Lilyth

di Lilyth
(/viewuser.php?uid=210625)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


L’aria fredda del mattino era pungente, respirare l’aria gelata ghiacciava ad ogni respiro i polmoni, il vento soffiava leggero e deciso fra le fronde degli alberi.
La strada era deserta, scivolavo tra le auto,i cespugli e gli alberi con decisione.
Nelle orecchie una musica spacca timpani,quasi volessi coprire quella maschera di tranquillità e armonia che mi si ergeva intorno.
Continuavo a guardare il cielo, ne una nuvola…neanche un uccello…solo azzurro, azzurro…sembrava quasi finto, un travestimento che la natura ergeva per rendermi un po’ meno tragico quel giorno.
Canticchiando a voce bassa e strusciando i piedi a terra iniziai la parte più difficoltosa della giornata; la strada dal cancello all’ingresso.
Le forze già iniziavano a mollare e il sistema nervoso che tanto avevo cercato di placare da li ad una settimana stava ricominciando a svegliarsi, come dopo un’anestesia prolungata.
Il cuore batteva a mille mentre sentivo il mio corpo scontrarsi con la barriera che mi avrebbe permesso di accedere all’altro mondo, il mondo al di la del cancello, che tanto mi chiamava a se.
Perché mi trovavo in quella situazione? Come era possibile che io, e dico e ripeto io, avevo subito quel torto disumano che mi aveva portato a questo? E pensare che tutto era cominciato quel giorno,quel fatidico giorno di Lunedì 7 settembre.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1156120