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1.
Il sole e la luna
Da dietro un spesso vetro indagavo
nella notte, cercando di intravede una sagoma familiare.
Un uccello, o forse un
pipistrello, passò vicinissimo alla mia postazione.
Spalancai la finestra.
Quella sarebbe stata l’ultima
volta che lo avrei lasciato entrare in quella casa e nel mio cuore.
Mi voltai verso il letto e
cominciai ad avvicinarmi a quello, un leggero rumore alle mie spalle e, poi, mi
sentii abbracciare.
Era già arrivato.
Ormai, era così abituato a salire
fin qua su, che il suo rumore si confondeva con quello della notte, sentivo il
suo dolce respiro sul mio collo, mentre la sua presa diventava sempre più
fortemente dolce.
Abbassai il capo come per
abbracciare con il mio viso quelle braccia che mi stringevano. E lui, forse, lo
prese come un tentativo di sfuggirgli e allentò la presa, voltando il mio corpo
con gentilezza verso di lui.
Ci trovammo occhi negli occhi.
Per un interminabile istante non
riuscii quasi a vedergli il volto, poi, man mano, la mia vista si abituò al buio
e a quella distanza così ravvicinata, senza accorgermene mi ritrovai di nuovo
persa nelle sue iridi blu, così come la prima volta che l’avevo visto e come la
prima volta che avevamo sbagliato.
Mi guardava con aria
interrogativa, quasi spaventato che io lo mandassi via.
Gli poggiai una mano sul viso e
lui avvicinò il suo volto al mio.
Quasi con urgenza cominciò a
baciarmi, come se avesse avuto paura che da un momento all’altro qualcuno
sarebbe entrato da quella porta e mi avrebbe trascinato via da lui.
Mi strinse di più e io ricambiai
l’abraccio.
Era come se fossimo diventati un
tutt’uno, riuscivo a sentire ogni singola parte del suo corpo e da
quell’abbraccio mi lasciai trasportare lontano.
All’improvviso, mi staccai da lui
e mi voltai verso la porta.
Dei rumori dal pianerottolo mi
fecero rabbrividire, probabilmente l’inquilino dell’appartamento affianco era
rientrato tardi. Speravo solo che non cominciasse a parlare ad alta voce con il
suo compagno di stanza, nulla doveva rovinare quella notte.
Ero agitata, come non lo ero mai
stata prima.
Non avevo mai avuto tanta paura di
essere scoperta, neanche durante tutte quelle volte che ci eravamo visti, di
nascosto, alla luce del sole autunnale.
Lui mi guardò di nuovo,
comprendendo la mia paura. Ero distratta, assente.
Mi prese con dolcezza il mento e
girò di nuovo il mio viso verso di lui.
Ci stendemmo sul letto.
Abbracci confusi, come se ci
fossimo incontrati per la prima volta, gesti calcolati, come se ci conoscessimo
da trent’anni.
Dolci parole sussurrate a una
mezza luna che perdeva la sua luminosità nelle tenebre.
Frasi ripetute che si perdevano
nel ricordo di vecchie promesse dimenticate.
La solita sensazione di calore,
ogni volta che lo avevo vicino, e quel freddo, che ormai non abbandonava più la
mia pelle ed il mio cuore, mi fecero rabbrividire di nuovo.
Tuttavia, questo brivido mi fece
stare meglio, per la prima volta, dopo settimane, mi sentivo di nuovo viva.
La notte continuò a scendere,
facendosi sempre più buia, cercando di nasconderci per l’ultima volta.
La luna cercava di affacciarsi
nella stanza, curiosa e maliziosa.
Anche gli astri volevano farmi un
regalo, un premio di consolazione.
Nel buio della notte una voce
lontana raccontava qualcosa.
Il Sole dormiva beato, cullato
dalla dolce ninna nanna della Luna.
Il Sole dormiva e sognava la Luna
che non poteva mai incontrare.
Ah, se solo avesse aperto gli
occhi per un istante, l’avrebbe trovata lì, al suo fianco, a cullarlo, ma gli
era stato proibito e lui non poteva disubbidire .
Loro erano diversi.
Lui era il Sole, il Signore del
giorno, e con i suoi raggi forti faceva vivere la Terra, lei era Luna e
nascondeva soltanto gli amanti e i ladri con la sua luce riflessa.
Un tempo la chiamavano la Signora
della notte, perché risplendeva nelle tenebre, ma ormai nessuno la appellava più
così.
Stelle più luminose erano apparse,
gli uomini avevano creato cose che l’avevano resa inutile e il suo compito ormai
era quasi stato dimenticato.
Un mormorio leggero, il Sole stava
per destarsi e le palpebre della Luna diventavano sempre più pesanti.
In quel momento lui aprì gli
occhi.
Il luminoso astro si svegliava,
all’oscuro dei pensieri della Luna, consapevole, soltanto, di riuscire a vedere
i suoi occhi, seppur solo per pochi istanti.
La Luna si addormentò serena, con
un luminoso sorriso sulle labbra, grata per aver visto ancora una volta quel
miracolo.
Magia che avrebbe continuato in
eterno, nonostante stelle più luminose cercassero il loro spazio nel grande
cielo.
Quando mi svegliai era ormai
mattina.
Il sole stava timidamente salendo
in cielo, ancora assonnato.
Del mio amante erano rimaste solo
le parole e il suo forte profumo nel mio letto.
Guardai la stanza, ma, questa
volta, c’era qualcosa di diverso.
Le pareti intorno a me non mi
ricordavano più lui, come facevano ogni mattina, quando mi ritrovavo sola.
Nemmeno la finestra, ancora
aperta, voleva farmi rivedere l’immagine di un amante che entrava da lì.
Mi alzai cantando dolcemente una
ninna nanna che mia nonna mi sussurrava da piccola, prima di farmi addormentare.
Ero nuovamente distratta e
assente, mi sembrò quasi che i deboli raggi del sole, che mi illuminarono con
forza, volessero prendendosi gioco di me e delle mie occhiaie.
Non sapeva, il luminoso astro
però, che sbagliava a prendermi in giro.
Tirai le tende per non farlo più
entrare dalla mia finestra.
Astro del mattino, con la tua
luce, non prenderti gioco,de i nascondigli degli amanti, perché anche tu, come
loro, sei destinato a perdere la tua Luna.
L'angolo di Joya
Questa one-shot fa parte di una
raccolta che avevo in mente di fare tanto tempo fa.
La raccolta era sull'amore, in
generale.
Non ho più portato a termine il
progetto, però avevo voglia di pubblicare nuovamente questi racconti e magari
scrivere qualche altra storia, con questo mio nuovo account.
Grazie per aver letto e spero
vogliate lasciare un commento.