"Non è proprio da me, fare una cosa del genere."
Commentò Orlando, senza girarsi.
"Da me, sì." Replicò divertita la ragazza; lui
la guardò sorridendo.
"Me lo immaginavo." Affermò il ragazzo.
"Comunque è stato... istruttivo." Continuò
Cassy; Orlando alzò le sopracciglia, sorpreso.
"In che senso?" Fece poi; lei sorrise maliziosa,
appoggiandosi sulle braccia, questo mise in risalto il suo tatuaggio, a forma
di drago che si morde la coda, intorno all'ombelico.
"Ho scoperto che non tutte le storie che si
raccontano sugli attori famosi sono false..." Rispose con uno sguardo
allusivo; Orlando sorrise, un po' imbarazzato, poi si passò una mano sulla
nuca. "E poi, non si trova mica tutti i giorni, uno messo bene che ci sa
anche fare." Lui tornò a guardarla.
"Non credo di aver dato il meglio di me."
Affermò.
"Mh..." Fece Cassy, con un'occhiata che non
lasciava dubbi. "Allora ci dobbiamo rivedere."
Orlando la osservò per qualche momento: era bella,
eccitante, disinibita, e sembrava anche un tipo simpatico. Conoscerla meglio
non poteva essere male, e lui non era il tipo da una botta e via; con una così
era meglio farsi per lo meno la seconda.
"Ti do il mio numero privato." Si sentì dire,
prendendo uno dei suoi biglietti da visita.
CONTINUA...